Giorni fa ho aiutato mia figlia, che frequenta la terza media, a studiare la presa del potere da parte di Mussolini e la successiva costruzione del consenso da parte del regime. A un certo punto lei mi ha fatto una domanda che più o meno suonava così: «Sì, ma che è il fascismo?». Che è una domanda immane. Ma io avevo in quel momento l’urgenza di dare una risposta chiara, breve e intellegibile da una persona che comincia a cimentarsi ora con lo studio vero e che vede la storia schiacciata in una prospettiva deformata (provate a ricordarvi cos’era per voi la storia a dodici-tredici anni). C’ho pensato sopra e ho risposto più o meno così: «Il fascismo è l’uso della violenza in politica, è l’annientamento anche fisico di chi non la pensa come te». Ho pronunciato quelle frasi con la paura di essere frainteso e col timore di semplificare troppo le cose e presentare una versione manichea della questione.
A distanza di giorni e con le cose che vanno succedendo invece, mi vado convincendo di avere dato la risposta giusta. Perché si possono fare tutti i dibattiti storiografici che si vogliono, si può dire che Mussolini ha fatto anche cose buone, si può sostenere che durante il fascismo l’Italia è diventata una potenza. Ci si può baloccare col consenso riscosso dal fascismo fino a un attimo prima della caduta di Mussolini. Ma al fondo, il fascismo rimane quello: l’uso sistematico della violenza in politica, il disconoscimento della diversità di opinioni, della semplice possibilità di essere diversi da come ti vuole il regime. L’eliminazione del diverso. L’estorsione del consenso.
Lo scrivo, per quel che vale, qui, oggi, perché opinione pubblica e opinionisti di grido mi sembrano in preda alla sbronza degli “opposti estremismi”. No. Rossi e neri non sono tutti uguali. Non lo sono stati. In Italia meno che mai. E lo scrivo perché se il fascismo è l’uso sistematico della violenza in politica, essere antifascisti significa bandire la violenza dalla politica. Che non è eliminazione del conflitto. Ma è sorreggere le proprie idee con argomentazioni forti, con lo studio, col tentativo di capire cosa succede e la voglia e la capacità di comunicarlo. È presa dell’egemonia, non eliminazione dell’oppositore.
Anche per questo mi lasciano perplesso le richieste di messa fuorilegge delle organizzazioni fasciste. Sì, lo so che lo dice la Costituzione. Ma tu a chi oggi vuol riportare in auge la violenza in politica, a chi gli ha arato il campo per questi scampoli di gloria, devi contrapporre argomenti. La legge, la Costituzione, servono a poco, purtroppo, se non gli dai argomenti. E questo significa parlare, dire la propria, spogliare le argomentazioni dei fascisti e dei fascistoidi, le loro narrazioni tossiche. Significa anche andare in piazza, certo, sommergendoli con la tua semplice presenza, i fascisti. E per questo sarebbe opportuno che i “sinceri democratici” ci scendessero in piazza: pacificamente, silenziosamente, fermamente. Come a Macerata, dove tanti “sinceri democratici” però, si sono girati dall’altra parte, in preda alla sbronza degli opposti estremismi. Che non aiuta affatto a respingere i fascisti.
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