mercoledì 30 gennaio 2008

The dark side of the music

La vicenda Qtrax ha riportato in voga la questione della musica on line e il dibattito che l'accompagna da tempo sui danni provocati alle case discografiche e, di riflesso, agli artisti stessi. Che le produzioni vadano pagate per fare in modo che la musica e chi la produce continuino a vivere è di evidenza solare. Così come è vero che la protezione dei diritti imposta dalla Siae è del tutto fuori dal tempo e i prezzi di alcuni cd - che si pretenderebbe venissero comperati a scatola chiusa, visto che scaricare qualcosa gratis per un ascolto preventivo è illegale - sono assurdi. Che le licenze Creative commons siano al momento uno dei pochi validi compromessi per sancire i diritti di chi crea e consentire una più larga fruizione di musica da parte del pubblico - così da permettere anche di testare musica e artisti nuovi -, è da queste parti assodato. Tanto che la radio qui a fianco trasmette solo quello. Ma c'è un lato oscuro della luna: quello della musica dal vivo. Gli alti costi per l'allestimento dei concerti e lo scarso coraggio degli organizzatori stanno desertificando intere zone del paese. Chi vive dentro questo mondo riferisce che si preferisce puntare sui nomi dei soliti noti (e ormai neanche più tanto interessanti), anche se chiedono ormai cifre stratosferiche. Perché c'è incasso sicuro, dicono. Ora, la musica, come qualsiasi altro prodotto culturale, vive se circola, oltre che se viene pagata. Inibire a tanta gente che non vive in Padania - perché è solo lì che non ci si può lamentare - la possibilità di fruire di una stagione di concerti degna di nome dà luogo a un doppio problema, uno musicale di cui si è detto, e uno sociale-urbanistico: se non altro per la disarmante vacuità della schiera di locali indifferenziati e noiosi che affollano le città di provincia e si sono ormai trasformati in luoghi di stordimento e abbeveraggio pre-discoteca. Artisti di alto livello qualitativo ma di medio calibro di pubblico, manager: abbassate le pretese e viaggiate di più. Oppure fate così: piazzatevi davanti a una mappa dell'Italia, mettete i puntini sulle città che toccate e pensate a quanta gente non sarà possibile venirvi ad ascoltare (tanto per dire, Cristina Donà non è mai stata in Umbria, ma il sottoscritto l'ha vista quattro volte tra Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna). Artisti di più piccolo calibro e di radiose speranze: affittate un furgone e viaggiate quanto più vi è possibile, voi che potete, non essendo ancora intrappolati in certe ragnatele.
Repubblica, Creative commons

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