domenica 2 agosto 2009
2 agosto
E' successo per la ventottesima volta, credo. Il ricordo, la manifestazione, le fasce istituzionali attorno a corpi di sindaci e presidenti, i gonfaloni. E i fischi. E i commenti dei fischiati. Sempre uguali, nonostante nel frattempo siamo stati catapultati in un altro mondo. E non ci sono più muri, i blocchi si sono globalizzati fino a diventare una cosa sola, o quasi; il gelo della guerra fredda s'è sciolto e c'è la Cina con cui si fanno affari, mica l'Urss dei comunisti a tre narici. E c'è Obama, altro che Reagan. E i giovani scrivono sui muri "passerotta t.v.b.", non più "spranghe al fascio" o "camerata pinco pallino presente!"; e attaccano lucchetti dell'amore dove possono e buttano via le chiavi, non vergano più sui muri stelle a cinque punte e croci celtiche. Ecco, se si dovesse spiegare cos'è l'inerzia si potrebbe partire da qui: dai fischi e dai commenti ai fischi che appartengono a una stagione passata ma si sono trasferiti armi e bagagli in quella nuova anche perché sulla vecchia continua, chissà perché, a battere l'ombra. Io ebbi la (s)fortuna di capire l'essenza di quella stagione che ero ragazzino, la mattina del 2 agosto 1980, quando incrociai lo sguardo di mia madre che mi diceva "corri, accendi la televisione che a Bologna è successo un macello". In quegli occhi incrociati per una frazione di secondo, non esagero, c'era la strategia della tensione, anche se l'avrei capito qualche anno dopo. E l'avrei capito anche perché ebbi la (s)fortuna di incrociare quello sguardo che era il ritratto dello sgomento e valse più di una lezione di storia.
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