lunedì 22 febbraio 2010

Alti e bassi

Non credo alle semplificazioni, quindi non credo che nella popolarità di Sanremo ci sia solo un che di basso, per così dire. Però condivido quello che scrive stamattina Michele Serra su Repubblica (qui un estratto); cioè che Sanremo è una cosa fabbricata ad uso e consumo della fascia più bassa di pubblico, quella più indifesa perché meno conosce altri linguaggi che non siano quelli della tv e quindi pronta a cibarsi di questi perché portata a credere che siano gli unici possibili. E nel mio piccolo so che c'è stato almeno un televoto per la straordinariamente brutta canzone di Pupo, Emanuele Filiberto e il tenore, che è arrivato da una persona che la musica non sa dov'è di casa - nel senso che questa persona non compra dischi, non ascolta radio e se gli capita  di sentire qualcosa, sono le note che arrivano dai jingle pubblicitari e, una volta l'anno appunto, Sanremo -. Non si tratta di una persona ignorante, o di fascia bassa bassa: s'informa, legge, è attiva socialmente. Solo che la musica non sa dov'è di casa. Però ha televotato. E al di là dello spingermi a chiedere cosa può muovere una persona non avvezza né con la musica né con gli sms, a prendere in mano il telefonino per esprimere una preferenza su una canzone di rara bruttezza, mi sono fatto una ragione degli esiti del televoto. E non solo.Credo d'aver capito che ci sono differenze oggettive tra chi ha pratica con alcune cose e chi no. Non è vero che siamo tutti uguali: c'è chi ascolta musica, tanta, e chi non ne ascolta e pur non sapendone nulla, o molto meno di chi ne ascolta, concorre a definire i vincitori di quello che a torto viene indicato come il festival della canzone italiana. No, la canzone italiana e assai meglio di come la vorrebbero dipingere. E non perché sia granché (la canzone italiana, intendo), ma perché è proprio basso il livello delle canzoni del festival.

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