domenica 27 settembre 2015

A proposito di GLF

Non condivido praticamente nulla di quello che Giovanni Lindo Ferretti va dicendo da qualche anno su religione, politica, immigrazione e altro (le ultime cose le ha dette nell'intervista al Fatto Quotidiano che sta diventando virale on line). Lo dico da persona che ha succhiato note e versi di Csi e Cccp fino a farne parte costituente di sé. E che ha anche letto alcune delle sue ultime produzioni.

Nella gran parte delle parole di chi critica Ferretti però, sento uno stridore fastidioso e (quasi) inedito. Perché da un lato sono quelle di chi in teoria la penserebbe più o meno come me, ma al tempo stesso mi pare poggino su basi inconsistenti che proprio per questo portano a derive fatue se non dannose. Si critica Ferretti da un punto di vista praticamente solo estetico. Banalizzando per capirsi: non sei più quello di un tempo; come si fa a cambiare la propria posizione fino a rovesciarla; eccetera...

È un tipo di critica che intanto nega l'umanità, che è cambiamento continuo, scarto, errore, caduta e ripresa; movimento insomma, anche se ci sembra sempre tutto uguale. E al tempo stesso non si confronta sulle idee, sulla loro qualità. E ciò non contribuisce a migliorare neanche le proprie, di idee, che vanno sempre sottoposte a verifica, per quanto si può; altrimenti si induriscono fino a diventare inerti.

Allora: io credo che Ferretti non sbaglia perché non è più quello che a noi piacerebbe che fosse. Ma perché quando parla di Stati che devono tutelare i propri cittadini prima e gli stranieri solo poi dimentica che le frontiere degli Stati sono ormai diventate porose a tutto: capitali (anche di provenienza criminale), merci, titoli obbligazionari, azioni. Gli Stati aprono (sono obbligati ad aprire in alcuni casi) le loro frontiere per approvare leggi finanziarie che vengono scritte altrove da persone di nazionalità diversa da quella di chi subirà gli effetti di quelle leggi. Solo per i poveri cristi le frontiere rimangono alte. E per questo io penso che le frontiere degli Stati siano un'invenzione utile solo a chi sta sopra e divide e impera, e non a chi (come la maggior parte di noi) sta sotto e ancora non l'ha capito poiché crede di stare sopra.

Io credo che Ferretti sbaglia perché non è un'argomentazione valida dire che "tanti giovani di destra venivano ai concerti dei Cccp e io devo loro riconoscenza". Questa è un'argomentazione estetica, alla quale si potrebbe rispondere: e allora perché non ti ricordi del tuo pubblico di sinistra? Ma è una banalità al cui confronto quelle di Giorgia Meloni sembrano le riflessioni di un gigante del pensiero.

Ferretti sbaglia perché secondo me la religione è spiritualità, e quindi fatto essenzialmente privato, intimo. Sbandierare la propria fede a me sa di pornografia dei sentimenti, per questo non amo le religioni istituzionalizzate, misto di pornografia sentimentale e superstizione. E soprattutto, sbandierare la propria religione in faccia ad altri è un po' come brandire un'arma. E a me le armi non piacciono, preferisco combattere con le idee.

Infine, Ferretti secondo me sbaglia perché la destra sta facendo di lui un idolo. E mi pare di ricordare che a lui non piaceva. E penso che su questo no, non dovrebbe aver cambiato idea.

sabato 4 luglio 2015

Tornare alla vita

Voteranno solo loro, ma il referendum dei greci riguarda tutti. Primo, perché è la prima volta nella storia che un popolo europeo si esprime sulla politica europea, a meno di non voler considerare le elezioni per il Parlamento europeo cui siamo chiamati ogni cinque anni, come qualcosa che abbia mai avuto a che fare davvero con le politiche di Bruxelles. Secondo, perché vista la posta in palio, il risultato di domani avrà di sicuro un effetto reale, in un senso o nell'altro: o la politica dei tagli sarà confermata (in caso di vittoria dei Sì) o si potrà affacciare qualcosa di diverso, in caso di vittoria dei No. Qualcosa di diverso in Europa, sia chiaro, perché al netto della propaganda pro-Sì, un'uscita della Grecia dall'euro è impensabile. Non la vuole Tsipras, che l'ha detto in tutte le salse; non se la può permettere l'Europa.

Se le cose stanno così, approcciarsi al voto di domani e alla questione greca e a quella europea con la calcolatrice in mano, appare quanto meno grottesco. Anzi, proprio un nonsenso. La Grecia che alcuni dipingono come un paese di “furbetti” è un posto dove grazie alle politiche dei tagli sono aumentate le morti perinatali perché si è tornate a partorire in casa per evitare i ticket all'ospedale introdotti dall'austerità; è un posto dove il governo dei “furbetti” vuol garantire le persone dal taglio dell'energia elettrica per morosità (ed è noto che chi non paga la corrente, con quei soldi va in vacanza in resort esclusivi, no?) e offrire trasporti pubblici gratis a chi è sotto una certa soglia di reddito; è un posto dove si fanno collette di medicine e dove si sono apprestate cliniche solidali in cui volontari curano chi non ha i soldi che oggi servono per garantirsi la salute. La Grecia siamo noi senza futuro, senza ambiente, massacrati dai tagli, che per rimozione ci sentiamo fighi perché tanto tocca a loro, un po' come facciamo coi migranti.

La Grecia però è un posto, l'unico in Europa, che anche grazie al referendum di domani ha rimesso al centro la vita delle persone invece che farle girare, le persone e le vite, attorno ai mercati. E per questo è un posto dove la parola politica è tornata ad avere il suo significato, laddove altrove è sinonimo di paralisi, incapacità di muoversi se non nella direzione imposta dai capitali che seguono i loro interessi indisturbati poiché gli altri, cioè noi - impauriti e resi ciechi della propaganda - i nostri interessi non sappiamo neanche più riconoscerli.

Voteranno solo loro, i greci. Ma siccome per la prima volta dopo decenni una consultazione popolare potrebbe incidere sulla vita di tutti, anche sulla nostra, io mi auguro che dicano No.

mercoledì 29 aprile 2015

Razzismo for dummies

Il razzismo è una malattia che si può prevenire. A patto che se ne riconoscano i sintomi. Il virus del razzismo è particolarmente ostico da debellare perché si incuba nell'organismo principalmente attraverso programmi televisivi e chiacchiere da bar e per lungo tempo non dà luogo a disturbi particolari. Quando i segni cominciano a manifestarsi all'esterno però, potrebbe essere già troppo tardi per intervenire. Per contrastare efficacemente il virus è quindi fondamentale riconoscere i sintomi appena vengono alla luce. Il vantaggio è che non servono visite specialistiche, si può ricorrere anche all'auto-esame. Ecco una mini-guida per riconoscere alcuni dei principali sintomi del virus razzista.

1) Iniziare una frase con «non sono razzista ma».

2) Estendere la colpa per il reato commesso da un singolo individuo all'intera categoria della quale l'individuo fa parte.

3) Blaterare contro chi attraversa il Sahara a piedi e sale sui barconi in Libia evitando di chiedersi come mai una persona mette a rischio la propria vita, pagando, per lasciare casa sua.

4) Ritenere più pericolosi per la propria vita un rom, un mendicante o un lavavetri invece di chi evade le tasse.

5) Essere convinti che una famiglia straniera che ottiene una casa popolare commette un furto, senza essere minimamente sfiorati dal sospetto che la rapina ai danni di tutti è che non ci sono case popolari per tutti quelli che non possono permettersene una.