lunedì 30 maggio 2011

Appello inutile

De Magistris, Pisapia, Zedda, per favore, non lo dite. Non dite che sarete i sindaci di tutti. Almeno voi.

La terza?

Non è successo ancora niente. Per questo, in maniera magari avventata, voglio mettere a verbale che con  risultati alle amministrative di questa portata, con la vittoria di questi candidati, cambieranno parecchie cose. Azzardo: il Pdl, con l'ormai scontata uscita di scena del collante Berlusconi potrebbe sfaldarsi in più rivoli con conseguenze al momento imprevedibili; il Pd è costretto a non poter prescindere dalla sua sinistra. Occhio: non è come ai tempi di Rifondazione, quando alla coalizione servivano i voti che sapeva portare il partito di Bertinotti; oggi di quella parte politica servono anche gli uomini. Ma è l'intero sistema politico scaturito da Tangentopoli e cosidetto della seconda repubblica che sta venendo meno.

La forza dell'abitudine

Guardo i risultati. E quasi non ci credo.

martedì 17 maggio 2011

Ululati

C'erano un partito di grande tradizione in bilico da vent'anni tra il non-si-può-fare e il dio-che-paura e delle brave persone così poco tradizionaliste da non avere partito. Il partito di grande tradizione era numeroso e stava in una casa elegante e attrezzata. La grande tradizione gli consentiva di rimanere consistente in termini numerici, ma la sua vita era da tempo inerte perché la fazione del non-si-fa e quella del dio-che paura non riuscivano ad uscire di casa. "Guardate che va a piovere, prendiamo l'ombrello", dicevano gli uni. "Ma è tutto sereno", rispondevano gli altri. "Ma che dite, guardate che nuvoloni!", era la replica. E mentre quelli si affacciavano dalla finestra a guardare le condizioni del cielo, qualcuno della parte avversa nascondeva le chiavi che poi si faceva notte a furia di cercarle e non trovarle. Le brave persone, fuori dalla casa ad aspettare che quelli del grande partito si decidessero a uscire, non riuscivano nel frattempo ad andare da nessuna parte. I popolani del villaggio che era nei pressi non li ospitavano perché li consideravano pericolosi da mettersi in casa e li ritenevano responsabili di cose strane che accadevano di notte. Le giornate erano calde e assolate quanto le notti fredde, piovose e animate da ululati che scuotevano di paura al solo sentirli, anche se nessuno aveva mai visto gli animali che li emettevano. I popolani pensavano che fossero strane bestie allevate dai senza casa là fuori. Questi dal canto loro non riuscivano a farsi credere quando dicevano che gli ululati si sentivano soltanto, ma nessuno aveva mai visto gli animali che li emettevano. Restava il fatto che di giorno era difficile mettersi in cammino sapendo di non avere una casa dove approdare la notte successiva. Passarono anni. Quelli del grande partito dentro la loro bella abitazione a litigare e cercare continuamente le chiavi per uscire, le brave persone troppo impegnate a trovare riparo in anfratti, grotte, capanne messe in piedi alla meglio. E i popolani che mettevano il naso fuori di casa solo per andare a guadagnarsi la pagnotta e vi si rintanavano la notte con i brividi per gli strani ululati che venivano da chissà dove. E per i senza casa erano polmoniti, stordimenti, malesseri di ogni tipo là fuori, dove i giorni splendenti e le notti gelate sembravano governati dal dio del meteo, che tutti sapevano che non esisteva ma quasi cominciavano a crederci. Le brave persone cominciarono a recriminare con quelli dentro la casa: "Guarda tu, essere così in tanti, attrezzati e non riuscire a decidersi a uscire di casa per metterne in piedi una più grande in grado di ospitarci tutti". Ed erano disposti a dare una mano, seppure tra loro non mancava chi si beava di una vita sempre e comunque all'aperto. Poi una delle brave persone si decise a suonare il campanello di quella casa bella, attrezzata ma non sufficiente a farci star dentro tutti: "Venite fuori - disse - ho diversi amici disposti a dare una mano a costruire un edificio più grande in grado di ospirtarci tutti, se voi volete. Noi da soli non ce la facciamo senza la vostra attrezzatura, ma voi dovete avere il coraggio di uscire da casa vostra. Lo potremmo rendere autosufficiente da un punto di vista energetico, prevedere delle stanze per gli ospiti che vengono da lontano e saremmo in tanti a coltivare la terra qua intorno che potrebbe dare frutti per tutti". Quelli dentro non ci credevano e rimasero scettici ma fu la distrazione a fregarli: fuori c'era un bel sole e loro smisero senza neanche accorgersene di litigare sull'ombrello e di cercare le chiavi. Semplicemente, uscirono di casa. Nel villaggio la notizia si sparse in un baleno. "Ehi, quelli del partito dalla grande tradizione sono usciti e stanno insieme a quelli senza casa, mi sa che stanno costruendo un edificio più grande, ho intravisto il progetto, verrà bellissimo", disse uno dei ragazzi di ritorno dal call center in cui avrebbe lavorato tutto il mese grazie alla chiamata dell'agenzia interinale. Parecchi dei popolani del villaggio uscirono di casa per vedere. La notte successe una cosa che non accadeva da così tanti anni da sembrare incredibile: la temperatura scese ma non gelò. E nessuno sentì ululare.

martedì 10 maggio 2011

Momenti di trascurabile felicità

Quando ti squilla il telefono e, dopo non aver fatto in tempo a rispondere, guardi il numero e realizzi che era una scocciatura.

venerdì 15 aprile 2011

Niente, o quasi

Niente, solo per dire che se l'avessi conosciuto di persona l'avrei salutato con un "ciao Vik", come stanno facendo in questi momenti i suoi amici. Ma a me, che di persona non l'ho mai visto se non in video e che non ho conosciuto come la pensasse e cosa facesse se non leggendo le sue cose, e che tendo a non accorciare le distanze anche con le persone per cui provo ammirazione, esce solo un "ciao Vittorio" oltre ai brividi per la morte assurda che gli è toccata.

lunedì 21 marzo 2011

Da profano

Qualcuno forse un giorno ci fornirà una compiuta illustrazione dei reali motivi dell'accelerazione improvvisa nella guerra a Gheddafi. Petrolio, volontà di ridisegnare una mappa geopolitica inserendosi nella sopravvenuta instabilità, contenimento dell'avanzata cinese in Africa, una spruzzata di diritti umani e quant'altro. O, più verosimilmente, un po' di tutto questo saggiamente dosato. Di certo, dopo le sollevazioni di Tunisia, Egitto e Libia, quella della guerra è l'ennesima sorpresa che coglie un po' tutti. Anche perché, a leggere commentatori non del tutto sprovveduti nei giorni a ridosso della decisione di muovere guerra, a tutto si pensava tranne che a un così repentino intervento (qui e qui un paio di esempi). Questo giusto per mettere in chiaro che non è questo il post dove si daranno interpretazioni che farebbero sorridere per la loro lacunosità, vista anche l'oscurità in cui brancola gente a cui ci si rivolge per capirne qualcosa. E non sarà neanche il post in cui si sparerà su un pover'uomo - inopinatamente capo di governo - che dopo aver baciato le mani, fatto affari e firmato trattati, si trova costretto a rincorrere i bombardieri altrui per non rimanere indietro nella spartizione del bottino di guerra - fase nella quale l'Italia, essendo stata fino a ieri il principale partner commerciale della Libia, avrà solo da perdere. Il punto semmai è questo: poteva l'Italia svolgere un ruolo di mediazione, cerniera e moral suasion nei confronti di Gheddafi nel momento in cui la situazione in Libia precipitava (ruolo che il suo passato coloniale e il suo presente di partner commerciale facevano apparire agli occhi di un profano quasi naturale)? Cosa l'ha impedito? Troppo forti Francia e Gran Bretagna? Troppo arduo fare fronte comune con la Germania? Meglio tenersi con le mani libere per conservare quel ruolo predominante in Libia che gli avvenimenti di questi giorni rischiano di ridimensionare pesantemente? Rispondere è tanto difficile almeno quanto è forte la tentazione di concludere che l'opacità della posizione italiana è frutto della scarsezza della sua diplomazia. Ma è l'opinione di un profano.

giovedì 17 marzo 2011

Visti da lontano

Ma com'è stato possibile che voi, quelli che "teacher leave your kids alone", quelli che la scuola era da cambiare e i professori che avevate (alcuni, non tutti) erano da (ri)mettere sotto naftalina; voi che volevate rompere gli schemi, andare oltre, riformare, se non rifondare; quelli che "il proletariato non ha nazione ecc..."; ecco, com'è possibile che vi ritrovate a difendere tutto, a dare l'idea di quelli che vogliono che tutto rimanga uguale a se stesso, dalla scuola alla Costituzione; e ci fate sopra manifestazioni in cui sfilate col tricolore in mano? Voglio dire: che ci siano soggetti che nel tempo cambiano opinione, questo blog l'ha sempre ritenuto un fenomeno vitale. Ma che un'intera parte politica subisca una trasformazione così lenta, impercettibile e profonda da ribaltare quasi il senso del suo stare sulla scena, pone interrogativi. E anche risposte. Ad esempio questa: il berlusconismo ha cambiato tutti, anche voi che berlusconiani non siete mai stati; non illudetevi. E così vi ritrovate a difendere la scuola pubblica così com'è: sclerotizzata, con professori improbabili a insegnarci dentro e, spesso, fuori dal tempo. Sdilinquite per il Benigni sanremese istituzionalizzato e - a tratti, solo a tratti, non fraintendete - quasi nazionalista. Appendete il tricolore al davanzale dopo averci messo, anni fa, l'arcobaleno della pace. Ma che è successo? E' successo che - hai voglia a essere ottimista e a vedere il bicchiere mezzo pieno - siamo tutti da anni impegnati in una spesso neanche troppo onorevole ritirata. E per non sprofondare troppo giù, difendiamo quello che un tempo volevamo superare per andare più su. Con la non trascurabile conseguenza di apparire conservatori. Certo, ci sono state ragioni anche al di là delle nostre incapacità; certo, meglio una scuola pubblica sgangherata, che il ritorno al censo, al liceo per la borghesia e agli istituti, se va bene, per i subordinati; meglio l'Italia unita da Pordenone a Palermo che la Padania e chissà cosa sotto. Però ammettetelo, se cantate a squarciagola l'inno di Mameli brandendolo come arma politica è perché l'orizzonte si è ristretto. E quel tricolore sventolatelo almeno con meno baldanza, che i tempi sono quelli che sono.
PS: qui, qualcosa di analogo, magari più lucido e sofisticato.

martedì 15 marzo 2011

Intraducibile

Nella successione di immagini inimmaginabili e del fiume di parole che si vanno accavallando da venerdì scorso, una in particolare mi ha impressionato. L'inviato che l'ha citata l'ha spiegata più o meno così, per illustrare il modo in cui nell'altra parte di mondo stanno fronteggiando la sciagura che gli è toccato di sopportare: volontà di "tenere" per non avere la vergogna di essere un peso per la comunità di cui si fa parte. E ha concluso che la parola giapponese che aveva appena citato è intraducibile in italiano.

Nuclear era

Non ho elementi di conoscenza sufficienti a disposizione per essere in maniera convinta pro o contro il nucleare. di certo, la paura di eventuali contaminazioni e il problema dello smaltimento delle scorie, mi fa tendere a stare dalla parte dei contro, ma sono disposto a sentirle, le ragioni degli altri. Chiederei solo che di fronte a disastri di portata epocale, i sedicenti moderati nonché teorici della fine delle ideologie, usassero un po' del pragmatismo che consigliano a quelli che loro sono soliti definire comunisti, per prendere in esame la questione in maniera un po' più problematica rispetto all'approccio ottusamente furente e ideologico che stanno utilizzando.

lunedì 14 marzo 2011

mercoledì 9 marzo 2011

C'è di meglio (per fortuna)

Ieri sera dopo aver visto la copertina di Crozza e il primo intervento di Vendola a Ballarò, stavo per passare dalla sedia della cucina al divano in sala con l'intento di seguire la trasmissione. Poi la Brambilla ha elargito del falsario, prima a Vendola poi alla Perina. Ho spento la tv e ho ricominciato a leggere dalla pagina che avevo lasciato in sospeso prima di cena.

Dimenticavo

A furia di sciogliermi nell'ascolto, stavo per omettere di scrivere che l'ultimo di Paolo Benvegnù è con tutta probabilità il suo miglior disco.

Anonimi

Una delle conseguenze dell'ascolto di musica digitale su supporti sempre più trasportabili, maneggevoli e piccoli e che consentono una fruizione comoda ma forse eccessivamente "fast" dei brani in playlist personalizzate, è che i pezzi, oltre ad essere decontestualizzati rispetto alle intenzioni degli autori, vengono resi anonimi. Cioè: Pride degli U2, pubblicata nell'84, è semplicemente Pride, non è "la seconda di Unforgettable fire". Si dirà: ma quello è stato un hit mondiale. Ok, sarò stato, all'epoca, un fan dissennato ma per me, rimanendo a quell'Lp, Bad è Bad, non "la settima ecc...", "4th of July" ha un nome, non è "la sesta ecc...". Pensate a un disco bello che avete ascoltato tanto. I titoli dei pezzi ve li ricordate come se li aveste ascoltati ieri. Anzi, magari non vi ricorderete della posizione. Per esempio, se vi dicessi che "la prima di Sticky Fingers spacca", esitereste un momento, ma se vi dico che Brown sugar degli Stones è uno dei migliori pezzi rock mai scritti, capite subito di cosa si sta parlando. Oggi invece no. Sarà la vecchiaia incipiente ma io di due album recentemente pubblicati che giudico vicini al capolavoro, "In Rainbow" dei Radiohead e Grinderman 2, così, su due piedi, non ricordo un titolo. Saprei solo dirvi che le prime quattro di "In Rainbow" sono da cineteca (sì, da cineteca, perché fanno viaggiare come se si fosse al cinema), e che la medesima sequenza di Grinderman 2, ad ascoltarla, ti viene voglia di aprire la finestra e urlare al mondo che in quel momento forse potresti anche riconciliarti con lui. Ma i titoli no. Non riesco a ficcarmeli in testa. Questione di digitale o di rincoglionimento? Non lo so, fate voi. Più la prima, però, secondo me. Con un pizzico di seconda.

venerdì 25 febbraio 2011

A volte

La canzone di Giusy Ferreri è una delle tre cose da salvare di un festival di Sanremo tra i più dimenticabili di quelli che io ricordi (ed è tutto dire). Le altre due sono: sprazzi di Luca e Paolo e il pezzo dei La Crus, non al loro massimo, ma per ben figurare a Sanremo basta poco. Ora, sulle ultime due i guardiani dell'ortodossia sinistrorsa saranno pure d'accordo. Immagino invece che sulla Ferreri ci sia sorpresa. La stessa mia che non la conoscevo se non per la partecipazione a un talent che non amo e che, tentando di documentarmi un po', mi sono imbattuto in questa cosa qui e ho pensato che i conti tornano, a volte.

martedì 15 febbraio 2011

Risolvere i problemi

Questa dichiarazione si commenta da sé agli occhi di qualsiasi normodotato. Vale la pena soffermarvisi però, perché che ad incupirsi a causa dell'efficienza di una Procura (sic!) sia un pasdaran del berlusconismo; un elettore del Pdl al bancone del bar dopo il terzo grappino o un'elettrice stordita da mariadefilippi mentre finisce di friggere dolci di carnevale e distrattamente ascolta il tg1, darebbe solo il senso del baratro sociale in cui è precipitata l'Italia ai tempi della seconda repubblica. Che invece quella stessa affermazione provenga dalla riflessione di un sottosegretario alla Giustizia, è il sintomo di come chi si ostina a sostenere che questo governo tutto sommato non ha agito male e sfida B. a governare piuttosto che pensare ai suoi affari personali, non ha capito che, se è vero che con la fuoriuscita di B. l'Italia non avrà risolto i suoi problemi, è altrettanto vero che senza la fuoriuscita di B. l'Italia i suoi problemi non li affronterà mai.

giovedì 10 febbraio 2011

Moralista? Ma dde che?

Domenica tornerò a manifestarmi in piazza, portando mia figlia, dopo non so quanti anni. Le ragioni le hanno scritte meglio di quanto saprei fare io qui. Sarò in piazza sapendo, a differenza di tanti anni fa, che molti di quelli avrò attorno mi stanno lontano anni luce; che a volte sono peggiori di chi denunciano; che io stesso non faccio parte di nessuna schiera degli eletti; che già in partenza so che qualche slogan mi farà incazzare; che la manifestazione probabilmente non servirà a niente. Ma ci sarò, perché ho l'impellenza di esprimere che con questa prostituzione diffusa - con le chiappe utilizzate a posto del cervello per far carriera, con chi ce le mette e con chi le valorizza - io non c'entro proprio nulla, neanche di striscio. Ci sarò perché sto a disagio qui così. E perché ho l'impotenza di non poter sostenere e valorizzare quest'idea in altro modo.

mercoledì 9 febbraio 2011

Andromeda Maria

Su Radio2 potrete ascoltare da venerdì il nuovo singolo di Paolo Benvegnù, qui da subito. E ne vale la pena, come al solito.