Giorni fa sono stato invitato a un incontro organizzato alla festa di Liberazione di Marsciano (che si trova in Umbria). L’intento del coordinatore e organizzatore della cosa, Sanni Mezzasoma – lo riassumo in maniera tranciante, Sanni spero non me ne vorrà – era di capire se e come sia possibile tornare a un dibattito pubblico depurato dalle tossine dell’insulto ormai regolarmente sferrato all’avversario e che rifuggisse dal “pensiero breve”, cioè da quella pratica molto in voga della richiesta di soluzioni a cortissimo raggio per problemi di sistema. Sanni di ‘sta cosa ne ha anche parlato su ribalta (qui il link per chi volesse leggere: https://goo.gl/X9K7er). Anche per questo Sanni ha invitato una serie di relatori molto eterogenea. Ne è scaturita una cosa a mio avviso piuttosto stimolante, solo che non so se nel complesso si sia risposto alla richiesta iniziale dell’organizzatore, anche perché – almeno per quanto mi riguarda - gli interventi di chi ti precedeva, ti spingevano a interloquire, seppure indirettamente. Così a me, che è capitato di parlare per la prima volta quando avevano già parlato tutti, è venuto di stravolgere quello che avevo in mente di dire (ma neanche poi tanto, alla fine), che è poi quello che sto per scrivere. Perché chi mi aveva preceduto, si era molto concentrato sul governo attuale, su Salvini, sui 5 Stelle e via discorrendo. Il tutto come se ci trovassimo di fronte a una situazione cristallizzata dalla quale non sembrerebbe esserci via d’uscita. Allora a me è scappata di dire una serie di cose, che cerco di riassumere qui. Ho detto che da anni ormai stiamo dentro a un frullatore che rende liquide le cose. Solo quattro-cinque anni fa Renzi sembrava destinato a governare per i prossimi trent’anni: aveva portato il Pd al 40 per cento e a momenti si apprestava a essere incoronato re. Poi è andata come è andata. Salvini, più o meno nello stesso periodo in cui Renzi pareva il padrone di tutto, faceva del tutto per saltare in sella a un cavallo che sembrava destinato a stramazzare (la Lega era ridotta al lumicino fiaccata dagli scandali); oggi la Lega potrebbe diventare il primo partito in Italia. I 5 stelle non erano niente fino alla legislatura iniziata nel 2013; oggi sono il primo partito con percentuali da Dc. Tutti questi accadimenti erano impensabili nella Prima repubblica, e pure nella seconda, che sono i periodi in cui si sono formati tutti quelli che scrivono, dibattono, elucubrano, speculano e cazzeggiano su queste cose (e questo è anche uno dei motivi per cui le cose non si mettono mai bene a fuoco). Nella prima repubblica un’oscillazione dell’1 per cento di un partito che aveva il 30, era accolta come un terremoto; nella seconda, gli equilibri, nonostante i cambi di governo, sono sempre stati più o meno quelli. Oggi no. Oggi è tutto liquido. Questo significa che Salvini che pare essere oggi uber alles, potrebbe diventare domani uno straccio che vola. E questo significa pure che ci sono ampi spazi di manovra per chi non è contento di come vanno le cose.
Ma perché c’è questa liquidità? 1) Perché non ci si batte più per alternative, le forze politiche, nonostante si insultino pesantemente a vicenda, si assomigliano assai più di quanto si pensi: sono tutte compatibili col sistema del “privato è meglio” (scusate se taglio con l’accetta); i partiti, nonostante le grida altissime, non toccano mai questioni di sistema, nessuno, almeno di quelli rappresentati in parlamento, quindi sono costretti a urlare per apparire più convinti degli altri a fare però la stessa cosa, salvo tentare di convincerci che la faranno meglio e 2) perché c’è un malcontento diffuso (la precarizzazione esistenziale, mi viene di chiamarla) che di volta in volta cerca il rappresentante più adeguato e cambia di volta in volta perché non ne trova e il precariato esistenziale resta, governo dopo governo. Perché il precariato esistenziale è una questione di sistema. E nessuno la affronta come tale.
Che fare? Ah, bella domanda! E che ne so? Io so solo che bisogna fare quello che si sa fare. Non farsi traviare dal momento. Non parlare di Salvini come di un totem destinato a rimanere lì per anni. Non lo è. Non ne è capace. I selfie da bimbominkia alla lunga non lo pagheranno. Perché oggi i precari esistenziali chiedono soluzioni, e lui non è in grado di darne (almeno dal mio punto di vista: uno che fa il ministro dell’Interno e che il 2 agosto, il 2 agosto, dico: do you remember Bologna?, si fa un selfie con una faccia che manco Albertone scrivendo: “Che caldo amici!”, dove cazzo vuole andare?). Che fare, dunque? Quello che si sa fare, dicevo. Mica Fellini quando ha fatto “8½ ” pensava al pubblico, pensava a sé, alla sua arte, e gli è scappato un capolavoro; mica Orwell quando ha scritto “1984” pensava a fare successo, soddisfaceva la sua esigenza di intellettuale, è per questo che gli è scappato un capolavoro. Per quanto mi riguarda quindi: non arrendersi al pensiero breve, approfondire con leggerezza per farsi apprezzare anche da chi non la pensa esattamente come te; tentare di comunicare che se ti mettono veleni nel piatto e nell’aria e se c’è gente che muore per trenta euro al giorno raccogliendo i pomodori con cui tu condirai la tua pasta low cost, è perché c’è gente a cui non frega un cazzo di te, della tua vita e che punta solo a fare profitto rovinando la tua, di vita, e quella di milioni di altre persone; tentare di far capire che il pareggio di bilancio in Costituzione è una bestemmia contro la cosa pubblica e costringe a restringerla, amputarla, menomarla, la cosa pubblica. E per cosa pubblica intendo sanità, istruzione (dall’asilo all’università) e progettazione delle città. Settori dove andrebbe fatto capire che il libero mercato dovrebbe essere bandito. Bandito. Questo, ho detto. Impegnarsi per come si è e come la si pensa. Non vendersi al selfismo da salvinite, malattia di corto respiro. E ho detto che non faccio solo parole, o almeno ci provo, perché con i miei compari di ribalta questo stiamo tentando di fare da due-tre anni: approfondire, non arrendersi alla disintermediazione, alla semplificazione che melmifica tutto. Perché si può costruire altro, non ci sono cose ineluttabili. Si può, non seguendo la scorciatoia dell’insulto e del pensiero breve. Ma anzi rifuggendone, perché lì si annida il male. Ecco, queste ultime due frasi non le ho dette al dibattito, erano la risposta a Sanni, ma credo che il mio punto di vista si sia capito, più o meno.
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