venerdì 6 dicembre 2013

Pd, una poltrona per tre

Le primarie di domenica sanciranno il cambio al vertice di quello che, per cause del tutto indipendenti dalla sua volontà, è il maggior partito italiano: il Pd. La geografia politica dell'intero Paese potrebbe cambiare a seconda di quale dei tre sfidanti diventerà segretario. Il condizionale è d'obbligo perché non è scontato che il Pd arrivi a lunedì mattina. I più attenti osservatori non escludono che il partito, in preda a stress emozionale, possa nel frattempo passare allo stato gassoso e dissolversi nell'atmosfera come una Santanchè qualsiasi esposta alle alte temperature o che, qualora rimanga allo stato solido, possa essere addentato da qualcuno dei suoi elettori rimasto disoccupato. Ma vediamo il ritratto dei tre sfidanti per capire dove potrebbe andare l'Italia, sempre che riesca ad alzarsi in piedi.

Giuseppe Civati. Il deputato lombardo è appeso alla variabile meteo: «Sì, mi sono candidato. Ma se domenica farà bel tempo andrò in Valtellina a farmi una sciata e francamente non so se col traffico del rientro riuscirò a raggiungere Milano in tempo utile per votare». Civati è comunque dei tre aspiranti alla segreteria quello con le idee più chiare: «Voglio un partito più vicino a Sel e ai Cinque stelle». Di qui il programma, nel quale è stato fatto uno sforzo di sintesi di alcune delle priorità care a Vendola e a Grillo. Eccone uno stralcio: «Abbiamo l'obbligo morale di estirpare dai gangli vitali della nostra comunità la mitopoiesi secondo la quale un partito - ma anche una partenza, un arrivo, o che so io, un semplice "ciao" - possa diventare la metamorfosi di carta straccia da vendere al miglior offerente. Vaffanculo, siete morti. La nostra ontologia tendente alla liberazione dalla schiavitù del giorno feriale non può prescindere dal lavoro vivo, grondante lapilli madidi di estasiato, sincronico sudore. Ladri, pezzi di merda, fuori gli scontrini, vi facciamo un culo così, internet».

Gianni Cuperlo. Non ha ancora terminato il ciclo di sedute cui Massimo D'Alema lo sta sottoponendo da settimane per renderlo più convincente. In particolare, si rifiuta di digrignare i denti nonostante il suo mentore, per fargli capire come si fa, l'abbia costretto a convivere per una settimana in una stanza di sei metri quadrati con tre pitbull che non mangiavano da giorni. «Non vi preoccupate, lo faccio per il suo bene, così si diventa leader», aveva detto D'Alema ai famigliari in lacrime che salutavano Cuperlo prima che si sottoponesse alla prova. Ma quando il suo pupillo è uscito, l'ex presidente del Consiglio l'ha schernito così: «Cazzo Gianni, ma cosa devo fare per te? Altro che pitbull, così sei pronto a malapena per fare Dudù». Secondo fonti accreditate Cuperlo, di nascosto, avrebbe presentato una memoria ai garanti del partito per chiedere, in occasione dell'appuntamento di domenica, cinque punti percentuali di vantaggio rispetto ai suoi avversari in maniera da bilanciare così i continui endorsement di D'Alema a suo favore. Nel suo programma si legge, tra le altre cose: «Avanti a sinistra, sperando che 'sto cazzo di navigatore non continui a mandarci fuori strada».

Matteo Renzi. È impegnatissimo nel tour elettorale scandito dalle linee guida del suo guru, lo statunitense Hard Discount. Discount si è formato nella "Libera università Draconio" - intitolata a un feudatario vissuto nell'XI secolo noto per la sua magnanimità: in occasione del pranzo di Natale riuniva i suoi contadini sotto le finestre della sala da pranzo da cui lanciava loro gli avanzi dei commensali. Ritiene, come si legge nella sua opera più famosa, «A mangiar troppo si diventa grassi», che «la disoccupazione è una fortuna perché così si ha più tempo libero». Di qui discende la sua idea che i lavoratori siano degli sfigati che sfogano la loro frustrazione rivendicando diritti ai danni dei ricchi, i quali devono invece essere messi nelle migliori condizioni di accumulare liberamente per poi spendere e muovere così l'economia. Sono però argomenti che Renzi, per non annoiare il pubblico, non utilizza mai nei suoi comizi. Anzi, da vero innovatore quale è il sindaco di Firenze non è dotato affatto di programma. Ne compila uno di volta in volta, ma con l'inchiostro simpatico, in modo che dopo pochi minuti il foglio torna bianco. «È l'unico modo per tenersi davvero al passo con tempi che cambiano sempre più velocemente», ha spiegato di recente. L'unico strappo alla regola è lo slogan che l'ha accompagnato nel tour, quello stampato anche sulle t-shirt dei suoi sostenitori: «Dove vi porto non lo so nemmeno io, ma ci divertiremo un casino».

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