domenica 18 ottobre 2020

Boomerang

Ho un parente stretto che vive lontano da me in isolamento fiduciario in attesa di tampone, tre compagni di scuola dei miei figli positivi al tampone, e mi arrivano continuamente notizie di conoscenti o conoscenti di conoscenti positivi o in isolamento a loro volta. È una situazione che non avevo vissuto neanche nei mesi lugubri del blocco totale, quando c’erano morti a grappolo e andavi a fare la spesa e ti guardavi gli uni con gli altri come nemici potenziali. In quel periodo non mi era mai capitato di impattare il virus più o meno direttamente come in queste settimane, che pare la regola. Per questo, così, a naso, temo che il covid sia in circolazione molto di più oggi rispetto a qualche mese fa, al di là di quanto si palesa attraverso i numeri. Di buono c’è che la situazione negli ospedali e quella dei contagiati è mediamente migliore perché, ho letto, si sono aggiustate le cure e si tenta un minimo di tracciamento dei contatti, attività che nei primi mesi era rimasta travolta dall’emergenza. Detto questo, vivo in una regione che nell’ultima settimana ha avuto il maggior incremento percentuale di nuovi casi, e questo – noto – sta portando molti miei contatti a biasimare sindaci e amministratori regionali di destra, rei di non saper gestire la situazione. Inoltre, mi pare di osservare che l’attività di monitoraggio coi tamponi procede in maniera a volte episodica, tralasciando il controllo di contatti potenzialmente infetti o nella speranza, da parte delle autorità e delle istituzioni, che le persone si regolino da sé. Leggo e sento dagli esperti, invece, che in assenza di cure davvero risolutive e di vaccino, la cosa da fare è tamponare, tamponare, tamponare per scovare quanti più contagiati possibile e isolarli finché non tornino a essere negativi. Così, stava montando anche a me la fregola di scrivere qualcosa di corrosivo nei confronti della classe politica che sta governando la mia regione e i comuni più grandi, che, lo dico senza infingimenti, al di là della lontananza ideale che la divide da me, complessivamente non mi pare neanche cosi attrezzata tecnicamente per l’attività cui l’hanno chiamata la maggioranza degli elettori.

Allora sono andato a guardare i numeri, e però ho notato che complessivamente in Umbria dall’inizio di questa iattura sono stati effettuati un numero di tamponi equivalenti al 28 per cento della popolazione, mentre la media italiana è al 22. Nell’ultima settimana infame dal punto di vista dei numeri, da queste parti sono stati effettuati 23.926 tamponi, che equivalgono al 2,7 per cento della popolazione; un’enormità se paragonata con quella dello stesso periodo nel resto d’Italia, dove i tamponi rapportati alla popolazione sono stati l’1,5 per cento. Ancora: la Fondazione Gimbe rileva che dal 12 agosto all’11 ottobre in questa regione sono stati testati 6.109 casi ogni 100 mila abitanti (sesta regione in Italia), laddove la media nazionale è di 5.360. Detto questo, i mesi in cui il covid ha dato tregua non sono stati sfruttati per aumentare né il numero di laboratori accreditati per l’esecuzione dei tamponi molecolari né i posti di terapia intensiva.

Ci sono luci e ombre, quindi. E seppure l’attività di test non è del tutto adeguata all’emergenza, in Umbria è sicuramente oltre la media italiana. Questi sono fatti. E l’attività di test coi tamponi è la misura principale, in questa fase. Lo rilevo perché secondo me è un errore solenne criticare una parte politica che ha tutti i possibili difetti di questo mondo per una delle poche responsabilità che non ha. Occorrerebbe fare un po’ meno propaganda e più attenzione ai fatti: contribuiremmo a sanificare un livello di dibattito insano, costringeremmo una parte politica complessivamente inadatta a fare i conti con se stessa e con l’elettorato, e faremmo del bene a noi stessi, perché guarderemmo meglio le cose e magari capiremmo anche le solenni minchiate fatte, e soprattutto cercheremmo di evitarle per il futuro. E poi la propaganda becera è un boomerang che quando meno te lo aspetti ti ritorna sui denti; un po’ come il doping, che lì per lì ti consente prestazioni strabilianti, ma poi si ripresenta per riscuotere gli interessi.

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