lunedì 10 maggio 2010

Amen

Che la frase pronunciata da Letizia Moratti sui clandestini che "normalmente" delinquono sia una cialtronata clamorosa lo dimostra l'imbarazzo dello stesso sindaco di Milano quando, richiesta di una spiegazione, nega scivolando sullo specchio sul quale tenta di arrampicarsi. Spiegare l'ovvio è frustrante, ma vale comunque la pena di ricordare che tanti/tante dei/delle badanti stranieri che vivono sepolti ventiquattr'ore su ventiquattro nelle case dei malati e/o anziani italiani che assistono, non hanno i documenti in regola con le leggi italiane per il soggiorno in questo paese. Sono clandestini, quindi, secondo la definizione della vulgata. Eppure, oltre alla legge che li condanna ad essere invisibili, non contravvengono ad alcuna altra norma. Anzi, suppliscono a buon mercato alle carenze dello stato sociale. Ma sono altre due le questioni che colpiscono dell'esternazione morattiana. Primo: le parole del sindaco appaiono dotate della forza del buon senso. Clandestino=fuorilegge=delinquente è un'equazione apparentemente di evidenza solare. La spiegazione appena offerta da questo modesto blog quindi, è frustrante ma utile. Serve a dire ai tanti di presunto buon senso che votano anche a sinistra: attento che non è proprio così; anche se l'equazione appare di un'evidenza solare, di cialtroneria si tratta. Cioè di parlare a vanvera nel senso squisitamente tecnico del termine. Cioè di non sapere di cosa si sta cianciando, di sfidare l'evidenza. Normalmente chi sfida l'evidenza e/o la nega, riesce a percorrere poca strada con le argomentazioni deboli che si ritrova nel bagagliaio. Nel caso della Moratti non è così. Presi dalla paranoia securitaria e intossicati dalla tv, si arriva a ritenere più reale un racconto dell'esperienza di vita che ognuno di noi ha fatto. Perché ognuno di noi sa di qualche anziano o malato badato da clandestini. Ma ognuno di noi (quasi ognuno di noi), confondendo il virtuale del racconto televisivo col reale della vita, pur non avendo subito alcun torto dai clandestini stessi, è convinto che i clandestini siano pericolosi di per sé. Secondo: la signora Moratti, sindaco di Milano, è la prova provata di quanto si è appena cercato di argomentare. Lei è così intimamente e cialtronescamente convinta che i clandestini siano ontologicamente delinquenti, dall'averlo scandito dal pulpito. Salvo poi dover far marcia indietro perché a tutto c'è un limite. Eppure, il messaggio è passato e quello rimane: i clandestini sono delinquenti. Scambiatevi un segno di pace, amen.

lunedì 3 maggio 2010

Pubblico e privato

A volte la rigidità fa brutti scherzi. E spesso chi ha scoperto (o almeno pensa di averlo fatto) di essere stato eccessivamente rigido in passato, rischia di trovarsi costantemente in mezzo ai flutti. Sballottato nell'oceano dell'incertezza, seppure non senza certezze. La necessità di sottrarre l'acqua agli interessi privati e ai tentativi di farne un mezzo per raggiungere profitto, per esempio, per me è una certezza. Stesso discorso vale per scuola e sanità, materie nelle quali la stella polare deve essere il raggiungimento di obiettivi di eccellenza per la qualità della vita della popolazione. E, poche storie, quando il privato mette le mani su qualcosa, solo un disonesto o un minus habens può venirti a dire che lo fa per il pubblico interesse. Non ho la minima esitazione quindi a schierarmi a favore del referendum per l'abrogazione delle norme che obbligano a immettere  soggetti privati nella gestione dell'acqua. Detto questo però, non riesco a turarmi gli occhi per non vedere che alcune delle società pubbliche che gestiscono l'acqua, vengono considerate come vacche da mungere per appagare gli appetiti di questo o quel candidato trombato da risarcire con l'inserimento in qualche consiglio d'amministrazione, o utilizzate come merce di scambio per appalti e/o affari più o meno torbidi. Qui si è convinti che il referendum contro la privatizzazione dell'acqua sia sacrosanto e anche che su questo si riscontrerà una maggioranza sorprendente e trasversale. Semplicemente perché l'acqua è come l'aria e solo il Pd o l'Idv riescono nell'impresa di non capire che su questo si incontrerà il favore di moltissimi. Sottacere però che accanto alla pubblicizzazione dell'acqua, vanno messi seri paletti affinché gli acquedotti italiani, tanto per fare un esempio, non dissipino tanto liquido quanto quello che portano nelle case, sarebbe un errore. Pubblica sì, l'acqua. Sottratta però, tanto agli appetiti dei privati, quanto a quelli di chi utilizza le società pubbliche per fare affari privatissimi, indebolendo così la gestione pubblica perché la si rende - a ragione - imputabile di sprechi e inefficienze. Se si vuole il pubblico, lo si deve pretendere di qualità e non solo perché è lo strumento che permette di tenere lontano il privato.