giovedì 14 settembre 2017

Colpa vostra

Stavolta è stata Noemi, giovanissima stroncata da un giovanissimo. E allora vi esercitate su quant'è difficile l'adolescenza, quanto pericolosa è la droga, quanto rincoglionisce la televisione (e però ne avete una per stanza). Ma ieri sarà stata, che ne so?, Laura, commessa quarantenne; l'altroieri Roberta, disoccupata di venticinque anni; l'altro giorno Monica, cinquantenne bancaria divorziata; e poi ci saranno state Tiziana, Simona, Kathleen, Shamira, Michela e tutte le violentate che non si sanno, non si conoscono perché non sporgono denuncia. Ma voi vi esercitate a dare spiegazioni, concentrandovi di volta in volta sul particolare che vi assolve, sottraendovi con agile maestria alla carezza del dubbio che possa essere anche colpa vostra, che non avete capito che c'è un problema tutto maschile (e in parte femminile, quando le donne assecondano) nella violenza tra generi.
Colpa vostra, che se una sceglie di vivere da sola è perché chissà quanto si diverte a letto e chissà con quanti;
colpa vostra, che se una cambia partner due volte in un anno vi sentite autorizzati a provarci anche pesantemente perché date per scontato che ve la dia;
colpa vostra, che se una la vedete due giorni di fila con due uomini diversi allora ha scopato con entrambi anche se magari uno era il fratello e l'altro un amico gay;
colpa vostra, che se una la vedete per due volte di fila con la stessa donna allora sono due lesbiche;
colpa vostra, perché non accettate che una possa fare il cazzo che le pare con chi vuole senza essere costretta a doversi giustificare;
colpa vostra, perché esistono LE rovinafamiglie, mai I rovinafamiglie;
colpa vostra, che educate le figlie ad accudire e i figli a essere accuditi;
colpa vostra, genitori che se a scuola propongono per i vostri figli un percorso di educazione di genere insorgete “perché a scuola si va per imparare le materie che stanno nel programma e non queste cazzate!” (e poi hai visto mai che con una cosa del genere vostro figlio vi diventa frocio?);
colpa vostra, professori che ve ne fottete di tutto quello che sta al di fuori del programma;
colpa vostra, direttori di giornale che arruolate la redattrice che giudicate più avvenente per un servizio importante, invitandola a sfoderare tutto il suo fascino per carpire la notizia al politico che sapete essere sensibile a certe cose;
colpa vostra, dirigenti d'azienda che invitate con una scusa qualsiasi la giovane neoassunta nel vostro ufficio per palparle il culo;
colpa vostra, femminelle che sfoderate la coscia e l'ammiccamento migliore col vostro capo per accattivarvelo;
colpa vostra, che augurate alla Boldrini di essere “stuprata da quattro negri” e quando succede che quattro neri violentano qualcuno allora vi indignate e date la colpa alla Boldrini “che li ha fatti entrare”;
colpa vostra, che le donne esistono solo se sono le vostre;
colpa vostra, che sono tutte puttane e proprio ieri sera avete pagato una disgraziata per scopare;
colpa vostra, che è sempre colpa degli altri, dei politici che eleggete, dei programmi televisivi che guardate;
colpa vostra, che vi sottraete alla carezza del dubbio e quando uno vi prende a schiaffi, come adesso, vi scandalizzate e gli puntate il dito contro: “Esagerato!”.

venerdì 8 settembre 2017

Il peggismo

Per converso, a rigor di logica, quelli che utilizzano l'aggettivo "buonista" come insulto, dovrebbero prediligere il cattivismo. E sono gli stessi che esecrano il "politicamente corretto", ed esaltano le riconquistate libertà di pensiero e di parola conculcate in decenni di oscurantismo "correttista", dando sfogo a opinioni ed espressioni di cui fino a qualche lustro fa ci si vergognava e si aveva pudore nell'esprimerle; perché erano socialmente deprecate (da una società buonista, politicamente correttista e, va da sé, a larga egemonia cattocomunista) e perché era quindi sconveniente manifestarle pubblicamente.
Alcuni esempi: i lavoratori rendono meglio se il loro posto non è a tempo indeterminato e se non hanno troppe garanzie, così la mancanza di sicurezza li porta a dare il meglio di sé; le donne è meglio se stanno a casa, ché se le assumi poi si mettono a fare figli e ti tocca pure pagargli la maternità; gli immigrati meglio costringerli a rimanere in Africa, magari pagando mercenari che li rinchiudano in campi di concentramento, piuttosto che accoglierli qui.
I rivalutatissimi e molto in voga cattivismo e politicamente scorretto, mescolati, danno dunque vita al "peggismo", cioè a una rivalutazione del brutto, anzi, all'ostentazione del brutto, dello scomodo, dello scadimento; all'esortazione ad abbandonare qualsiasi ricerca di miglioramenti con la giustificazione che questi sono impossibili da raggiungere, e che anzi anelare ad essi sia l'inizio della fine. Meglio accontentarsi, anzi puntare al peggio, che è garanzia di raggiungimento dell'obiettivo, perché se punti al meglio, è il sottinteso, rischi di perdere anche il poco che hai; non solo: di quel poco, conviene subito rinunciare a una parte per evitare ritorsioni da parte del destino (i peggisti ammantano tutto di fatalismo, non ci sono mai donne, uomini e interessi in gioco, ma forze che sono sovranaturali, e tutto non ha alternativa).
Si tratta di una tendenza che nonostante il livello altissimo di sadomasochismo sociale insito in essa, sta prendendo il sopravvento grazie alla raffinata regia e ai potentissimi mezzi dei pochi che guadagnano dalla sua propalazione, a una nutrita schiera di agit prop, e anche in virtù della apoditticità di cui è sapientemente ammantata ad arte, il che le conferisce un che di drammaticamente ineluttabile. È un capolavoro che porta all'accettazione da parte degli sfigati (una volta si sarebbe detto dei subalterni) della loro condizione come immutabile, naturalmente data; all'accettazione dell'invito a litigarsi le briciole con chi sta come e peggio di te. Una tendenza di cui si possono intravedere alcuni possibili sviluppi.
Meglio Gigi D'Alessio, molto più alla mano, che i Rolling Stones.
Meglio la pasta in bianco, più salutare, che la carbobara.
Più genuina Daniela Santanchè di quanto fosse Nilde Iotti, radical chic ante litteram.
Renzi capisce la società in cui vive meglio di quanto seppe fare Pietro Ingrao.
Fellini tutto sommato non è stato importante quanto Nando Cicero, che ha parlato agli italiani più veri e senza infingimenti intellettualoidi.
Pasolini? Che palle! Vuoi mettere Sgarbi?
Le ferie annoiano, meglio lavorare tutto l'anno.
"Il grande fratello" è più movimentato di Canzonissima.
Calcutta diverte, Nick Cave è deprimente.
Quando c'era lui, tutti filavano dritti (ah no, questa l'hanno sempre detta).

giovedì 10 agosto 2017

La risposta

Allora, giorni fa con un amico condividevamo questa cosa, ché siamo abbastanza grandi per ricordarla. Quando da piccoli ci spiegarono e fecero studiare cosa furono il nazismo, l'olocausto e il fascismo, noi, impressionati e in un'epoca in cui tutto l'orrore che ci raccontavano era più vicino cronologicamente ma assai più lontano come scenario realizzabile, ci chiedevamo spaesati come fosse stato possibile tutto quello sotto gli occhi, e spesso con il consenso a vari gradi e livelli, di milioni di persone.
Oggi purtroppo abbiamo la risposta in tempo reale con il rovesciamento dei significati delle parole, delle responsabilità, dello stesso senso dell'umano: chi cerca speranza giocandosi la vita e affrontando le peggiori vessazioni va lasciato alla sua sorte perché minaccerebbe la nostra (che poi è quella di sfigati sacrificati al precariato esistenziale) che stiamo sulla sponda fortunata del mare; chi salva vite è un "estremista umanitario", un sovversivo da perseguire perché in combutta coi delinquenti. Chi pensa, scrive e dice queste cose, oggi è un buonista, ieri era un disfattista, perché ogni epoca ha i suoi epiteti anche se la sostanza non cambia. Sembra quasi che Orwell abbia scritto 1984 guardandoci, leggendo gli editoriali che ci tocca leggere a noi, le dichiarazioni nauseabonde che ci vengono ammannite quotidianamente e a cui ci siamo assuefatti.
Cos'erano gli ebrei, gli oppositori politici ai nazifascisti, i gay e gli zingari, se non umani di serie B, pericolo di cui liberarsi come oggi lo sono i migranti?, cos'erano i partigiani se non banditen, come i valorosi che oggi salvano vite in mare e vengono sequestrati nei porti?, e cos'era chi rischiava la vita salvando vite, se non una minaccia da perseguire, risarcita solo poi con medaglie postume e intitolazioni di piazze e vie?
Il nazismo, il fascismo, l'olocausto non sono stati eventi improvvisi. Sono stati esito di processi covati per anni; di incapacità, di irresponsabilità delittuose di classi dirigenti e di un popolo trasformato in plebe aggressiva verso i deboli; di un progressivo scivolamento verso il basso che ha travolto di giorno in giorno, di atto in atto, di dichiarazione in dichiarazione, il senso della convivenza civile.
Oggi purtroppo, scivolando noi, abbiamo la risposta che da bambini e ragazzini non sapevamo darci. Ce l'abbiamo sotto gli occhi. E sarebbe il caso di tentare di mettere un freno alla slavina affinché tra qualche decennio, chi verrà, non si trovi ad abitare in via delle vittime della migrazione, o in via Medici senza frontiere, o magari in via dei buonisti.

sabato 10 giugno 2017

Perugia 1416, come una palma al polo nord


Questa rimarrebbe una storia di provincia, viste le quisquilie di cui si tratta, se non rappresentasse il sintomo più generale di una mancanza di prospettiva e profondità che ha assalito le amministrazioni a tutti i livelli, dal più basso al più alto.
Questa è la storia di un’amministrazione che governa un comune di 166 mila abitanti, la quale decide di investire una discreta somma di denaro su un evento che avrebbe lo scopo “di rafforzare l’identità della città di Perugia facendo leva sulla memoria del proprio passato per promuovere anche il proprio futuro” - come si legge nella delibera di giunta che ha assegnato lo scorso anno 100 mila euro a “Perugia 1416 – Passaggio tra Medioevo e Rinascimento”, un’associazione di cui lo stesso comune è tra i fondatori - per celebrare la città con appuntamenti di questo calibro (le citazioni sono testuali): “Scene di vita medievale”, “Spettacolo di spade infuocate”, “Santa Messa per i rionali con benedizione dello stendardo”, “Giochi di una volta”, cene rionali e “mostra-mercato degli antichi mestieri”.
Non ci sarebbe niente di male, se la questione investisse uno di quei paeselli che s’inventano anche la sagra dell’uomo ragno pur di racimolare qualche soldo e vedere qualche anima che venga da fuori a popolarli. E non ci sarebbe niente di male neanche se la cosa avvenisse a Perugia, ma fosse promossa solo da uno di quei gruppi col pallino delle rievocazioni.
Invece, per capire di cosa stiamo parlando, va divulgato a chi non lo sapesse che in questi giorni chi si trova a passare per la home del sito istituzionale del comune di Perugia, si trova in faccia la foto che vedete; ancora, tanto per capire, occorre sapere che oltre ai centomila euro devoluti all’associazione per l’organizzazione dell’evento, il Comune si è fatto carico quest’anno, finora, di altri 30 mila euro di spesa, impiegati per la stampa del materiale pubblicitario, per la pubblicità che compare praticamente su tutti i muri della città, per il noleggio dei bagni chimici e per l’assegnazione della regia artistica (15 mila euro, solo quest’ultima).
Non ci sarebbe niente di male neanche se l’evento, al di là del suo dubbio spessore, investisse davvero la città recuperandone un pezzo di storia sentito dai perugini. Invece, tanto per dire, nel sito di “Perugia 1416”, si trova anche il link “Scopri il tuo rione”; ora, anche qui, per capire di cosa stiamo parlando, se provate a dire a un senese: “Scopri il tuo rione”, ben che vada vi ritrovereste davanti a una sequela di insulti: “Ciccio, tu vieni a dire a me di scoprire il mio rione?!”. Invece ai perugini occorre dirlo, “scopri il tuo rione”, perché il rione non è un’entità territoriale sentita; perché Perugia 1416 non esiste nella coscienza dei residenti; e perché questo è un evento che ricorda un po’ il tentativo di trapiantare una palma al polo nord: si estinguerà da sé, non attecchirà mai, neanche a investirci soldi, come se ne stanno investendo. Perugia 1416 non diventerà mai il Palio di Siena perché il palio scorre nel sangue dei senesi; e perché manifestazioni del genere non nascono un giorno del XXI secolo perché a qualche esponente istituzionale viene la fregola della riscoperta storica; certe cose si respirano per strada, salgono su dai sampietrini, coinvolgono masse, profumano di storia vissuta e sentita.
Per tutti questi motivi Perugia 1416 assomiglia più a una sagra paesana che al Palio di Siena.
Ma siccome non si può dubitare della buona fede dell’amministrazione che tanto ci investe, occorre dire all’amministrazione, qualora le interessi,che c’è una Perugia ampia, trasversale e si può anche dire, osando, maggioritaria, che di roba come questa non sa che farsene. E che anzi giudica questa iniziativa come una metafora della deriva, dell’azzeramento di una visione di medio-lungo periodo. Che tono si dà Perugia, una città con due università, una città in cui tutti gli anni si celebra uno dei festival jazz più importanti del mondo; una città in cui ha preso piede un festival del giornalismo letteralmente internazionale; una città che fa da cornice a un festival della letteratura in lingua spagnola di respiro anch’esso planetario? Che direzione vuol far prendere a questa città un’amministrazione che investe per scimmiottare il Palio di Siena e si ritrova tra le mani una sagra paesana? Che sviluppo ha in testa una giunta che profonde tanto impegno per una cosa che non attecchirà mai e sta seduta al vertice di una delle più importanti città d’Italia?