Ci sono parole e pratiche che hanno bisogno di confondersi nell'oceano del nulla che ci viene dispensato quotidianamente per essere accettate socialmente. Ad esempio, vocaboli che perdono prefissi: le controriforme diventano riforme per renderle accettabili come l'esatto contrario di ciò che sono. Definizioni travestite: una fiera viene trasformata in evento per conferirle formalmente quel tocco chic di cui è sprovvista nella sostanza. E termini che, nonostante siano il motore che spinge determinate iniziative, non vengono mai nominati quando quelle iniziative si tratta di descriverle: profitto è uno di questi.
Eurochocolate, la fiera in cui le multinazionali del cioccolato espongono le loro mercanzie nel centro di Perugia, ha molte delle caratteristiche che, nella fitta nebbia di nulla nella quale camminiamo, prendono le mosse da queste tendenze alla mistificazione, le quali messe insieme l'una all'altra contribuiscono alla negazione dell'evidenza. Cioè: una fiera in cui organizzatori e sponsor colonizzano come cavallette un centro storico secolare e puntano a fare profitto vendendo un prodotto, il cioccolato, la cui filiera di produzione ha ben più d'una macchia in termini di utilizzo di persone e territori, diventa il "dolce evento" che porta ricchezza alla città nella quale è ospitato e all'interno del quale c'è una sezione "buona", "equochocolate", il cui solo nome fa nascere sospetti: se una cosa è equa, perché relegarla a una sezione e non costruirci intorno l'evento stesso? Semplice: perché non si può. Perché la produzione del cioccolato delle multinazionali ha dei lati oscuri ben documentati ormai da una bibliografia e da una filmografia piuttosto consistenti. E, soprattutto, la produzione del cioccolato equo c'è: è quella praticata da decenni dai produttori e dalle centrali di importazione del commercio equo e solidale, che si chiama proprio così, non "eurocommercio" all'interno del quale c'è una sezione "equa". Quella gente lì, non a caso, non c'è dentro Eurochocolate.
Ma Eurochocolate e il radioso manager che la organizza non ci stanno. Vogliono appendersi al bavero della giacca la medaglia dell'equità, nonostante ciò sia impossibile, a meno che non si voglia negare l'evidenza. E la negano due volte l'evidenza: quando creano la sezione "equa", che per il solo fatto di esistere nega l'equità del resto dei prodotti in fiera. E quando dicono di portare ricchezza e lustro alla città.
Non si è mai riusciti a fare una stima attendibile della ricchezza che Eurochocolate porta alla città. I visitatori fanno per lo più "mordi e fuggi" e la stragrande maggioranza consumano all'interno delle centinaia di stand che si affastellano nell'acropoli, non negli esercizi commerciali che nell'acropoli ci stanno tutto l'anno. Di sicuro c'è invece il valore aggiunto che una cornice come quella del centro storico di Perugia conferisce a una fiera come Eurochocolate. Non a caso il manager che la organizza ha sempre rifiutato sdegnosamente il trasloco in altri spazi.
E anche l'argomentazione, usata di frequente, secondo cui Eurochocolate offrirebbe a Perugia una visibilità nazionale ha del posticcio: è come se si sostenesse che per essere notata al ballo, Cenerentola ebbe bisogno della matrigna e delle sorellastre. Perugia è la città di Umbria jazz e del Festival del giornalismo, questi si "eventi" che offrono alla città oltre a ricevere.
Ma perché negare l'evidenza? Perché non ammettere che Eurochocolate è una fiera messa in piedi per fare profitto, quando del profitto ormai è (quasi) unanimemente accettato che è "colui che tutto muove"? Forse perché la felicità, la giocosità che devono essere i marchi distintivi della fiera mal si accordano col frusciare delle banconote. Forse perché il profitto a volte stona. Soprattutto se è appannaggio di pochi. Soprattutto se è viziato da zone d'ombra, come quelle della filiera del cioccolato.
Questo paiono averlo capito prima di tutti i cantori del "profitto che tutto muove". I quali sanno per primi che il profitto non può essere la misura del tutto. E lo nascondono sotto abbondanti coltri di nulla. In modo che non si sappia troppo in giro.
2 commenti:
Ciao Fabrizio, sono Massimo Montinaro presidente dell'associazione "Il Colibrì" che ha una bottega del commercio equo-solidale ad Umbertide, sono inoltre nel cda di Umbria Equo-Solidale, nei giorni 10-11-12 di Ottobre abbiamo dato vita all'ennesima edizione di "Altrocioccolato" la vera ed unica manifestazione umbra del commercio equo. Ti dico questo perchè non c'è accenno nel tuo ottimo articolo di quella che è veramente una gioiosa festa ricca di eventi e di economia solidale vera e propria. Se non la conoscessi sono pronto a fartela conoscere. un saluto Massimo
Ciao Massimo, conosco bene Altrocioccolato e ci sono anche affezionato. Semplicemente, la cosa che ho scritto era finalizzata a smascherare Eurochocolate che si appropria di cose non sue, tutto qua. Grazie per l'attenzione.
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