venerdì 17 maggio 2019

Grande come una casa


La candidata sindaca di “Perugia città in comune”, Katia Bellillo, ha declinato l’invito di un’associazione cittadina che aveva chiamato a un dibattito, oltre lei, anche il candidato di Casapound. Bellillo ha motivato la scelta dicendo che “le opinioni di Casapound sono la negazione della democrazia, e la propaganda di Casapound sfocia in atti di violenza espliciti, come si è visto di recente in occasione del presidio di Roma, durante il quale si è messa a repentaglio l’incolumità di una donna e della bambina che teneva in braccio a pochi passi dall’ingresso dell’abitazione che le era stata regolarmente assegnata. La democrazia va difesa da chi la nega non solo con le parole, ma con la violenza condotta regolarmente nei confronti dei più deboli”.

Oltre a essere un ragionamento lineare, Bellillo ha avuto il merito di sollevare una questione che è grande come una casa, e che non attiene al derby “rossi contro neri”, come in un post su facebook un quotidiano on line locale ha liquidato la faccenda in maniera sbrigativa e semplicistica. La questione è semmai sulla consistenza della democrazia, e dovrebbe interrogare tutti: è opportuno dialogare, e quindi agevolare la diffusione delle parole di chi nelle strade sfodera il saluto romano e fa presidi contro una donna e una bambina di quattro anni costringendole a correre per rincasare scortate dalla polizia? Non è in questione un “ritorno del fascismo”. È in questione la agibilità politica di persone che si rifanno a movimenti che agiscono violentemente, e che riescono a far male, fosse anche a una sola persona (pensate a come stanno oggi quella donna e la sua bambina, anche se non è stato loro torto un capello).

I commenti delle persone contrarie alla scelta di Bellillo, postati sotto agli articoli in cui i giornali on line locali hanno divulgato la notizia, aiutano a comprendere le linee di pensiero e i modi di approcciarsi alla questione, e valgono la pena di essere analizzati sommariamente.

1) C’è chi dileggia l’allarme-fascismo e nel suo profilo facebook cita i discorsi di Mussolini. Un atteggiamento che dice del modo subdolo attraverso il quale alcune idee di discriminazione vengono veicolate spogliate dell’armamentario ideologico che le sostiene, nonché mascherate da buonsenso, anche da chi esplicitamente attinge da quell’armamentario ideologico, salvo poi negarne l’esistenza e il pericolo.

2) C’è chi rimprovera il fatto che, essendo Casapound legale, è doveroso confrontarcisi. Che è un modo per nascondere l’incapacità, o la mancata volontà, di operare una scelta: io dialogo con Casapound, e tu pure ci devi dialogare, perché Casapound è legale. Che è un po’ il ragionamento per cui se legalizzassero le droghe, ci si dovrebbe drogare tutti perché la cosa sarebbe legale. C’è una deresponsabilizzazione dell’individuo, o se si preferisce, un nascondersi dietro un dito: non decido io con chi dialogare, lo decide la legge per me.

3) C’è, infine, chi rimprovera la scarsa democraticità di una scelta del genere (“In democrazia tutti hanno diritto di parola”, recita l’adagio). A parte il fatto che il sottrarsi al confronto con una persona che non si ritiene degna, non è la stessa cosa che zittirla. Ecco, a parte questo, c’è in questa posizione una visione di una democrazia “in purezza” che non fa i conti col terribile fluire delle cose, che ci inchioda alla scelta giorno per giorno, non c’è delega che tenga. E qui si torna al problema grande come una casa: perché sì, la democrazia è di tutti, ma può essere, deve essere, aperta anche a chi predica idee di discriminazione? Può essere aperta anche a chi si comporta nel modo in cui i militanti di Casapound si comportano contro persone inermi, come l’accaduto di Roma documenta? Detto altrimenti: si può tranquillamente discettare di idee per la città con chi milita in una organizzazione (piccola o grande poco conta) che a parole di discriminazione fa seguire atti che rischiano di mettere in pericolo l’incolumità di altri esseri umani?

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