venerdì 18 maggio 2012

Da Gigi D'Alessio a Cristina Donà (contro Grillo)

Dice: che hai contro Grillo? Pochi argomenti. Il primo è di pelle. Non mi piace la gente che urla. E non mi piace l'idea che sta passando sottotraccia, cioè che la radicalità debba esprimersi urlando. Che poi non è solo pelle. Perché l'urlo è la scorciatoia per farsi ascoltare dai timpani meno avvezzi alla complessità. E se invece vogliamo trovare una via d'uscita dal pantano planetario in cui siamo finiti occorre tenere conto di una molteplicità di variabili che l'urlo non contempla. Dovremmo semmai affinare ancora di più i timpani nostri, e tentare quelli di chi ascolta Gigi D'Alessio se non con i Sigur Ros almeno con Cristina Donà, per dire, piuttosto che proporre un D'Alessio iperproteico con qualche chitarra distorta in più. Con l'urlo invece, non si fa che rendere più solida la catena della superficialità, la prima da spezzare, la più spessa di quelle che ci tengono legati alla politica del qui e ora che cancella l'orizzonte. E che ci ha portato qui, miopi, grassi e incapaci di un guizzo per portarci fuori dal fango che ci cinge le vite. E poi, altro che antipolitica: confrontate non tanto i candidati grillini o il Movimento 5 Stelle, ma il personaggio Grillo (senza cui non esisterebbero né candidati né movimento) di quattro-cinque anni fa, quello delle energie rinnovabili, della qualità della vita, del riutilizzo e del riciclaggio, della biodiversità, con quello di oggi: quello delle sparate sui migranti e sulle tasse. Quello che guarda al potenziale di voti in libera uscita del centrodestra e ne carezza le viscere più oscure anche spingendo sull'acceleratore del "sono tutti uguali". Sofisticato, a suo modo; mediaticamente (ed elettoralmente) parlando efficace. Ma niente che ci possa far uscire dal pantano. Perché è proprio la politica delle viscere, dell'attaccamento alla terra senza più alzare gli occhi al cielo, dello spot (urlato) che ci ha portati dove siamo. Servirebbe una ribellione di massa alla semplificazione delle complessità, invece; che sappia contrapporre il lungo al breve, il profondo al superficiale. Cosa che Grillo non fa.

lunedì 7 maggio 2012

La furbata della terza stella

Forse in questa rivendicazione della terza stella sulla maglia da parte dei tifosi della Juventus e della stessa società c'è molto della goliardia che circonda il calcio. E forse questa storia dovrebbe rimanere confinata al capitolo "Bar Sport", soprattutto in un giorno che la storia (chissà?) ricorderà come quello in cui l'Europa riprese in mano se stessa. Però, nella rivendicazione dei due scudetti che la Figc (l'organo di governo del calcio) ha revocato a causa della vicenda di calciopoli (sentenza che riduce da 30 a 28 i campionati vinti riconosciuti alla Juventus e che quindi nega il diritto alla terza stella sulla maglia) è forte la tentazione di vedere gran parte dei difetti nazionali: l'inflessibile richiamo della legalità solo quando il rispetto delle regole dev'essere onorato dagli altri; il vittimismo del "così facevano tutti ma hanno colpito solo noi"; la sindrome del complotto che ne segue; la mala educazione che s'impartisce ai tanti bimbi che seguono il calcio ai quali si comunica: sì, c'è stata una sentenza, ma chi se ne frega; la difficoltà a riconoscersi nelle istituzioni - Corte costituzionale o Figc che siano -, cioè nei soggetti che ci siamo dati per uscire dal dominio della legge della giungla. Beninteso, la storia dell'umanità è storia di rotture, di disconoscimenti di autorità che non avevano diritto ad esserlo; di volontà di superare leggi che cristallizzavano rapporti superati dal tempo. Insomma, le rivoluzioni, e anche le riforme, che ci hanno portato dove siamo oggi sono sempre nate dalla presa di coscienza che lo stato di cose presenti è insopportabile, o che è almeno da cambiare un po'. E quindi dalla presa di responsabilità che va superato, anche in maniera traumatica. Ma giocare un campionato - vincerlo addirittura - essere immersi nel sistema che regola le cose del calcio fin nel midollo, e volersi al tempo stesso cucire addosso una stella che quello stesso sistema ha giudicato illegale, farlo prendendo la scorciatoia della caciara e prescindendo dall'assunzione di responsabilità di condurre una battaglia - legale o "rivoluzionaria" che sia - sa tanto di furbata. Nazional-popolare. E per questo detestabile e da contestare. Ben al di là della saracinesca del Bar Sport.