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sabato 23 febbraio 2008

Un'altra cosa che non farò

Ora confesso un disagio. O meglio svelo un obiettivo che raggiungere dipende solo da me ma che non riesco a centrare. Come uno che pur detestando ogni sigaretta che accende non riesce a smettere di fumare; come chi non sa trattenersi a tavola pur sapendo di aver già ingurgitato una quantità di calorie sufficiente a star bene senza mangiare per i tre giorni successivi. Eccolo: quando mi capita di andare su blog altrui che non ho mai visitato prima, una tra le prime cose che vado a guardare dopo l'ultimo post sono - quando ci sono - le preferenze letterarie e musicali. Così mi faccio un'idea, testo le potenziali affinità. E mi ripropongo di volta in volta di farlo anch'io nel mio blog. Così, per dare una traccia di me, mi dico. Poi, quando mi metto a pensarci sopra, mi vengono in mente tante di quelle cose da portarmi alla rinuncia a farne un elenco. E poi se metti insieme - così, per dire i primi che mi vengono in mente - i Primus e Ludovico Einaudi, i Pixies e i Sigur Ros, Keith Jarrett e i Marlene Kuntz, i Subsonica e Giovanni Allevi, i Jane's addiction e Vinicio Capossela, cosa vuoi che capisca la gente di te? Al massimo che sei schizofrenico. Invece no. Pensateci bene: perché in una biblioteca qualsiasi libro può essere accostato a qualsiasi altro (tranne forse i romanzi harmony, ma lo dico per pregiudizio perché non ricordo d'averne mai letti) e in musica se svari in campi diversi rischi di raccogliere insulti? (qui l'ultimo degli esempi in cui sono incappato)? E' che per quanto mi riguarda, andando avanti con l'età ti rendi conto che è assai difficile mettere recinti alle cose umane come riuscivi a fare nella furia giovanile. Ad esempio: quando cominciò a riscuotere successo con roba tipo Gimme five ed E' qui la festa, io bollai Jovanotti e chi ascoltava la sua musica come scemotti da quattro soldi immersi nella plastica degli anni Ottanta. Poi, col tempo, ho imparato ad apprezzare delle cose di Lorenzo Cherubini, pur non diventandone un fan, prendendo a mia volta la mia dose di critiche. Da poco ho anche scoperto che una persona che mi pare dire cose a volte brillanti e spesso ragionevoli è cresciuta col mito di Jovanotti. Allora penso che alcune vicende sono sempre più complesse di come te le immagini, mentre altre sono infinitamente più semplici degli scenari complicati che ti costruisci. E penso che l'obiettivo di piazzare in bella mostra una lista qui a fianco non l'ho mai raggiunto e non lo raggiungerò mai perché non voglio raggiungerlo. Primo perché dimenticherei tanto, secondo perché riuscirei immediatamente antipatico a qualcuno, meno ad altri e complicato ad altri ancora. Farei quest'effetto a prescindere da ciò che scrivo, penso o faccio. Ma semplicemente perché ascolto e leggo. Starò pure in qualche recinto, ma preferisco che chi viene da queste parti si sforzi di cercare da solo il filo spinato invece di fornirglielo.
Hai da accendere, Akille

venerdì 27 settembre 2013

Successione di Berlusconi, concorso internazionale

Al di là delle schermaglie sull'agibilità politica di Berlusconi, il gruppo dirigente del Pdl ha ormai capito che per l'anziano leader ci sarà poco da fare e occorrerà trovare qualcuno in grado di sostituirlo degnamente. Per questo è stato bandito un concorso internazionale mediante il quale verrà selezionato il successore.

I requisiti per partecipare sono i seguenti: ricordarsi di pronunciare il sostantivo «libertà» almeno una volta ogni 150 parole (anche a casaccio va bene, tipo: «Angelino, zitto e non rompere. Libertà»); dimostrare di saper cantare, accompagnati anche da un mediocre strumentista, almeno due-tre melense canzonette del secolo scorso e trovare qualche decina di persone disposte ad ascoltare adoranti (anche pagandole va bene); promettere conquiste mirabolanti e saper trovare sempre qualcuno cui attribuire la responsabilità per non essere riusciti nell'impresa; se superati i 60 anni, ricorrere al chirurgo plastico almeno una volta ogni 24 mesi.

Le candidature stanno arrivando da ogni parte del mondo, anche con sponsor di rilievo, ecco le principali.

Ross Perot. Miliardario texano, si presentò alle presidenziali degli Stati uniti nel 1996. Ha motivato così la sua candidatura in una lettera inviata alla commissione del Pdl: «Mi annoio tanto. Ho 83 anni e comincio a perdere colpi ma non credo che per voi questo sia un problema. È vero, ho perso le elezioni negli Stati uniti, ma con gli italiani è un'altra cosa, sono convinto di poter riuscire. Alla chirurgia plastica non ci credo, però se insistete posso fare lo sforzo di presentarmi in pubblico con una bandana in testa. Inoltre ho tanti soldi, così se voi non trovaste locali adeguati per riunirvi, posso impegnarmi fin d'ora a comprare quattro-cinque ville e palazzi sparsi per l'Italia dove poterci incontrare. Infine: non so cantare, ma sono in grado di pagare per procurarmi un cantante vero da mettere dietro le quinte e riempire un teatro di pubblico osannante mentre io vado in playback».

Mubarak. La candidatura dell'ex presidente egiziano ha fatto il miracolo: è stata avanzata al Pdl da un arco di forze che ha messo insieme i Fratelli Musulmani, l'ex presidente Morsi e quello attuale, Adli Mansur, salito al potere dopo la deposizione forzata dello stesso Morsi. L'obiettivo comune a tutte le parti è liberarsi di una presenza ingombrante, e la destinazione italiana per Mubarak è parsa a tutti la più appropriata: «Sì, sappiamo che non è il massimo – hanno scritto gli egiziani nella lettera di accompagnamento della candidatura – ma almeno in un'eventuale campagna elettorale lui può sfruttare l'argomento di aver saldato il suo debito con la giustizia. Inoltre, se ci accordiamo, potremmo convincerlo a venire a testimoniare presso le vostre autorità che lui è veramente lo zio di Ruby; v'immaginate che colpo?».

Gigi D'Alessio. Il suo punto di forza è che canta e suona senza neanche bisogno di un Apicella che l'accompagni. «E poi – ha scritto alla commissione – sono una garanzia: sono anni che faccio dischi di una bruttezza sconcertante ma che vengono acquistati inspiegabilmente da migliaia di persone. Sono quello che ci vuole per voi».

Maria De Filippi. La sua candidatura è perorata dal marito, Maurizio Costanzo: «Se programmi come “C'è posta per te” e “Amici” sbancano gli ascolti, ci sono spazi elettorali immensi per Maria», ha scritto il presentatore alla commissione. Poi la minaccia: «Se non la prendete voi, farò in modo che il prossimo anno presenti il Festival di Sanremo».

Anche il Pd avrebbe timidamente mostrato interesse a dare una mano al Pdl alla ricerca di un leader, ma la candidatura è stata bocciata dalla commissione perché accompagnata da una lettera eccessivamente laconica. C'era scritto: «Vi prestiamo Giuseppe Fioroni, che ne dite?».

Il Pdl rimane però in preda a uno strano fermento. Alla commissione che sta vagliando le candidature appena elencate, composta dalle colombe Cicchitto, Quagliarello e Alfano, si vanno sempre più esplicitamente contrapponendo i falchi Santanchè, Verdini e Carfagna. Questi ultimi sarebbero orientati a scegliere il successore di Berlusconi attraverso un'edizione speciale del Grande Fratello per la quale sarebbero già stati selezionati, in ossequio ai meriti conseguiti nei rispettivi campi, i seguenti protagonisti: Homer Simpson, Rocco Siffredi, la strega di Biancaneve (per rispettare le quote rosa), il Gabibbo e Federico Moccia. «Tutta gente che potrebbe avere un appeal decisivo nei confronti del nostro elettorato – ha commentato Santanchè in una dichiarazione uscita contemporaneamente sul Giornale e su Cronaca Vera – altro che le mammolette di Cicchitto».


martedì 30 aprile 2013

I partiti alla prova della fiducia


Dopo una serrata discussione le anime del Pd hanno ritrovato l'unità sulla fiducia a Letta, ma il partito è stato sull'orlo della scissione durante l'ultima direzione. La bagarre si è scatenata quando i dalemiani hanno presentato una mozione con cui chiedevano di abbassare le tapparelle perché in sala entrava troppa luce. «Così non riesco a concentrarmi», ha motivato Anna Finocchiaro in sede di dichiarazione di voto con gli occhi coperti da un paio di Ray-Ban a goccia. «Il nostro dibattito dev'essere alla luce del sole - è stata la risposta piccata del renziano Gentiloni che in gesto di sfida si è sfilato i suoi di occhiali, che però sono da vista - se volete continuare a tramare nell'ombra fondate un vostro partito, per la sede vi lasciamo gli scantinati, tanto lì non ci sono finestre, ma vi assumerete voi la responsabilità della scissione». La mediazione è stata raggiunta su un testo della fassiniana Marina Sereni: «Tapparelle a metà», è stato il compromesso votato all'unanimità mentre Gentiloni veniva portato via in ambulanza dopo aver centrato con la fronte, non avendolo visto, uno degli stipiti dell'uscita di sicurezza.
L'altro nodo è stato quello relativo al segretario del Pdl. «Certo che Alfano nello stesso governo accanto alla Bonino non si può proprio guardare eh...», ha commentato il veltroniano Walter Verini. «No, non ci sto – ha replicato il giovane turco Orfini – basta con questi scivolamenti a destra, Alfano non si può guardare proprio, neanche quando sta da solo». E su questo il partito si è ricompattato, anche se Verini si è astenuto al momento del voto.
Nelle stesse ore anche a palazzo Grazioli si vivevano attimi di tensione sciolti solo con l'intervento di Berlusconi. «E vai, farò il ministro un'altra volta», commentava un incontenibile Alfano sfregandosi le mani. «Ora sentirai quante gliene dico a quei quattro comunisti che staranno con me al governo». Dapprima è stato Verdini a smorzare l'entusiasmo: «Sei proprio un bischero eh, non hai capito niente anche stavolta». Poi c'ha pensato Berlusconi: «Angelino, ci siamo messi d'accordo capito? Niente più processi per me, niente più comunisti in giro, ok? E poi l'hai visto Letta? A parte il fatto che io ho più capelli e lui scopa di meno, siamo abbastanza simili no?».
A Genova invece Casaleggio ha bloccato Grillo quando, alla notizia dell'accordo raggiunto tra Pd e Pdl, il comico stava stappando una bottiglia di champagne fatto arrivare appositamente dalla Francia. «Beppe, missione compiuta, è vero. Ma prima di brindare faccio scrivere sul blog un bel post contro l'inciucio, almeno i militanti sono contenti e Crimi e Lombardi lo leggono ed evitano di telefonare per sapere cosa devono dire ai giornalisti».
Resta a guardare la Lega. «Collaboreremo solo se saranno accettate le nostre richieste», ha detto Maroni. Le richieste? Eccole: estromissione immediata dal governo e lapidazione nella pubblica piazza dell'attuale ministro per l'integrazione, l'italo-congolese Cecile Kyenge; uscita dall'euro e ritorno alla svanzica, la moneta utilizzata nel Lombardo-Veneto; via libera del ministero della Salute a un ciclo di trattamenti sanitari obbligatori per Umberto Bossi e i suoi famigliari.