venerdì 31 dicembre 2021

Buon anno

Stanotte ho sognato che mentre il 2021 passava il testimone al 2022 il testimone cadeva e il 2021 e il 2022 venivano squalificati. Poi però facevano ricorso e il giudice aveva aggiornato la seduta a sei mesi dopo per un difetto di notifica. Sei mesi dopo la seduta era stata riaggiornata a tre mesi dopo perché il cancelliere aveva avuto un disturbo intestinale, e tre mesi dopo si era nel pieno della pausa estiva e i tribunali erano chiusi, e quindi si era andati a finire al 2023.

mercoledì 29 dicembre 2021

Le code ai tamponi, l'anacronismo di Tesei


Temo che criticare la giunta regionale dell’Umbria perché siamo nel caos nella gestione del Covid non colga il punto. Nel caos c’è più o meno tutta l’Italia, non solo l’Umbria. E infatti il punto non è quello. La questione è che nel programma della attuale presidente della regione, nel capitolo sanità, si leggeva questo: «Sarà strategico potenziare il tasso di coinvolgimento del privato, che in Umbria è pari a meno di 1/3 di quello della Lombardia».

venerdì 17 dicembre 2021

Scrivo per fatto personale


Mezza vita fa io insieme a oltre venti colleghe e colleghi venimmo licenziati dal giornale in cui lavoravamo. La notizia ci arrivò con una lettera del direttore, Luigi Camilloni, diventato nel frattempo liquidatore dell’azienda che aveva deciso di terminare le pubblicazioni.

Il quotidiano si chiamava “Giornale dell’Umbria”, ed era stato ceduto alla Gifer di Giuseppe Incarnato appena cinque mesi prima. La vecchia società, nella quale figurava la famiglia Colaiacovo, proprietaria di Colacem, una delle principali aziende italiane produttrici di cemento, si disfece del giornale nel cuore dell’estate, il 27 agosto 2015, al termine di una trattativa di cui i lavoratori furono avvisati solo a cose fatte. Il 31 gennaio 2016, dopo un periodo a dir poco rocambolesco, il Giornale dell’Umbria cessò le pubblicazioni.

Oggi Giuseppe Incarnato, un avvocato a lui legato, Francesco Marrocco, il prima direttore e poi liquidatore Luigi Camilloni e altri sono stati rinviati a giudizio per bancarotta fraudolenta in relazione a quella vicenda.

Ognuno di quelli che hanno vissuto quei mesi ha una sua memoria ben scolpita dell’accaduto; vedere oggi sancito da un tribunale che ci sono gli estremi per processare qualcuno per una bancarotta fraudolenta che avrebbe contribuito a farti perdere il lavoro (avrebbe, ché si è innocenti fino al terzo grado di giudizio) aggiunge amarezza ad amarezza. E pure un po’ di veleno.