giovedì 19 dicembre 2013

Le nuove parole del 2013

Il 2013 è stato segnato da cambiamenti linguistici che hanno introdotto nuovi vocaboli o hanno modificato l'uso che si faceva di altri. Ecco le principali novità. 

Perseguitato politico: miliardario ultrasettantenne dedito a una vita dissoluta e uso circondarsi di persone molto più giovani di lui in cerca di facile successo (vedi alla voce: Raffaele Fitto).

Mario Monti: termine utilizzato fino al novembre 2011 dai più ottimisti anche come sinonimo di speranza (in alcuni casi anche nella sua variante eccitata: salvatore), è venuto assumendo nel giro di qualche mese significati che sono scivolati via via in grigiore, squallore (gergale: "cheduepalle"). Dopo il 24 febbraio 2013, data che coincide con le elezioni politiche, ha assunto per la maggioranza degli italiani il significato che solo pochi prima gli attribuivano: fallimento.

Ribelle: aggettivo di cui si è autoappropriato un giovane sindaco divenuto per acclamazione segretario del maggior partito italiano e che da allora ha assunto significati esattamente contrari rispetto a quelli che aveva avuto dalla sua nascita: conformista, furbo, conservatore.

Sinistra: parola usata con diversi significati, non di rado in maniera impropria. Utilizzata spesso come sinonimo di introvabile, inafferrabile. Viene anche inserita in frasi diventate ormai di uso comune per indicare pratiche e comportamenti sociali: "Quelli litigano tra loro come se fossero di sinistra", "Non riescono mai a mettersi d'accordo, ma che sono di sinistra?".

Larghe intese: accordo di governo che serve a pochissimi ma che ha l'ambizione di rappresentare tutti. Utilizzato da alcuni nella variante "Adda passa' a nuttata".

Riforme: termine che indica provvedimenti legislativi volti a peggiorare la condizione della stragrande maggioranza della popolazione con la giustificazione che se non venissero adottati le cose peggiorerebbero (vedi alle voci: riforma delle pensioni, riforma del trasporto pubblico, riforma del mercato del lavoro). Utilizzato nel linguaggio informale anche con altri significati: "Sto così male che sembra che mi sia caduta addosso una riforma".

Nuovo Centrodestra: ossimoro, paradosso, tipo: "splendido disastro", "meravigliosa catastrofe".

lunedì 9 dicembre 2013

Renzi e lo "sbrigativismo"

Coloro ai quali a sinistra non va giù la vittoria di Renzi e la platea di quelli che invece lo guardano con simpatia sono accomunati almeno da una caratteristica: trascurano (o hanno trascurato fino a ieri) un particolare non propriamente secondario. I primi si rifiutano di riconoscerlo. I secondi se ne entusiasmano, ma anche loro non ne colgono la portata. Il particolare è questo: Renzi rappresenta davvero l'Italia. Un paese logorato, malfidato, dove l'orizzonte si chiude sull'uscio di casa. Sfinito fino a diventare pigro e per questo pronto a saltare da Berlusconi a Grillo al sindaco di Firenze senza pensarci troppo sopra, nonostante la pubblicistica mainstrem li dipinga come alternativi tra loro (anche se si assomigliano in maniera clamorosa e non a caso nelle teste degli elettori sono in larga parte intercambiabili, e questo la dice lunga anche sulla pubblicistica mainstream). Un paese col fiato corto e quindi impreparato a percorsi lunghi e impegnativi come quelli che sarebbe necessario intraprendere in un momento come questo. Un paese che per capirlo meglio occorrerebbe coniare un neologismo e studiarlo: lo sbrigativismo. Che è una piaga sociale, non solo relegabile alla “politica politicante”.

Lo sbrigativismo è il rifiuto della complessità, e quindi della vita. Lo sbrigativismo è un'illusione ottica: appare risolutivo ed efficiente e invece costringe anche nel breve periodo a dispendiose cure per riparare i guasti procurati. Lo sbrigativismo è la negazione dell'innovazione, che per definizione necessita di laboratori e procede per aggiustamenti ed errori. Lo sbrigativista predilige la brevità e l'univocità del messaggio. Anche per questo la forma di comunicazione che continua a essere premiata è quella “uno a tanti”: è la preferita dai leader sbrigativisti, ovviamente. Ed è accettata dalla platea sfinita che li ammira. In questo senso andrebbe una volta per tutte ridimensionata la retorica sui social media: i social sono orizzontali quando ad utilizzarli sono i pari, tra loro. Nel momento in cui entra in scena un attore dominante la forma torna a essere quella canonica, cioè televisiva: il blog di Grillo, autentico organo di partito, è l'emblema di questa verticalità mascherata da agorà. Da questo discende almeno una conseguenza di una certa rilevanza ai fini del discorso che si intende fare qui: la forma di gestione della cosa pubblica che trionfa ai tempi dello sbrigativismo imperante è la delega. Ma si badi: la delega a uno e uno solo. Perché uno, da solo, decide prima e deresponsabilizza tutti gli altri (compreso chi ha attribuito la delega). Ciò significa tagliare fuori tutti coloro e tutto ciò che, problematizzando, rallenta i processi. Perché in tempi di sbrigativismo non occorre tanto fare bene quanto fare in fretta, mostrare i risultati.

Certo, non tutto è così. Non tutti in Italia sono ammiratori dello sbrigativismo. Ma la grande maggioranza lo è (e per capire come si sia arrivati a questa grande maggioranza si necessitano intere biblioteche). E, questo è l'altro punto, in tempi di dittatura della maggioranza per le minoranze i margini di manovra si riducono al minimo. D'altro canto, quella sbrigativista non potrebbe essere altro che una maggioranza “dittatoriale”. Non c'è tempo per affrontare questioni di sistema, né di star lì a spaccare il capello in quattro. Ci si deve muovere. Anche se, siccome lo sbrigativismo è il paradiso degli ossimori, dà solo l'illusione di muoversi, facendo rimanere perfettamente immobili. E qui veniamo a Renzi.

Essendo lo sbrigativismo innanzitutto rifiuto della complessità, Renzi ne rappresenta bene l'essenza parlando a un tutto indistinto: la gente. Difficilmente, se non per brevi spot, nei discorsi del neo segretario del Pd compaiono le categorie: i precari, le donne vittime di pregiudizi ottocenteschi, i giovani in gamba appesi al parere di baroni universitari, quelle e quelli con ottime idee ma zero soldi che banche medievali non finanzieranno mai, i migranti che faticano il triplo degli autoctoni. Nella narrazione renziana scompaiono i lavoratori. L'attore principale, indiscusso, se si parla di produzione, è l'imprenditore. Come se chi porta alla produzione il suo lavoro, il suo talento, fosse una sorta di escrescenza, di errore della storia. Lo si nota poco perché questo è uno dei grandi assi portanti dello sbrigativismo, metabolizzato ormai da decenni dalla maggioranza sbrigativista: nell'impresa i lavoratori non esistono, esiste solo l'imprenditore.

Nel discorso di Renzi, come in ogni sceneggiatura ben costruita, ci sono invece l'eroe (la gente, appunto) e l'antieroe, che oggi ha assunto le fattezze della categoria contro la quale è più facile prendersela, quelle nomenclature di politici che in quanto a impresentabilità temono la concorrenza di pochi, in effetti. Si sbandiera il cambiamento (cioè, sempre per rimanere in tema di sceneggiatura, l'obiettivo cui tende l'eroe e che viene negato dall'antieroe), perché la platea è sfinita dallo spettacolo andato avanti finora e quello reclama, il cambiamento. Ma in quel discorso manca del tutto l'aggressione ai nodi cruciali, sciogliendo i quali si potrebbe sperare di cambiare le cose. Il cambiamento è tanto di frequente evocato, quanto sbiaditi sono i contorni che dovrebbe avere (anche perché questo è funzionale al parlare alla gente, a un "tutto indistinto", evitando di assumersi l'impegno della scelta). Si potrebbe farla lunga, ma per capire la differenza di orizzonti è sufficiente citare Bill de Blasio, diventato sindaco di New York sbandierando la sua famiglia “diversa” e dicendo chiaro e tondo che avrebbe aumentato le tasse a chi i soldi ce li ha per finanziare scuole e ospedali fruibili da tutti. Cioè facendo le scelte di campo che il sindaco di Firenze invece si guarda bene dal fare, mascherandosi dietro slogan in grado di accontentare tutti e puntando sulla performance attoriale, per rendere al meglio la sceneggiatura attenta che gli è stata costruita intorno.

Detto ciò, cosa rimane da fare alle minoranze schiacciate dalla dittatura della maggioranza sbrigativista? Rimanere parte attiva. Lavorare ovunque, ove se ne abbia l'agibilità, per affermare principi alternativi (altra parola scomparsa). Per riportare al centro la complessità dei sistemi, che non significa non prendere decisioni, ma prenderle meglio; per rimettere al centro lo studio delle questioni, che non significa inefficienza e perdita di tempo ma il suo contrario. Dimostrare, esistendo, che la sostanza è più importante della performance attoriale. E che non esiste un tutto indistinto, la gente. Ma esistono i tanti, diversi, a volte confliggenti.

venerdì 6 dicembre 2013

Pd, una poltrona per tre

Le primarie di domenica sanciranno il cambio al vertice di quello che, per cause del tutto indipendenti dalla sua volontà, è il maggior partito italiano: il Pd. La geografia politica dell'intero Paese potrebbe cambiare a seconda di quale dei tre sfidanti diventerà segretario. Il condizionale è d'obbligo perché non è scontato che il Pd arrivi a lunedì mattina. I più attenti osservatori non escludono che il partito, in preda a stress emozionale, possa nel frattempo passare allo stato gassoso e dissolversi nell'atmosfera come una Santanchè qualsiasi esposta alle alte temperature o che, qualora rimanga allo stato solido, possa essere addentato da qualcuno dei suoi elettori rimasto disoccupato. Ma vediamo il ritratto dei tre sfidanti per capire dove potrebbe andare l'Italia, sempre che riesca ad alzarsi in piedi.

Giuseppe Civati. Il deputato lombardo è appeso alla variabile meteo: «Sì, mi sono candidato. Ma se domenica farà bel tempo andrò in Valtellina a farmi una sciata e francamente non so se col traffico del rientro riuscirò a raggiungere Milano in tempo utile per votare». Civati è comunque dei tre aspiranti alla segreteria quello con le idee più chiare: «Voglio un partito più vicino a Sel e ai Cinque stelle». Di qui il programma, nel quale è stato fatto uno sforzo di sintesi di alcune delle priorità care a Vendola e a Grillo. Eccone uno stralcio: «Abbiamo l'obbligo morale di estirpare dai gangli vitali della nostra comunità la mitopoiesi secondo la quale un partito - ma anche una partenza, un arrivo, o che so io, un semplice "ciao" - possa diventare la metamorfosi di carta straccia da vendere al miglior offerente. Vaffanculo, siete morti. La nostra ontologia tendente alla liberazione dalla schiavitù del giorno feriale non può prescindere dal lavoro vivo, grondante lapilli madidi di estasiato, sincronico sudore. Ladri, pezzi di merda, fuori gli scontrini, vi facciamo un culo così, internet».

Gianni Cuperlo. Non ha ancora terminato il ciclo di sedute cui Massimo D'Alema lo sta sottoponendo da settimane per renderlo più convincente. In particolare, si rifiuta di digrignare i denti nonostante il suo mentore, per fargli capire come si fa, l'abbia costretto a convivere per una settimana in una stanza di sei metri quadrati con tre pitbull che non mangiavano da giorni. «Non vi preoccupate, lo faccio per il suo bene, così si diventa leader», aveva detto D'Alema ai famigliari in lacrime che salutavano Cuperlo prima che si sottoponesse alla prova. Ma quando il suo pupillo è uscito, l'ex presidente del Consiglio l'ha schernito così: «Cazzo Gianni, ma cosa devo fare per te? Altro che pitbull, così sei pronto a malapena per fare Dudù». Secondo fonti accreditate Cuperlo, di nascosto, avrebbe presentato una memoria ai garanti del partito per chiedere, in occasione dell'appuntamento di domenica, cinque punti percentuali di vantaggio rispetto ai suoi avversari in maniera da bilanciare così i continui endorsement di D'Alema a suo favore. Nel suo programma si legge, tra le altre cose: «Avanti a sinistra, sperando che 'sto cazzo di navigatore non continui a mandarci fuori strada».

Matteo Renzi. È impegnatissimo nel tour elettorale scandito dalle linee guida del suo guru, lo statunitense Hard Discount. Discount si è formato nella "Libera università Draconio" - intitolata a un feudatario vissuto nell'XI secolo noto per la sua magnanimità: in occasione del pranzo di Natale riuniva i suoi contadini sotto le finestre della sala da pranzo da cui lanciava loro gli avanzi dei commensali. Ritiene, come si legge nella sua opera più famosa, «A mangiar troppo si diventa grassi», che «la disoccupazione è una fortuna perché così si ha più tempo libero». Di qui discende la sua idea che i lavoratori siano degli sfigati che sfogano la loro frustrazione rivendicando diritti ai danni dei ricchi, i quali devono invece essere messi nelle migliori condizioni di accumulare liberamente per poi spendere e muovere così l'economia. Sono però argomenti che Renzi, per non annoiare il pubblico, non utilizza mai nei suoi comizi. Anzi, da vero innovatore quale è il sindaco di Firenze non è dotato affatto di programma. Ne compila uno di volta in volta, ma con l'inchiostro simpatico, in modo che dopo pochi minuti il foglio torna bianco. «È l'unico modo per tenersi davvero al passo con tempi che cambiano sempre più velocemente», ha spiegato di recente. L'unico strappo alla regola è lo slogan che l'ha accompagnato nel tour, quello stampato anche sulle t-shirt dei suoi sostenitori: «Dove vi porto non lo so nemmeno io, ma ci divertiremo un casino».

lunedì 25 novembre 2013

Biografia non autorizzata di Matteo Renzi

Tranne la comparsata del 1994 a "La ruota della fortuna" che impazza su youtube, gran parte del passato di Matteo Renzi è avvolto nel mistero. Ma chi è e da dove viene l'uomo che sta per prendere in mano le redini del Pd (anche se pare che le redini abbiano già detto schifate: «Noi da quello lì non ci facciamo neanche sfiorare»)?

L'origine è ignota. Si sa solo che un giorno mamma e papà Renzi sentirono suonare il campanello di casa e, aperta la porta, trovarono poggiato davanti all'uscio un neonato piangente avvolto alla bell'e meglio in una copertina di "Vanity Fair". Non esitarono ad accoglierlo.

Per il nome i due neo-genitori, entrambi credenti, volevano un chiaro riferimento alla tradizione cattolica. Si liberarono delle pressioni di un vecchio zio fascista che proponeva Italo, e che quando gli veniva fatto notare che quel nome con la tradizione cattolica non c'entrava una mazza rispondeva: «Però è vigoroso!». Pensarono a Francesco, ma l'idea apparve al resto della famiglia troppo schierata a sinistra. Così si arrivò alla scelta di Matteo: cattolico sì, ma equidistante.

Di lì a poco il piccolo cominciò a manifestare problemi. La sua camera era in fondo al corridoio a sinistra, ma quando doveva raggiungerla Matteo girava puntualmente a destra. Da quella parte si trovava quella del vecchio zio, che teneva sempre la porta chiusa immerso nell'ascolto delle registrazioni dei discorsi del Duce. Fu procurandosi l'ennesimo trauma cranico sbattendo contro la maniglia della porta chiusa che Matteo sentì la voce stentorea di Mussolini pronunciare la fatidica esortazione: «Vincere!».

Nonostante lo stato di commozione cerebrale procurato dalla botta, quella parola si conficcò nella testolina del piccolo Renzi, che di lì in poi non fece che cercare la vittoria, a qualsiasi costo. Memorabile quella volta che sulla spiaggia, contro i ragazzi più grandi che non volevano farlo giocare a biglie, chiese le primarie per decidere chi doveva partecipare alla gara e portò a votare per sé tutti i vacanzieri dell'albergo in cui si trovava con la famiglia: arrivò primo.

Più grandicello, in prima liceo, il giorno in cui si dovevano scegliere i rappresentanti d'istituto, per essere sicuro di raggiungere l'obiettivo Matteo si presentò in tutte le liste. Durante l'assemblea, gli toccò presentarsi due volte di seguito. Prima con la lista di sinistra («Basta con l'autoritarismo dei professori - disse scaldando i cuori fino alla terza fila - rivendichiamo una scuola dove noi studenti possiamo sperimentare: per esempio, durante l'ora di scienze, perché invece dei fagioli non si possono far germogliare semi di cannabis?»); poi con quella di destra: propose, «contro una storiografia partigiana ed egemonizzata dai comunisti», di invitare a scuola Erich Priebke (all'epoca agli arresti domiciliari) per una testimonianza su cosa si prova a vivere da reclusi.

All'uscita, gli studenti di destra, che non conoscevano il significato della parola autoritarismo ma facevano un discreto uso di cannabis, lo acclamarono. Quelli di sinistra invece, lo trascinarono con loro e lo costrinsero per giorni ad ascoltare più volte l'intera discografia degli Inti Illimani. Fu in seguito a quell'esperienza traumatica che Renzi giurò a se stesso: la rovinerò, non so come, ma io questa sinistra un giorno la rovinerò.

Passarono anni in cui il giovane dovette superare esami difficili. Come quello della patente di guida, quando, durante l'esame di pratica, si andò a schiantare contro un tram girando a destra, convinto di stare obbedendo all'esaminatore che però gli aveva detto di voltare a sinistra. «Matteo, quando imparerai a orientarti?», gli disse la madre sull'ambulanza.

La svolta per lui arrivò quando conobbe Giorgio Gori, all'epoca direttore di Canale 5: «Vuoi rovinare la sinistra? Allora è inutile buttarti a destra: quello lì - disse Gori riferendosi a Berlusconi - è troppo forte e non ti permetterà mai di subentrargli, abituato com'è a entrare lui per primo, ovunque. Dai retta a me, studialo bene e buttati a sinistra: lì c'è un casino tale che se riesci a mettere tre parole in fila riuscirai a convincerli anche che vogliono l'esatto contrario di ciò per cui sono nati».

martedì 5 novembre 2013

Le risposte (im)possibili della Cancellieri

Nessuno ha fatto al ministro Cancellieri la seguente domanda: «Quanto da lei compiuto per Giulia Ligresti, che rischiava di morire in carcere, è encomiabile; ma quest'anno sono già deceduti 135 detenuti, come mai lei non ha fatto telefonate per nessuno di loro?». Eppure quella è la domanda più temuta dall'entourage della ministra e dalla Cancellieri stessa. Tanto che al ministero della Giustizia hanno lavorato per giorni alle risposte da dare nel caso venga posta. Questo l'elenco delle dieci giustificazioni possibili consegnato alla Cancellieri perché ne faccia buon uso.

1) Se avessi fatto una telefonata per ognuno dei detenuti morti in carcere quest'anno, per il rimborso della mia bolletta telefonica - cui ho diritto come tutti i ministri - sarebbe stato necessario ritoccare la legge di stabilità. Siamo in tempi di spending review e noi esponenti del governo siamo tenuti alla sobrietà e a limitare al minimo le chiamate in uscita. Il mio è un esempio di virtù repubblicana.

2) Molti dei detenuti morti in carcere erano stranieri. Vi pare sensato che un ministro si metta al telefono chiedendo trattamenti di riguardo per persone di cui non conosce bene neanche le generalità, rischiando di storpiarne il cognome ed esponendosi così al rischio di una figuraccia internazionale? Col mio atteggiamento ho tenuto alto il nome dell'Italia.

3) Alcuni dei deceduti erano tossicodipendenti. I servizi mi hanno informato che se avessi mostrato un interessamento a quei casi c'era il rischio concreto che Giovanardi arrivasse in parlamento con la corazza da crociato e l'alabarda che tiene custodite nella sua casa di Modena per presentare una mozione con cui sfidare a duello Letta, che non sa tirare di scherma. Sarebbe stata compromessa la stabilità del governo.

4) Avrei voluto interessarmi a quei poveri cristi che muoiono quotidianamente in carcere, ma non ho fatto in tempo essendo impegnata tutto il giorno al telefono con Mario Monti che mi chiama in continuazione per parlar male di Casini.

5) Giulia Ligresti rischiava di morire perché soffriva di anoressia, molti dei detenuti nelle carceri italiane invece, sono già abituati anche da liberi a non mangiare per giorni. I casi non sono assolutamente paragonabili.

6) L'estate scorsa in effetti ho provato spesso a chiamare diversi direttori di carceri italiane ma ho trovato sempre la linea occupata. Poi ho scoperto che era Berlusconi che si stava informando sulla possibilità di portare donne in cella nel caso venisse condannato. 

7) Interessandomi alla scarcerazione di Giulia Ligresti ho voluto tentare di dare il mio contributo al problema del sovraffollamento degli istituti di pena.

8) Avete ragione. Quello delle condizioni di vita nelle carceri italiane è un problema che non può essere sottovalutato. D'ora in poi farò il possibile affinché persone detenute e già in equilibrio precario non vengano sottoposte alla pena aggiuntiva, che so?, di trovarsi in cella con gente tipo Fabrizio Corona.

9) Lo ammetto, ho aiutato Giulia Ligresti per amicizia. Non ho retto quando i suoi familiari mi hanno confidato che erano pronti a tutto. Anche a fare un appello attraverso un'apparizione a uno dei programmi di Barbara D'Urso. Per questo credo di meritare almeno le attenuanti generiche.

10) Forse avete ragione voi. A vedere che mi dà contro mezza Italia e che tra coloro che solidarizzano con me c'è Brunetta, mi sorge il dubbio di aver fatto una gran cazzata.

martedì 29 ottobre 2013

A volte ritornano (o almeno, ci provano)

Il ritorno sulla scena di Fini, intervistato dopo mesi di silenzio dal Corriere della Sera, ha provocato un sussulto in numerosi esponenti politici finiti nell'ombra. Anche Bossi - che da tempo, caduto in una cupa depressione, non faceva altro che dialogare in una lingua protoceltica con una pietra asportata dal sito archeologico di Stonehenge e fatta posizionare nel giardino di casa - ha riportato il sorriso sul volto dei suoi familiari rivolgendosi finalmente al figlio col premuroso aggettivo col quale lo aveva sempre chiamato fin da quando, a sei mesi, il piccolo cominciò a dare prova di sé: «Pirla».

Ma Bossi non è un caso isolato. Ecco gli altri.

Matteo Salvini. Messo in ombra dal Movimento 5 Stelle, il segretario della Lega lombarda persegue un unico obiettivo: non farsi scavalcare da Grillo nelle politiche contro gli immigrati. È il compito più arduo che sia capitato a Salvini da quando, in terza media, la professoressa di educazione civica gli chiese di descrivere la differenza tra un semaforo e un palo della luce e, constatando che non sapeva rispondere, sconsigliò al futuro astro nascente della politica padana il proseguimento degli studi. Salvini ha contattato la redazione di "Porta a Porta" chiedendo di essere ospitato per lanciare una proposta di legge da egli stesso definita rivoluzionaria: l'intitolazione ad Artemisio Scaccabarozzi di tutte le piazze del nord attualmente dedicate a Garibaldi. Scaccabarozzi, cacciatore di frodo nonché vincitore per cinque edizioni consecutive della "Gara di rutti della pedemontana lombardo-veneta", è balzato agli onori delle cronache perché nei primi anni Novanta testava l'efficacia delle trappole per caprioli da egli stesso realizzate sugli immigrati albanesi giunti in Lombardia in fuga da Tirana. «È uno degli esponenti più alti della cultura padana che io conosca, ed è giusto che nelle piazze del nord campeggi il suo nome», argomenta Salvini. La proposta di legge, vergata con un artiglio di cinghiale della Valcamonica su pelle di vescica di agnello, è già stata depositata in Parlamento. Vespa ha detto a Salvini che la puntata si farà, ma solo se si riuscirà a realizzare un plastico dello Scaccabarozzi a grandezza naturale.

Roberta Lombardi. L'ex capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, scaduti i tre mesi del suo mandato, è tornata al normale lavoro di parlamentare grillina, quello di contare gli scontrini delle spese effettuate ed elargire insulti gratuiti. Nel tempo libero Lombardi passa ore davanti allo specchio a fare le facce schifate: «Così mi alleno per quando mi chiamano in tv», ha confidato via skype all'amica del cuore conosciuta su facebook. Superato il grave esaurimento nervoso derivatogli dalla constatazione che Crimi è più ricercato di lei («Guarda se quella palla di lardo deve andare a finire sui giornali mentre a me non mi caga nessuno», ha mormorato durante una delle sedute davanti allo specchio), Lombardi sta meditando di ritagliarsi il ruolo di pitonessa dei 5 Stelle per tornare in auge. Per questo ha avvicinato la Santanchè, la quale, dopo averla squadrata, ha concluso: «Hai tutto quello che serve, ti mancano solo le dieci carte di credito che io ho nel portamonete e un fidanzato giornalista: io ho Sallusti, tu potresti scegliere tra Belpietro e Lavitola. Poi potrei contattare Paragone per farti invitare a La Gabbia. Però mi raccomando, non mi far fare brutte figure: sei già sulla buona strada, ma allenati bene a non pensare prima di aprire bocca».

Gianfranco Rotondi. L'ineffabile politico avellinese soffre di un grave complesso di inferiorità: è vero che Berlusconi l'ha portato con sé nell'ultimo governo da lui presieduto; ma l'ha nominato ministro "senza portafoglio", che per un ex dc passato al Pdl è uno degli affronti più gravi che si possa subire. Ma quello che sta tormentando Rotondi è la competizione con Brunetta, Capezzone e Giovanardi. «Non ce la farò mai», confida in privato. Già. Lui dice che trova oggi Berlusconi più in forma che vent'anni fa? Non se lo fila nessuno. Brunetta fa una comparsata in uno studio televisivo, innesca una rissa anche col tecnico delle luci e l'indomani va su tutti i giornali. Lui millanta di sapere chi sarà l'erede di Silvio alla guida del Pdl? Raccoglie l'indifferenza generale. Capezzone passa dai Radicali a pasdaran berlusconiano e raccoglie insulti nelle piazze di mezza Italia. Lui sostiene che Famiglia Cristiana è un giornale comunista? Giovanardi rilancia e spara che Stefano Cucchi è morto di inedia, vuoi mettere? Così Rotondi si è convinto che occorre una scossa: ha ingaggiato il consulente d'immagine di Marylin Manson e oggi veste solo giacche alla Mughini su aderentissimi pantaloni di pelle nera. È così che si presenterà ospite da Maria De Filippi a "Uomini e donne", dove si svestirà per mostrare in diretta tv la natica sinistra e quella destra, dove si è fatto tatuare rispettivamente le parole «Solo» e «Silvio».

Massimo D'Alema. Si vede ormai di rado in tv e sui giornali ma non è affatto intenzionato a mollare. Per questo sta prendendo parte attivamente alla battaglia in vista delle primarie del suo partito. Dopo le sue dichiarazioni in favore di Cuperlo, il candidato alla segreteria è partito in piena notte da Roma, in ginocchio, alla volta di Pietrelcina, lasciando un biglietto alla moglie: «Solo così posso sperare che Padre Pio prenda in considerazione l'idea di intervenire per controbilanciare l'influenza negativa di una tale presa di posizione». Sta meditando di tornare sulla scena con un libro: «Io guardo al futuro». Quando sono uscite le indiscrezioni sul titolo però, pare che il futuro se la sia data a gambe levate.

venerdì 27 settembre 2013

Successione di Berlusconi, concorso internazionale

Al di là delle schermaglie sull'agibilità politica di Berlusconi, il gruppo dirigente del Pdl ha ormai capito che per l'anziano leader ci sarà poco da fare e occorrerà trovare qualcuno in grado di sostituirlo degnamente. Per questo è stato bandito un concorso internazionale mediante il quale verrà selezionato il successore.

I requisiti per partecipare sono i seguenti: ricordarsi di pronunciare il sostantivo «libertà» almeno una volta ogni 150 parole (anche a casaccio va bene, tipo: «Angelino, zitto e non rompere. Libertà»); dimostrare di saper cantare, accompagnati anche da un mediocre strumentista, almeno due-tre melense canzonette del secolo scorso e trovare qualche decina di persone disposte ad ascoltare adoranti (anche pagandole va bene); promettere conquiste mirabolanti e saper trovare sempre qualcuno cui attribuire la responsabilità per non essere riusciti nell'impresa; se superati i 60 anni, ricorrere al chirurgo plastico almeno una volta ogni 24 mesi.

Le candidature stanno arrivando da ogni parte del mondo, anche con sponsor di rilievo, ecco le principali.

Ross Perot. Miliardario texano, si presentò alle presidenziali degli Stati uniti nel 1996. Ha motivato così la sua candidatura in una lettera inviata alla commissione del Pdl: «Mi annoio tanto. Ho 83 anni e comincio a perdere colpi ma non credo che per voi questo sia un problema. È vero, ho perso le elezioni negli Stati uniti, ma con gli italiani è un'altra cosa, sono convinto di poter riuscire. Alla chirurgia plastica non ci credo, però se insistete posso fare lo sforzo di presentarmi in pubblico con una bandana in testa. Inoltre ho tanti soldi, così se voi non trovaste locali adeguati per riunirvi, posso impegnarmi fin d'ora a comprare quattro-cinque ville e palazzi sparsi per l'Italia dove poterci incontrare. Infine: non so cantare, ma sono in grado di pagare per procurarmi un cantante vero da mettere dietro le quinte e riempire un teatro di pubblico osannante mentre io vado in playback».

Mubarak. La candidatura dell'ex presidente egiziano ha fatto il miracolo: è stata avanzata al Pdl da un arco di forze che ha messo insieme i Fratelli Musulmani, l'ex presidente Morsi e quello attuale, Adli Mansur, salito al potere dopo la deposizione forzata dello stesso Morsi. L'obiettivo comune a tutte le parti è liberarsi di una presenza ingombrante, e la destinazione italiana per Mubarak è parsa a tutti la più appropriata: «Sì, sappiamo che non è il massimo – hanno scritto gli egiziani nella lettera di accompagnamento della candidatura – ma almeno in un'eventuale campagna elettorale lui può sfruttare l'argomento di aver saldato il suo debito con la giustizia. Inoltre, se ci accordiamo, potremmo convincerlo a venire a testimoniare presso le vostre autorità che lui è veramente lo zio di Ruby; v'immaginate che colpo?».

Gigi D'Alessio. Il suo punto di forza è che canta e suona senza neanche bisogno di un Apicella che l'accompagni. «E poi – ha scritto alla commissione – sono una garanzia: sono anni che faccio dischi di una bruttezza sconcertante ma che vengono acquistati inspiegabilmente da migliaia di persone. Sono quello che ci vuole per voi».

Maria De Filippi. La sua candidatura è perorata dal marito, Maurizio Costanzo: «Se programmi come “C'è posta per te” e “Amici” sbancano gli ascolti, ci sono spazi elettorali immensi per Maria», ha scritto il presentatore alla commissione. Poi la minaccia: «Se non la prendete voi, farò in modo che il prossimo anno presenti il Festival di Sanremo».

Anche il Pd avrebbe timidamente mostrato interesse a dare una mano al Pdl alla ricerca di un leader, ma la candidatura è stata bocciata dalla commissione perché accompagnata da una lettera eccessivamente laconica. C'era scritto: «Vi prestiamo Giuseppe Fioroni, che ne dite?».

Il Pdl rimane però in preda a uno strano fermento. Alla commissione che sta vagliando le candidature appena elencate, composta dalle colombe Cicchitto, Quagliarello e Alfano, si vanno sempre più esplicitamente contrapponendo i falchi Santanchè, Verdini e Carfagna. Questi ultimi sarebbero orientati a scegliere il successore di Berlusconi attraverso un'edizione speciale del Grande Fratello per la quale sarebbero già stati selezionati, in ossequio ai meriti conseguiti nei rispettivi campi, i seguenti protagonisti: Homer Simpson, Rocco Siffredi, la strega di Biancaneve (per rispettare le quote rosa), il Gabibbo e Federico Moccia. «Tutta gente che potrebbe avere un appeal decisivo nei confronti del nostro elettorato – ha commentato Santanchè in una dichiarazione uscita contemporaneamente sul Giornale e su Cronaca Vera – altro che le mammolette di Cicchitto».


sabato 24 agosto 2013

Miracolo! Berlusconi è stato nell'aldilà

Il silenzio di Silvio Berlusconi nei giorni successivi alla sentenza della Cassazione non è stato frutto del caso. Berlusconi era morto. Un attacco apoplettico l'ha colpito quando dalla finestra della sua camera ha visto tutto lo stato maggiore del suo partito che veniva a visitarlo subito dopo il pronunciamento dei giudici. «Cicchitto, Fitto, oddio c'è pure la Polverini; tutti insieme no, non li reggo, stavolta non ce la facc...», queste le ultime parole che sono state sentite pronunciare all'anziano leader. I maggiorenti del Pdl hanno deciso di non rendere subito pubblica la notizia per non gettare l'elettorato nello sconforto. E la mossa si è rivelata quanto mai azzeccata, visto che dopo tre giorni Berlusconi si è nuovamente palesato facendo gridare al miracolo. Questo è quello che è successo in quei tre giorni nell'aldilà.

Primo giorno. Berlusconi sulla riva del fiume Acheronte attacca bottone con Caronte e tenta di corromperlo: «Ha detto che se lo avessi lasciato libero di risalire mi avrebbe spedito un motore nuovo di zecca per la mia zattera in modo che io non sarei più stato costretto a faticare remando tutto il giorno», è stata la denuncia del traghettatore. Solo quando si sono avvicinati due membri degli Hell's Angels morti durante una rissa negli anni Settanta e di cui Caronte si serve tuttora per far muovere i più restii a salire in barca, il leader del Pdl si è convinto. Una volta giunto sull'altra sponda, a Berlusconi che si lamentava per il gran caldo si è rivolta una voce che è rimbombata in tutti i gironi dell'Inferno: «Taci peccatore, e stai a sentire piuttosto: tu sei uno dei pochi a poter scegliere la sua destinazione. Noi qui abbiamo l'imbarazzo della scelta, quindi dicci tu se preferisci andare nel cerchio dei lussuriosi o in quello dei frodatori». Lui, Silvio, non ci ha pensato più di un attimo: «Lussuriosi, almeno lì forse si tromba». Appena giunto però, è dovuto ricorrere alle cure dei medici essendo stato colpito al volto da una badilata sferrata da Marco Antonio, che l'aveva visto fare la manomorta con Cleopatra.

Secondo giorno. Il leader del Pdl capisce che non c'è tempo da perdere e si mette subito in azione. Contatta Pol Pot, Stalin, Nerone, Hitler, Mussolini e Pinochet per mettere a punto una strategia di difesa. «Quello che ci accomuna è che siamo tutti vittime di malintesi e ingiustizie - è l'arringa di Berlusconi -, occorre chiedere udienza a Dio e convincerlo che si è fatto fuorviare da chi ci ha giudicato in terra con acrimonia e pregiudizio». Poi si rivolge ai suoi interlocutori uno ad uno: «Tu, Adolf, incompreso amante della purezza; tu, Augusto, impagabile uomo d'ordine; tu Pol Pot, condottiero instancabile; tu Josiph, che non ti sarò mai abbastanza grato per avermi offerto tanti spunti polemici contro i miei avversari; tu, Nerone, imperatore sopraffino cultore della musica e infine tu, Benito, che non credo ci possano essere altri in grado di capirti quanto me. Noi insieme siamo una forza». Ma è stato in quel momento che la voce che l'aveva rimproverato il giorno prima è tornata a tuonare: «Taci peccatore, e sappi che costoro non possono sentirti. Qui all'Inferno non è come da voi: abbiamo brevettato un sistema che riconosce le cazzate un attimo prima che vengano pronunciate e non consente che arrivino ai padiglioni auricolari di alcuno. È da ieri che sono solo io a sorbirmi le enormità che spari».

Terzo giorno. Berlusconi, attraverso Lucifero, minaccia Dio di farlo contattare da una delegazione composta da Cesare Previti, Marcello Dell'Utri e dallo stalliere di Arcore, Vittorio Mangano, se non gli verrà concessa la possibilità di diramare un messaggio a reti unificate visibile e ascoltabile da tutto l'aldilà. Il Padre eterno, impaurito per la prima volta da sempre, cede. Nel messaggio Berlusconi attacca a testa bassa e invita Inferno, Purgatorio e «anche coloro che in Paradiso non si sentono adeguatamente valorizzati» a ribellarsi contro il Regno di uno che «nonostante faccia di tutto per mostrarsi infinitamente buono è in odore di comunismo. È noto a tutti che il figlio di costui scacciò i mercanti dal tempio. Cosa fu quella mossa se non un chiaro attentato al libero mercato, ben prima che Marx scrivesse il Manifesto? E da chi Gesù ricevette insegnamenti se non da quello che è unanimemente riconosciuto suo padre». È a quel punto che Dio convoca san Pietro e lo costringe a scendere all'Inferno per consegnare la chiave della porta d'uscita a Berlusconi: «Mandalo via e regalagli l'immortalità. Uno così io non lo voglio più vedere. Per farci perdonare, a quelli che di là saranno costretti a sopportarlo faremo uno sconto di pena quando arriveranno qui».

venerdì 16 agosto 2013

Il programma invincibile di B.

Il timore di Berlusconi è che, non potendosi lui candidare direttamente dopo la condanna, il Pdl possa perdere appeal nei confronti di parte degli italiani. Per questo il leader ha in serbo dieci provvedimenti che i suoi ministri a Palazzo Chigi tenteranno di inserire nell'agenda del governo. Eccoli:

1) Sgravi fiscali per coloro che dimostreranno di avere votato Pdl pur trovandosi nelle circoscrizioni elettorali in cui saranno candidati Capezzone e Brunetta. Agli sgravi verrà aggiunta una serie gratuita di sedute dallo psichiatra al fine di consentire il recupero dell'autostima perduta per coloro che avranno votato Pdl nella circoscrizione di Sandro Bondi.

2) Innalzamento dei limiti di velocità e possibilità di parcheggiare in doppia fila e di entrare nelle zone pedonali dei centri storici per tutti gli automobilisti che conservino nella memoria del proprio telefono cellulare la foto che li ritrae all'interno della cabina con la scheda elettorale e la croce sul simbolo del Pdl.

3) Sanatoria per i proprietari di case abusive che riescano a trascorrere un pomeriggio con Alessandro Sallusti riuscendo a non insultarlo. In questo caso, vista la gravosità del compito, si è esonerati dal produrre la prova di aver votato Pdl; lo si dà per scontato.

4) Uno smartphone di ultima generazione in regalo a chi dimostri di possedere un biglietto d'ingresso e lo scontrino di una consumazione al Billionaire. Anche in questo caso non è necessario dimostrare di aver votato Pdl perché se hai fatto una cosa del genere puoi aver votato qualsiasi altro partito, ma in fondo in fondo sei del Pdl.

5) Una vacanza gratis a bordo di uno yacht gentilmente messo a disposizione da Pierluigi Daccò a tutti coloro che riescano a dimostrare di aver sostenuto le candidature alle regionali di Formigoni o Storace. Perché dopo aver fatto una cosa del genere non puoi che aver votato Pdl alle Politiche.

6) Esonero dal pagamento delle bollette di luce e gas per un anno a chi dimostra di avere una registrazione audio o video di se stesso mentre pronuncia almeno una delle seguenti frasi: «Non lo lasciano governare». «Se ha fatto tanto bene per sé farà bene anche all'Italia». «Lo voto perché almeno lui non ha bisogno di rubare». «Beh perché? Ruby non poteva essere la nipote di Mubarak?».

7) Un buono sconto di mille euro da spendere in prodotti alimentari a chi invierà a Villa San Martino - Arcore, il video che lo immortala mentre canta dall'inizio alla fine "Meno male che Silvio c'è". Anche in questo caso non è necessario dimostrare di aver votato Pdl perché se fai una cosa del genere o ci credi veramente oppure di quei soldi hai un bisogno disperato e allora te li meriti comunque.

8) Abbattimento del 20 per cento della rata del mutuo a chi porta almeno cinque testimoni che riferiscano di averlo sentito definire Prodi un comunista.

9) Esonero dal pagamento delle rette dell'asilo nido, dei libri scolastici e della tassa di iscrizione all'Università dei propri figli per chi dimostri di essere in possesso di almeno un cd di Apicella (anche in questo caso la prova è così ardua che si dà per scontata l'adesione al Pdl).

Il decimo provvedimento non riguarda i potenziali elettori del Pdl, ma Berlusconi stesso. Ed è quello a cui il leader tiene di più, tanto di averne già parlato direttamente con Enrico Letta all'indomani della condanna. Si tratta della possibilità di nominare Daniela Santanchè ambasciatore dell'Italia all'Onu. «Da quando mi hanno condannato - ha confidato l'ex premier all'attuale presidente del Consiglio - o è al mio fianco o la vedo ogni volta che accendo la tv, è diventata una pena accessoria. Ti prego, aiutami a togliermela dalle palle».

giovedì 1 agosto 2013

Condannato o assolto, Berlusconi rimarrà Berlusconi

Sbaglierò. Ma penso che la sentenza della Cassazione su Berlusconi che arriverà a ore, a prescindere dal senso in cui andrà, non cambierà nulla. O quasi. Nel senso che qualunque sarà il pronunciamento dei giudici gli italiani continueranno a dividersi tra quelli che "meno male che Silvio c'è" e gli altri, che lo considerano il peggio che c'è. Si tratterà insomma di una sentenza che resterà confinata in un'aula di giustizia; che nel corpo vivo del paese non determinerà cambiamenti di posizione.

Certo, ci potrebbero essere contraccolpi sul piano politico al momento difficili da prevedere. Ma sul piano del sentire comune, quindi della storia per come si va dipanando sotto i nostri occhi, tutto resterà come prima. Berlusconi, interdetto o no, rimarrà l'unico leader in grado di unire chi si oppone alla sinistra (dai secessionisti ai corporativi, dai pasdaran liberisti ai cattolici neotradizionalisti, come è successo da quando è entrato in politica) zittendo gli oppositori interni a colpi di potere carismatico ed economico. E ciò principalmente per due motivi. Il primo è che la destra di altri leader non ne ha. Una povertà che quella parte politica è riuscita a far diventare ricchezza, rendendola cemento per tenere insieme cose diversissime. Il secondo, anche più consistente, è che Berlusconi è riuscito a fare di sé un totem. E il totem non si discute: o lo si venera o lo si combatte. Lasciando così nessuno spazio alla discussione.

Se si potesse discutere liberamente, e guardare indietro, si vedrebbe che non c'è stata la rivoluzione liberale propagandata dalla Forza Italia delle origini, e neanche una più modesta riforma fiscale. Si vedrebbe che in questi venti anni segnati dal berlusconismo non c'è stato cenno di riforma istituzionale e neanche un cambiamento del mercato del lavoro; né passi in avanti nel campo dei diritti civili. Non c'è stato insomma angolo della vita collettiva modificato sostanzialmente dalla "discesa in campo" di Berlusconi. Semmai un continuo rincorrersi di battaglie da cortile sugli affari e sui diritti e sui guai giudiziari di Silvio. Altro che Thatcher.

È questa mancanza di prospettiva, che ci schiaccia e ci divide in tifoserie opposte, a rendere di fatto immodificabile la situazione. Perché Silvio è un totem: o lo si ama o lo si detesta. Tertium non datur. Anche se proprio per quel "tertium" della messa in discussione, della problematizzazione, passerebbe un pezzo della crescita di un paese che continua ad azzannarsi sull'inutile e sul fatuo. E a discutere e a sperare e a temere, a seconda della curva in cui si è posizionati, sentenze purtroppo inutili.

giovedì 18 luglio 2013

Nuovi blocchi in vista

Gli osservatori si concentrano sugli scenari che possono aprirsi dopo la sospensione dei lavori parlamentari votata da Pdl e Pd in seguito alla decisione della Cassazione di anticipare la sentenza per il processo Berlusconi-Mediaset.

Primo scenario. Denis Verdini in vacanza a Capalbio, non trovando da accendere per fumare una sigaretta chiede che il Parlamento deliberi che venga appiccato un incendio che dal parco dell'Uccellina si estenda all'entroterra della Maremma. «Così non avrò più problemi», argomenta il coordinatore toscano del Pdl. L'ufficio di presidenza del suo partito approva e la proposta viene presentata a Montecitorio. Il Pd non ci sta e Franceschini propone l'incendio di dieci pini secolari all'interno del medesimo parco. Dopo un'estenuante mediazione viene approvato un ordine del giorno con cui si decide il rogo di quindici pini secolari in ordine di anzianità, a partire dal più vecchio. Il Pd si spacca e Anna Finocchiaro viene sorpresa in Transatlantico a prendere a borsettate la collega Puppato. Il presidente del gruppo parlamentare del partito al Senato, Zanda: «Abbiamo salvato il parco dell'Uccellina. E dopotutto che volete che siano quindici alberi quando in ballo c'è la tenuta del Governo?». Proteste nei confronti del Governo arrivano anche da un'associazione di cacciatori di mufloni cipriota. Renzi: «Se proprio si deve accendere quest'incendio, lo si faccia in fretta; il Paese non può aspettare».

Secondo scenario. Renato Schifani, arrivato in ritardo alla direzione del Pdl, si giustifica così: «A Roma oggi c'è un traffico tremendo». Immediatamente l'organismo decide all'unanimità la presentazione di un provvedimento che blocchi il traffico all'interno del raccordo anulare per due giorni a settimana al fine di far circolare solo le auto blu «per agevolare i lavori del Parlamento», si legge nel documento. La mediazione col Pd porta alla decisione di bloccare il traffico solo il primo lunedì di ogni mese. Al momento della votazione, il Pd si spacca. Nico Stumpo viene sorpreso mentre sputa in un occhio a Gentiloni. Nel giorno del battesimo del provvedimento, il traffico si blocca da Caserta ad Ancona e dall'ingorgo si alza una nube di fumo visibile fino a Pordenone. Il presidente dei deputati del Pd, Speranza: «Però avete pensato a quanta benzina fa risparmiare ai romani questo provvedimento?». Proteste da tutto il mondo, anche da un'associazione ambientalista del circolo polare artico che ha appreso la notizia attraverso internet. Renzi: «A Roma facciano come vogliono, a Firenze decido io».

Terzo scenario. Formigoni in vacanza in Grecia non avendo trovato in commercio una giacca di colore fucsia per partecipare al party cui è stato invitato, chiama Angelino Alfano chiedendogli di bloccare i rapporti commerciali col paese ellenico. Il vicepremier porta la proposta al consiglio dei Ministri e grazie alla mediazione con la delegazione del Pd si arriva al blocco delle importazioni della sola feta. Il Pd si spacca e Massimo D'Alema viene visto togliersi una scarpa e colpire col tacco la testa di un passante che casualmente si trovava nei pressi di Montecitorio. Proteste arrivano anche dall'associazione dei pastori dell'Epiro. Matteo Orfini: «Abbiamo tanto di quel formaggio in Italia che sopravviveremo agevolmente, non vedo dove sia lo scandalo». Renzi: «Tutto purché non si tocchi la fiorentina».

Quarto scenario. L'ex pemier, infastidito per un raggio di sole che tutte le mattine penetra da una persiana della sua camera di villa San Martino facendogli perdere il sonno, propone in Parlamento il blocco del sistema solare per dieci minuti in segno di protesta. Gianni ed Enrico Letta durante un pranzo in famiglia si accordano per il blocco di cinque minuti. Al momento della votazione il Pd si spacca e Giuseppe Fioroni viene visto ruttare in faccia a Civati. Proteste arrivano da Saturno: «Niente sarà più come prima». Nei cieli d'Italia avviene un fenomeno mai osservato prima. Le nuvole formano la seguente parola, visibile da Aosta a Lampedusa: «Bischeri». E sotto quella che tutti interpretano come una firma: «M. Hack». Il segretario del Pd, Epifani: «Non capisco le critiche nei nostri confronti: grazie a noi il blocco è stato ridotto del 50 per cento. E poi il sistema solare è in movimento da milioni e milioni di anni, cosa volete che siano cinque minuti di stop?». Renzi: «Si blocchi pure il sistema solare, io voglio rassicurare i miei concittadini: a Firenze abbiamo gruppi elettrogeni che assicurano che il lavoro del Comune andrà avanti».

venerdì 28 giugno 2013

La situazione nel dopo-Ruby

All'indomani della sentenza sul processo Ruby si cerca di capire se e come potrà cambiare lo scenario politico.

Il segretario del Pd ha scelto il basso profilo ed è rimasto alla finestra; solo che la finestra, essendosi rotta i coglioni di rimanere aperta invano, si è chiusa di scatto sorprendendo Epifani e provocandogli un trauma cranico che ha reso necessario il ricovero d'urgenza al policlinico Gemelli.

Il presidente del Consiglio Enrico Letta, per capire come muoversi ha telefonato allo zio Gianni; il quale ha chiamato Angela Merkel, che ha mandato un sms a un big della finanza tedesca, che a sua volta ha fatto una videochiamata via Skype a un magnate giapponese in quel momento in viaggio d'affari ad Abu Dhabi, il quale ha inviato una mail a un alto esponente della massoneria deviata statunitense che si è consultato con il cartello che controlla il narcotraffico dell'America Latina. Dall'improvvisato summit è scaturita un'ulteriore apertura di credito nei confronti di Palazzo Chigi, il cui inquilino è stato invitato a valutare di introdurre, al fine di scongiurare l'aumento dell'Iva, una tassa sull'aria eventualmente da pagare fin dal concepimento - perché la futura mamma respira per due, è la motivazione.

Ma è dal Pdl che arrivano i segnali più preoccupanti. Il partito fa quadrato intorno al leader in attesa che Berlusconi indichi la strada da intraprendere. Solo che il cavaliere, per distrarsi un po', la sera stessa della sentenza ha fatto arrivare ad Arcore una quindicina di ventenni alle quali, dopo essersi esibito in compagnia di Apicella, ha mostrato su maxi schermo un dvd con le sue performance politiche più significative, "Dal discorso della discesa in campo del '94 alle corna nella foto del vertice Ue", il titolo. Arrivati alla celebre "svolta del predellino" però, dopo aver bofonchiato «che palle», Berlusconi è sprofondato in un sonno profondo dal quale non si è ancora ripreso. Le ragazze ne hanno approfittato per sgattaiolare via e con lui è rimasto Carlo Rossella, che lo veglia giorno e notte seduto su una poltrona di pelle di immigrato recuperato dalle acque di Lampedusa sulla quale sono state spruzzate gocce di "Eau pour homme" di Giorgio Armani.

L'assenza momentanea di Berlusconi fa sì che nel Pdl si facciano avanti diverse strategie. Ma che la situazione sia vicina al punto di rottura lo fa capire il fatto che Giuliano Ferrara ha minacciato lo sciopero della fame contro i giudici. Per comprendere la portata del gesto occorre sapere che il direttore del Foglio non digiuna per più di dieci ore dal 1971, quando in occasione di una serata tra universitari, eccedette nell'uso di cannabis dormendo fino al pomeriggio successivo, cosa che gli fece saltare il pranzo.

Ma c'è anche chi intende andare al di là del semplice gesto dimostrativo. Sandro Bondi è stato fermato da una pattuglia dei carabinieri mentre si aggirava l'altra notte nei pressi del palazzo di Giustizia di Milano con un giubbotto imbottito di tritolo. La polizia postale ha invece rintracciato su youtube il video in cui un uomo dall'apparente età di 40 anni lancia una fatwa contro Ilda Boccassini in un linguaggio misto italo-arabo. Nonostante la bandana in testa, la barba lunga di diversi centimetri e l'occhio destro bendato di nero sotto la montatura degli occhiali da vista, gli inquirenti non dubitano che si tratta di Daniele Capezzone, il portavoce del Pdl del quale da qualche giorno si sono perse le tracce. Daniela Santanchè sta invece organizzando una manifestazione di protesta davanti alla sede del Csm in cui radunerà tutti i chirurghi plastici e i personal trainer di cui si è avvalsa negli ultimi trent'anni. Ci sono timori per l'ordine pubblico perché su piazza Indipendenza si riverseranno circa 6-7mila persone.

Nel Pdl però, non si perde di vista la via istituzionale. Nitto Palma ha pronto un disegno di legge per introdurre il maggioritario pluri-turno. «Un innovativo sistema elettorale - ha argomentato il senatore nel presentare il progetto ai colleghi di partito - secondo cui gli italiani saranno chiamati alle urne ogni domenica finché a vincere le elezioni non sarà Silvio». Ma mentre Mariastella Gelmini stava tentando di farsi spiegare nuovamente il concetto, che non aveva afferrato, Cesare Previti l'ha interrotta, sollecitando vie più dirette nei confronti della magistratura: «Menamoje».

lunedì 17 giugno 2013

Santa Inquisizione a 5 Stelle

Beppe Grillo ha affidato all'ideologo dei Cinque Stelle, il professor Becchi, l'incarico di redigere un'analisi del voto di livello scientifico che smentisca l'ipotesi del tracollo elettorale del Movimento. Becchi pubblicherà lo studio sulla rivista "Apocalisse" il giorno successivo al prossimo plenilunio. Lo farà dopo aver raggiunto con Casaleggio la vetta del monte Ararat. Lì i due installeranno un pannello fotovoltaico che alimenterà la "torcia eterna": un enorme manufatto a forma di candela le cui lampade poste alla sommità rimarranno sempre accese in segno di omaggio a Torquemada, l'inquisitore spagnolo che ha ispirato le regole di comportamento che di qui a poco verranno fatte sottoscrivere agli attivisti del Movimento.

Nella sua pubblicazione Becchi confuterà la tesi della sconfitta elettorale secondo una linea che è stata anticipata dallo stesso Grillo in un'intervista rilasciata al settimanale "Siamo solo noi", distribuito nella repubblica di San Marino: «Non è vero che abbiamo perso le amministrative - ha detto il leader dei Cinque Stelle - ci sono centinaia di migliaia di server e milioni di tablet, pc, smartphone e anche semplici radiosveglie pronti a votarci se solo ne avessero la possibilità. Ma questo Parlamento di morti viventi continua a voler concedere il diritto di voto solo agli esseri umani, una specie votata all'autodistruzione. Il futuro è dei circuiti elettronici, se lo mettano in testa».

Fervono intanto i preparativi in vista di lunedì, quando si terrà il processo alla parlamentare che ha criticato il leader. Adele Gambaro verrà giudicata in uno scantinato della villa di Grillo. La stanza, priva di finestre, sarà illuminata solo da candele per evitare inutili sprechi di energia. L'assise sarà aperta dalla stessa Gambaro, chiamata a ripetere per novanta minuti consecutivi la frase «La sofferenza induce a riflettere», massima di Bernardo Guy, eccellente cacciatore di eretici nel Medioevo. Successivamente Grillo e Casaleggio (che per l'occasione indosseranno rispettivamente una tunica bianca e una nera) lanceranno alternativamente in aria una moneta per cinque volte ciascuno. Quando uscirà "testa", Gambaro dovrà descrivere alla platea dei colleghi parlamentari le pratiche sessuali in cui solitamente si cimenta; se uscirà "croce", i parlamentari, a gruppi di dieci alla volta, lanceranno in direzione del corpo di Gambaro delle freccette sul modello di quelle utilizzate nei pub; ciò fino a quando Casaleggio non batterà le mani per tre volte.

«Sarà un confronto politico a tutto tondo, senza infingimenti, anche se purtroppo la diretta streaming non sarà possibile perché nello scantinato di Beppe non arriva il segnale wi-fi», hanno spiegato i nuovi capigruppo dei Cinque Stelle alla Camera e al Senato. Alla fine i parlamentari saranno chiamati ad esprimersi dividendosi in due gruppi: chi voterà «sì» all'espulsione di Gambaro lo farà uscendo dalla porta principale, chi si esprimerà per il «no» sarà invitato a dotarsi di cibo da portare ai due leoni che Grillo custodisce in una stanza attigua allo scantinato.

L'iter che verrà seguito ha suscitato interesse anche a livello internazionale. Il premier turco Erdogan ha chiesto a Grillo la possibilità di inviare degli osservatori per assistere al confronto e trarre ispirazione per il modello di relazioni da instaurare con gli oppositori di piazza Taksim.

Difficile fare pronostici sul destino di Gambaro. Sulla senatrice pesa però il giudizio negativo che di lei dà la maggior parte dei colleghi: «È affabile, gentile, mai una parola fuori posto, e soprattutto è simpatica - dice una deputata Cinque Stelle che preferisce rimanere anonima -, non si è mai adeguata allo standard di acidità e incompetenza richiesto dal Movimento ed egregiamente rappresentato dalla nostra Roberta Lombardi. E se proprio non vuole prendere esempio da noi può sempre guardarsi attorno: Brunetta per esempio, in questo senso ha delle qualità che lo renderebbero un perfetto parlamentare a Cinque Stelle».

martedì 11 giugno 2013

Pd, una vittoria pericolosa

C'è qualcosa che non torna nel risultato elettorale delle amministrative. C'è una sproporzione tra l'apparenza delle dimensioni con cui si palesa la vittoria del centrosinistra e la reale portata del successo. E, propaganda a parte, il Pd e i suoi alleati sbaglierebbero di grosso a ignorare la sostanza delle cose.

Il centrosinistra può gioire solo di una cosa: nonostante i surreali rovesci degli ultimi mesi, riesce ancora ad essere potabile per il suo elettorato, la cui buona parte non l'ha abbandonato mostrando di nutrire una fiducia insperata. Non è poco. Ma è lungi dal rappresentare una vittoria. Più della metà dei voti è rimasta congelata nell'astensionismo. Questo non significa solo che il centrosinistra non è maggioranza nel paese. Ma  che può tornare ad essere minoranza qualora cambino alcune delle labili condizioni che hanno determinato l'esito di questa tornata: su tutte la ridiscesa in campo di Berlusconi, assente dall'ultima contesa; un personaggio che non è un leader ma che è tout court il suo partito (formazione virtuale che ha evidentemente da affrontare problemi ben più gravi del Pd).

Per questo il "cappotto" delle amministrative potrebbe nel medio periodo sortire effetti più negativi che positivi per il centrosinistra. Perché potrebbe costituire l'alibi per evitare di affrontare i nodi che hanno portato quella coalizione e soprattutto il suo principale partito a non riuscire, di fatto, mai a governare l'Italia durante la seconda repubblica, a meno che non si consideri governo il valzer dei presidenti del consiglio dopo la caduta di Prodi nel 1998 e il coitus interruptus del 2006. Nodi che stanno nell'identità del Pds, dei Ds e, infine del Pd. Una parte politica che già nei continui cambiamenti di nome mostra come gli sia difficile, se non impossibile, definire i propri contorni. Tanto da riuscire ad apparire conservatrice laddove dovrebbe rappresentare i cittadini che guardano avanti, che non si accontentano dell'esistente e vogliono cambiarlo.

Tanto da riuscire a far diventare pericolosa anche una vittoria, se non compresa.




giovedì 30 maggio 2013

La pozione magica di Alemanno

I risultati del primo turno delle elezioni amministrative hanno posto i partiti davanti a scenari inaspettati. Ecco come le principali forze politiche si stanno attrezzando in vista del secondo turno.

Pd. Il segretario Epifani ha commentato risolutamente: «Se ci troviamo in vantaggio in tutti i comuni più importanti non è colpa mia. Ho preso il partito in mano da così poco tempo che non si può ricondurre alla mia persona la responsabilità di aver invertito una rotta che ora rischia di disorientare l'elettorato abituato a vederci partire vincitori e tornare sconfitti». Anche l'ex numero uno Bersani non ne vuol sapere: «Che c'entro io? Prendete Marino a Roma, quando ero segretario non l'ho neanche appoggiato alle primarie». Intanto il partito cerca l'unità sulla riforma della legge elettorale. I lettiani propongono un doppio binario: maggioritario nel caso in cui le elezioni cadano in un giorno pari; proporzionale con soglia di sbarramento se si dovesse votare in un giorno dispari. «Alla fine però - fa sapere Boccia - per noi va bene quello che decide il Pdl». Renzi mostra scetticismo: «Maggioritario e proporzionale sono categorie vecchie. Io propongo che si possa candidare al governo del Paese solo chi ha dei tatuaggi da mostrare. Che siano poi gli elettori a scegliere il tatuaggio migliore. È ora che le istanze dei giovani entrino nei palazzi della politica».

Pdl. La mancanza di Berlusconi in campagna elettorale ha influenzato negativamente il risultato. Il problema è che il leader può contare ormai su un'autonomia limitata. «Dopo i primi dieci minuti di comizio cade in catalessi e le uniche parole che riesce a pronunciare in quello stato sono: "Portatemi una gnocca" - si è sfogato uno dei suoi più stretti collaboratori - L'altro giorno ha tentato l'approccio con un cardinale perché aveva scambiato la tunica rossa per una gonna. Ormai siamo costretti a centellinare le sue apparizioni in pubblico». Si è tentato di sostituirlo con Alfano, che si è sottoposto a un trapianto di capelli e a una intensa cura ormonale a base di testosterone, ma l'altezza lo tradisce.
Così i vertici del Pdl si sono rivolti ai creatori del Gabibbo, che stanno tentando di realizzare un Berlusconi di stoffa a grandezza naturale. Al suo interno si muoverà un mimo, e per le apparizioni in pubblico si ricorrerà alla voce di un imitatore. Il problema sono i testi: «Lui se li è sempre scritti da solo, e come facevi a dirgli di no? Neanche l'autore più fecondo sarebbe riuscito a trasformare Biagi e Montanelli in pericolosi sovversivi», dicono dal Pdl. Nel frattempo Alemanno non perde le speranze di rimonta a Roma e ha pronta una mossa a sorpresa, gliel'ha suggerita Donna Assunta Almirante. Si tratta di una pozione composta dai seguenti ingredienti: un ciuffo di capelli tagliato al duce in tenera età e custodito da decenni in una teca sotto vuoto; gocce di sudore ottenute strizzando l'asciugamani che Italo Balbo utilizzò durante il suo ultimo volo in aereo; un decilitro di sangue aspirato a una giumenta incinta lo scorso 28 ottobre, nel novantesimo anniversario della Marcia su Roma. Alemanno dovrà bere il liquido allo scoccare della mezzanotte di sabato, seduto sulla tomba di Mussolini, dopo aver lanciato tre freccette contro una foto di Ignazio Marino e aver gridato: «Vinceremo».

Cinque stelle. Non avendo ballottaggi da affrontare, il M5S approfitterà dei prossimi giorni per un corso di aggiornamento dedicato ai parlamentari. Queste le materie oggetto di studio: 1) Tecnica dell'insulto gratuito (con i seguenti approfondimenti tematici: via web, via posta elettronica, mediante social network); 2) Management della negazione dell'evidenza (con particolare riferimento ai risultati elettorali); 3) Simulazione della creazione di un nemico immaginario. Un gruppo più ristretto di partecipanti, composto dai deputati e senatori che nelle ultime settimane hanno mostrato posizioni critiche nei confronti di Grillo e Casaleggio, sarà invece sottoposto a una full immersion di "Teoria e prassi del culto della personalità: da Stalin a Berlusconi".
Questi ultimi, alla fine del corso, dovranno superare un test psico-attitudinale per dimostrare il livello di conoscenze acquisite. Chi non raggiungerà il punteggio minimo trascorrerà il mese successivo in un agriturismo di proprietà della Casaleggio Associati dove potrà, a scelta: 1) Cibarsi esclusivamente di patate, le cui bucce verranno utilizzate per alimentare la centrale a biomasse che produce energia per le stalle dell'agriturismo; 2) Nutrirsi solo delle bacche di cui abbonda il bosco confinante allo scopo di produrre letame da utilizzare come concime per le coltivazioni biologiche dell'azienda; 3) Denudarsi e cospargersi la pelle di un unguento riflettente al fine di aumentare la quantità di luce con cui vengono irrorati i pannelli fotovoltaici della struttura.

venerdì 24 maggio 2013

Il mondo accademico si schiera con Berlusconi

Anche il mondo accademico internazionale si schiera con Berlusconi. Un gruppo di ricercatori dell'Istituto di studi politici di Parigi ha pubblicato una accurata analisi in cui si ripercorre la parabola pubblica dell'ex presidente del Consiglio e si arriva alla seguente conclusione: «È fuori di dubbio che occorre un talento straordinario per rimanere al centro della scena e continuare ad attrarre consensi per tanti anni nonostante ci si sia circondati di volta in volta di persone come Previti, Dell'Utri, Lavitola, Tarantino, Fede e Lele Mora. Una compagnia di giro che richiama il valore archetipico di figure come Hannibal Lecter, Frankenstein, la strega di Biancaneve o Gargamella, il cattivo dei Puffi. Diventare un politico di successo con quella gente intorno è un'impresa fuori dal comune, come diventare ricchi vendendo costumi da bagno agli eschimesi».

Gli interrogativi sono così pesanti da mettere in crisi anche le certezze di studiosi che non si occupano strettamente di politica. Al Massachussetts Institute of technology ad esempio, il fisico John Newton, pronipote del celebre Isaac, è incappato in una pesante crisi di nervi al termine della lettura di un articolo riepilogativo della storia dell'Italia degli ultimi vent'anni. «Se è successo questo può succedere di tutto, anche che la legge di gravità formulata da mio zio sia una bufala. Chi ci dice che il nostro camminare a terra non sia frutto di un'illusione ottica?», ha urlato Newton in laboratorio mentre tre infermieri lo invitavano a indossare la camicia di forza.

Forte di queste evidenze, Berlusconi ha riunito i suoi. Per prima cosa ha chiesto agli avvocati Longo e Ghedini se dietro la parola "archetipico" non si configurasse una nuova ipotesi di reato a suo carico. Poi ha intimato a Capezzone, che si era fatto male mentre entrava in stanza, di smetterla con le polemiche: «Calmo Daniele, non puoi dare dell'illiberale a uno sgabello solo perché ci hai inciampato non vedendolo». Infine ha bloccato l'uscita di un editoriale di Giuliano Ferrara in cui il direttore del Foglio, spiegando a modo suo lo studio dei ricercatori francesi, attaccava così gli avversari: «I parrucconi della sinistra dovrebbero rispondere alla seguente domanda: quanti uomini di 77 anni, banali come una giornata piovosa di novembre, con una lastra di bitume al posto dei capelli, un giro vita degno di un lottatore di sumo e gli occhi diventati come quelli di Michael Jackson dopo l'undicesimo intervento di chirurgia plastica; ecco, quanti uomini con queste caratteristiche sono in grado di far credere a milioni di italiani di avere decine di amiche ventenni disposte a passare una serata con loro? Un uomo così straordinario merita il plauso della storia, perché Berlusconi, signori miei, la scrive tutti i giorni la storia. E se non gli piace, la fa riscrivere».

Il blocco dell'editoriale mentre il giornale stava andando in stampa ha creato qualche problema a Ferrara, che in extremis si è ricordato di avere conservato un pezzo che poteva degnamente prendere il posto del suo. È stato così che il Foglio ha pubblicato un brillantissimo articolo di Pietrangelo Buttafuoco dal titolo: "Il senso di Goebbels per le alici marinate".

Stemperati gli animi dei falchi, tramortito Brunetta con tre canne e messa sotto ipnosi la Santanchè, Berlusconi si è potuto presentare all'incontro con Enrico Letta libero di trattare: «Voi di sinistra siete uomini di cultura, certe cose le capite - ha detto l'ex premier - qui siamo in presenza di uno studio prestigioso che tesse le mie lodi. Per questo credo di meritare pienamente il seggio di senatore a vita. E dato che ci siamo, mettiamo anche mano al codice penale: o mi garantite la messa fuori legge della prostata, della caduta dei capelli e delle donne che non hanno almeno una quarta di reggiseno, o io mi vedrò costretto a togliere la fiducia al governo». Letta si è detto d'accordo su tutto, ma sulla questione della concessione della carica di senatore a vita è stato irremovibile: «Occorre garantire a Napolitano una via di fuga rapida e sicura dall'Italia, una volta che avrà firmata la nomina».

giovedì 23 maggio 2013

Il miracolo don Gallo

Don Gallo è un miracolo per diversi motivi. È. Non: era. Perché il primo miracolo è proprio quello di rimanere oltre la morte, di sconfiggerla pur senza risorgere, insomma. L'altro miracolo è di essere una persona nettamente di parte, "divisiva" - si dice oggi utilizzando il brutto aggettivo venuto in voga - ma senza gli abissi della negatività che questo tipo di persone fanno raggiungere a chi non sta dalla loro parte. È tanto esorbitante la sua "positività" che è sempre riuscita a rompere gli argini mitigando anche i sentimenti ostili che conservatori, bempensanti e bacchettoni, la parte opposta a quella scelta da lui, provano nei suoi confronti. Portandoli a tacere, a vergognarsi di biasimarlo. E costringendoli a covare il loro sentimento quasi in segreto, riconoscendone l'impresentabilità.

È miracoloso, don Gallo, perché ricorda a un mondo sfrenatamente distratto dal banale che la vita pulsa dappertutto: in un tossico stremato e nella prostituta sul marciapiede, nel disoccupato con bocche da sfamare e nel migrante che rischia di affogare per sfuggire alla miseria. E che anzi è per quella vita più pesantemente messa alla prova che vale la pena di agire per metterla in grado di sbocciare. Perché gli altri ce la fanno da sé, spesso proprio sulle spalle dei reietti.

Ed è miracoloso che questo suo viaggiare in direzione ostinata e contraria, questo suo stare in minoranza, lungi dal penalizzarlo l'abbia reso pop nel senso più bello che può avere quella parola cui spesso, a ragione, si attribuisce un significato negativo. Lui rende normale, meglio: principesco, stare dalla parte in cui nessuno, o pochissimi, e in genere percepiti dai più come sfigati, scelgono di stare.

È uno specchio magico, don Gallo. Un po' come il suo concittadino De Andrè. Uno specchio in cui guardandoci ci sentiamo meglio. Perché piacendoci persone tanto straordinarie, ci piaciamo un po' di più anche noi. O ci dispiaciamo un po' meno. 

Ed è miracoloso, don Gallo, infine, perché l'alibi dello specchio magico svanisce un attimo dopo. Quando la sua figura ti costringe a chiederti se stai facendo tutto il possibile perché le tue convinzioni "pubbliche" innervino il tuo agire privato. Se la voglia di giustizia anima la tua azione o se è confinata solo alle tue parole. Se anche tu non nutri pregiudizi nascosti, perché automatici, verso i reietti. Don Gallo ti costringe a chiederti se ti stai spendendo bene, perché credere ai miracoli è un alibi. I miracoli non esistono: si costruiscono.

venerdì 10 maggio 2013

Il Pdl: «Avete la Santanchè puntata contro»

Non è vero che il Pd è allo sbando. I Democratici hanno le loro sacrosante ragioni per aver stretto un'alleanza con il Pdl. E il fatto che l'elettorato sia rimasto interdetto davanti alla scelta dei vertici è la conferma della salda coerenza di un partito che da decenni fa di tutto per non farsi comprendere. Un fenomeno unico in Europa, tanto che gli europei stentano a crederci: contro il consigliere che tentava di spiegargli che nel Pd ci sono ancora i dalemiani e i veltroniani, e che pure Giuseppe Fioroni conserva la sua sfera di influenza, il socialista François Hollande ha attizzato la sua muta di dodici cani da caccia. «Pensavo mi stesse prendendo in giro», si è giustificato il presidente della Francia. Detto ciò, il Pd difficilmente potrebbe agire altrimenti, viste le armi che il Pdl gli punta contro. Vediamole.

Bomba “P”. Il suo potenzale distruttivo è illustrato in una lettera segreta che Berlusconi ha fatto recapitare a Letta per mano di Alfano (che non era a conoscenza del contenuto) quando erano in corso le trattative per i sottosegretari. Ecco il testo: «Al di là del replicante che ti ha appena consegnato la missiva, finora mi sono contenuto. Per rispettare questa cazzata delle quote rosa che vi sta tanto a cuore, ho anche indicato come ministri due donne, e tu sai dove vedo bene io le donne. Sappi però che se le cose non dovessero andare come dico io, oltre a Miccichè, che ho inserito nella lista dei sottosegretari come assaggio, potresti ritrovarti all'interno del governo gente come Capezzone, Bondi e Iva Zanicchi. Intesi?». Da qui il nome bomba “P”, la bomba dei peggiori.

Mitragliatore “B”. Berlusconi è intenzionato a utilizzare le doti innate che fanno di Renato Brunetta uno dei più grandi elargitori di insulti sul territorio nazionale. A questo proposito l'ha fatto appositamente incontrare, pagando di tasca propria, con Vittorio Sgarbi. Il pretesto era quello di far apprendere a Brunetta la tecnica dell'insulto loop, ripetuto a oltranza, in cui Sgarbi è maestro. Ma le reali intenzioni di Berlusconi erano di testare l'arma. Così, quando a Sgarbi non era rimasto fiato se non per emettere un bisbigliato «str...», lasciando a metà la parola, e dall'altra parte Brunetta ha risposto con uno stentoreo, sillabato «pez-zo-di-mer-da», Berlusconi non ha più avuto dubbi: «Renato, tu mi servi come arma contundente, altro che al governo; inventati qualcosa di forte». Brunetta ha cominciato ad allenarsi immediatamente: «Nipotini di Pol-Pot, nipotini di Pol-Pot, nipotini di Pol-Pot». Ascoltando le registrazioni i maggiorenti di centrosinistra hanno alzato le mani: «Questo non lo neutralizza neanche l'eloquio di Vendola».

Missile a corta gittata “S”. Da anni sulla sede nazionale del Pd è puntata la Santanchè, dalla cui iniziale del cognome l'arma prende il nome. L'allarme a Largo del Nazareno è scattato quando nelle scorse settimane si è saputo che la rampa su cui è posizionata la parlamentare del Pdl è stata messa in posizione di lancio e sono iniziate le operazioni di gonfiaggio della donna. Degli effetti del missile “S” sanno qualcosa gli abitanti di Stromboli, località in cui l'arma è stata testata qualche mese fa. «Neanche le eruzioni del vulcano sono così dannose», hanno testimoniato. Il missile funziona così: la Santanchè, gonfia di elio, viene lanciata alla velocità di 300 km/h contro l'obiettivo. In prossimità di esso esplode lasciando partire centinaia di schegge di plastica che per effetto dell'alta temperatura raggiunta diventano mollicce e si appiccicano a indumenti e suppellettili danneggiandoli in maniera irreversibile. Quel che è peggio è che durante il volo la Santanchè emette le dichiarazioni che l'hanno resa famosa presso il grande pubblico, tipo: «Io sono orgogliosa se sono fascista perché sono in buona compagnia» o «Silvio è un uomo generoso e attento alle persone». Il missile è disponibile solo a gittata corta poiché la plastica che compone la Santanchè, complice la crisi, è di una qualità scadente che non regge l'attrito ad alta velocità troppo a lungo. Il Pd ha tentato di correre ai ripari schierando lo scudo Boccia, ma i test sono falliti: «Purtroppo – commenta un esponente della segreteria - l'unica cosa che Boccia ha dimostrato di saper fare veramente bene è perdere le primarie con Vendola, per questo l'abbiamo promosso al nazionale».

domenica 5 maggio 2013

Riforme a orologeria

Con la nomina dei sottosegretari, gli obiettivi che il governo Letta ha nel mirino sono ormai chiari. E gli italiani possono tirare un sospiro di sollievo: almeno in una prima fase, tra i bersagli non ci saranno i corpi dei cittadini. È stato per il momento abbandonato il piano per l'eliminazione mirata degli anziani a più alto costo di mantenimento, cui si era messa mano allo scopo di abbattere la spesa per il welfare. «Continuando sulla strada delle politiche che l'Italia ha ormai intrapreso con decisione - è stato il suggerimento dato a Letta da un alto esponente della finanza internazionale - non ci sarà bisogno di sporcarsi le mani, gli anziani più deboli verranno meno per cause naturali. Quanto poi ai servizi per l'infanzia, la domanda calerà fisiologicamente: chi è così scemo da mettersi a procreare di questi tempi?».

Quello che il presidente del Consiglio ha in mente è un governo dell'alternanza, in cui il timing delle riforme sarà fondamentale. Per capire il concetto è utile prendere ad esempio la settimana-tipo di lavoro che il premier ha illustrato ai colleghi. Lunedì: il ministro per l'Integrazione deposita la proposta di legge per il riconoscimento della cittadinanza a chi nasce in Italia, anche se da genitori stranieri. Martedì: il ministro dell'Interno presenta il decreto con cui si armano di pistole le maestre d'asilo allo scopo di dotarle di buoni argomenti per convincere i genitori dei bambini stranieri a non ricorrere alle strutture pubbliche. Mercoledì: il ministro del Lavoro spiega alla stampa il piano per l'introduzione del reddito minimo a favore dei precari che sarà erogato dall'Inps. Giovedì: il ministro della Difesa annuncia lo schieramento dell'esercito davanti agli sportelli Inps con licenza di sparare a chiunque si avvicini a meno di cinque metri. Venerdì: giornata dedicata alla seduta psicoanalitica di gruppo, con particolare riguardo per i giovani turchi del Pd, Andrea Orlando e Stefano Fassina (i due considerati a più alto rischio di cedimento emotivo). Sabato: si tromba con chi si vuole. Domenica: si sta con la famiglia.

«Mi pare un modo di procedere adeguato per tenere insieme le diverse sensibilità che compongono l'esecutivo», ha argomentato Letta. Che non ha nascosto l'amarezza per i forfait di alcune personalità assai rappresentative che intendeva ingaggiare nella compagine di governo. Nicole Minetti ad esempio è stata irremovibile: da quando ha scoperto che la politica si fa seduta sugli scranni di un'assemblea e non avvinta a un palo da lap dance non ne vuol più sapere. Superciuk, sul quale c'erano già le riserve di Alfano («è solo un alcolista, per essere rappresentativi a noi serve un cocainomane»), era invece addormentato sul divano e non ha sentito il telefono squillare quando Letta l'ha chiamato. E poi non è stato possibile contattare nessuno dei fondatori della banda della Magliana. «Peccato - ha commentato Letta - con l'ingresso di uno di loro come sottosegretario avremmo dimostrato in maniera ancor più netta la cifra garantista del nostro esecutivo».

martedì 30 aprile 2013

I partiti alla prova della fiducia


Dopo una serrata discussione le anime del Pd hanno ritrovato l'unità sulla fiducia a Letta, ma il partito è stato sull'orlo della scissione durante l'ultima direzione. La bagarre si è scatenata quando i dalemiani hanno presentato una mozione con cui chiedevano di abbassare le tapparelle perché in sala entrava troppa luce. «Così non riesco a concentrarmi», ha motivato Anna Finocchiaro in sede di dichiarazione di voto con gli occhi coperti da un paio di Ray-Ban a goccia. «Il nostro dibattito dev'essere alla luce del sole - è stata la risposta piccata del renziano Gentiloni che in gesto di sfida si è sfilato i suoi di occhiali, che però sono da vista - se volete continuare a tramare nell'ombra fondate un vostro partito, per la sede vi lasciamo gli scantinati, tanto lì non ci sono finestre, ma vi assumerete voi la responsabilità della scissione». La mediazione è stata raggiunta su un testo della fassiniana Marina Sereni: «Tapparelle a metà», è stato il compromesso votato all'unanimità mentre Gentiloni veniva portato via in ambulanza dopo aver centrato con la fronte, non avendolo visto, uno degli stipiti dell'uscita di sicurezza.
L'altro nodo è stato quello relativo al segretario del Pdl. «Certo che Alfano nello stesso governo accanto alla Bonino non si può proprio guardare eh...», ha commentato il veltroniano Walter Verini. «No, non ci sto – ha replicato il giovane turco Orfini – basta con questi scivolamenti a destra, Alfano non si può guardare proprio, neanche quando sta da solo». E su questo il partito si è ricompattato, anche se Verini si è astenuto al momento del voto.
Nelle stesse ore anche a palazzo Grazioli si vivevano attimi di tensione sciolti solo con l'intervento di Berlusconi. «E vai, farò il ministro un'altra volta», commentava un incontenibile Alfano sfregandosi le mani. «Ora sentirai quante gliene dico a quei quattro comunisti che staranno con me al governo». Dapprima è stato Verdini a smorzare l'entusiasmo: «Sei proprio un bischero eh, non hai capito niente anche stavolta». Poi c'ha pensato Berlusconi: «Angelino, ci siamo messi d'accordo capito? Niente più processi per me, niente più comunisti in giro, ok? E poi l'hai visto Letta? A parte il fatto che io ho più capelli e lui scopa di meno, siamo abbastanza simili no?».
A Genova invece Casaleggio ha bloccato Grillo quando, alla notizia dell'accordo raggiunto tra Pd e Pdl, il comico stava stappando una bottiglia di champagne fatto arrivare appositamente dalla Francia. «Beppe, missione compiuta, è vero. Ma prima di brindare faccio scrivere sul blog un bel post contro l'inciucio, almeno i militanti sono contenti e Crimi e Lombardi lo leggono ed evitano di telefonare per sapere cosa devono dire ai giornalisti».
Resta a guardare la Lega. «Collaboreremo solo se saranno accettate le nostre richieste», ha detto Maroni. Le richieste? Eccole: estromissione immediata dal governo e lapidazione nella pubblica piazza dell'attuale ministro per l'integrazione, l'italo-congolese Cecile Kyenge; uscita dall'euro e ritorno alla svanzica, la moneta utilizzata nel Lombardo-Veneto; via libera del ministero della Salute a un ciclo di trattamenti sanitari obbligatori per Umberto Bossi e i suoi famigliari.