Sull’importanza delle scuole ci troviamo d’accordo. Sulla amputazione che rappresenta la didattica a distanza pure, soprattutto per gli alunni più piccoli e più fragili. Però.
Se si guardano i dati, i contagi quotidiani avevano ripreso a salire sopra quota mille dalla seconda metà di agosto, precisamente dal 22 di quel mese. Probabilmente si cominciavano a vedere gli effetti delle vacanze in libertà e degli assembramenti che chiunque ha potuto osservare se ha trascorso qualche giorno al mare. I nuovi positivi hanno altalenato intorno a quota mille al giorno fino al 14 settembre, giorno di riapertura delle scuole, quando i casi di contagio registrati furono 1.008 e il rapporto positivi/tamponi del 2,2 per cento. Due settimane dopo, il 28 settembre, i casi furono 1.494 (cioè già +50 per cento) e il rapporto positivi/tamponi era salito al 2,92 per cento. Se si tiene conto che la scuola è entrata a pieno regime solo dal 24 settembre, poiché in alcune regioni è stata riaperta solo quel giorno e in molti istituti che avevano riaperto il 14 c’era stato lo stop per il referendum, la data da cui è interessante partire è il 6 ottobre, cioè due settimane dopo il 24. Bene, quel giorno eravamo a 2.677 nuovi contagi con il rapporto positivi/tamponi al 2,68 per cento. Ma quello che conta è che da lì in poi la curva dei contagi ha subito un’impennata costante che ha portato ai dati di ieri, con oltre 16 mila nuovi casi e un rapporto contagiati/tamponi del 9,44 per cento.
Per quello che concerne la mia esperienza, nelle scuole si sta facendo di tutto per rispettare distanziamento e igiene. Sta di fatto che quelli sono i dati. E intorno alla scuola girano trasporto pubblico e assembramenti vari alle fermate e in altri luoghi che non aiutano. Così, sulla scuola occorrerebbe secondo me ragionare. Perché imputare tutto alla movida con dati del genere mi pare un tantino fuorviante. Distorcente della realtà quanto l’omertà che regna sul fatto che alcuni luoghi di lavoro (tipo gli stabilimenti di lavorazione della carne) sono prediletti dal covid per trasmettersi.
Detto ciò, la situazione è così delicata che francamente mi stupisco dei giudizi lapidari che sento e vedo dare su questa o su quell’altra istituzione. Mediamente nessuno è all’altezza perché questa epidemia è grave e l’unico modo per combatterla seriamente sarebbe quello di rinunciare alla socialità, che è parte del nostro essere, in attesa di cure efficaci e vaccino, con tutto quello che porterebbe una nuova reclusione soprattutto per le fasce più deboli. Altro discorso è quello dell’economia, e tralascio qui di soffermarmi sull’inumanità di un sistema economico che non tollera fermate neanche a costo della vita (ma pure su questo regna il velo dell’omertà).
Sta di fatto che così mi sembrano fuori luogo e tempo i giudizi scriteriati sul governo della Meloni e di Salvini (due che in quanto a inadeguatezza sono pressoché imbattibili), rimango perplesso su quelli senza appello che vedo attribuire nei confronti della giunta di destra della mia regione, l’Umbria. È un esecutivo inadeguato, ma non più di altri di colore diverso, a cominciare da quello nazionale, che facendo sfoggio di un integralismo da crociata ha bandito in piena pandemia il concorso per la scuola a cui partecipano decine di migliaia di persone. L’epidemia sta galoppando ovunque, il dato è questo, e tutti stiamo commettendo errori, chi più chi meno. Sarebbe bene guardare ai dati reali e mantenere il sangue freddo per cercare soluzioni più che alzare il dito per accusare chi ci sta più antipatico.
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