giovedì 27 novembre 2008

On the road

Magari hai già una poco lusinghiera opinione su come è organizzata la mobilità nella città in cui vivi (che poi, purtroppo, vale un po' per tutte le città); magari un giorno sei costretto a lasciare l'auto dal meccanico e magari decidi di circolare a piedi, senza prendere mezzi (che poi si aprirebbe un altro capitolo, ma lasciamo stare); magari constati che i chilometri che normalmente percorri in macchina, a farli a piedi rischi ogni attimo l'incolumità (no marciapiedi, scarsa illuminazione, eccetera). E magari torni a casa con l'opinione iniziale che si è radicata un po' di più: altro che chiusura dei centri storici, altro che camminare fa bene, altro che ciance. I pedoni, semplicemente, non rientrano nell'orizzonte (ristretto) delle giunte comunali. Cetto Laqualunque ci farebbe la campagna elettorale ("se vedi un pedone schiaccialo, l'amministrazione ti premia, perché è pericoloso socialmente, rischi anche l'incidente per evitarlo, cazzuiu!").

Più lento che rock

Mi è appena capitato di ascoltare La Cura di Battiato cantata da Celentano, che, con tutto il rispetto, a tratti ricorda Claudio Villa.

Ah, la civiltà

A: "Ieri sera ho sentito che mi stava venendo la febbre, così ho preso subito l'antibiotico".
B: "Ma sei matto? E che hai preso?".
A: "Boh, non ricordo, la prima cosa che ho trovato in casa. Sai, in questi giorni ho parecchio da fare. Ho anche raddoppiato la dose".
Alcuni di voi leggendo questo scampolo di conversazione non avranno fatto una piega, magari abituati a ingurgitare di tutto. Io al contrario, come mi auguro altri di voi, sono saltato sulla sedia quando l'ho ascoltata. C'ho riflettuto su e ho pensato che la reazione fosse dettata dalla mia attitudine anti-farmaci. Ma ho capito che una parte consistente di ragione, quel mio salto sulla sedia ce l'aveva. Perché prima di scrivere un post che avrebbe potuto essere innervato dall'ignoranza, in cerca di risposte mi sono imbattuto in questo sito che mi ha confermato come quelle che adotto sono tutto sommato buone pratiche e che mi permetto di suggerirvi di consultare in caso di aumento della temperatura, vista la stagione.
Amico pediatra

mercoledì 26 novembre 2008

Serioso e faceto

Stamattina la questione Luxuria è stata presa qui seriosamente, rinfrancatevi lo spirito.
Wittgenstein

A volte ritornano

La radio è di nuovo on line.

Tu chiamala se vuoi rivoluzione

Ammetto di stare per scrivere di una cosa che non conosco: mi sono sintonizzato sul canale che trasmetteva l'Isola dei famosi un numero di volte non più alto di quello delle dita di una mano e quando l'ho fatto ci sono rimasto il tempo utile a trovare il pulsante sul telecomando per cambiare. Niente snobismo: è che, a meno che non abbia voglia di obnubilarmi la mente parcheggiando momentaneamente il cervello, le trasmissioni in cui si scatenano artatamente liti e/o lo spettatore è messo nelle condizioni di sentirsi come se potesse liberamente guardare dal buco della serratura m'interessano poco. Tanto che, visto il successo che riscuotono e la mia contestuale idiosincrasia, sto pensando seriamente di cercare qualche libro utile a capirne le ragioni, poiché credo seriamente che ci sia qualcosa che mi sfugge. Se quindi parlo dell'Isola (è così che la definiscono gli aficionados, mi sembra) è solo perché Luxuria ha vinto l'edizione appena chiusa. Ecco, io ho nutrito perplessità quando Rifondazione decise di far eleggere Luxuria in parlamento. Perché avevo il sospetto che si trattasse di una scorciatoia per affrontare temi pure importanti. Poi mi sono ricreduto perché Luxuria, che non conoscevo, l'ho sentita parlare e ragionare; bene, dal mio punto di vista. E sono giunto alla conclusione che Luxuria non era stata scelta solo come un simbolo ma come un cervello ragionante. Per questo quando ha deciso di andare all'Isola dei famosi, se fossi stato Di Pietro avrei detto: e che c'azzecca? Poi Luxuria all'Isola dei famosi ha addirittura vinto. E ieri, la prima tentazione dopo aver constatato che Liberazione considerava la vittoria come una sorta di segno della rivoluzione imminente (se non addirittura già avvenuta), ho avuto una prima tentazione di scrivere un post sarcastico. Poi mi sono fermato: i cambiamenti passano anche da cose come questa, mi sono detto tra mille dubbi. Oggi poi ho letto Norma Rangeri sul manifesto:
La povera Luxuria è entrata nello show come un volantino stampato ("parlerò dei problemi sociali e politici"), e ne è uscita come una donnetta da ballatoio. Il massimo della popolarità lo ha infatti raggiunto con la spiata di un flirt tra una bella argentina (Belen Rodriguez) e un rubacuori del jet-set (Rossano Rubicondi), marito di Ivana Trump. "Vi siete baciati", svela Luxuria. "Dici questo perché sei invidiosa di me che sono una donna vera", ribatte Belen. Altro che "rottura del tabù dell'eterosessualità", come scrive Liberazione. Semmai l'incoronazione della reginetta del pettegolezzo nazionale, l'apoteosi del meccanismo conformista che spinge la macchina della televisione nazionale. Viceversa dovremmo sostenere che Cristiano Malgioglio o Platinette sono i portabandiere della libertà sessuale, il Costanzo show la barricata della rivoluzione di genere e il Billionaire di Briatore l'avanguardia dell'emancipazione femminile.
E poi, sempre sul manifesto, ho visto la vignetta di Vauro. Prima di leggere Rangeri non conoscevo neanche l'esistenza di Rodriguez, Rubicondi e Trump (oddio come sono passato) ma le cose, pur nel disordine, sono tornate al loro posto.
Liberazione, il manifesto



lunedì 24 novembre 2008

Quanto

Al di là di quello che ognuno ci trova, al di là del gusto di ricercare nomi la cui memoria è sprofondata sotto la mole degli anni e sorprendersi a rivedere la foto di qualcuno che ricordavi come non è più, facebook è anche questo: "Tu quanti amici hai?" (domanda da un collega all'altro durante il lavoro).

mercoledì 19 novembre 2008

Obama e noi

Per tutti quelli che "non cambierà niente" e un po' anche per quelli che "cambierà tutto", Ida Dominijanni sul manifesto di ieri (che il giorno stesso dell'uscita non è in rete).
il manifesto

martedì 18 novembre 2008

Le domande della vita#4

Vi è mai capitato, dopo l'assaggio di rito, di rifiutare una bottiglia di vino al ristorante? Entro quali termini la bottiglia non va pagata? Io penso che se il liquido contenuto sa di tappo oppure è palesemente andato a male, il cambio di bottiglia è di diritto (anche se sono convinto che in alcuni posti occorrerebbe quasi arrivare alle vie legali per ottenerlo). Ma se, poniamo, il vino, semplicemente, non è di gradimento dell'avventore, come si procede? In teoria, visto che lo si fa assaggiare, il cambio dovrebbe rimanere un diritto, o no?

lunedì 10 novembre 2008

Così, di getto

A pelle. Ma qui si ha come l'impressione che la portata dell'elezione di Obama l'abbia percepita meglio il PresdelCons che l'opposizione. Il primo, testimonia la presa d'atto più che con le sue battute ipercommentate, con la mimica nervosa e scattante che lo sta quasi trasformando nella caricatura di sé stesso mentre le enuncia e tenta di spiegarle il giorno dopo; la seconda, con la vuota litania balbettante: crescita-aiuti-alle-imprese-e-alle-famiglie, con cui anche oggi all'ora di pranzo ha riempito i tg.

sabato 8 novembre 2008

Le belle bandiere

Se qualcuno ha avuto la ventura ieri sera di imbattersi nella lunga striscia di informazione di terza serata del Tg3 e ha capito il senso della bandiera degli Usa utilizzata come logo nell'angolo in basso a destra del teleschermo (probabilmente era lì anche le sere precedenti ma il titolare qui non ha avuto la fortuna di seguire il programma essendo impegnato in altro), lasci un commento o mandi una mail. Qui nel frattempo si riflette su cosa si sarebbe detto se dopo la vittoria di Bush, Porta a Porta o il Tg4 avessero fatto la stessa cosa.

mercoledì 5 novembre 2008

Forse

Sapendo relativamente poco di lui, da queste parti ci si può concentrare solo su questioni simboliche e andare per pochi punti schematici, sommari e probabilmente eccessivamente seriosi.
1) Gli Stati uniti sono un grande paese. Anzi sono tanti paesi diversi, non ne esiste uno solo: c'è quello che quattro anni fa ha confermato in massa uno dei peggiori presidenti della storia e quello che ieri notte ha consentito l'elezione di una persona che ancora oggi non avrebbe possibilità in alcun paese europeo. Lo dice uno che non ha mai amato e continua a non amare l'american way of life comunemente inteso, che, come tutte le generalizzazioni, non aiuta a capire neanche un po' ciò che succede davvero. E lo dice uno cresciuto con un pregiudizio verso gli Usa che tutto sommato continua a lavorargli dentro. Sinistri, guardatevi dentro e ditevi allo specchio che non è vero. Il che non equivale a sostenere che lì c'è il paradiso e a negare che da lì non siano partite cose turpi verso i quattro angoli del pianeta. Vuol solo dire che le cose ci si deve sforzare di guardarle evitando di incasellarle per forza in griglie precostituite.
2) La realtà davanti ai nostri occhi sembra fissa ma non lo è. Cose irraggiungibili vent'anni fa (do you remember Jesse Jackson?) sono diventate tangibili oggi. L'utopia serve a seminare, guardare avanti e raggiungere obiettivi: insomma, è realisticamente praticabile, lo dimostra quello che è successo poche ore fa. Si ricredano i rigidi e i lamentatori di professione contro il mondo brutto, sporco e cattivo.
3) La conseguenza diretta di quello che si è appena scritto è che forse (forse) questa elezione cambia qualcosa davvero in maniera irreversibile. In questo senso è tecnicamente una rivoluzione. Ciò addirittura a prescindere da quali saranno le politiche concretamente adottate da Obama. Tanto è alta la carica simbolica di quello che è successo. E i simboli contano.

lunedì 3 novembre 2008

Election day

Analisi del sangue, dentista, notaio, carrozziere. Pare che McCain abbia preso una serie di appuntamenti per il dopo 4 novembre, dicendo a tutti di essere finalmente libero da impegni di diversa natura.

venerdì 31 ottobre 2008

La seconda età

Chi frequenta questo blog sa che non è di quelli a sfondo personal-esistenziale. Perciò questo post, superficiale quanto si vuole, è rimasto sospeso per un paio di giorni prima di diventare tale, prima di arrivare alla conclusione cioè che non di tirata esistenziale si tratta, o almeno non solo. Mi telefona per questioni di lavoro una persona che ha avuto incarichi di primo piano a livello politico e mi confida che ora, da semplice consigliere regionale, è tornato a fare l'anarchico che era in gioventù. Sono due giorni, dopo aver riattaccato, che mi ronza in testa l'idea che la seconda età, almeno nelle società occidentali, sia in parte una grande messa in scena illuminata dal principio precettivo che lascia in ombra le sfere più intime, fluide, elastiche e calde. E la società in cui siamo immersi, tirata da quelli che stanno in seconda età, è uno specchio abbastanza fedele di tutto ciò.

martedì 28 ottobre 2008

Ecco, diglielo tu

Avete presente quando uno comincia ad irritarsi davanti alla tv perché vede imbastire dei servizioni di finto approfondimento giornalistico intorno a quella banalità del ritorno del '68 in occasione di una protesta studentesca? Ecco, per fortuna poi c'è la ragazza dell'86 che spiega al cronista di turno: "Certo che lo conosco il '68, ma lì la protesta era contro un certo tipo di società, mentre noi siamo contro un decreto legge e basta".

domenica 26 ottobre 2008

Tempi duri

Ci sono sintomi secondari ma significativi dello scivolamento verso il basso. Questo rientra nella categoria: per una quindicina d'anni, quando è stata all'opposizione, la minoranza della minoranza ha avuto come punto di riferimento Fausto Bertinotti, oggi la stella polare è Antonio Di Pietro.

giovedì 23 ottobre 2008

Chiama l'uno-uno-tre

Dice, è fascista. A parte che nell'arco di ventiquattr'ore ha cambiato idea. E poi su, un po' di rispetto, per essere fascisti bisogna crederci, investirci in un po' di idee, pur balzane che siano. Berlusconi investe solo in attività redditizie e se proprio uno vuole trovare un aggettivo adatto alla bisogna è protofascista. Lui viene prima del fascista, che è una cosa decisamente più strutturata: la socialità, l'ingresso delle masse nello stato (magari sarebbe più corretto dire l'irregimentamento), l'ordine. Per Berlusconi invece conta solo l'ultimo degli elementi: l'ordine. Purché, sia ben chiaro, messo in modo di consentirgli di fare quello che gli pare. E va decisamente rivalutato, Berlusconi. Primo perché raggiunge regolarmente i suoi obiettivi evitando di impelagarsi negli scrupoli delle persone comuni. Prendiamo una delle ultime: ben pochi politici, a destra come a sinistra, sarebbero stati in grado di mostrare la mancanza di pudore necessaria per presentarsi, da presidente del Consiglio, a un'assemblea di industriali e chiamarli "colleghi" senza avere il timore di correre il rischio che la platea potesse capire che la si stava prendendo per i fondelli. Si dirà: anche lui è un industriale e gli altri politici non possono definire gli imprenditori colleghi. Ma anche chi è solo appena avveduto poteva capire da lontano un miglio che quella parola, "colleghi" era usata strumentalmente, per blandire. Però lui, che conosce bene i suoi polli, non s'è fatto problemi: sapeva anche che in quel momento l'utilizzo di quel termine avrebbe funzionato, avrebbe scaldato i cuori. E che quella platea di "bella gente" non si sarebbe accorta di nulla (platea è intesa chiaramente come soggetto collettivo, non come insieme di singoli) e avrebbe applaudito convinta.
Ma c'è di più: Berlusconi è la bella copia, cioè quella vincente, degli italiani che l'hanno votato. Che non sono pessimi: sono mediamente buoni padri e madri di famiglia, bravi ragazzi. Niente affatto cattivi in sé, come parte del sinistrismo ama pensarli rincattucciandosi nel suo alibi di superiorità morale. Chi di voi non ha uno zio berlusconiano col quale ride e scherza amabilmente ai pranzi di famiglia? Ha forse tre narici? Ha mai tentato di accoltellarvi alle spalle? No, sicuro. E' solo che considera le opinioni diverse dalle sue un impaccio; la cultura una perdita di tempo perché non produce nulla di concreto; l'ambiente un praticello da innaffiare quando e se c'è tempo; l'approfondimento giornalistico lo confonde con "Porta a porta" e il governo con il comando; un eroinomane, perfino uno che si fa le canne, è per lui più socialmente pericoloso di un evasore fiscale o di chi corrompe o si fa corrompere per un appalto, e anzi: questi ultimi spesso fanno parte di quella che lui definisce la "crema" della società; è garantista ma sa essere forcaiolo, dipende da chi finisce nelle maglie della giustizia. Ed è convinto che il male supremo della nostra società sia la microcriminalità pronta a tenderci agguati, anche se né lui né i suoi parenti più prossimi sono mai stati vittime di atti di violenza. Non lo fa perché è cattivo: pensa intimamente che così vanno le cose e così devono andare. Anzi: che così vanno le cose perché così devono andare. Per cui, dice e pensa intimamente lo zio berlusconiano, senza cattiveria: abbiamo vinto le elezioni, non rompete. E attenzione: lo zio berlusconiano non è neanche tanto diverso da quello di sinistra, che avrete senz'altro anche quello, pensateci bene: forse il secondo preferisce "Ballarò" a "Porta a Porta", (pensa che cambio di paradigma!) ma la macchina la compra diesel lo stesso anche se sa che inquina. Oh, non v'offendete, voi di sinistra: non ho detto che sono proprio uguali, il berlusconiano e il sinistro, ma sono assai meno dissimili di quanto appaia e spesso mettono la croce su un simbolo diverso per questioni di famiglia, di reminiscenze che si perdono nella notte dei tempi ma la cui essenza è quasi completamente stinta dopo aver preso il colore del luogo comune e del partito preso.
Ecco, riprendendo il filo e tornando allo zio berlusconiano: lui si fa il mazzo, lavora tutto il giorno e magari ha i figli che combattono per un lavoro che non c'è o che se c'è fa schifo. Berlusconi, no. Lui è la bella copia: ha tempo e soldi per pensare, convoca i migliori cervelli e sondaggia, studia, approfondisce per tirare fuori nella maniera più efficace che solo lui sa trovare gli slogan che al nostro zio piacciono di più. Poi va alle nomination, pardon, alle elezioni, prende i voti e comanda, o almeno ci prova, perché, come dire, 'ho vinto, non rompete'. Ecco, altro che fascista, è che così vanno le cose e così devono andare. E forse per sconfiggerlo il berlusconismo, se esiste, sarebbe il caso che lo zio di sinistra cominciasse a demolire i luoghi comuni in base ai quali categorizza la realtà, mettere in discussione anche le sue convinzioni e vedere semmai quale radice hanno. Solo così, ad esempio, lo zio di sinistra avrebbe spento la tv, ieri sera, dopo essersi imbattuto in Veltroni che balbettava ad Annozero di crescita, crescita, crescita per uscire dalla crisi. Sì, ma quale crescita?, avrebbe chiesto il nostro zio di sinistra alle prese con la demolizione dei suoi luoghi comuni. E avrebbe detto a sé stesso che da un leader di sinistra, progressista, liberal o definitelo voi come vi pare, è legittimo aspettarsi di più in mezzo a una crisi del genere. Sarebbe lecito aspettarsi che prenda la palla la balzo per convocare i migliori cervelli e dire urbi et orbi che così non si va avanti, che serve un new deal imperniato su rispetto delle vite umane, ambiente, innovazione, qualità, energia rinnovabile. E cultura, perché solo pensando e avendo gli strumenti per farlo meglio si può tentare di raggiungere uno stato di benessere superiore. Ma questo è un altro discorso e la rete è bella perché se avete voglia di approfondire troverete luoghi senz'altro più attrezzati di questo. Ora scusate, vado, ci sono dei ragazzini che stanno giocando a palla nel cortile e rischiano di danneggiarmi la macchina diesel nuova di zecca: devo assolutamente chiamare la polizia.
Wikipedia

Un po' di chiarezza

Questo è uno stralcio dell'intervista di Cossiga pubblicata oggi dalla Nazione. Serve a capire l'Italia degli anni Settanta più di mille saggi di storia.
"Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano".