giovedì 31 maggio 2007

Incontentabili

Avviso ai naviganti: questo potrebbe risultare un pippone politico. Però, se una cosa ti frulla in testa da mesi, quale posto migliore del tuo blog per esprimerla? La questione eccola: siamo sicuri di non star imputando alla classe politica, segnatamente a quella che sta al governo in Italia in questo momento, la responsabilità di non utilizzare poteri e facoltà che essa ha invece perso via via nel corso del tempo? Certo, uno sforzo in più per evitare di apparire (ed essere) una casta lo si può chiedere senza il timore di apparire massimalisti scriteriati. Così come non è da visionari esigere uno sforzo per dirigersi verso una maggiore qualità degli investimenti, della ricerca, della cura dell'ambiente, che poi sono cose che si tengono insieme l'una con l'altra. E, da ultimo, vicina alla soglia minima al di sotto la quale non si può scendere, è la richiesta di garantire un tetto sulla testa e sanità e istruzione dignitosi per tutti. Ma, detto questo e facendo presente che anche nel campo dei diritti civili e delle questioni di genere (gerarchie ecclesiastiche permettendo) qualche passo in avanti lo si potrebbe fare, siamo sicuri che quando si parla di politica su blog e forum, riviste e giornali, al bar e nelle cene tra amici, non diamo per scontato di aspettarci dal governo (dai governi), cose che non può più darci? Siamo sicuri che, almeno per chi è dai trenta in su, non ci riferiamo - anche quelli che ritengono di avere la patente per stare al passo coi tempi - a un mondo che non c'è più?, cioè a quello dei blocchi contrapposti: dove la politica - piaccia o meno - conservava una forza che si è sbriciolata come i calcinacci del Muro venuto giù nell'89?, dove c'erano delle ragioni e delle identità forti (magari troppo) che spingevano a battersi un mare di gente, sia di qua che di là, che in questo modo svolgeva anche una preziosa forma di controllo nei confronti della casta? Oltre allo sbriciolamento delle identità poi, la parcellizzazione della società e delle stesse vite di tante e tante persone ha fatto il resto, relegando da vent'anni a questa parte a quota del tutto marginale le persone che hanno il privilegio del tempo utile per interessarsi attivamente di politica. Inevitabile, in un quadro del genere, che i pochi interessi forti e organizzati rimasti sulla scena risultino iper-rappresentati rispetto al resto del quadro. Così l'assetto delle città viene stabilito in base ai desiderata di chi ha la moneta per investire pesantemente; le priorità della ricerca (quando la si fa), idem e via dicendo. E' una questione di rapporti di forza, in base ai quali lo stesso potere politico - ecco il punto - ha sempre meno spazi e, diciamo così, ancore ideali per agire e una marea di persone sempre più bassa alle spalle per poter dire: no, qui decidiamo noi. E così, quello stesso potere va assumendo sempre più le fattezze della casta. E così, si rimane impantanati nell'accapigliamento sul nome del leader. E così, anche le maggiori opportunità che pure si hanno rispetto al mondo di venti-trent'anni fa, rimangono in una dimensione quasi sempre individuale, di nicchia, e sempre meno spesso collettiva, politica. L'alternativa? Per chi non sogna una riedizione della presa del palazzo d'Inverno è difficile da trovare. Qui sta il guaio. Si può tentare di trasformare in meglio gli spazi in comune e la politica, oggi, evitando il richiamo all'indesiderabile di un mondo che non c'è più e muovendosi negli spazi attualmente concessi da condizioni oggettive che prescindono dalle volontà nostre e di chi sta anche ben al di sopra di noi? Si può chiedere al potere politico di svolgere in pieno la sua funzione? Ho il timore che i margini siano davvero ristretti. Anche se vale la pena provarci.

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