venerdì 23 aprile 2010

A, B, C

A) Che nelle direzione nazionale di un partito presieduto da una persona che è anche editore (non è la solita pappa sul conflitto di interessi, tranquilli) si parli di assetti proprietari di un giornale in questi termini, la dice lunga sulle panzane sulla libertà di stampa. La stampa, la singola testata e i giornalisti che ci lavorano, non sono liberi, nel senso che comunemente si dà all'aggettivo. Hanno dei proprietari che a loro volta sono guidati da interessi per far valere i quali si stipulano alleanze, si fanno contratti pubblicitari eccetera.Questo non sopprime la libertà di testate e giornalisti. Ma di certo la limita. Nel senso che il singolo giornalista mai potrà scrivere tutto quello che davvero pensa (ammesso che pensi), perché c'è una linea; e la linea è dettata da interessi. La libertà vera è semmai quella del lettore, che per esercitarla però, abbisogna di almeno due sostegni: in primis sapere di chi è la proprietà del mezzo di comunicazione che ha tra le mani, sapere chi sono gli alleati della proprietà, sapere quali sono i maggiori inserzionisti pubblicitari; in seconda battuta, avere la possibilità di scegliere fra diverse testate che corrispondono a diversi interessi. Solo così, ricomponendo le tessere di un mosaico complesso, si può parlare di libertà.
B) Ci risiamo: ieri sera la Carfagna ad Annozero ha esaltato la sceneggiata andata in onda alla direzione nazionale del Pdl perché sintomo di trasparenza, a differenza di quanto avverrebbe nel centrosinistra, dove per capire cosa succede dentro i partiti - ha detto più o meno la ministra - occorre leggere i retroscena dei commentatori politici. Avrei capito di più se la Carfagna avesse esaltato l'aspetto passionale del dibattito, quel sommovimento di viscere che ha portato i due leader quasi a sputarsi in faccia. Avrebbe potuto dire, miss Mara, che quello è un partito dove si fa politica per passione e non per interesse. Invece, no. Ha esaltato la presunta trasparenza del dibattito. Di questo passo ci troveremo all'apologia di Berlusconi che ci parla delle sue feci mattutine in diretta tv. E ci sarà subito qualcuno a dire: vedete che uomo genuino e vero che è il presidente, non nasconde niente al suo popolo, parla persino dei suoi problemi intestinali. Ecco, questa del popolo è un'altra panzana. Sono anni - da quando la Lega ha cominciato a tessere successi elettorali, da quando Berlusconi ha cominciato a raccontare barzellette di dubbio gusto in paloscenici internazionali - che ci fanno sentire degli snob solo perché consideriamo disdicevole fare le corna in una foto di capi di stato, cantare cori da stadio razzisti, fare battute sull'aspetto delle persone. Certo, sono cose che molte persone normali fanno: le corna nelle foto, voglio dire, o i cori razzisti allo stadio. Ma chi l'ha detto che tutto quello che fa il popolo, o meglio, una parte di esso, sia virtuoso? E chi l'ha detto che popolo debba essere sinonimo di basso? Quella che apprezza cose del genere è la fetta più bassa di popolo, quella che tende a mediare meno tra viscere e cervello, quella che parla come gli viene. Un tempo si insegnava a pensare prima di parlare, qualcuno per fortuna lo fa ancora. Mentre oggi siamo all'esaltazione del politico che sta vicino al popolo e che come il popolo dice chiaro e tondo come la pensa, anche se questo equivale spesso a parlare senza cognizione di causa. No, quella che si è vista ieri non era trasparenza, era semmai la copia carbone dei programmi pomeridiani (Rai o Mediaset non fa differenza) di pessima fattura, dove tronisti,finte-nuore e finte-suocere, perdigiorno e personaggi vari senza la minima consapevolezza, cercano la notorietà tentando di bucare lo schermo con l'andare sopra le righe, urlando, dicendola grossa. E anzi, vedendo certe scene, cresce il timore di essere governati da gente come quella (non so per quanto tempo ancora, a questo punto), che affronta i problemi in quel modo incivile.
C) Siamo al fondo del barile. E basta con la storia della sinistra che non sa comunicare. La sinistra ha i suoi bei problemi e lo sappiamo bene. Ma se la maggior parte di chi va a votare, continua a votare questa destra, preferendola anche al più noioso dei Prodi, il problema è più loro che nostro. Bisognerà pur dirlo una buona volta.

giovedì 15 aprile 2010

Si stava meglio quando si stava meglio

Se penso a Raimondo Vianello (io lo ricordo così, geniale) mi viene in mente quando ero piccolo e mi mettevo insieme ai miei davanti alla tv. La tv che era fatta da gente che la sapeva fare. Da gente che faceva ridere grandi e piccoli perché aveva un bagaglio capiente di cultura, letture, studi, vita, creatività per farlo. Da gente che ti faceva ridere puntando a farti ridere, studiandoci. Non che ti faceva ridere nonostante non lo volesse, anzi, suo malgrado: o per come si concia, o per la solenne ignoranza che mostra davanti alle telecamere, o perché rutta ed emette peti annusandoli successivamente. Non è passatismo. Non si spiegherebbe altrimenti come mai oggi, sempre più di frequente, si ricorre a "schegge" della tv che fu per far salire gli ascolti. A schegge della tv che ha attratto tanti italiani a sé e che oggi continua a nutrire - essendo diventata un'abitudine per milioni di persone grazie alla  qualità che fu - gli ascolti della mediocre progenie che le è succeduta. Non è passatismo: è che basta prendere un cognome a caso tra Vianello, Tognazzi, Arbore, Mina, Agus, Villaggio, Mondaini e tutti quelli che vi vengono in mente se siete intorno ai quaranta e confrontarlo con uno qualunque (tranne qualche onorevole eccezione) dei volti che vedete oggi per capire che è una questione di qualità. Sì, Pasolini aveva ragione, la stortura è nella tv in sé. Ma c'è di più. Perché rispetto ai tempi in cui Pasolini cominciava a vedere l'ammorbamento della società italiana, la tv è diventata più brutta, se possibile. E' diventata tanto brutta quanto le bruttissime mamme di Adro che magari si rimpinzano di tronisti, isole e minchioni vari e che invece di insorgere contro la decisione di negare i pasti ai figli di genitori che non riescono a pagare la mensa scolastica, vomitano contro il benefattore che ha versato soldi al Comune affinché quello scempio non fosse portato a compimento e decretano il successo elettorale di sindaci impresentabili. Occhio, non ho detto che siamo tutti diventati così. Ma ho come la sensazione che a furia di scimmiottare affrancamenti ed emancipazioni si stia tornando indietro. E, quel che è peggio, convinti invece di andare avanti.

venerdì 9 aprile 2010

Le domande della vita#7

Ma davvero la priorità in Italia è data dalle riforme istituzionali? Ecco, il post poteva chiudersi qui. Oppure ce se la poteva cavare dicendo che questo blog sostiene il semipresidenzialismo a triplo salto carpiato con una spruzzata di zafferano e golden gol al posto dei supplementari. Però, poiché viviamo in un paese in cui per decenni ce l'hanno menata con il sistema bloccato - quando tutti sanno che se il Pci fosse andato al governo, anche con libere elezioni, si sarebbero scatenati i gladiatori di terra, di cielo e di mare, interni ed esterni - e poiché, nonostante dal 1994 in qua al governo siano stati alternativamente questi di qua e quelli di là, si continua a parlare di un sistema che porta all'ingovernabilità, sorge un dubbio. Che il parlare di riforme, il bicameralizzare di continuo la politica italiana, serva a non parlare d'altro o a mascherare l'impotenza dei diversi schieramenti ad affrontare le questioni che ogni cittadino normodotato mette prima delle riforme, nella scala di priorità. Io, nel mio piccolo, penso che il dedicarsi a un serio programma di innovazione basato su riqualificazioni urbanistiche, dei trasporti, energetiche e produttive a partire dal prendere sul serio le quesioni dell'ambiente e della qualità della vita (maschile e femminile) sia già un serio deterrente che allontanerebbe dal preoccuparsi di cose inutili come le riforme istituzionali. Se poi ci si mettesse un riequilibrio del peso del fisco, alleviando chi le tasse non può fare a meno di pagarle e penalizzando chi si autoriduce il reddito, di tempo per pensare alle panzane istituzionali ce ne sarebbe ancor meno. Se, infine, si decidesse di mettere mano alla formazione, alla scuola e all'università, tentando di far crescere cittadini che si sentano parte di un tutto e dando vita a un sistema che dia a tutti (tutti) le stesse possibilità di emergere (cosa che non si fa solo con la scuola ma con un abbattimento delle caste che parassitano le nostre città, e qui si apre un altro capitolo), allora proprio le riforme finirebbero all'angolo. Nel posto cioè che meritano, anche perché, detto tra noi, le riforme non si faranno mai, perché nessuno le vuole, o meglio, ognuno le vuole tagliate su misura per sé, alla faccia dello spirito costituente. Servono solo a parlar d'altro, per mascherare le impotenze, le inettitudini, le ignoranze che i rappresentanti dei cittadini italiani hanno portato legittimamente in parlamento.

mercoledì 7 aprile 2010

La prima del primo (o del secondo)

Quando le cose ti succedono stenti a percepirle subito, almeno a me succede così. Mi ci vuole un po' per metabolizzarle, metterle a fuoco. A volte mi succede anche con la musica: per esempio, per capire che The Joshua Three degli U2 era un capolavoro ho impiegato qualche settimana. Delle quattro cose che sto per citare, io, data l'età, ho vissuto in diretta solo la terza. Anche se le mie prime volte, seppure i dischi erano già usciti da anni, sono state comunque prime volte, appunto, non ero immerso nello spirito del tempo. Ecco però, quando ho sentito le prime tracce (cioè, la prima canzone del primo disco) con cui si sono presentati al pubblico i Led Zeppelin, gli U2, e i Pearl Jam, non mi ricordo dov'ero, ma mi sembra d'aver detto o pensato qualcosa tipo: "Mamma mia!". Mi ricordo invece che ero sul letto di un albergo dove ho vissuto per diverso tempo, quando scoprii che esistevano i Sigur Ros. Il disco era il secondo e me l'aveva passato un collega la cui sorella stava con un tipo finlandese, mi pare, che aveva portato giù 'sta roba. Ero sdraiato ed era sera, inserii Agaetis byrjun nel lettore cd, dopo qualche decina di secondi mi vennero i brividi e pensai: "Mado', ma che ho ascoltato fino adesso?".

venerdì 2 aprile 2010

Dei giornali in crisi di vendita

Mattino presto a colazione. Mia figlia, cinque anni, mi vede leggere coi giornali squadernati sul tavolo: "Ho capito che fanno i giornalisti! Prima mandano i giornali in tutto il mondo, poi li comprano".

Farsi capire

Per tutta una serie di ragioni, rinuncio momentaneamente a cercare di capire perché la gente continui a votare a destra (questa destra). Penso però di avere capito almeno una ragione abbastanza fondata per cui la gente non vota a sinistra. Premesso che reputo ancora valido quello che scrissi in questo pippone qui, e che quindi il lavoro che spetta a chi voglia rappresentare una sinistra in questo paese (in questo mondo) sia di lunga, lunghissima lena, credo che la questione non sia di rappresentarsi più o meno radicali, più o meno moderati. Paradossalmente non è neanche questione - o almeno non lo è prioritariamente - di stare di più tra la ggente, come si sente dire, o ascoltare la ggente, come si sente ipocritare (scusate il neologismo ma ci stava). Semplicemente, se mi chiedono come mi faccio chiamare sul web e io rispondo wensenghzh, non mi si capisce. Se invece dico: wizzo, a naso la gente dovrebbe capire meglio. Ecco, la questione è rendersi riconoscibili. Il che non significa, come pensano i falcemartellati ferrerian-dilibertiani, ritornare a sloganare (scusate, oggi sono in vena di neologismi): tutto il potere e i mezzi di produzione al popolo. E non significa neanche, come riterrebbero i grillini o i dipietristi, che se si cominciasse a mandare affanculo chiunque non la pensi come noi si riuscirebbe a farsi capire meglio. Altrimenti, Idv, Federazione dei comunisti e movimento 5 stelle potrebbero cominciare ad aprire le consultazioni per la formazione del nuovo governo, piuttosto che galleggiare, anche se sommati, ben sotto alle percentuali a due cifre. Il punto è dire chiaro cosa si vuole, e poi magari farlo, se se ne dà la possibilità. E lo dico anche con una buona dose di autocritica per aver supportato con una certa verve il teorico del "ma anche". Perché è chiaro che se uno aspira a governare un paese di sessanta milioni, è condannato a contemperare esigenze diverse. Però può dire se l'acqua, che serve a vivere quanto l'aria, la vuole pubblica o privatizzata. Può dire che concedere alle aziende una chance di testare il personale non può significare precarizzare la vita delle persone tenendole in prova perenne. Può dire che il vivere, il costruire, il muoversi nelle città, il dissipare e produrre energia così come si fa oggi sono da sovvertire completamente. E lo può dire facendosi capire dalla gente, facendo di queste a altre questioni il centro di un programma, non snocciolarle come orpelli dimostrando in fondo in fondo di non crederci. Obama, e, nel suo piccolo, Vendola, stanno lì a dimostrarlo. Pensano meglio dei loro avversari, lo fanno capire e vincono. E parlano alla gente, anche nelle piazze. E quando ci vanno, nelle piazze, la gente esce di casa per andarli a sentire. Non è questione di essere radicali, appunto. E' che nel mondo rovesciato nel quale vivono i media, nel mondo del dire senza farsi troppo capire, del parlare di lana caprina senza andare al cuore delle questioni perché quelle questioni disturbano il manovratore, nel mondo delle relazioni interpersonali falsate, dire chiaro e tondo come la si pensa è quasi roba da pazzi. Però vincente.

lunedì 29 marzo 2010

Non vivo né in Puglia né nel Lazio

Sabato pomeriggio ho tirato fuori la scheda elettorale dalla cartella in cui la ripongo dopo ogni elezione, c'ho anche applicato sopra gli adesivi che m'aveva mandato il mio sindaco con la nuova sezione di voto. Poi domenica sono stato fuori tutto il giorno. E stamattina, beh stamattina ho guardato la scheda e l'ho lasciata lì. Stasera la riporrò nella cartella, per la prima volta senza timbro.

giovedì 25 marzo 2010

Senza vergogna

Finirà 8-5? 9-4? 10-3? Certo, per uno che non è berlusconiano, l'ideale sarebbe la terza che ho detto. Ma per vincere in quel modo, per esempio, ci si troverebbe a gioire per la vittoria di De Luca in Campania, lo sceriffo, come lo chiamano. E, insomma, non è proprio il massimo della vita. Certo, meglio dell'avversario. Ma ci vuole poco, no? E poi stiamo alla solita storia del meno peggio, basta tristezze. Quindi a scanso di equivoci, questo blog dichiara fin d'ora che gliene bastano due, e se Vendola e Bonino diventassero presidenti di Puglia e Lazio,  qui si gioirà senza vergognarsene.

Santoro potete vederlo anche da qui

Per una notte

Per vedere Santoro (e non solo) stasera.

lunedì 15 marzo 2010

Ah preside'

Uno scrive questa cosa qui, che pesa non poco (per chi la scrive, s'intende) e viene immediatamente superato dagli eventi. Ah Berlusco', datti 'na calmata che sennò, oltre a far fare una figura immonda a chi ci prova, diventa proprio impossibile difenderti; anche parzialmente.

Diritto all'informazione

Stamattina ho telefonato alla Procura della repubblica della mia città per sapere se ero indagato per qualcosa.
PS: per chi non l'ha capita, cliccare qui.

A verbale

Che questo blog simpatizzi con lui lo si è esternato in diverse occasioni (qui quella più convinta, qui la prima, un po' più ingenua). Ora lo metto a verbale in maniera definitiva affinché, spero, un giorno io possa dire "l'avevo detto": voglio che quest'uomo diventi il candidato alla presidenza del consiglio del centrosinistra.

giovedì 11 marzo 2010

Poveri

Un breve ritratto di Rocco Carlomagno, l'uomo che ieri ha fatto uscire dai gangheri presidente del Consiglio e ministro della Difesa, pubblicato oggi dal manifesto. Per farsi mettere in difficoltà da un personaggio del genere è chiaro che stanno passando un periodo difficile; c'è da capirli, poverini.

mercoledì 10 marzo 2010

Condannatelo

Sto per scrivere una cosa che risulterà scandalosa ai più che vengono da queste parti, quindi dovrò essere convincente nell'argomentarla. Penso che l'opposizione dovrebbe lasciar fare tutto quello che vuole al presidente del Consiglio. Vuoi sospendere i processi a tuo carico? Ok. Vuoi che le liste che il tuo partito (partito?), a causa delle guerre intestine, non è riuscito a presentare in tempo vengano reintegrate? Prego. Magari lo farei con due accortezze: per i processi, andrebbero sospesi anche i tempi per la eventuale prescrizione dei reati e, non appena il presidente del Consiglio non fosse più gravato da compiti istituzionali, si dovrebbe tornare immediatamente in aula. Per le liste, invece del pateracchio messo in piedi, proporrei una sanatoria per tutti quelli che non sono riusciti a mettersi in lizza. Tutti significa: Radicali, Forza Nuova, Sinistra critica e via minoreggiando. Ecco, utilizzate queste accortezze, l'opposizione potrebbe presentarsi all'opinione pubblica con un discorso di questo tenore: "Cittadini, il paese è sottoposto a continue tensioni che scaturiscono dagli affari privati e dai pastrocchi di cui il signore che la maggioranza di voi ha legittimamente designato a governare è portatore e protagonista. Sono mesi, anni, che il dibattito pubblico è segnato non dallo scontro su misure e politiche che riguardino la maggioranza dei cittadini, bensì dalle polemiche su quello che lo stesso presidente del Consiglio voluto dalla maggioranza di voi vuole fare o non fare pro domo sua, mascherando il suo interesse come quello generale. Le misure che proponiamo sono da repubblica delle banane, ce ne rendiamo conto. Ma noi con queste, tentando di salvare la faccia, vogliamo aprire un capitolo nuovo. Stop ai processi (temporaneamente), si reintegrino le liste del Pdl irregolari (sempre che riescano a mettersi d'accordo). E condanniamo il presidente del Consiglio alla peggiore delle pene, dalla quale non a caso tenta di sfuggire con diversivi tutte le volte che si trova a Palazzo Chigi: governare".

Ho un rigurgito antifascista

L'uomo con il pizzetto è ministro della Repubblica in uno dei paesi fondatori dell'Unione europea. E le foto scattate sono di oggi non di quando era fascista era iscritto al Msi.

domenica 7 marzo 2010

Ciao

Ho appena saputo che Mark Linkous si è tolto la vita e mi dispiace parecchio perché amare dischi è anche un po' amare chi li fa, anche se non l'hai mai conosciuto né visto di persona. Mi piace ricordarlo così, anche se mi piace è un verbo che uso con difficoltà, ora.

Vergognarsi almeno un po' (reprise)

"(...) Così come del resto nessuno di quel partito (il Pdl) ha sentito il bisogno di chiedere scusa agli italiani per il pasticcioc creato, per la fibrillazione in cui è stato gettato l'intero dibattito politico, e per aver costretto alla fine il presidente della Repubblica ad avallare ad avallare un decreto orribile pur di non privare di qualsiasi significato politico il prossimo appuntamento elettorale e di non lasciar precipitare nel ridicolo l'immagine del Paese più di quanto già ci sia".
Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera di oggi.