mercoledì 25 marzo 2009

Ma cos'è questa crisi?

Non lo dico per amor di controcorrente, ma io alla crisi non ci credo. Non nel senso che non ci sia. E non nel senso che una diminuzione della produzione e dei fatturati non possa portare, alla lunga, a un peggioramento delle condizioni generali. Non credo alla crisi dipinta dai politici e, a cascata, dai media avvizziti e pigri. Non credo alla crisi della quarta settimana, alla spesa alimentare che cambia "perché non ce la si fa più" e a tutte le indicazioni che ci fanno credere che solo da qualche mese siamo vicini al precipizio mentre prima eravamo tanti Adami e tante Eve che non avevano ancora mangiato la mela. Non credo alla crisi perché se il precipizio c'è allora noi ci balliamo vicino da anni, da decenni anzi. O no. La crisi c'è. Ma c'è per chi perde il lavoro e/o è costretto alla cassa integrazione. In questi casi sì che devi rimodulare i consumi, affidarti agli ammortizzatori sociali costituiti da genitori, nonni, zii e chi più ne ha più ne metta visto che lo stato, alla faccia del welfare e dei relativi ministri, ti dà ben poco per campare dignitosamente. Ma qualcuno deve spiegarmi cos'è cambiato per un impiegato pubblico o uno privato o per un precario, o per commercianti e professionisti se, come dice Bankitalia, il reddito delle famiglie è rimasto lo stesso dal 2000 al 2006. Ecco, appunto: se il precipizio c'è, noi ci balliamo da anni a pochi centimetri. Solo l'altroieri, nel 2005, i prezzi delle case erano alle stelle eppure il 61% delle famiglie italiane (delle famiglie dico, non degli individui) tirava avanti con meno di 2311 euro al mese; il 50% addirittura con meno di 1.800. C'erano tutti 'sti titoli sulla crisi? Non mi pare. Oggi se ti capita il pdf di un giornale a portata di pc e fai una ricerca digitando la parola "crisi" rischi di ottenere una decina di risultati. I problemi ci sono, eccome, ma c'erano già. Solo che politici, media e i vari maestri di pensiero non ce lo dicevano e così facevamo finta di non accorgerci di nulla. Nell'agosto 2008, quando la crisi era conclamata, i mutui variabili erano al loro massimo, per un pieno di carburante si spendevano diversi euro in più rispetto a oggi e le bollette di gas ed energia avevano raggiunto l'apice. La crisi era conclamata, ed era originata di là dall'oceano proprio dai mutui insolventi le cui rate continuavano a spennare, di qua, chi si stava pagando la casa. Ma ancora non c'era. O era una crisetta, o era reversibile. Poi è diventata grave: e giù licenziamenti, giù casse integrazioni e giù mancati rinnovi di contratti ai precari strutturalmente appesi a un filo. Viene da riflettere insomma, su questa crisi per anni sotto al tappeto che in un baleno diventa la questione. Viene da riflettere sulla nevrastenia dei tempi e sulla mancanza di ragionare in profondità che può portarci alla malora. Viene da riflettere sulla messa al bando di qualsiasi pensiero che non sia quello della corrente maggioritaria, anche se questa sbaglia in maniera marchiana. E viene da riflettere sulle ricette messe in campo (è così che dicono i giornalisti bravi, no?) anche oggi, che ci dicono ci troviamo nell'occhio del ciclone. Misure che denotano quanto pericolosamente continuiamo a muoverci vicino al precipizio. Per di più convinti di allontanarcene. Fino alla prossima crisi, quando quello che per anni non sarà stato un titolo di giornale, un argomento di discussione, un oggetto di una norma di legge, diventerà la questione. E l'affronteremo così come oggi, in maniera avvizzita e pigra, senza risolvere nulla, solo rimandando.

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