La rivelazione di questi mesi di Governo Renzi è che i conti
economici dell’Italia sono dotati di sentimenti: si deprimono ormai
anche alla sola vista del premier. Tanto che lui, stizzito, non li
prende più in considerazione: Senato, Province, articolo 18, ogni
argomento è buono pur di non affrontarli. Della questione si è discusso
in gran segreto nell’ultimo Consiglio dei ministri. La riunione è andata
per le lunghe, anche perché all’inizio era stato chiesto al ministro
dell’Interno di fare il punto. Alfano si è allora imbronciato e non ha
proferito parola. Si è andati avanti così per qualche minuto, fino a
quando il leader dell’Ncd, scorgendo l’incredulità dipinta sul volto dei
colleghi, ha chiesto: «Non sto facendo bene il punto? Volete che mi
mostri più offeso?».
A quel punto Renzi ha lasciato la parola; lui è fatto così, la parola
non la prende, la lascia uscire fuori di sé, così come gli viene. «Non
crediate che il problema non mi stia a cuore», ha detto mettendosi la
mano sulla parte sbagliata del petto per poi scusarsi: «Pardon, io sono
un Maradona al contrario, lui è tutto-sinistro, io tutto-destro».
«Con il mio staff, all’interno del quale ho chiamato di recente anche
il mio macellaio di fiducia, perché come taglia lui non lo fa nessuno –
ha proseguito Renzi – siamo stati ultimamente molto impegnati nel fare
la fila per comprare l’iPhone 6. Ma è un’operazione fatta a fin di bene.
Con i nuovi smartphone andremo alla ricerca della app giusta per
imboccare la via della crescita». La diagnosi che il presidente del
Consiglio e i suoi fedelissimi (Richie Cunningham, Potsie e Sottiletta)
fanno della crisi è infatti questa: la recessione è dovuta al fatto che
qualcuno ha chiuso l’economia tra due hashtag, così: #economia#.
«Occorre trovare il modo per togliere il cancelletto di destra e
l’Italia tornerà a crescere. Ma per fare questo non servono vecchie
ricette, dobbiamo guardare al futuro: la soluzione è qui», ha scandito
il premier tirando fuori dalla tasca lo smartphone nuovo di zecca e
poggiandolo sul tavolo.
È stato a quel punto che è intervenuto il ministro dell’Economia Pier
Carlo Padoan: «Ma non avevamo detto di chiedere all’Europa di
concederci più margini nel patto di stabilità?». «Pier Carlo – ha
risposto Renzi – ho parlato con la Merkel e mi ha detto che non è
disposta neanche a darci una vocale o una consonante per completare il
tuo cognome». «Perché non proviamo aizzandogli contro Giovanardi – è
intervenuto il ministro Lupi – quello a suon di cazzate la stordisce e
magari alla fine, se non altro per sfinimento, qualcosa riusciamo a
spuntare». Ma le esternazioni di Giovanardi sono state di recente
inserite nell’elenco di armi non convenzionali, come ha ricordato la
ministra della Difesa Pinotti segnalando che «correremmo il rischio di
una sanzione da parte dell’Onu».
Alla fine l’accordo è stato trovato su tre punti, illustrati dallo
stesso Renzi, che diventeranno oggetto di un decreto sul quale il
Governo si dice pronto a chiedere la fiducia, eccoli:
1) Ridurre la settimana a quattro giorni, dal giovedì alla
domenica. «Questo ci consente un risparmio di circa 150 giorni l’anno e
inoltre quello è il periodo del weekend, in cui cioè la gente spende di
più, l’ideale per rimettere in moto i consumi», si legge nel documento
di Palazzo Chigi.
2) Portare tutti gli italiani ad evitare di pensare prima di
parlare; molti sono già sulla buona strada, mentre per i riottosi il
Governo è disposto a mettere sul piatto degli incentivi. «Come si
capisce, ogni attività risparmierebbe il 50 per cento delle risorse», è
scritto nelle note che accompagnano il decreto. «E in più si guadagna
del tempo che può essere impiegato al meglio per dire più cose, posso
testimoniarvelo di persona», ha detto Renzi.
3) Dire di essere di sinistra ma fare cose di destra. «Così si
raccolgono consensi sia di qua che di là», ha concluso il premier
allargando il sorriso e aggiungendo: «Pensa, io ho preso i voti di chi
scese in piazza per difendere l’articolo 18 e lo sto abolendo come
volevano quelli che hanno votato per anni Berlusconi. Alle prossime
elezioni faccio cappotto».
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