lunedì 4 marzo 2013

M5S, la scoperta della complessità

Il risultato uscito dalle urne costringerà il Movimento 5 Stelle a uno sforzo inatteso: quello di togliersi di dosso  la maglietta di "oppositore di sistema" (sedicente o reale, ma questa per il momento è un'altra questione) per farsi esso stesso sistema. Diverso quanto si vuole, ma pur sempre sistema (anche l'anarchia è un "sistema"). Sarebbe accaduto anche se il M5S avesse semplicemente portato parlamentari a Roma e fosse semplicemente stato costretto a fare i conti con l'istituzione dal di dentro. Accadrà a maggior ragione ora che i gruppi parlamentari saranno determinanti per la formazione o meno di un governo. E accadrà in maniera inaspettata, visto che neanche Grillo e Casaleggio probabilmente si aspettavano di trovarsi in una situazione del genere. La campagna elettorale è stata portata avanti parlando sempre da un punto di vista preciso: quello degli oppositori. Le attività su cui metteva l'accento Grillo nei comizi per descrivere la futura attività dei parlamentari a 5 stelle erano tutte di tipo interdittivo: portare le telecamere ai lavori parlamentari e caricare i video delle sedute su youtube, smascherare magheggi e inciuci, visionare ai raggi "x" i provvedimenti. Lo stesso slogan che ha avuto la fortuna maggiore ("apriremo il parlamento come una scatoletta") alludeva a un lavoro di vigilanza che in un sistema politico è tipico dell'oppositore. L'universo a 5 Stelle è stato costruito insomma fino all'altroieri sull'alterità rispetto alla "casta" e probabilmente anzi si sarebbe dovuto consolidare, nell'idea dei suoi leader, con un'esperienza istituzionale sì, ma sempre in una posizione alternativa. Dalla quale si sarebbe potuto continuare a dire con maggiore forza: loro non fanno quello che noi faremmo se avessimo la maggioranza.
Non sarà così. E l'unica chance per i grillini di tornare ad avere le mani libere arriverebbe da un accordo tra Pd e Pdl. Se ciò non avverrà, il M5S sarà costretto a un bagno di realtà che ne modificherà comunque la consistenza. Perché per la prima volta gli attivisti e i neo-eletti si troveranno alle prese con un archetipo dell'esperienza umana che il M5S ha tenuto ostinatamente fuori dalle proprie coordinate, quasi a volerlo esorcizzare: la complessità. Che è uno dei motivi per cui Wu Ming considera di destra il dna dei Cinque Stelle. Complessità che non è sinonimo di compromesso istituzionale, o di sporcarsi le mani, come probabilmente l'attivista 5 Stelle arrivato a leggere fin qui interpreterà. Complessità è, per capirci, tutto ciò che sta al di là dei trascurabili (seppure detestabili e da cancellare) privilegi di un numero ristretto di persone (la cosidetta casta) che sono diventati il bersaglio su cui tirare freccette che ha fatto la fortuna elettorale del M5S. I servizi sociali, il  risanamento del debito pubblico, la riconversione ecologica della produzione, la questione energetica e quella dei rifiuti, sono questioni che esulano dai privilegi della casta (nel senso che non sono certo i benefit di poche migliaia di persone che li finanzierebbero) e al tempo stesso necessitano di scelte di campo nette. Non vale lì la logica semplicisticamente binaria (manichea) bene-male (popolo-casta), come molti degli elettori, attivisti e (probabilmente) eletti del Cinque Stelle ritengono. Diciamo che i privilegi della casta sono stati lo sfondo che ha fatto la fortuna della narrazione dei Cinque Stelle. Ma ne hanno anche appiattito l'orizzonte. Di là, come scopre il protagonista di Truman show, c'è il mondo reale. Che va cambiato. Abbattere i privilegi della casta è il prologo, ma il romanzo è tutto da scrivere. E scrivere è cesellare, scegliere, faticare, tornare indietro e ripartire, ammettere che ci sono più cose di quante noi ne possiamo capire e che però questo non deve inibirci l'azione. Tutte attività dannatamente complesse.

Nessun commento: