Io ero bambino, mio fratello più di me. Tornò a casa mia madre raccontando che la maestra d'asilo l'aveva beccato in tempo quando, dopo essersi impadronito di fiammiferi e aver acceso un po' di carta, resosi conto del pericolo, soffiava nell'infantile speranza di spegnere il focolaio. L'episodio mi torna in mente al sentire membri del governo (a quelli dell'opposizione siamo abituati) allertare sui possibili pericoli di degenerazione della manifestazione di Vicenza. Penso: soffiano sul fuoco, ma forse sono in buona fede e lo fanno per spegnerlo. Il fuoco per fortuna è di dimensioni assai modeste, seppure alle fiamme occorre stare bene attenti. E oggi sappiamo qualcosa più di questi giapponesi su un'isola deserta, secondo la calzante definizione coniata per i nuovi br. Allora, visto che l'ignoranza impera anche a livelli dove non sarebbe lecito aspettarsela (qui un esempio a caso tra i tanti); poiché qualcuno solidarizza frettolosamente; dal momento che a entrambi, ignoranti e solidali, può essere concesso il beneficio della buona fede, che però non è un alibi; e, infine, anche in vista della manifestazione di domani (lo so c'è una sfilza di premesse che sembra una delibera di giunta comunale ma non m'è venuto di meglio) mi permetto di suggerire sommessamente un'attenta lettura del pezzo di D'Avanzo pubblicato oggi su Repubblica. Così, per regolarsi meglio.
Corriere, La Stampa, Wittgenstein, Gramigna, Repubblica
1 commento:
Ci sono fuochi che, senza bisogno di fiamme e scintille, si fatica a spegnere.
Domani spero siano quel tipo di combustibili innocui, le idee, ad accendere Vicenza.
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