sabato 4 ottobre 2014

Dalla crisi si esce con una app

La rivelazione di questi mesi di Governo Renzi è che i conti economici dell’Italia sono dotati di sentimenti: si deprimono ormai anche alla sola vista del premier. Tanto che lui, stizzito, non li prende più in considerazione: Senato, Province, articolo 18, ogni argomento è buono pur di non affrontarli. Della questione si è discusso in gran segreto nell’ultimo Consiglio dei ministri. La riunione è andata per le lunghe, anche perché all’inizio era stato chiesto al ministro dell’Interno di fare il punto. Alfano si è allora imbronciato e non ha proferito parola. Si è andati avanti così per qualche minuto, fino a quando il leader dell’Ncd, scorgendo l’incredulità dipinta sul volto dei colleghi, ha chiesto: «Non sto facendo bene il punto? Volete che mi mostri più offeso?».
A quel punto Renzi ha lasciato la parola; lui è fatto così, la parola non la prende, la lascia uscire fuori di sé, così come gli viene. «Non crediate che il problema non mi stia a cuore», ha detto mettendosi la mano sulla parte sbagliata del petto per poi scusarsi: «Pardon, io sono un Maradona al contrario, lui è tutto-sinistro, io tutto-destro».
«Con il mio staff, all’interno del quale ho chiamato di recente anche il mio macellaio di fiducia, perché come taglia lui non lo fa nessuno – ha proseguito Renzi – siamo stati ultimamente molto impegnati nel fare la fila per comprare l’iPhone 6. Ma è un’operazione fatta a fin di bene. Con i nuovi smartphone andremo alla ricerca della app giusta per imboccare la via della crescita». La diagnosi che il presidente del Consiglio e i suoi fedelissimi (Richie Cunningham, Potsie e Sottiletta) fanno della crisi è infatti questa: la recessione è dovuta al fatto che qualcuno ha chiuso l’economia tra due hashtag, così: #economia#. «Occorre trovare il modo per togliere il cancelletto di destra e l’Italia tornerà a crescere. Ma per fare questo non servono vecchie ricette, dobbiamo guardare al futuro: la soluzione è qui», ha scandito il premier tirando fuori dalla tasca lo smartphone nuovo di zecca e poggiandolo sul tavolo.
È stato a quel punto che è intervenuto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «Ma non avevamo detto di chiedere all’Europa di concederci più margini nel patto di stabilità?». «Pier Carlo – ha risposto Renzi – ho parlato con la Merkel e mi ha detto che non è disposta neanche a darci una vocale o una consonante per completare il tuo cognome». «Perché non proviamo aizzandogli contro Giovanardi – è intervenuto il ministro Lupi – quello a suon di cazzate la stordisce e magari alla fine, se non altro per sfinimento, qualcosa riusciamo a spuntare». Ma le esternazioni di Giovanardi sono state di recente inserite nell’elenco di armi non convenzionali, come ha ricordato la ministra della Difesa Pinotti segnalando che «correremmo il rischio di una sanzione da parte dell’Onu».
Alla fine l’accordo è stato trovato su tre punti, illustrati dallo stesso Renzi, che diventeranno oggetto di un decreto sul quale il Governo si dice pronto a chiedere la fiducia, eccoli:
1)    Ridurre la settimana a quattro giorni, dal giovedì alla domenica. «Questo ci consente un risparmio di circa 150 giorni l’anno e inoltre quello è il periodo del weekend, in cui cioè la gente spende di più, l’ideale per rimettere in moto i consumi», si legge nel documento di Palazzo Chigi.
2)    Portare tutti gli italiani ad evitare di pensare prima di parlare; molti sono già sulla buona strada, mentre per i riottosi il Governo è disposto a mettere sul piatto degli incentivi. «Come si capisce, ogni attività risparmierebbe il 50 per cento delle risorse», è scritto nelle note che accompagnano il decreto. «E in più si guadagna del tempo che può essere impiegato al meglio per dire più cose, posso testimoniarvelo di persona», ha detto Renzi.
3)    Dire di essere di sinistra ma fare cose di destra. «Così si raccolgono consensi sia di qua che di là», ha concluso il premier allargando il sorriso e aggiungendo: «Pensa, io ho preso i voti di chi scese in piazza per difendere l’articolo 18 e lo sto abolendo come volevano quelli che hanno votato per anni Berlusconi. Alle prossime elezioni faccio cappotto».

venerdì 19 settembre 2014

Contro le catene

Sì, può sembrare snob criticare le cose che fanno tutti o quasi. Rischi di fare la figura di quello che «mi si nota di più se non vengo». Invece, nel caso di queste interminabili e auto-riproducenti catene di sant'Antonio, a tirarsela sono quelli che fanno la cosa che fanno tutti. Queste classifiche di dischi, film e libri hanno un unico merito: quello di riportarti alla mente "Alta fedeltà" di Nick Hornby (e quant'eri giovane quando lo hai letto). Per il resto sono una inutile (dannosa?) riduzione di complessità in un mondo che ha invece bisogno di riabbracciarla, la complessità, per ritrovare la misura delle cose (qualcuno mi deve spiegare come si fa ad amare la musica e la letteratura e chiuderle in dieci titoli). E sono un modo di tirarsela, di fare i fighi. Per rimanere alla musica, negli anelli di catena che mi è capitato di leggere ho visto solo disconi, unanimemente riconosciuti disconi, ascoltati dalla gente che ascolta buona musica. Ma se devi dire quali sono i dischi che ti hanno cambiato la vita devi fare uno sforzo in più. E ricordarti com'eri, come potevi diventare e come sei diventato. I Radiohead li scrivi per fare il figo, ammettilo. Invece la vita te l'hanno cambiata davvero la cassetta con i greatest hits dei Rolling Stones che rubasti dalla Fiat 500 rossa di tuo zio quando avevi i calzoni corti, quella che iniziava con Jampin' jack flash; o il fulminante "Io che non sono l'imperatore" che tuo padre ti faceva sorbire a quintalate ogni volta che entravi nella Lancia Fulvia col cambio al volante, mescolandolo con dosi più innocue di Lucio Battisti. E dovresti ricordare che prima dei memorabili 1984, Q, Aspetta primavera Bandini e via elencando, risparmiasti per non so per quante settimane per arrivare alle ventimila lire che ti consentirono di acquistare "Nessuno uscirà vivo di qui", la biografia di Jim Morrison senza la quale non sarebbero arrivati gli altri. Così come senza quel meraviglioso Bennato e quei Rolling Stones "dozzinali", saresti stato condannato a rimanere a vascorossi e non avresti mai conosciuto Nick Cave, Primus, Sigur Ros, Smiths, Paolo Benvegnù, Csi, Marlene Kuntz, Deus, Led Zeppelin, Cure, Afterhours e i mille altri con cui hai passato giorni e notti. E non saresti arrivato a un disco sublime, forse unico in Italia, "Conflitto", di Assalti Frontali e Brutopop, che non sono fighi per niente e non finiranno in nessuna classifica di nessuna catena figa fatta da gente che punta ad apparire figa, anche se non lo ammette.

martedì 26 agosto 2014

Del perché l'ice bucket challenge ha rotto i coglioni

Se guardiamo al qui e ora (i soldi che si stanno raccogliendo con l'iniziativa), credo che siamo tutti d'accordo: ben vengano le docce gelate che portano soldi per la ricerca sulla Sla. Se buttiamo gli occhi un po' più in là, secondo me questa è un'iniziativa addirittura potenzialmente dannosa almeno per un paio di motivi.
Primo: la ricerca sulle malattie non dovrebbe poggiare sulla buona volontà dei singoli, ma su Stati che attraverso politiche fiscali decenti, prelevino risorse dove ce ne sono per destinarle alle questioni di pubblico interesse. A me fa un po' ridere (o forse incazzare) il miliardario che si doccia e dà il suo obolo. Preferirei che fosse tenuto a un regime fiscale che pur non intaccando il suo benessere e consentendogli di continuare a produrre ricchezza, lo costringesse a pagare anche la ricerca per combattere l'artrite dei ragni rossi della Patagonia, per dire. Non parliamo poi dell'effetto che mi fa vedere un presidente del Consiglio, cioè colui che in teoria avrebbe in mano le leve per attivare politiche del genere, farsi la doccia gelata. E qui veniamo al secondo punto: il marketing.
Perché al di là del presidente del Consiglio pop - che è in prima fila e si è fatto la doccia per continuare a starci - e al di là dei miliardari buoni che staccano l'assegno, anche loro in prima fila, sono emersi via via personaggi di ottava, nona e decima fila che pur di guadagnare qualche posizione in termini di visibilità, hanno messo in rete i video delle loro docce gelate, credo quasi non sapendo neanche cosa fosse questa catena di sant'Antonio dal nome esotico.
Ecco. Penso che il combinato di queste due cose renda l'iniziativa, pur meritoria, potenzialmente dannosa. Perché perpetua il modello che ci costringe a fare l'elemosina per la ricerca sulle malattie. E rappresenta anzi in alcuni casi un diversivo per lavarsi la coscienza, o addirittura un dubbio mezzo per mettersi in evidenza. Con buona pace della ricerca, tema cruciale.
Ecco perché, quindi, a me l'ice bucket challenge ha rotto i coglioni.

domenica 29 giugno 2014

Il decalogo di Renzi

L'enorme consenso ottenuto dal Partito democratico a sua insaputa, non ha fatto perdere di vista a Renzi l'enorme lavoro che c'è da fare. Per questo il premier ha preparato un decalogo che farà approvare nel corso della prossima segreteria del Pd e che guiderà l'azione di partito e governo. Eccolo.

1) Il nome del partito. È da accogliere con favore che i giornali cartacei e on line ricorrano sempre più nella titolazione all'abbreviazione "democrat", meglio ancora quando utilizzano "dem". L'ideale sarebbe arrivare a "d", una semplice lettera che non impegna e, al tempo stesso, non scontenta nessuno.

2) Riconversione verde. Ricorrere all'erba sintetica ogni volta che si può, sostituendola gradualmente a quella naturale nei parchi cittadini. A chi si oppone, far notare che il verde ingentilisce i centri urbani e che quello sintetico ha la peculiarità di non necessitare di particolare manutenzione e consente quindi di abbattere i costi di gestione. Lo slogan della campagna potrebbe essere: "Verde è bello. E conviene".

3)Lavoro. Incentivare le imprese che creano nuova occupazione, anche se non la pagano. Noi non siamo quelli del "tanto peggio, tanto meglio", meglio un brutto lavoro che niente.

4) Crescita. Mangiare di più.

5) Tasse. Varare al più presto l'operazione "fisco amico" per restituire fiducia agli italiani e ricreare un senso di comunità. Lo slogan sarà "Se non riesci a pagare le tasse, trova un amico disposto a farlo per te".

6) Istituzioni. Per garantire risparmio ed efficienza, appaltare la riforma in project financing dando il Parlamento e il Governo in concessione alla società che si aggiudicherà la gara.

7) Grandi opere. Sono fondamentali per la ripresa dell'economia. A tale proposito, appare quanto mai opportuno riconsiderare la felice intuizione dell'ex ministro Gelmini e mettersi subito al lavoro per la realizzazione del tunnel tra Svizzera e Gran Sasso.

8) Europa. Combatteremo per dire basta con questo atteggiamento punitivo verso l'Italia, un paese che ha dimostrato ampiamente di meritare la quarta squadra in Champions League.

9) Giovani. Temporeggiare in attesa che invecchino.

10) Previdenza. Il fatto che in molti non arriveranno a prendere la pensione non va drammatizzato. Ci sono molti modi per andare in vacanza: tenda, camper, bed&breakfast...

venerdì 23 maggio 2014

Europee, i possibili scenari

Nonostante gli sforzi del Nuovo Centrodestra, che in pochi mesi di vita è riuscito già a sfoggiare un numero di indagati che non teme la concorrenza di quello di Forza Italia; nonostante i tentativi di quei dilettanti della lista Tsipras, che litigano sì, ma mai come riescono a fare i professionisti delle correnti del Pd; e nonostante i Cinque Stelle siano i Cinque stelle, la stragrande maggioranza degli italiani continua a rimanere ostaggio dei tre blocchi politici principali, che gli tengono puntate contro armi terribili come "Porta a Porta", "Ballarò", "Matrix" e "Annozero", alle quali si sono aggiunte in campagna elettorale le letali "Quinta Colonna" e "Pomeriggio Cinque". Maria De Filippi si è risentita perché in questa fase nessuno è ricorso a lei. Le ha risposto Renzi con un sms: «Maria, sono anni che ci lobotomizzi intere generazioni, continua così, hai tutta la nostra stima».

Se questo è il quadro, conviene concentrarsi sugli scenari più probabili con cui gli italiani si troveranno a fare i conti dal giorno successivo alle elezioni europee, anche se è bene avvertire i lettori che la cosa potrebbe risultare raccapricciante e urtare le coscienze dei più sensibili, cui si sconsiglia di continuare la lettura.

Vittoria di Forza Italia. Berlusconi porta la sua svolta animalista nel cuore dell'Europa e per sensibilizzare le istituzioni organizza la prima edizione della "Beast parade" nel centro di Bruxelles. In omaggio al leader, Brunetta si traveste da Dudù ma finisce catturato dall'inflessibile servizio di accalappiacani belga dopo aver scatenato una rissa con un gatto steso al sole al quale aveva dato dello «statalista parassitario». Toti, per una volta nella vita, fa l'aquila. Venuto a conoscenza dell'iniziativa, Giovanardi cambia partito ed entra in Forza Italia per partecipare alla parade vestito da Giovanardi e passeggiare così liberamente senza essere riconosciuto. Approfittando della confusione generale, Berlusconi, che si è messo un muso di giraffa in testa e si è innalzato su Capezzone che cammina carponi, ordina all'ex radicale di raggiungere l'aeroporto. Lì, supererà i controlli fingendosi un bagaglio a mano e raggiungerà Dell'Utri in Libano.

Vittoria del M5S. Beppe Grillo sale a bordo di un aereo a forma di scontrino gigante sprovvisto di pilota. Il mezzo è condotto da Casaleggio, che lo telecomanda da casa attraverso un avveniristico meccanismo di controllo remoto: la playstation del figlio. Per mostrare all'Europa che i Cinque Stelle sono virtuosi e sfruttano sistemi all'avanguardia per il risparmio di energia, una volta che il mezzo arriva a cinque miglia da Bruxelles, il passeggero viene sputato fuori dall'aereo e raggiunge la piazza principale della città alla velocità di 350 Km orari, episodio che causerà a Grillo la perdita temporanea dei capelli e diverse ferite lacero-contuse all'altezza della regione frontale del cranio, la più esposta all'attrito. «Abbiamo risparmiato il carburante necessario per la manovra di atterraggio, pezzenti», dice Grillo appena riavutosi alla folla di cronisti accorsa sul posto. Il Movimento Cinque stelle è il primo gruppo europeo a presentare una proposta di legge: la soppressione dei cavolini che prendono il nome dalla celebre città belga, con i cavolfiori; questa la motivazione: «Il cavolfiore consente un porzionamento più efficace e quindi un notevole risparmio». La proposta accende il malcontento degli agricoltori belgi che marciano fin davanti la sede del parlamento europeo. Sprezzante del pericolo, Grillo li affronta sventolando un assegno con impressa la faccia di Bruno Vespa e li incalza: «Fate come noi, rinunciate a metà del vostro stipendio». A quel punto, un toro frisone si stacca dalla folla e si dirige correndo verso l'ex comico, il quale tenta a sua volta di dissuaderlo proponendogli un iPhone 6 in regalo. Sarà Vito Crimi, su ordine di Casaleggio che sta seguendo lo svolgersi degli eventi su Skype, a immolarsi per salvare Grillo, frapponendosi tra il comico e il toro. L'animale, intimidito dalla mole del Crimi, che si è nel frattempo addormentato, frenerà la sua corsa fino a fermarsi.

Vittoria del Pd. Matteo Renzi si presenta alle istituzioni di Bruxelles con il dossier che Diego Della Valle gli ha inviato via mail nella notte dopo averlo fatto supervisionare da una commissione composta da Kekko dei Modà, il Gabibbo e Antonio Cassano («autentici rappresentanti del made in Italy, altro che professoroni», così li presenta il premier). Si tratta di un documento di dodici pagine dal titolo "Cambiare l'Europa". Questi i punti salienti: l'Austria diventa provincia di Belluno; i finlandesi mangeranno paella almeno due volte a settimana («per agevolare l'integrazione europea», spiega l'ex sindaco di Firenze); l'euro si chiamerà Peppa Pig per renderlo più simpatico alle popolazioni che lo adottano e Cristiano Ronaldo passerà gratis alla Fiorentina. Infine: tutti i giorni, sui principali canali televisivi pubblici dei vari stati, verrà trasmessa un'ora di barzellette. Renzi spiega così la misura: «Basta austerità, facciamoci due risate ogni tanto».

martedì 6 maggio 2014

Italian Pride

Dopo anni di figuracce l'Italia sta ritrovando finalmente una sua specifica collocazione all'interno della comunità internazionale, ponendosi come avanguardia delle conquiste democratiche a livello mondiale. Un pregiudicato per frode fiscale intervistato tutte le sere in tv e dei condannati per omicidio applauditi a scena aperta dai delegati di un congresso, sono i segni più evidenti del nuovo corso che il Paese intende seguire con una convinzione che non esclude il ricorso all'uso della forza. A questo proposito è stato messo a punto l'"Italian Pride", un calendario di iniziative il cui testimonial, per evitare personalizzazioni, sarà uno degli oggetti che rappresentano l'orgoglio del made in Italy: la Uno bianca dei fratelli Savi.

Ecco le iniziative mese per mese, fino al prossimo autunno.

Maggio Convegno internazionale organizzato dall'Istituto di Studi Superiori sul Sistema Geogentrico (quello secondo cui la Terra è il centro dell'Universo, ndr). L'ospite più atteso è monsignor Illo Tempore - prelato piemontese con simpatie vandeane - che presenterà le conclusioni della sua rivoluzionaria ricerca secondo cui Giordano Bruno aveva scoperto le proprietà del petrolio con due secoli d'anticipo e morì arso in Campo de' Fiori mentre era intento a sperimentare in un luogo aperto il potenziale di combustione del nuovo materiale. Dopo la chiusura dei lavori verrà celebrata una messa in latino in ricordo dei componenti della Santa Inquisizione, sui quali per secoli si è esercitata la macchina del fango.

Giugno Al Bano e Romina Power celebreranno la loro reunion in un concerto che verrà trasmesso a reti unificate sui canali Rai e Mediaset. Originariamente era prevista anche la diretta streaming, ma il celebre cantante pugliese l'ha rifiutata spiegando che lui, essendo di sani principi, preferisce la più tradizionale posizione del missionario. L'evento sarà ospitato straordinariamente all'Auditorium Parco della Musica di Roma, una struttura progettata da Renzo Piano per dare una "casa" alla musica di qualità, che per l'occasione verrà infatti requisita ricorrendo all'utilizzo di forze militari di occupazione.

Luglio Presentazione del progetto di riforma federale dello Stato messo a punto da una serie di personalità tra cui l'esponente della Lega Mario Borghezio, l'ultras del Milan Matteo Salvini e il noto attore King Kong. Il progetto prevede: la creazione di quattro macroregioni (i regni di Sardegna, del Lombardo-Veneto e delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio); il diritto di voto a chi abbia un reddito imponibile di almeno ventimila euro l'anno ma dimostri di evaderne almeno il doppio; l'uscita dall'euro e il ritorno ai pagamenti in natura. Previsti tre giorni di festeggiamenti durante i quali verranno abbattute tutte le statue di Giuseppe Garibaldi, «precursore del centralismo tipico degli stati comunisti», ha detto Borghezio, che da anni non metteva in fila sette parole dando loro una parvenza di senso compiuto.

Agosto Campagna di sensibilizzazione nelle spiagge a favore della famiglia tradizionale. I mariti aderenti all'associazione "Fallo per lei", esporranno ai turisti le ecchimosi e le ferite lacero-contuse provocate dalle percosse inferte alle rispettive mogli mentre i figli seguiranno su tablet le puntate del "Grande Fratello".

Settembre Riapertura delle scuole, ma solo per gli studenti e le studentesse che dimostrino, con un video postato su youtube, di aver picchiato durante l'estate almeno un clochard e/o abbiano fatto sesso in cambio di una ricarica di cellulare. Sedute forzate di riabilitazione attraverso prove pratiche per tutti gli altri.

Ottobre Cerimonia di conferimento del Premio Illuminato dell'Anno a Carlo Giovanardi. Alla giornata parteciperanno gli altri finalisti che si sono distinti nei rispettivi campi: Bruto di Braccio di Ferro, Gigi D'Alessio ed Emanuele Filiberto.

mercoledì 16 aprile 2014

Il Running act di Renzi

Altro che riforme istituzionali e del mercato del lavoro, il vero cambiamento strutturale che Matteo Renzi intende mettere in campo è il Running Act. Il premier lo spiega così: «Siamo un paese a forma di stivale, è ora che ci mettiamo in moto per spiccare il salto decisivo che ci consenta di oltrepassare la penisola iberica e affacciarci direttamente sull'Atlantico. Solo così potremo andare a prendere la ripresa economica dove è già in atto: negli Stati Uniti». Uno dei suoi più stretti collaboratori gli ha fatto notare che con le scarpe si cammina sì, ma nell'oceano è necessario nuotare. Renzi ha replicato che non si è mai vista una scarpa affondare e che l'artigianato made in Italy è in grado di produrre manufatti all'altezza. «Al limite arriveremo dall'altra parte un po' malridotti, ma quello è un paese che offre infinite opportunità - ha detto il premier mentre addentava una fiorentina dopo averla fotografata e postata su Instagram -. Ti dicono niente i nomi di De Niro, Scorsese, Di Caprio?, tutta gente i cui nonni e bisnonni italiani sono andati là con le pezze al culo e che ora fanno fortuna. Noi invece arriveremo indossando una Tod's, e scusate se e poco». Per mettersi in cammino alla velocità che compete però, è necessario superare vecchie abitudini e incrostazioni ideologiche. Per questo è pronto un disegno di legge imperniato sui seguenti provvedimenti.

Abolizione delle preposizioni. Le preposizioni, non solo quelle articolate ma anche le semplici, sono considerate un inutile appesantimento dei discorsi che non consente di arrivare a rapide conclusioni. Renzi ha spiegato il concetto in Consiglio dei ministri senza parlare, con un semplice tweet riprodotto su una lavagna luminosa: «Che senso ha dire "la ruota della fortuna" quando posso dire "la ruota fortuna"? Mi si comprende lo stesso e risparmio cinque caratteri». A D'Alema, che ha scritto un lungo saggio sulla rivista della Fondazione Italianieuropei per perorare il salvataggio della particella "da", Renzi ha replicato così su Facebook: «Questo è conflitto d'interessi: ti chiamereno Lema, fattene una ragione, tutti siamo tenuti a rinunciare a qualcosa».

Eliminazione dello "stop" dal codice della strada. «Resta la precedenza, che è più che sufficiente e consente di rimanere in movimento», ha detto il premier. «E in prossimità dei passaggi a livello?», ha fatto notare Cuperlo. «Lì manderemo avanti te», ha risposto Renzi.

Cancellazione del contratto nazionale di lavoro. Mai più riunioni pletoriche e trattative tra parti sociali. Ci si recherà al lavoro solo se si riceverà nottetempo un apposito sms, altrimenti si rimarrà a casa. La sinistra del Pd proponeva almeno una telefonata. «Dobbiamo abbattere i costi delle imprese», ha replicato il premier.

Abolizione della filosofia dai programmi scolastici. «Tesi e antitesi, quando si sa già che si arriverà alla sintesi?, ma per piacere», ha detto Renzi in videochat con i tifosi della Fiorentina. Fassina, della sinistra del Pd, è andato su tutte le furie. In un'intervista all'Unità ha spiegato che «la filosofia non si può cancellare perché era l'unica materia nella quale prendevo la sufficienza al liceo». Pronta la replica del premier: «Stai sereno, ho saputo dal tuo prof di italiano che avevi cinque e mezzo e ora è disposto a portartelo a sei, così una sufficienza la spunti comunque».

Istituzione della Giornata per l'eiaculazione precoce. Non ha senso perdere tempo in preliminari e poi rimanere appiccicati per chissà quanto tempo durante l'atto sessuale. Chi assolve ai propri doveri coniugali più velocemente possibile va incentivato e portato a esempio poiché gli rimane tempo per fare altro, è la tesi. Inoltre, così si stimolano le donne a fare da sé ed emanciparsi ulteriormente. Dura la presa di posizione di Civati, che in segno di protesta ha posato senza veli in copertina su "Vanity Fair": «A me scopare piace». La replica di Renzi non si è fatta attendere ed è arrivata su "Chi": «Continua, tanto la politica non fa per te».

martedì 1 aprile 2014

Lavoro, la bozza di riforma

Nei giorni scorsi un'auto sospetta è stata fermata da una pattuglia di carabinieri nei pressi di Palazzo Chigi. Nel bagagliaio sono stati rinvenuti attrezzi da scasso che le persone a bordo hanno giustificato così: «Stiamo andando dal premier con gli utensili per aprire il mercato del lavoro». Alla richiesta di delucidazioni da parte dei militari, il conducente della vettura ha mostrato un pass sul quale era impresso il simbolo di Twitter in ceralacca e una "Bozza di riforma del mercato del lavoro" con in calce le firme di prestigiosi imprenditori ed economisti. Alla vista di tali prove inoppugnabili, i carabinieri hanno fatto passare l'auto non prima di aver fatto una copia della bozza per metterla a verbale. Eccone il contenuto.

Contratto a tempo Va superata la vecchia formula dell'indicazione della durata temporale del contratto. Per contratto a tempo si intende che si lavora a seconda delle condizioni meteo che datore e lavoratore liberamente concorderanno. Così ci saranno contratti che stabiliscono che il lavoratore sarà tenuto a prestare la propria opera nei giorni di sole e a restare a casa in quelli di pioggia o viceversa. Nei mesi in cui il lavoratore è costretto dalle condizioni meteo a restare a casa per più di dieci giorni, perde il diritto ad essere retribuito. Qualora le necessità di mercato lo rendessero necessario, il lavoratore potrebbe essere chiamato ad operare per modificare le condizioni meteo avverse e, laddove non vi riuscisse, ciò costituirebbe una buona causa per il suo licenziamento.

Diritto di recesso Come spiega la parola stessa, il datore dà il lavoro, il resto sono cazzi del dipendente. Così, tenuto conto del fatto che il buon andamento dell'impresa (e quindi anche il benessere delle maestranze) dipende in massima parte dall'umore di chi il lavoro lo dà, vanno previste una serie di circostanze al verificarsi delle quali il datore può far valere il diritto di recedere dal contratto stipulato in maniera istantanea e senza condizioni. A titolo esemplificativo, se ne elencano qui alcune: riacutizzarsi improvviso dell'infiammazione delle emorroidi; indisponibilità della moglie a concedersi al rapporto sessuale (questa condizione vale anche nel caso in cui sia la moglie del dipendente a rifiutarsi di concedersi al datore di lavoro del marito); digestione lenta; scarso profitto scolastico dei rampolli di famiglia; sconfitta nella partita a tennis della domenica (vale solo per il lunedì); cattivo stato di salute del cane; scheggiatura di uno o più nani da giardino.

Partecipazione dei lavoratori all'impresa Per fare in modo che i dipendenti si sentano parte integrante dell'azienda per la quale lavorano, all'atto dell'assunzione è fatto obbligo di versare una cifra minima di diecimila euro i quali non verranno utilizzati per acquistare quote, ma soltanto per dimostrare la buona predisposizione verso chi è stato così magnanimo da procedere ad un'assunzione.

Selezione del personale Per adeguare gli standard di produttività dell'Italia a quelli della media europea, verranno introdotte nuove prove di selezione per le diverse mansioni. Ciò al fine di dotare le aziende di personale altamente qualificato. A titolo esemplificativo: ai magazzinieri verrà chiesto di stoccare la merce mentre si illustrano ai colleghi i tre principi della termodinamica; agli apprendisti macellai di insaccare le salsicce recitando l'Amleto di Shakespeare in lingua originale; ai commessi di supermercato di saper intrattenere i clienti spiegando il passaggio dall'età repubblicana a quella imperiale nell'Antica Roma mentre cambiano il rotolo di carta del registratore di cassa.

Incentivi per la green economy Al fine di combattere l'inquinamento atmosferico dovuto al consumo di carburante, i dipendenti che volontariamente, a loro spese e con i loro mezzi si renderanno disponibili ad accompagnare il datore di lavoro nei suoi viaggi (anche di piacere), avranno il posto assicurato per il mese successivo.

martedì 4 marzo 2014

Grillini dissidenti sui vagoni piombati

Le espulsioni a ripetizione stanno offuscando l'immagine del Movimento 5 Stelle. Per questo Grillo e Casaleggio, dopo una riunione ristretta con i principali collaboratori - un iPhone 5S, un termostato wireless che consente di regolare la temperatura di casa attraverso la rete, un Salvavita Beghelli di ultima generazione collegato in videoconferenza e un vecchio Commodore 64 da cui Casaleggio non si è mai separato - stanno pensando di cambiare strategia. I dissidenti non verranno più cacciati ma sottoposti a un corso di rieducazione in una località segreta che, per dare uno schiaffo alla Casta e risparmiare sui rimborsi, i parlamentari raggiungeranno in gruppo su vagoni piombati.

Al centro delle lezioni ci sarà l'insegnamento del sistema binario, quello su cui, secondo uno studio del professor Circuito Chiuso, consulente che gode di un grande ascendente su Grillo e Casaleggio, i dissidenti difettano di più. Il professor Chiuso da tempo non rilascia interviste ma la sua teoria è racchiusa nella sua opera più riuscita: "Rete o barbarie". Si tratta di centocinquanta tweet scritti a cavallo tra l'anno dodicesimo e tredicesimo dell'avvento del web (Chiuso non adotta il normale calendario gregoriano).

«Il Movimento 5 Stelle - è scritto al diciassettesimo tweet - si fonda su un sistema binario composto dalla coppia di parole "fanculo" e "stronzi"». Ciò significa, come si capisce anche dall'osservazione dei grillini ortodossi, che in quel binomio si racchiudono le possibilità degli esponenti 5 Stelle di comunicare col mondo. Appare di un'evidenza solare quindi, come spiega lo stesso Chiuso in una delle sue rare interviste, rilasciata alla rivista on line "Codice a barre", che «i Cinque stelle non possono parlare tra loro, se non offendendosi. Per questo il dialogo è consentito, attraverso l'uso esclusivo del sistema binario, solo con gli esterni al movimento. Chi infrange questa regola mette a rischio la sopravvivenza stessa dei 5 Stelle».

L'altra questione che sarà posta al centro delle sedute di rieducazione è di natura contrattuale. Lo spiega Ius Primaenoctis, giurista di riferimento di Grillo e Casaleggio per le riforme costituzionali e non solo, in un articolo che verrà pubblicato nel prossimo numero del trimestrale "Tornare al feudalesimo". «È strano - scrive uno stupito Primaenoctis - che i dissidenti non abbiano ancora capito l'essenza profonda del Movimento, in cui non si entra ma si è assunti. Il 5 Stelle, come spiega lo stesso nome, è assimilabile a un albergo: Grillo e Casaleggio sono gli ospiti e i parlamentari i camerieri. Avete mai visto - conclude il giurista - un cameriere dissentire col cliente, per di più in un albergo a Cinque Stelle?».

Il primo gruppo di rieducandi (una decina di persone circa), partirà a breve. Tra loro una giovane deputata mamma che dopo mesi che non rivolgeva la parola al figlioletto, gli si è accostata sussurrando le parole «Amore mio». È stata denunciata per violazione del codice binario da un collega con cui stava parlando via Skype. La stessa sorte toccata a un cinquantacinquenne senatore che parlava con la moglie al cellulare a cui, poiché la linea era disturbata, è scappato un «non sento niente». Salvo, per il momento, l'ex capogruppo al Senato Vito Crimi: addormentatosi durante una seduta parlamentare si è risvegliato, ha guardato l'orologio e ha esclamato: «Quant'è tardi». Il fatto che abbia aggiunto «cazzo» al termine della frase, rendendola più in linea col movimento, gli ha risparmiato le sedute previste per gli altri.

martedì 18 febbraio 2014

Le consultazioni di Renzi

Ore febbrili per il futuro presidente del Consiglio in vista del conferimento dell'incarico. Matteo Renzi punta a giurare con il nuovo Governo entro la settimana prossima, anche perché poi per la Fiorentina si apre un ciclo terribile che il premier in pectore intende seguire in prima persona, anche andando con la squadra in trasferta.

In questi giorni di consultazioni, dopo aver visto ripetutamente Diego Della Valle (che punta a guadagnare, oltre al ruolo di consigliere politico, anche quello di look manager del futuro inquilino di Palazzo Chigi), Renzi ha fissato appuntamenti con i fratelli Righeira, Mal dei Primitives, Flavio Briatore, Massimo Ciavarro, Ken di Barbie e il padre e la madre di Peppa Pig. Raffaella Fico, invitata, ha fatto sapere che verrà solo se Seedorf darà un permesso a Balotelli per accudire la figlia Pia. Il tema all'ordine del giorno degli incontri sarà lo stesso: come risollevare le sorti dell'Italia a partire dalle eccellenze del Paese: sole, pizza e mandolino.

Nulla trapela sul programma, ma proprio su questo potrebbe esserci il primo, forte segno di discontinuità che Renzi vuole imprimere. «Probabilmente il programma non ci sarà - fa sapere uno dei più stretti collaboratori di Renzi - il programma è una cosa da prima Repubblica, meglio non avere vincoli e affrontare la realtà per come si presenta giorno per giorno. E poi una volta che hai un programma spunta sempre qualche rompicoglioni che ti chiede di rispettarlo, noi vogliamo essere liberi di sperimentare forme nuove di gestione del potere, anche perché è questo che vogliono gli elettori».

Renzi è convinto che bisogna fare presto e che occorre dare agli italiani il senso di un cambiamento di marcia. Per questo si sta allenando per dimostrare di essere in grado di scrivere almeno quattro tweet al minuto mentre, nell'ordine: telefona per ordinare la pizza, fa un cenno d'assenso a caso alla segretaria, gioca a ruzzle e chatta su Facebook con un suo vecchio amico delle medie che l'ha sempre seguito in questi anni, Cosimo Sopportante.

La difficoltà del lavoro di queste ore è data anche dal numero di richieste che stanno arrivando sul tavolo del futuro presidente. Di queste, pare che Renzi ne stia seriamente prendendo in considerazione alcune: la depenalizzazione del reato di evasione fiscale, che diventerebbe peccato veniale («con tre padrenostri e quattro avemaria ce la si potrebbe cavare e ricominciare a investire per muovere l'economia», dice un illustre giurista che sta coadiuvando lo staff renziano); la possibilità di avere più account Facebook intestati alla stessa persona («Matteo è molto sensibile su questo, la sua ambizione smisurata non è possibile contenerla in un unico profilo», confida Apple Ram Tablet, guru indiano dell'informatica cui si è affidato Renzi); e, infine, degli incentivi, anche a fondo perduto, a chi trova dei foulard decenti da far indossare a Della Valle.

venerdì 14 febbraio 2014

Parlamentaristi presidenziali

Le voci scandalizzate che rimbalzano da ore lamentando che l'Italia si appresta ad avere il terzo presidente del Consiglio non eletto dal popolo sono prive di fondamento. E una vacuità, pure reiterata, resta tale. L'Italia è una repubblica parlamentare in cui si diventa presidente del Consiglio se si ottiene la fiducia di Camera e Senato. È vero che ormai siamo abituati a un utilizzo a spanne del vocabolario: si chiamano riforme norme che ci riportano indietro di un secolo, si urla al golpe anche quando viene sostituito il nostro centravanti preferito, così per fare due esempi. Ma lo scandalo, nel nostro caso, sarebbe l'insediamento di un presidente senza fiducia parlamentare. Non è stato il caso di Monti né quello di Letta, né si vedono rischi del genere per l'immediato futuro. Il fatto poi che le voci scandalizzate provengano in queste ore anche da anti-presidenzialisti convinti rende la questione surreale: si lamenta il mancato rispetto di una procedura da repubblica presidenziale pur essendo noi una repubblica parlamentare (e per giunta volendolo rimanere). Succede perché dietro quelle voci scandalizzate è mascherata l'irritazione verso Renzi. Ora, qui non si è renziani. E proprio per questo si pensa che c'è la necessità di individuare i problemi e affrontarli per quello che sono. L'Italia in cui vince Renzi è quella di un "tanto al chilo", delle questioni da affrontare tutto e subito, delle priorità che cambiano nel giro di un paio d'ore, del "che due palle" quando si discute appena un po'. Ecco, andare al punto delle questioni è già un'operazione di igiene sociale. Renzi è criticabile da molti punti di vista, perfino per le camicie che indossa, palesemente inadatte a un ragazzotto che tende al rotondetto. Per favore però, non critichiamo i percorsi a seconda di chi li fa. L'Italia che ci piacerebbe di più ha bisogno anche di un po' più di onestà intellettuale.

giovedì 13 febbraio 2014

Due leggi, due destini e noi al Truman show

La distanza la misuri dai particolari. Negli otto anni in cui è stata in vigore prima di diventare incostituzionale, la famigerata legge Fini-Giovanardi ha fatto danni incommensurabili nel vero senso della parola: difficili da misurare. Senza la Fini-Giovanardi, per dirne una che rende bene l'idea, forse Stefano Cucchi sarebbe ancora in vita. Quella norma è coetanea della legge elettorale scaturita (stavo per scrivere pensata, ma mi è parso troppo) da Calderoli: anch'essa dichiarata incostituzionale dopo essere stata utilizzata per eleggere tre Parlamenti.

Delle due norme una, quella che porta a fasi alterne il nome di Porcellum o di Calderoli (strano, eppure non sono sinonimi!) è stata (ed è tuttora) oggetto di un dibattito sfibrante; la sua modifica è stata posta come priorità in cima all'agenda di diversi governi e il capo dello Stato l'ha indicata a imperitura memoria come un ostacolo da superare prima di arrivare a nuove elezioni. L'altra, quella sulle droghe, ha continuato sordamente a mietere drammi mentre solo encomiabili ma pressoché insignificanti minoranze ne denunciavano l'impianto medievale.

Ora: la composizione dei tre Parlamenti che sono stati eletti con la Calderoli (o Porcellum) non sarebbe stata tanto diversa anche con la legge elettorale più bella del mondo. (O davvero qualcuno vuol farci credere che chi ce li ha portati col Porcellum non avrebbe trovato il modo di imbucare lo stesso i Razzi, gli Scilipoti e tutti gli (s)conosciuti peones che popolano la fauna di Montecitorio e Palazzo Madama?). Mentre per migliaia di individui sbattuti in galera grazie alla legge Fini-Giovanardi la vita sarebbe stata diversa senza quella norma che ha continuato ineffabilmente a portare il nome dei due giganti del pensiero da cui è stata partorita, senza che nessuno si sforzasse almeno di trovarle un aggettivo adeguato, che so?, Mortiferum ad esempio. Una mancanza questa, che denota il cono d'ombra in cui è entrata quella legge indecente.

Ed è proprio il cono d'ombra il nocciolo della questione. In nessuno dei Parlamenti che si sono succeduti dal giorno del varo della Fini-Giovanardi si è trovata una maggioranza in grado di dire che quella norma era una maledizione, che andava cassata. Non c'è stata pressione dell'opinione pubblica. Nessuno si è preso la responsabilità di dire che in galera stavano finendo persone che non dovevano andarci. Il dibattito pubblico - costituito dalle ciarle quotidiane dei giornali, dei talk show, delle cazzate al bar e delle menate varie - si è tenuto cautamente e forse inconsapevolmente lontano da una scempiaggine insostenibile che pure stava scavando ferite incancellabili nella carne viva di migliaia di persone. 

Il che dimostra la lontananza dal mondo reale. Dei politici, certo. Ma anche di noi. Di tutti noi che non ci curiamo delle cose reali. Che stiamo dietro al dibattito pubblico scandito dalle ciarle quotidiane e votiamo orientati da liti epocali su questioni di una pochezza esasperante (maggioritario o proporzionale? Letta o Renzi? Ncd o FI? E Silvio? che fa Silvio?), mentre la realtà scava profondo. E noi, queruli, ce ne fottiamo fottendoci da noi. Convinti di stare nel reale, mentre stiamo dentro al Truman show.

sabato 8 febbraio 2014

Il lavoro c'è, basta saperlo cercare

Un interessante saggio dal titolo “Se cerchi bene il lavoro si trova” è stato pubblicato da un gruppo di studiosi dell'Università di Antiquitas. Lo staff di autori è costituito da economisti di area lefebvriana, noti per gli studi che hanno portato alla rivalutazione della servitù della gleba e per le acute analisi sul sistema delle caste in India. Coordinatore dei lavori è stato il docente italo-americano Libero Market Oriented, diventato famoso per aver dato alle stampe il fortunato pampleth “Se proprio avete tutto questo bisogno di lavorare fatelo gratis”.

Nello studio si sostiene che la disoccupazione è sostanzialmente dovuta a tre tipi di fattori: di sistema, individuali e circostanziali. Nel primo gruppo rientra la mancanza di collegamento tra istruzione e mondo del lavoro: «Fino a quando nelle Università non si forniranno solide basi in materie fondamentali come evasione fiscale e corruzione, che rappresentano ormai elementi imprescindibili della nostra economia, avremo giovani laureati di cui il mercato non saprà cosa fare», si legge nella pubblicazione. Al secondo gruppo di fattori è riconducibile l'attività dei singoli: «Ci si approccia al lavoro seguendo vecchie categorie – sostengono i ricercatori di Antiquitas – mentre il mercato è in continua evoluzione e in ogni periodo storico si è assistito all'emergere di nuove figure professionali: gli accenditori di roghi durante l'Inquisizione, le cavie umane quando c'è stata penuria di quelle animali, gli stuccatori della Santanché oggi, solo per fare tre esempi. Il mondo è pieno di opportunità – è la conclusione – basta saperle cogliere». Il terzo gruppo di fattori, definiti circostanziali, la ricerca lo spiega in un capitolo appositamente dedicato dal titolo: “Se nasci morto di fame che cazzo vuoi dalla vita?”.

La bontà dello studio è dovuta al fatto che all'impianto teorico gli autori hanno fatto seguire una sezione pratica in cui vengono elencate una serie di mansioni che il mercato oggi richiede ma che per una serie di distorsioni definite «anacronistiche» dagli autori, non vengono prese in considerazione. Si tratta insomma di un'agile guida per chi è alla ricerca di lavoro di cui qui possiamo fornire brevi stralci a titolo esemplificativo:

Scaldatore: figura millenaria, è tornata oggi in voga grazie al fatto che molte famiglie non possono permettersi di portare l'abitazione a temperature decenti con i tradizionali termosifoni a causa del proibitivo costo del gas. Lo scaldatore assolve la sua funzione seguendo le orme del bue e dell'asinello che vennero portati sul luogo della nascita di Gesù. A differenza di essi però, si fa pagare. Rivolgendosi a una clientela a redditi bassi, le tariffe dovranno essere contenute. Il guadagno può essere però incrementato svolgendo servizio presso nuclei numerosi, o comunque ammassando più persone possibile nella stessa stanza e dirigendo verso di loro il proprio alito chiedendo in cambio una quota una quota pro-capite.

Coniatore di insulti: il dibattito pubblico ha raggiunto livelli tali da rendere inefficaci quelli che una volta erano considerati epiteti memorabili: boia, pompinara, merda sono ormai definizioni inflazionate, non sorprendono più a causa del largo uso che se ne fa. La cosa preoccupa i parlamentari, che hanno così cominciato ad avvalersi di consulenti ad hoc. Il coniatore di insulti è ben pagato, ma per svolgere una funzione del genere occorre un mix di creatività e cultura non certo alla portata di tutti. La selezione è durissima. L'ultimo che è riuscito ad aggiudicarsi un contratto di collaborazione a tempo determinato è stato un neolaureato in Scienze della comunicazione di Treviso che ha postato su Facebook il seguente insulto: «A giudicare dalla foto che hai messo sul tuo profilo sembri il frutto di un rapporto sessuale tra Giovanardi e la marmitta di una Fiat Duna mentre Michaela Biancofiore e Paola Taverna guardavano a turno dal buco della serratura e quest'ultima riferiva tutto a Beppe Grillo collegato in chat».

Falsificatore di bilanci: purtroppo, non essendo ancora stati istituiti corsi di laurea appositi, è un mestiere che si impara sul campo in maniera rigorosamente non retribuita. Va detto però che i sacrifici di una lunga gavetta vengono ampiamente ripagati. In genere si è pronti a entrare nel giro che conta quando si abbandona il tetto coniugale in seguito alla nascita del primogenito urlando: «Questo poppante è un parassita, ho speso più per lui in tre mesi di latte artificiale che nella mia vita di contribuente».

A questi esempi la pubblicazione degli economisti di Antiquitas ne fa seguire molti altri: rullatore di canne per rockstar pigre, arruolatore di fedeli per sette religiose, sostituto del cane cercatore di tartufi, corruttore di agenti della Guardia di finanza, per fare alcuni esempi. Chi fosse interessato all'acquisto, può inviare un bonifico all'Università di Antiquitas mediante l'apposito sito www.riconvertitestesso.com e attendere che il materiale arrivi a casa sperando di non essere incappato in una truffa.

lunedì 27 gennaio 2014

Il sollievo rischioso di Giornate come questa

In diversi impallinano le giornate come quella della Memoria vestendo i panni dei politicamente scorretti allergici alla retorica, loro che la sanno lunga. Altri oggi mostreranno il labbro tremulo e l'occhio umido; salvo poi alla mezzanotte, quando la giornata della Memoria sarà ufficialmente chiusa, serrare l'uscio dopo esser rientrati nell'ovile di sempre. A vedere i secondi si rischia di cadere nella tentazione di schierarsi con i primi. Ma è una sensazione che dura poco. Perché sì, la memoria è imprescindibile. A patto però che non sia corta; a patto che non si ricordi per secondi fini; a patto che a furia di ricordare non ci si dimentichi che si vive qui e ora.

Perché il rischio di giornate come questa è la comodità di rievocare, per condannarlo, un abisso del quale non ci sentiamo responsabili: non c'eravamo, non siamo mai stati fascisti, men che meno nazisti, e gli ebrei non ci stanno antipatici. Ricordiamo insomma un'atrocità commessa da altri. E questo ci conferma per converso quanto noi invece siamo buoni. È come se dietro i fili spinati dei campi di concentramento fosse rimasta contenuta tutta la barbarie di cui l'umanità è capace. E ciò ci solleva. Ma questa è una memoria distorta, una medicina che aggrava il male invece di curarlo.

È un rischio che si corre (o un sollievo che ci si dà) tenendo l'obiettivo fisso sulle atrocità commesse decenni fa.

Allora l'obiettivo va allargato. Chiedendosi come si possa essere arrivati a quell'abominio. Come si arriva agli abomini che la storia ci continua a mostrare. Insomma: le camere a gas dei nazisti, le pulizie etniche viste un paio di decenni fa a portata di binocolo da noi - nell'ex Jugoslavia - e i tanti altri luoghi di sacrificio umano nel mondo, sono un punto d'arrivo al quale ne corrisponde uno di partenza. A unirli c'è un percorso che è stato fatto, a volte inconsapevolmente. Si comincia - dicono quelli che studiano fenomeni di questo tipo - da un lato con la spersonalizzazione delle future vittime, e dall'altro con l'evidenziare presunti meriti non riconosciuti o altrettanto presunte vessazioni ai danni dei futuri carnefici. Il tutto in un crescendo verso l'abisso fatto di inoculazioni di paura, infarcito di luoghi comuni infondati che assumono la forma di provvedimenti legislativi, fino ad arrivare alla paranoia spinta.

E qui veniamo al nostro oggi. Non c'è rischio di camere a gas, né di vagoni piombati, ovvio. C'è però una fetta di popolazione inedita. Per decenni, nell'Italia dal dopoguerra agli anni Ottanta, gli altri sono stati le famiglie numerose e per questo povere, i matti del villaggio, qualche orfano, le puttane e i loro figli, i meridionali al nord. Diversi, ma non poi così tanto. Soprattutto, non una categoria in senso sociale. Poi sono arrivati altri ancora: i badanti, i pulitori, i venditori di rose, quelli che al semaforo chiedono spiccioli; o ancora: i trasportatori, i magazzinieri, gli operai del turno di notte che magari vediamo di meno. Sono una categoria sociale: gli immigrati. E sono considerati, scandalizzatevi quanto volete, un po' meno umani degli italiani di nascita. Tanto che ci si chiede se debbano avere accesso, come gli italiani, alle case popolari, all'assistenza sanitaria, all'istruzione. Tanto che li si mette dentro a Centri che per gli italiani non esistono, per identificarli, si dice. Tanto che quando ce li ritroviamo davanti in una veste nella quale non siamo abituati a vederli: medico, ricercatrice, artigiano, chef, diciamo tra noi: “Ah, però: cazzo!”. Tanto che illustri editorialisti si domandano se non convenga, a noi italiani, ammettere nel nostro paese solo quelli che ci fanno comodo, in quantità e qualità. Selezionarli insomma. Come si fa con le cose, con gli utensili. Cos'è tutto questo, se non un principio di spersonalizzazione? Non porterà ai campi di concentramento? Probabile (speriamo). Ma è un punto d'inizio.

Allora, oltre a tenere vivo il ricordo dei milioni di morti per mano dei nazisti, la Giornata della Memoria può servire a questo, per noi, oggi: evitare che ci si incammini in quel percorso che porta all'abisso. Possiamo farlo solo noi. Ricordando, e facendolo ricordare, che davanti a noi -possiamo chiamarle immigrati, clandestini, manodopoera, zingari e come altro la testa di qualche genio ci indicherà - ci sono sempre persone per le quali devono valere gli stessi identici diritti di tutti. Perché non sono un po' meno di noi, anche se noi, per la clamorosa botta di culo di essere nati dalla parte fortunata del mondo, abbiamo per ora il coltello dalla parte del manico.

giovedì 16 gennaio 2014

I nuovi referendum di Grillo e Casaleggio

Dopo il referendum sul reato di clandestinità, Grillo e Casaleggio porranno altri quesiti ai dodici grillini e ai circa 1.500 tra smartphone, tablet e pc aventi diritto di voto attraverso la piattaforma informatica del Caro Leader. Eccoli:

1) Siete favorevoli ad estendere ai filippini il diritto di svolgere altri lavori oltre quello di collaboratori domestici?

2) In caso di incidente d'auto tra un italiano e un extracomunitario, se la responsabilità è del primo, il secondo può vantare il diritto di essere risarcito?

3) Al fine di limitare l'affollamento delle carceri, siete favorevoli ai soli arresti domiciliari per chi contrae matrimoni misti?

4) Che ne direste di installare sopra al cancello d'entrata del Cie di Lampedusa la scritta "Il lavoro rende liberi?"

5) Ritenete giusto che persone non italiane occupino posti a sedere sugli autobus?

6) Siete favorevoli all'introduzione della maggiorazione della pena prevista dal codice penale in misura percentuale variabile a seconda del paese di provenienza di chi commette il reato?

7) Siete favorevoli all'introduzione di un registro dei mendicanti stranieri in modo da poter assoggettare chi svolge quella professione al pagamento dell'Irpef?

8) In coscienza, Martin Luther King, non se la andò un po' a cercare?

9) Siete favorevoli alla riapertura delle indagini sulla morte di Abele per fare luce sulla eventuale presenza di extracomunitari nel luogo del delitto?

10) Salvini non è poi tanto male, no?

giovedì 9 gennaio 2014

L'oroscopo del 2014

Con Giove infoiato sulla rotta di Venere il 2014 si annuncia denso di novità per l'Italia. Ecco cosa succederà mese per mese secondo gli astri (sempre che gli astri non si rompano le palle dell'Italia prima che arrivi dicembre).

Gennaio. I partiti trovano l'intesa sulla legge elettorale. Il risultato è frutto di un compromesso: il sistema sarà a doppio turno come vuole il Pd («così se sbaglieremo al primo potremo almeno rimediare nel secondo», è la linea ufficiale del partito). Nel caso dovesse finire in parità, secondo una condizione imposta dalla Lega, i due candidati leader se la vedranno in una sfida a chi mangia più cassoeula. Sel ottiene di inserire nella legge un articolo secondo cui la scheda elettorale potrà essere composta da più fogli in modo da contenere, se del caso, un discorso di Vendola con la traduzione a margine in italiano corrente. Sulle schede infine, comparirà la scritta "Berlusconi è proprio un bell'uomo", senza la quale non sarebbe arrivato il sì di Forza Italia.

Febbraio. Matteo Renzi ospite al festival di Sanremo duetta con Albano in "Felicità" cantando in falsetto e vestendosi come Romina Power. «Non sarò mai un grigio burocrate, e poi occorre essere positivi», commenterà poi il leader del Pd intervistato da Fabio Fazio che gli chiede il motivo della scelta della canzone. Il sindaco di Firenze lamenta poi la mancanza di Pupo e Marco Carta tra i big in lizza. Infine, in sala stampa dichiara che il suo gruppo preferito sono i Led Zeppelin. Ai giornalisti che gli fanno notare che Albano, Pupo e Marco Carta non c'entrano una mazza con i Led Zeppelin, Renzi risponde: «Lo so, ma se si vuol vincere occorre prendere i voti sia di qua che di là».

Marzo. Sensazionale scoperta a Freghemì, piccolo centro della pedemontana lombarda, dove vengono rinvenuti i resti di quello che secondo la comunità scientifica è con ogni probabilità l'Homo Salvinus. Vissuto nel Paleolitico inferiore, prima dell'uomo di Neanderthal, il Salvinus è riconoscibile per l'inconfondibile apertura della mascella che testimonia come questo ominide sia potuto sopravvivere per migliaia di anni cibandosi di immigrati che arrivavano in perlustrazione nelle zone abitate dalle sue tribù.

Aprile. Approvato un emendamento in sede di conversione in legge del decreto che elimina il finanziamento pubblico ai partiti: le formazioni politiche potranno inserire fino a un massimo di dieci spot pubblicitari durante i comizi dei loro esponenti.

Maggio. Beppe Grillo si presenta al seggio per votare alle elezioni europee con un tablet di ultima generazione in mano e chiede due schede, una per sé e una per l'apparecchio. Al diniego del presidente di seggio, che gli intima anzi di lasciare il tablet fuori dalla cabina, il leader dei Cinque Stelle annuncia un esposto alla magistratura e dal suo blog rilancia: «I morti in carne e ossa si oppongono alla democrazia elettronica, un bit li seppellirà».

Giugno. Arrestato Silvio Berlusconi. Fatale per il leader di Forza Italia la denuncia di un vecchio compagno di scuola delle elementari, Efisio Memore: «Durante la ricreazione vinceva a chi le lanciava più lontano utilizzando una figurina truccata». Rinchiuso a San Vittore, Berlusconi avvia le trattative col ministero della Giustizia e nel giro di una settimana compra l'intero carcere per trasformarlo in resort per cene eleganti.

Luglio. La notizia della scoperta di Freghemì fa il giro del mondo, boom di turisti stranieri nei paesini della pedemontana lombarda. «E poi qui ci sono gli ultimi esempi viventi di leghisti», commenta entusiasta una famiglia belga intervistata da Radio Solo Noi.

Agosto. Ignoti si introducono in casa Sallusti-Santanchè e rubano l'unico neurone che vi era custodito. I capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Brunetta e Gasparri, convocano una conferenza stampa d'urgenza al Billionaire e denunciano: «Operazione di chiara matrice politica». In serata il neurone viene rispedito in busta chiusa con una lettera che l'accompagna: «I ricettatori a cui di solito rivendiamo la roba c'hanno detto che questo non vale neanche come reperto di modernariato».

Settembre. I Forconi sfilano in corteo a Roma. Per esprimere la sua contrarietà alla protesta un residente, Giustino Unico, espone dal suo balcone la gigantografia di una regolare fattura. Alla vista, alcuni manifestanti sono costretti a ricorrere alle cure del 118. Uno dei leader dei Forconi, in preda all'indignazione, dopo decenni che non ci riusciva, trova il modo di esprimersi in un corretto italiano: «Non si è mai vista una provocazione del genere».

Ottobre. Edito da "A volte ritornano", viene pubblicato: "Le dieci mosse per portare l'Italia fuori dalla crisi", di Mario Monti. Subito dopo la pubblicazione scoppia una polemica tra l'autore e l'editore che finirà nelle aule di giustizia: Monti era convinto di aver scritto un saggio, mentre il libro esce nella collana di fantascienza "Mondi paralleli".

Novembre. Il governo presenta il piano delle alienazioni per far entrare liquidità nelle casse dello Stato. Tra i beni in vendita c'è anche il Colosseo: «È un'operazione dal valore doppio - spiega il presidente del Consiglio - da un lato incassiamo denaro fresco, dall'altro ci liberiamo di un vecchio rudere che ci costa un patrimonio in manutenzione». Tra i potenziali acquirenti una cordata di imprenditori capitanata da un rampollo della borghesia romana, Lupo Maria Conducator, che manifesta l'intenzione di riportare l'anfiteatro agli antichi fasti. Pronta anche una società di gestione delle risorse umane che selezionerà i disoccupati volontari che affronteranno i leoni in combattimento.

Dicembre. Nota di Palazzo Chigi sull'andamento dell'economia degli ultimi quattro trimestri: «Il potere d'acquisto si è ridotto del dieci per cento in questi ultimi dodici mesi. Ma considerando che la stessa cosa era avvenuta l'anno scorso, la perdita è molto inferiore rispetto a quella del 2013, poiché la percentuale va calcolata su una cifra minore».

giovedì 19 dicembre 2013

Le nuove parole del 2013

Il 2013 è stato segnato da cambiamenti linguistici che hanno introdotto nuovi vocaboli o hanno modificato l'uso che si faceva di altri. Ecco le principali novità. 

Perseguitato politico: miliardario ultrasettantenne dedito a una vita dissoluta e uso circondarsi di persone molto più giovani di lui in cerca di facile successo (vedi alla voce: Raffaele Fitto).

Mario Monti: termine utilizzato fino al novembre 2011 dai più ottimisti anche come sinonimo di speranza (in alcuni casi anche nella sua variante eccitata: salvatore), è venuto assumendo nel giro di qualche mese significati che sono scivolati via via in grigiore, squallore (gergale: "cheduepalle"). Dopo il 24 febbraio 2013, data che coincide con le elezioni politiche, ha assunto per la maggioranza degli italiani il significato che solo pochi prima gli attribuivano: fallimento.

Ribelle: aggettivo di cui si è autoappropriato un giovane sindaco divenuto per acclamazione segretario del maggior partito italiano e che da allora ha assunto significati esattamente contrari rispetto a quelli che aveva avuto dalla sua nascita: conformista, furbo, conservatore.

Sinistra: parola usata con diversi significati, non di rado in maniera impropria. Utilizzata spesso come sinonimo di introvabile, inafferrabile. Viene anche inserita in frasi diventate ormai di uso comune per indicare pratiche e comportamenti sociali: "Quelli litigano tra loro come se fossero di sinistra", "Non riescono mai a mettersi d'accordo, ma che sono di sinistra?".

Larghe intese: accordo di governo che serve a pochissimi ma che ha l'ambizione di rappresentare tutti. Utilizzato da alcuni nella variante "Adda passa' a nuttata".

Riforme: termine che indica provvedimenti legislativi volti a peggiorare la condizione della stragrande maggioranza della popolazione con la giustificazione che se non venissero adottati le cose peggiorerebbero (vedi alle voci: riforma delle pensioni, riforma del trasporto pubblico, riforma del mercato del lavoro). Utilizzato nel linguaggio informale anche con altri significati: "Sto così male che sembra che mi sia caduta addosso una riforma".

Nuovo Centrodestra: ossimoro, paradosso, tipo: "splendido disastro", "meravigliosa catastrofe".

lunedì 9 dicembre 2013

Renzi e lo "sbrigativismo"

Coloro ai quali a sinistra non va giù la vittoria di Renzi e la platea di quelli che invece lo guardano con simpatia sono accomunati almeno da una caratteristica: trascurano (o hanno trascurato fino a ieri) un particolare non propriamente secondario. I primi si rifiutano di riconoscerlo. I secondi se ne entusiasmano, ma anche loro non ne colgono la portata. Il particolare è questo: Renzi rappresenta davvero l'Italia. Un paese logorato, malfidato, dove l'orizzonte si chiude sull'uscio di casa. Sfinito fino a diventare pigro e per questo pronto a saltare da Berlusconi a Grillo al sindaco di Firenze senza pensarci troppo sopra, nonostante la pubblicistica mainstrem li dipinga come alternativi tra loro (anche se si assomigliano in maniera clamorosa e non a caso nelle teste degli elettori sono in larga parte intercambiabili, e questo la dice lunga anche sulla pubblicistica mainstream). Un paese col fiato corto e quindi impreparato a percorsi lunghi e impegnativi come quelli che sarebbe necessario intraprendere in un momento come questo. Un paese che per capirlo meglio occorrerebbe coniare un neologismo e studiarlo: lo sbrigativismo. Che è una piaga sociale, non solo relegabile alla “politica politicante”.

Lo sbrigativismo è il rifiuto della complessità, e quindi della vita. Lo sbrigativismo è un'illusione ottica: appare risolutivo ed efficiente e invece costringe anche nel breve periodo a dispendiose cure per riparare i guasti procurati. Lo sbrigativismo è la negazione dell'innovazione, che per definizione necessita di laboratori e procede per aggiustamenti ed errori. Lo sbrigativista predilige la brevità e l'univocità del messaggio. Anche per questo la forma di comunicazione che continua a essere premiata è quella “uno a tanti”: è la preferita dai leader sbrigativisti, ovviamente. Ed è accettata dalla platea sfinita che li ammira. In questo senso andrebbe una volta per tutte ridimensionata la retorica sui social media: i social sono orizzontali quando ad utilizzarli sono i pari, tra loro. Nel momento in cui entra in scena un attore dominante la forma torna a essere quella canonica, cioè televisiva: il blog di Grillo, autentico organo di partito, è l'emblema di questa verticalità mascherata da agorà. Da questo discende almeno una conseguenza di una certa rilevanza ai fini del discorso che si intende fare qui: la forma di gestione della cosa pubblica che trionfa ai tempi dello sbrigativismo imperante è la delega. Ma si badi: la delega a uno e uno solo. Perché uno, da solo, decide prima e deresponsabilizza tutti gli altri (compreso chi ha attribuito la delega). Ciò significa tagliare fuori tutti coloro e tutto ciò che, problematizzando, rallenta i processi. Perché in tempi di sbrigativismo non occorre tanto fare bene quanto fare in fretta, mostrare i risultati.

Certo, non tutto è così. Non tutti in Italia sono ammiratori dello sbrigativismo. Ma la grande maggioranza lo è (e per capire come si sia arrivati a questa grande maggioranza si necessitano intere biblioteche). E, questo è l'altro punto, in tempi di dittatura della maggioranza per le minoranze i margini di manovra si riducono al minimo. D'altro canto, quella sbrigativista non potrebbe essere altro che una maggioranza “dittatoriale”. Non c'è tempo per affrontare questioni di sistema, né di star lì a spaccare il capello in quattro. Ci si deve muovere. Anche se, siccome lo sbrigativismo è il paradiso degli ossimori, dà solo l'illusione di muoversi, facendo rimanere perfettamente immobili. E qui veniamo a Renzi.

Essendo lo sbrigativismo innanzitutto rifiuto della complessità, Renzi ne rappresenta bene l'essenza parlando a un tutto indistinto: la gente. Difficilmente, se non per brevi spot, nei discorsi del neo segretario del Pd compaiono le categorie: i precari, le donne vittime di pregiudizi ottocenteschi, i giovani in gamba appesi al parere di baroni universitari, quelle e quelli con ottime idee ma zero soldi che banche medievali non finanzieranno mai, i migranti che faticano il triplo degli autoctoni. Nella narrazione renziana scompaiono i lavoratori. L'attore principale, indiscusso, se si parla di produzione, è l'imprenditore. Come se chi porta alla produzione il suo lavoro, il suo talento, fosse una sorta di escrescenza, di errore della storia. Lo si nota poco perché questo è uno dei grandi assi portanti dello sbrigativismo, metabolizzato ormai da decenni dalla maggioranza sbrigativista: nell'impresa i lavoratori non esistono, esiste solo l'imprenditore.

Nel discorso di Renzi, come in ogni sceneggiatura ben costruita, ci sono invece l'eroe (la gente, appunto) e l'antieroe, che oggi ha assunto le fattezze della categoria contro la quale è più facile prendersela, quelle nomenclature di politici che in quanto a impresentabilità temono la concorrenza di pochi, in effetti. Si sbandiera il cambiamento (cioè, sempre per rimanere in tema di sceneggiatura, l'obiettivo cui tende l'eroe e che viene negato dall'antieroe), perché la platea è sfinita dallo spettacolo andato avanti finora e quello reclama, il cambiamento. Ma in quel discorso manca del tutto l'aggressione ai nodi cruciali, sciogliendo i quali si potrebbe sperare di cambiare le cose. Il cambiamento è tanto di frequente evocato, quanto sbiaditi sono i contorni che dovrebbe avere (anche perché questo è funzionale al parlare alla gente, a un "tutto indistinto", evitando di assumersi l'impegno della scelta). Si potrebbe farla lunga, ma per capire la differenza di orizzonti è sufficiente citare Bill de Blasio, diventato sindaco di New York sbandierando la sua famiglia “diversa” e dicendo chiaro e tondo che avrebbe aumentato le tasse a chi i soldi ce li ha per finanziare scuole e ospedali fruibili da tutti. Cioè facendo le scelte di campo che il sindaco di Firenze invece si guarda bene dal fare, mascherandosi dietro slogan in grado di accontentare tutti e puntando sulla performance attoriale, per rendere al meglio la sceneggiatura attenta che gli è stata costruita intorno.

Detto ciò, cosa rimane da fare alle minoranze schiacciate dalla dittatura della maggioranza sbrigativista? Rimanere parte attiva. Lavorare ovunque, ove se ne abbia l'agibilità, per affermare principi alternativi (altra parola scomparsa). Per riportare al centro la complessità dei sistemi, che non significa non prendere decisioni, ma prenderle meglio; per rimettere al centro lo studio delle questioni, che non significa inefficienza e perdita di tempo ma il suo contrario. Dimostrare, esistendo, che la sostanza è più importante della performance attoriale. E che non esiste un tutto indistinto, la gente. Ma esistono i tanti, diversi, a volte confliggenti.

venerdì 6 dicembre 2013

Pd, una poltrona per tre

Le primarie di domenica sanciranno il cambio al vertice di quello che, per cause del tutto indipendenti dalla sua volontà, è il maggior partito italiano: il Pd. La geografia politica dell'intero Paese potrebbe cambiare a seconda di quale dei tre sfidanti diventerà segretario. Il condizionale è d'obbligo perché non è scontato che il Pd arrivi a lunedì mattina. I più attenti osservatori non escludono che il partito, in preda a stress emozionale, possa nel frattempo passare allo stato gassoso e dissolversi nell'atmosfera come una Santanchè qualsiasi esposta alle alte temperature o che, qualora rimanga allo stato solido, possa essere addentato da qualcuno dei suoi elettori rimasto disoccupato. Ma vediamo il ritratto dei tre sfidanti per capire dove potrebbe andare l'Italia, sempre che riesca ad alzarsi in piedi.

Giuseppe Civati. Il deputato lombardo è appeso alla variabile meteo: «Sì, mi sono candidato. Ma se domenica farà bel tempo andrò in Valtellina a farmi una sciata e francamente non so se col traffico del rientro riuscirò a raggiungere Milano in tempo utile per votare». Civati è comunque dei tre aspiranti alla segreteria quello con le idee più chiare: «Voglio un partito più vicino a Sel e ai Cinque stelle». Di qui il programma, nel quale è stato fatto uno sforzo di sintesi di alcune delle priorità care a Vendola e a Grillo. Eccone uno stralcio: «Abbiamo l'obbligo morale di estirpare dai gangli vitali della nostra comunità la mitopoiesi secondo la quale un partito - ma anche una partenza, un arrivo, o che so io, un semplice "ciao" - possa diventare la metamorfosi di carta straccia da vendere al miglior offerente. Vaffanculo, siete morti. La nostra ontologia tendente alla liberazione dalla schiavitù del giorno feriale non può prescindere dal lavoro vivo, grondante lapilli madidi di estasiato, sincronico sudore. Ladri, pezzi di merda, fuori gli scontrini, vi facciamo un culo così, internet».

Gianni Cuperlo. Non ha ancora terminato il ciclo di sedute cui Massimo D'Alema lo sta sottoponendo da settimane per renderlo più convincente. In particolare, si rifiuta di digrignare i denti nonostante il suo mentore, per fargli capire come si fa, l'abbia costretto a convivere per una settimana in una stanza di sei metri quadrati con tre pitbull che non mangiavano da giorni. «Non vi preoccupate, lo faccio per il suo bene, così si diventa leader», aveva detto D'Alema ai famigliari in lacrime che salutavano Cuperlo prima che si sottoponesse alla prova. Ma quando il suo pupillo è uscito, l'ex presidente del Consiglio l'ha schernito così: «Cazzo Gianni, ma cosa devo fare per te? Altro che pitbull, così sei pronto a malapena per fare Dudù». Secondo fonti accreditate Cuperlo, di nascosto, avrebbe presentato una memoria ai garanti del partito per chiedere, in occasione dell'appuntamento di domenica, cinque punti percentuali di vantaggio rispetto ai suoi avversari in maniera da bilanciare così i continui endorsement di D'Alema a suo favore. Nel suo programma si legge, tra le altre cose: «Avanti a sinistra, sperando che 'sto cazzo di navigatore non continui a mandarci fuori strada».

Matteo Renzi. È impegnatissimo nel tour elettorale scandito dalle linee guida del suo guru, lo statunitense Hard Discount. Discount si è formato nella "Libera università Draconio" - intitolata a un feudatario vissuto nell'XI secolo noto per la sua magnanimità: in occasione del pranzo di Natale riuniva i suoi contadini sotto le finestre della sala da pranzo da cui lanciava loro gli avanzi dei commensali. Ritiene, come si legge nella sua opera più famosa, «A mangiar troppo si diventa grassi», che «la disoccupazione è una fortuna perché così si ha più tempo libero». Di qui discende la sua idea che i lavoratori siano degli sfigati che sfogano la loro frustrazione rivendicando diritti ai danni dei ricchi, i quali devono invece essere messi nelle migliori condizioni di accumulare liberamente per poi spendere e muovere così l'economia. Sono però argomenti che Renzi, per non annoiare il pubblico, non utilizza mai nei suoi comizi. Anzi, da vero innovatore quale è il sindaco di Firenze non è dotato affatto di programma. Ne compila uno di volta in volta, ma con l'inchiostro simpatico, in modo che dopo pochi minuti il foglio torna bianco. «È l'unico modo per tenersi davvero al passo con tempi che cambiano sempre più velocemente», ha spiegato di recente. L'unico strappo alla regola è lo slogan che l'ha accompagnato nel tour, quello stampato anche sulle t-shirt dei suoi sostenitori: «Dove vi porto non lo so nemmeno io, ma ci divertiremo un casino».

lunedì 25 novembre 2013

Biografia non autorizzata di Matteo Renzi

Tranne la comparsata del 1994 a "La ruota della fortuna" che impazza su youtube, gran parte del passato di Matteo Renzi è avvolto nel mistero. Ma chi è e da dove viene l'uomo che sta per prendere in mano le redini del Pd (anche se pare che le redini abbiano già detto schifate: «Noi da quello lì non ci facciamo neanche sfiorare»)?

L'origine è ignota. Si sa solo che un giorno mamma e papà Renzi sentirono suonare il campanello di casa e, aperta la porta, trovarono poggiato davanti all'uscio un neonato piangente avvolto alla bell'e meglio in una copertina di "Vanity Fair". Non esitarono ad accoglierlo.

Per il nome i due neo-genitori, entrambi credenti, volevano un chiaro riferimento alla tradizione cattolica. Si liberarono delle pressioni di un vecchio zio fascista che proponeva Italo, e che quando gli veniva fatto notare che quel nome con la tradizione cattolica non c'entrava una mazza rispondeva: «Però è vigoroso!». Pensarono a Francesco, ma l'idea apparve al resto della famiglia troppo schierata a sinistra. Così si arrivò alla scelta di Matteo: cattolico sì, ma equidistante.

Di lì a poco il piccolo cominciò a manifestare problemi. La sua camera era in fondo al corridoio a sinistra, ma quando doveva raggiungerla Matteo girava puntualmente a destra. Da quella parte si trovava quella del vecchio zio, che teneva sempre la porta chiusa immerso nell'ascolto delle registrazioni dei discorsi del Duce. Fu procurandosi l'ennesimo trauma cranico sbattendo contro la maniglia della porta chiusa che Matteo sentì la voce stentorea di Mussolini pronunciare la fatidica esortazione: «Vincere!».

Nonostante lo stato di commozione cerebrale procurato dalla botta, quella parola si conficcò nella testolina del piccolo Renzi, che di lì in poi non fece che cercare la vittoria, a qualsiasi costo. Memorabile quella volta che sulla spiaggia, contro i ragazzi più grandi che non volevano farlo giocare a biglie, chiese le primarie per decidere chi doveva partecipare alla gara e portò a votare per sé tutti i vacanzieri dell'albergo in cui si trovava con la famiglia: arrivò primo.

Più grandicello, in prima liceo, il giorno in cui si dovevano scegliere i rappresentanti d'istituto, per essere sicuro di raggiungere l'obiettivo Matteo si presentò in tutte le liste. Durante l'assemblea, gli toccò presentarsi due volte di seguito. Prima con la lista di sinistra («Basta con l'autoritarismo dei professori - disse scaldando i cuori fino alla terza fila - rivendichiamo una scuola dove noi studenti possiamo sperimentare: per esempio, durante l'ora di scienze, perché invece dei fagioli non si possono far germogliare semi di cannabis?»); poi con quella di destra: propose, «contro una storiografia partigiana ed egemonizzata dai comunisti», di invitare a scuola Erich Priebke (all'epoca agli arresti domiciliari) per una testimonianza su cosa si prova a vivere da reclusi.

All'uscita, gli studenti di destra, che non conoscevano il significato della parola autoritarismo ma facevano un discreto uso di cannabis, lo acclamarono. Quelli di sinistra invece, lo trascinarono con loro e lo costrinsero per giorni ad ascoltare più volte l'intera discografia degli Inti Illimani. Fu in seguito a quell'esperienza traumatica che Renzi giurò a se stesso: la rovinerò, non so come, ma io questa sinistra un giorno la rovinerò.

Passarono anni in cui il giovane dovette superare esami difficili. Come quello della patente di guida, quando, durante l'esame di pratica, si andò a schiantare contro un tram girando a destra, convinto di stare obbedendo all'esaminatore che però gli aveva detto di voltare a sinistra. «Matteo, quando imparerai a orientarti?», gli disse la madre sull'ambulanza.

La svolta per lui arrivò quando conobbe Giorgio Gori, all'epoca direttore di Canale 5: «Vuoi rovinare la sinistra? Allora è inutile buttarti a destra: quello lì - disse Gori riferendosi a Berlusconi - è troppo forte e non ti permetterà mai di subentrargli, abituato com'è a entrare lui per primo, ovunque. Dai retta a me, studialo bene e buttati a sinistra: lì c'è un casino tale che se riesci a mettere tre parole in fila riuscirai a convincerli anche che vogliono l'esatto contrario di ciò per cui sono nati».