giovedì 1 dicembre 2011
La realtà
Non è una novità ma leggendo in questi giorni i cenni biografici su Lucio Magri e sulla gente che gli è stata accanto nella sua parabola, emerge in maniera definitiva come la politica fosse per quella generazione innervata con la vita: ci s'innamorava tra compagni e i compagni erano anche amici con cui andare a cena, al cinema, eccetera. Tanto che Magri ha annunciato ai suoi compagni-amici del manifesto una cosa così interna a sé come l'intenzione di farla finita. Tanto che nell'ultimo viaggio ha avuto accanto una compagna, Rossana Rossanda. E una che ti sta accanto nel tuo ultimo viaggio è un po' riduttivo derubricarla a compagna in senso strettamente politico. Ma fin qui, poco di nuovo, appunto. La novità, almeno per me, sta nell'aver corretto, grazie alle letture di questi giorni, due parzialità che insieme disegnano uno scenario nuovo. La prima: avevo sempre ritenuto che questa comunanza di sensibilità politiche ed esistenziali fosse appannaggio di una certa sinistra e in qualche modo legata a una prospettiva rivoluzionaria. Sbagliavo. Magri nasce democristiano e capire da Giuseppe Chiarante (democristiano poi passato al Pci pure lui) quanto fosse stato stretto il rapporto tra i due anche quando erano nella Dc, mi ha spalancato le porte di un mondo: anche quella era una comunità. Anche i bianchi erano compagni-amici, allora. La seconda: avevo sempre considerato un privilegio dell'intellettualità il fatto che la politica si potesse innervare con la vita. Sbagliavo anche qui. E l'errore era ancor più grossolano. Perché io ho avuto la fortuna di vederle con i miei occhi, seppure erano quelli di un bambino, le sezioni del partito piene di gente; le riunioni di operai, impiegati, quadri appena usciti da una giornata di lavoro; le diffusioni militanti di chi la domenica si alzava presto lo stesso perché c'era da portare nelle case dei compagni il giornale del partito; le piazze piene per un comizio; la voglia di esserci nelle scuole come rappresentanti d'istituto, nei posti di lavoro come sindacalisti. Eccolo lo scenario nuovo: non solo per i "rivoluzionari di professione", ma anche per la gente comune, dall'una e dall'altra parte della barricata, c'era la convinzione che la politica potesse cambiare la vita; che la realtà non è un dato a sé stante ma la si può costruire, plasmare attraverso scelte, e che scelte diverse producono risultati differenti. Oggi, assieme a quella politica lì è morta non dico l'idea di un'alternativa, ma addirittura quella di possibilità diverse. La realtà è una e una soltanto: quella data. E le decisioni sono presentate sempre come ineluttabili, inesorabili; impossibile prenderne altre. E' tutto "impossibile": inquinare meno, tassare i patrimoni, lavorare meno e meglio, migliorare la scuola, investire in ricerca, pensare a una società di eguali e (quindi) liberi. Questo il messaggio che arriva dall'alto. E dal basso, questo è stato il cambiamento antropologico, non solo della sinistra ma della società tutta, si è introiettata l'idea disumana che l'azione umana non sia in grado di cambiare la realtà. Che la realtà è un dogma. Così si vive di comandi e di esecuzioni, come in un'immensa caserma. Così non solo la politica si limita a "gestione più o meno efficiente dell'esistente", come annotano tra gli altri, De Rita e Galdo in L'eclissi della borghesia, ma l'orizzonte non esiste più e si rischia di morire di claustrofobia nella realtà angusta che ci viene costruita intorno.
martedì 29 novembre 2011
Volare
Non ho granché da scrivere in questo momento, posto qualcosa solo perché mantenere un titolo come "Fare festa" dopo la notizia della morte di Lucio Magri mi sembrava del tutto fuori luogo. E perché fa male constatare che si può decidere di sotterrarsi dopo aver tentato di volare. Soprattutto se hai provato anche tu che volare è tanto, tanto difficile.
sabato 19 novembre 2011
Fare festa
Anche se non è il migliore degli scenari possibili (magari ne riparliamo in seguito), niente monetine, solo gioia. Non smodata, contenuta. Non riso ma sorriso. Così.
giovedì 27 ottobre 2011
Certezze
Se, come è, nel livello politico-finanziario di una società (è di Europa che parlo, non di B&B) prevale trasversalmente l'idea che un decreto anti-crisi o sviluppo che lo si voglia definire debba contenere misure per agevolare i licenziamenti - ossia c'è la convinzione che lo sviluppo e il superamento di una crisi passano per la codificazione legislativa di meno lavoro e meno diritti, perdonate la semplificazione - quella società, almeno il suo incancrenito livello politico-finanziario, è da abbattere e rifondare e se non lo si fa si è destinati all'agonia. A volte, anche qui si hanno certezze.
domenica 16 ottobre 2011
Il nulla intorno
L'ordinario garantisce di accomodarsi su una morbidezza avvolgente e soffocante. Come la normalità delle reazioni seguite agli scontri di ieri a Roma: rassicurano, ma stanno togliendo ossigeno alla possibilità di capire qualcosa di quello che è successo, sta succedendo. E' che il già sentito è rassicurante, che venga da destra, da sinistra, o dal movimento. Ma se le letture di un fatto che accade oggi con le lenti di dieci, venti, trenta e più anni fa, hanno garantito a un'opinione pubblica anestetizzata (di destra, di sinistra e di movimento) di andare a dormire tranquilla ieri sera, non consentono di fare un passo avanti, rivolte all'indietro come sono. La destra di governo che punta il dito sul pesante clima politico che sarebbe stato propedeutico agli scontri o rispolvera il suo antico spirito animale manganellatore? La sinistra parlamentare che si scandalizza e si chiede retorica e strumentale come sia possibile che una città venga messa a soqquadro così, stante un ordine pubblico gestito dalla destra? Il movimento che, almeno in qualche sua parte, paventa infiltrazioni e dietrologie? Cosa c'è di differente dalle dichiarazioni sentite negli ultimi decenni in seguito a fatti del genere? Cambiano le bocche a pronunciarle, non i temi. Questa è la dannazione. L'ostinazione con cui si seguono binari consunti che portano verso destinazioni sballate. Il clima politico pesante favorisce gli scontri? Come se i ragazzi che ieri hanno scatenato il caos fossero orientabili dalle vibranti dichiarazioni quotidiane di Bersani e Di Pietro. La mancata tenuta dell'ordine pubblico? Come se le forze dell'ordine, oltre ad essere mandate a prendere schiaffi, avessero potuto fare altro se non esasperare l'esito degli scontri; era questo che avrebbe voluto l'impalpabile sinistra di opposizione? Infiltrati e dietrologie? No, per favore, basta. Erano migliaia, i mascherati. Tutti infiltrati o strumentalizzati? Ma dai. Gli accadimenti di ieri sono frutto di almeno due tendenze, come ha in parte spiegato una delle poche persone rimaste lucide, Andrea Alzetta. Primo, c'è una parte di movimento che vuol imprimere un marchio di violenza alla protesta. E anche fin qui, niente di nuovo. La novità sta nel fatto, e stiamo al secondo punto, che c'è una fetta consistente di gioventù così lasciata a se stessa da essere sensibile all'opzione violenta. Non tanto per cambiare lo stato delle cose, che è stato l'obiettivo delle frange più violente che hanno operato fino a qualche anno fa e dei "duri" che hanno pianificato i disordini di ieri. L'opzione violenta è l'unica che rimane in piedi per ragazzi che non riescono a riconoscersi più in un panorama di convivenza che si è dissolto. Anche i più estremi sulla scena degli anni Settanta avevano un orizzonte di cambiamento. Facevano politica, insomma. Con le spranghe, ma era politica. Perché la politica c'era, anche nei suoi aspetti e personaggi più squalificanti. Oggi la politica è roba da Bagaglino, affare circense di nani e ballerine. Oggi la politica è esanime. Lo testimonia un banchiere che dopo aver messo nero su bianco un diktat politico-bancario, appunto, dice di comprendere la ribellione anti-finanza e rischia pure di diventare l'eroe di una parte di indignados. Molti delle migliaia che ieri hanno appiccato il fuoco, hanno probabilmente incendiato auto meno costose di quelle che i loro genitori tengono in garage. In parecchi avranno avuto in tasca l'ultimo modello di iPhone da centinaia di euro. Alcuni staranno pure frequentando costosissimi master. Ma sono (dis)integrati. Sciolti da ogni vincolo di comunità. Perciò la distruzione è gratuita, perché si ritiene di distruggere il nulla che c'è intorno. Perché dopo decenni di bombardamento sistematico, nella comunità politica che è stata in grado di tenere dentro negli ultimi due secoli anche chi era anti-sistema, oggi non si riconoscono più migliaia di giovani che vestono e si comportano da integrati. Questo accade perché a posto di quella comunità oggi c'è il deserto delle opposte, sterili tifoserie. Non ci sono più fili a tenerci. E si sprofonda giù, ognuno nei propri luoghi comuni. Destra, sinistra e movimento. Intorno, il nulla. Ripristinare qualcosa per cui valga la pena di rimanere in comunità, ecco la migliore ricetta anti-violenza. Ma la normalità parla d'altro. E ci racconta che il resto del corteo era civile e non violento. E che gli altri, che sono figli e fratelli nostri, erano neri da espellere.
lunedì 19 settembre 2011
L'apparenza che inganna
Tra i tanti modi per parlare della vita ce ne sono anche di apparentemente rudi ma sostanzialmente commoventi. Come questo. Che adesso i Marta sui Tubi c'hanno fatto il singolo.
domenica 4 settembre 2011
Cose che non t'aspetti
venerdì 5 agosto 2011
La paralisi
L'elemento che getta nello sconforto in mezzo a questa crisi economica è che non si sente una voce - non una, neanche al di là dell'Oceano, dove pure siede uno che aveva acceso diverse speranze - all'altezza della situazione, se è vero che la questione pare epocale. Perché il problema non è l'entrare in crisi, quello può succedere. L'abisso è che da un lato si descrive quello che sta accadendo come un flagello biblico, dall'altro non si scorge uno scarto, un guizzo, una di quelle forme di creatività che sono l'essenza della politica. E' la pigrizia mentale, l'assuefazione al già visto, l'impossibilità a muoversi perché il cervello (questo cervello collettivo occidentale) non comunica stimoli efficaci al resto del corpo in una situazione strutturalmente emergenziale; è questo che mette sconforto più che la crisi in sé.
giovedì 4 agosto 2011
lunedì 11 luglio 2011
Brividi
Immagino le critiche, ma a me a vedere 'sta roba mi sono venuti i brividi. Immagino le critiche, dicevo. Ma i Doors, se non sbaglio, non si sono mai più visti in concerto dopo la morte di Jim Morrison e da quello che leggo ne hanno fatto uno di grandioso l'altro giorno a Pistoia. E rivederli così, con quel cantante lì che sembra un fantasma che ritorna in carne ed ossa, dà quella strana e drogata sensazione di sicurezza, come se la morte non esistesse, fosse evitabile o come se ci fosse la possibilità di ritrovarsi chissà quando nell'aldilà a riprenderti quello che ti è stato negato di qua. Siamo abbastanza grandi per capire che è un'operazione commerciale e bla bla bla. Non abbastanza incartapecoriti da non farci venire i brividi. Ecco.
martedì 14 giugno 2011
Respirare
E' sempre bene farsi trovare pronti a prendere le distanze da noi stessi. Lo è ancora di più di fronte a un'eruzione come quella alla quale si sta assistendo da qualche tempo a questa parte. Quando un vulcano erutta tu non sai cos'è successo dentro prima che vedessi il fiume incandescente sgorgare. Non sai che movimenti magmatici ci sono stati. Vedi semplicemente della lava uscire e te ne sorprendi. Noi oggi stiamo così: vediamo un vulcano silente da anni che si è messo ad eruttare e copre di lava i fianchi della sua montagna e la valle sotto. Copre le certezze, gli strumenti d'analisi, perfino gli alfabeti che si era soliti usare. Di fronte a questo, come poter pensare di avere sicurezze se non quella dell'indefinibilità del panorama che si è venuto a creare? Come, di converso, poter essere certi che siamo davvero di fronte a una soluzione di continuità? Come non essere sfiorati dal dubbio che anni di letargo (se era letargo e non sedimentazione lenta e nascosta) non possono portare a rivolgimenti? Come non considerare che quello che sta succedendo può essere solo un incidente di percorso? Detto quindi che il margine d'errore è infinitamente alto e dando ormai per scontato quello che si scrisse qui, uno tenta di capire cosa sarà cercando di raccattare i segni di oggi.
1) I canali tradizionali di formazione del consenso sono saltati. I partiti, già in parte venuti meno insieme alla prima repubblica, sono una componente sempre meno decisiva nelle scelte delle persone. I quesiti referendari sono stati promossi nonostante i partiti. Le vittorie più significative per il centrosinistra alle Amministrative sono state còlte da due eretici. Da due che secondo la vulgata degli opinion leader e politici mainstream, erano perdenti in partenza perché incapaci di parlare ai moderati, al centro; a quell'entità quasi metafisica con cui abbiamo a che fare da decenni, che per seguirla non devi fare altro che tentare di essere meno diverso possibile dal tuo avversario. La televisione ha messo la sordina ai quesiti, eppure questo non ha compromesso il raggiungimento del quorum. Anche in questo caso, un'altra entità metafisica ha mostrato tutta la sua vuotaggine: l'auditel, lo share, non tengono conto che ogni sera ci sono milioni di italiani che la tv non la guardano perché fanno mille altre cose: parlano, leggono, lavorano, ascoltano musica, giocano coi figli, navigano in internet, fanno l'amore, vanno al cinema, a teatro, a un concerto, al ristorante. Tutte attività che l'auditel non contempla. E soprattutto, gli italiani, si fanno opinioni che non si capisce come si formino, vista la loro incongruenza con gli input che da decenni sono stati sparati sul corpo sociale.
2) I partiti, che l'aria l'hanno fiutata in massima parte perché pagano i sondaggisti (i quali, a loro volta, hanno tenuto il quorum in bilico mostrando lenti parzialmente distorte anche loro), sono dovuti andare a traino. Alcuni dando libertà di voto sull'abrogazione di leggi che essi stessi avevano votato in parlamento; altri saltando preventivamente sul carro buono dopo mesi di sdegnosa indifferenza verso chi quel carro l'ha trainato. Ora, i partiti a traino ci vanno da anni. Berlusconi in questo è stato un maestro. Si fa il sondaggio, si vede come la pensa la maggioranza e si modulano i segnali da mandare all'opinione pubblica. Il punto è che pur andando a traino, fino a qualche tempo fa, i partiti sapevano essere anche acceleratori, modellatori di consenso. Oggi no. Semplicemente vanno dietro a un'opinione pubblica che non capiscono più. Se ne avessero coscienza proverebbero la sensazione di Dorian Gray davanti allo specchio. Ma forse sono addirittura così incartapecoriti da non provarle neanche più, le sensazioni.
3) E in effetti è difficile capire un'inversione di tendenza tanto decisiva. Ci siamo ubriacati di privatizzazioni. Abbiamo trasformato in manager i dirigenti scolastici e quelli ospedalieri. Tutto l'arco parlamentare non trova alcunché di scandaloso nel fatto che si facciano profitti su acqua, salute, istruzione. E che ti fa una buona maggioranza di italiani dopo tre decenni di sbornia anti-pubblico? Ti dice che i servizi pubblici locali vanno sottratti al profitto privato. Che è una contraddizione in termini, per una società di persone, che qualcun di queste persone sia messa in condizione di lucrare su qualcosa di irrinunciabile per vivere. Puoi lucrare sui pantaloni, sul caviale, sulle auto, ma non sull'acqua, sulla salute, sull'istruzione. E' una cosa tanto ovvia oggi quanto blasfema ce l'hanno fatta apparire negli ultimi trent'anni.
4) Cosa succederà? E che ne so? Si può azzardare che nelle risposte ai quesiti referendari su acqua e nucleare (essendo quello sul legittimo impedimento un accidente capitato per avere un capo del governo anomalo), c'è in nuce un programma di governo: la cosa pubblica va amministrata dalla sfera pubblica in maniera efficiente, non utilizzata per parcheggiare nei consigli d'amministrazione vecchi tromboni ormai impresentabili nelle aule consiliari e parlamentari; l'energia è una cosa seria e serve un serio programma di ricerca per liberarci dall'inquinamento, soddisfare i fabbisogni e dare impulso a una crescita autentica perché sana dell'economia. Di più. Non si deve aver paura dell'innovazione, visto che se ne ha bisogno come dell'aria. Gli elettori l'hanno capito nonostante i cannoni dell'indifferenza puntati contro. E si stanno mostrando molto più avanti di quanto la pelosa retorica sul moderatismo ne distorca le posizioni. E non si deve aver paura di misure drastiche se queste porteranno a buoni risultati nel medio periodo. In una parola, si deve rialzare la testa e guardare un po' più in là della punta dei nostri piedi. Si deve tornare a respirare, se non si vuol morire di claustrofobia. Cominciando a capire che è cambiato tutto. Non è più una sensazione, gli italiani l'hanno fatto capire mettendo una croce su un passato in cui non c'è solo Berlusconi, ma i protagonisti di un'intera stagione politica.
1) I canali tradizionali di formazione del consenso sono saltati. I partiti, già in parte venuti meno insieme alla prima repubblica, sono una componente sempre meno decisiva nelle scelte delle persone. I quesiti referendari sono stati promossi nonostante i partiti. Le vittorie più significative per il centrosinistra alle Amministrative sono state còlte da due eretici. Da due che secondo la vulgata degli opinion leader e politici mainstream, erano perdenti in partenza perché incapaci di parlare ai moderati, al centro; a quell'entità quasi metafisica con cui abbiamo a che fare da decenni, che per seguirla non devi fare altro che tentare di essere meno diverso possibile dal tuo avversario. La televisione ha messo la sordina ai quesiti, eppure questo non ha compromesso il raggiungimento del quorum. Anche in questo caso, un'altra entità metafisica ha mostrato tutta la sua vuotaggine: l'auditel, lo share, non tengono conto che ogni sera ci sono milioni di italiani che la tv non la guardano perché fanno mille altre cose: parlano, leggono, lavorano, ascoltano musica, giocano coi figli, navigano in internet, fanno l'amore, vanno al cinema, a teatro, a un concerto, al ristorante. Tutte attività che l'auditel non contempla. E soprattutto, gli italiani, si fanno opinioni che non si capisce come si formino, vista la loro incongruenza con gli input che da decenni sono stati sparati sul corpo sociale.
2) I partiti, che l'aria l'hanno fiutata in massima parte perché pagano i sondaggisti (i quali, a loro volta, hanno tenuto il quorum in bilico mostrando lenti parzialmente distorte anche loro), sono dovuti andare a traino. Alcuni dando libertà di voto sull'abrogazione di leggi che essi stessi avevano votato in parlamento; altri saltando preventivamente sul carro buono dopo mesi di sdegnosa indifferenza verso chi quel carro l'ha trainato. Ora, i partiti a traino ci vanno da anni. Berlusconi in questo è stato un maestro. Si fa il sondaggio, si vede come la pensa la maggioranza e si modulano i segnali da mandare all'opinione pubblica. Il punto è che pur andando a traino, fino a qualche tempo fa, i partiti sapevano essere anche acceleratori, modellatori di consenso. Oggi no. Semplicemente vanno dietro a un'opinione pubblica che non capiscono più. Se ne avessero coscienza proverebbero la sensazione di Dorian Gray davanti allo specchio. Ma forse sono addirittura così incartapecoriti da non provarle neanche più, le sensazioni.
3) E in effetti è difficile capire un'inversione di tendenza tanto decisiva. Ci siamo ubriacati di privatizzazioni. Abbiamo trasformato in manager i dirigenti scolastici e quelli ospedalieri. Tutto l'arco parlamentare non trova alcunché di scandaloso nel fatto che si facciano profitti su acqua, salute, istruzione. E che ti fa una buona maggioranza di italiani dopo tre decenni di sbornia anti-pubblico? Ti dice che i servizi pubblici locali vanno sottratti al profitto privato. Che è una contraddizione in termini, per una società di persone, che qualcun di queste persone sia messa in condizione di lucrare su qualcosa di irrinunciabile per vivere. Puoi lucrare sui pantaloni, sul caviale, sulle auto, ma non sull'acqua, sulla salute, sull'istruzione. E' una cosa tanto ovvia oggi quanto blasfema ce l'hanno fatta apparire negli ultimi trent'anni.
4) Cosa succederà? E che ne so? Si può azzardare che nelle risposte ai quesiti referendari su acqua e nucleare (essendo quello sul legittimo impedimento un accidente capitato per avere un capo del governo anomalo), c'è in nuce un programma di governo: la cosa pubblica va amministrata dalla sfera pubblica in maniera efficiente, non utilizzata per parcheggiare nei consigli d'amministrazione vecchi tromboni ormai impresentabili nelle aule consiliari e parlamentari; l'energia è una cosa seria e serve un serio programma di ricerca per liberarci dall'inquinamento, soddisfare i fabbisogni e dare impulso a una crescita autentica perché sana dell'economia. Di più. Non si deve aver paura dell'innovazione, visto che se ne ha bisogno come dell'aria. Gli elettori l'hanno capito nonostante i cannoni dell'indifferenza puntati contro. E si stanno mostrando molto più avanti di quanto la pelosa retorica sul moderatismo ne distorca le posizioni. E non si deve aver paura di misure drastiche se queste porteranno a buoni risultati nel medio periodo. In una parola, si deve rialzare la testa e guardare un po' più in là della punta dei nostri piedi. Si deve tornare a respirare, se non si vuol morire di claustrofobia. Cominciando a capire che è cambiato tutto. Non è più una sensazione, gli italiani l'hanno fatto capire mettendo una croce su un passato in cui non c'è solo Berlusconi, ma i protagonisti di un'intera stagione politica.
lunedì 13 giugno 2011
Senza parole
Sono le 23,48 e quel giornalista di razza che risponde al nome di Bruno Vespa sta trasmettendo una puntata sul caso della povera Sarah Scazzi. Non ci sarà nessuno scandalo, perché non ci sarà nessuna presa di posizione del suddetto giornalista di razza. Nessuna eruzione alla Santoro contro Castelli, nessun corsivo di Travaglio, nessun faro puntato sul presidente del Consiglio di cui non si può parlare se non macchiandosi del reato di lesa maestà. Solo un parlare di nulla nel giorno in cui è successa una cosa straordinaria, che nessuno condannerà. Perché non c'è parola contro. Semplicemente non c'è parola.
Sì!
Stasera sono andato a fare festa in piazza. Non accadeva dall'11 luglio dell'82. Annoto due frasi, a prima vista non piacevoli, ascoltate da due persone diverse, una delle quali sicuramente rispettabile, l'altra lo penso. La prima: "Mi ride anche il culo". La seconda: "Mi dispiace avere un solo pene perché stasera devo farmi almeno quattro seghe". Io ho anche un paio di cose serie da dire dopo i referendum. Le rimando a domani. Stasera è festa e c'è tanta gente che sorride in giro.
venerdì 10 giugno 2011
Urlo con Santoro
Non vorrei passare per il santoriano che non sono. Penso, come ha scritto qualche giorno fa Aldo Grasso sul Corriere, che sia un ottimo giornalista non immune da difetti. Resta il fatto che cassare una trasmissione che fa una media di ascolti sensibilmente superiore a quella della rete che la ospita, come ha scritto Grasso, è un'enormità difficile da riscontrare altrove. E resta il fatto che tra i tanti difetti che la Rai ha, c'è quello di sacrificare le professionalità (questione che va al di là di Santoro) sull'altare della politica. Non vorrei passare per il santoriano che non sono, dicevo. ma quando ho visto questo pezzo di trasmissione, non sono riuscito a trattenere un moto di soddisfazione. Anzi. Di più. Ero lì che urlavo scomposto insieme a Santoro. Perché tra le tante cose cui ci siamo assuefatti in questi anni difficili, c'è non tanto la menzogna, quanto proprio il rovesciamento della realtà. Dire, come ripete nel video Castelli con taroccato buonsenso, che i soldi del canone servono a pagare Santoro e Travaglio, è una delle tante falsità di cui si avvale la propaganda di destra. La Rai con Santoro, a quanto mi consta, incassa il doppio di quello che spende. E semmai il surplus serve a pagare, come urla Santoro nel video, i fallimenti voluti in video dalla partitocrazia ottusa che sta sfettucciando la Rai. Invitare Santoro a confrontarsi col mercato da parte di un dirigente di un partito che ha imposto in Rai Gianluigi Paragone, è come vedere un sequestratore rinfacciare al proprio rapito di avere dei modi rudi. La realtà è che Santoro è uno che la televisione la sa fare. E sta a suo agio nel mercato, come dimostra da anni. Sono altri a dover ricorrere al doping per starci dentro. Sentirli far prediche è davvero insopportabile. Per questo urlo con Santoro anche se non sono santoriano.
lunedì 6 giugno 2011
Monosillabo referendario
Quattro Sì. Anche se la gestione degli acquedotti l'azzererei. E la ricerca sul nucleare non la mollerei.
mercoledì 1 giugno 2011
Una grande, continua promessa
Si prova un sentimento di tenerezza a vedere per l'ennesima volta la stampa di destra - dopo diciassette anni di promesse e di tasse mai abbassate, di caste mai colpite, di burocrazie sempre imperanti, di spese improduttive mai sanate - pregare a mani giunte Berlusconi perché torni il Berlusconi del '94. Berlusconi è sempre stato così, una grande promessa mai realizzata. Anzi, la politica della promessa. Tanto che degli impegni presi da diciassette anni a questa parte non ne ha realizzato uno e li ha reiterati di anno in anno, di elezione in elezione. La cosa che è cambiata è che i suoi elettori, complici anche le sue intemperanze insopportabili per il ruolo che riveste, se ne sono accorti e hanno preferito andare al mare piuttosto che votarlo. Tutto qua.
lunedì 30 maggio 2011
Appello inutile
De Magistris, Pisapia, Zedda, per favore, non lo dite. Non dite che sarete i sindaci di tutti. Almeno voi.
La terza?
Non è successo ancora niente. Per questo, in maniera magari avventata, voglio mettere a verbale che con risultati alle amministrative di questa portata, con la vittoria di questi candidati, cambieranno parecchie cose. Azzardo: il Pdl, con l'ormai scontata uscita di scena del collante Berlusconi potrebbe sfaldarsi in più rivoli con conseguenze al momento imprevedibili; il Pd è costretto a non poter prescindere dalla sua sinistra. Occhio: non è come ai tempi di Rifondazione, quando alla coalizione servivano i voti che sapeva portare il partito di Bertinotti; oggi di quella parte politica servono anche gli uomini. Ma è l'intero sistema politico scaturito da Tangentopoli e cosidetto della seconda repubblica che sta venendo meno.
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