Dopo una serrata discussione le anime
del Pd hanno ritrovato l'unità sulla fiducia a Letta, ma il partito
è stato sull'orlo della scissione durante l'ultima direzione. La
bagarre si è scatenata quando i dalemiani hanno presentato una
mozione con cui chiedevano di abbassare le tapparelle perché in sala
entrava troppa luce. «Così non riesco a concentrarmi», ha motivato
Anna Finocchiaro in sede di dichiarazione di voto con gli occhi
coperti da un paio di Ray-Ban a goccia. «Il nostro dibattito
dev'essere alla luce del sole - è stata la risposta piccata del
renziano Gentiloni che in gesto di sfida si è sfilato i suoi di
occhiali, che però sono da vista - se volete continuare a tramare
nell'ombra fondate un vostro partito, per la sede vi lasciamo gli
scantinati, tanto lì non ci sono finestre, ma vi assumerete voi la
responsabilità della scissione». La mediazione è stata raggiunta
su un testo della fassiniana Marina Sereni: «Tapparelle a metà», è
stato il compromesso votato all'unanimità mentre Gentiloni veniva
portato via in ambulanza dopo aver centrato con la fronte, non
avendolo visto, uno degli stipiti dell'uscita di sicurezza.
L'altro nodo è stato quello relativo
al segretario del Pdl. «Certo che Alfano nello stesso governo
accanto alla Bonino non si può proprio guardare eh...», ha
commentato il veltroniano Walter Verini. «No, non ci sto – ha
replicato il giovane turco Orfini – basta con questi scivolamenti a
destra, Alfano non si può guardare proprio, neanche quando sta da
solo». E su questo il partito si è ricompattato, anche se Verini si
è astenuto al momento del voto.
Nelle stesse ore anche a palazzo
Grazioli si vivevano attimi di tensione sciolti solo con l'intervento
di Berlusconi. «E vai, farò il ministro un'altra volta»,
commentava un incontenibile Alfano sfregandosi le mani. «Ora
sentirai quante gliene dico a quei quattro comunisti che staranno con
me al governo». Dapprima è stato Verdini a smorzare l'entusiasmo:
«Sei proprio un bischero eh, non hai capito niente anche stavolta».
Poi c'ha pensato Berlusconi: «Angelino, ci siamo messi d'accordo
capito? Niente più processi per me, niente più comunisti in giro,
ok? E poi l'hai visto Letta? A parte il fatto che io ho più capelli
e lui scopa di meno, siamo abbastanza simili no?».
A Genova invece Casaleggio ha bloccato
Grillo quando, alla notizia dell'accordo raggiunto tra Pd e Pdl, il
comico stava stappando una bottiglia di champagne fatto arrivare
appositamente dalla Francia. «Beppe, missione compiuta, è vero. Ma
prima di brindare faccio scrivere sul blog un bel post contro
l'inciucio, almeno i militanti sono contenti e Crimi e Lombardi lo
leggono ed evitano di telefonare per sapere cosa devono dire ai
giornalisti».
Resta a guardare la Lega.
«Collaboreremo solo se saranno accettate le nostre richieste», ha
detto Maroni. Le richieste? Eccole: estromissione immediata dal
governo e lapidazione nella pubblica piazza dell'attuale ministro per
l'integrazione, l'italo-congolese Cecile Kyenge; uscita dall'euro e
ritorno alla svanzica, la moneta utilizzata nel Lombardo-Veneto; via
libera del ministero della Salute a un ciclo di trattamenti sanitari
obbligatori per Umberto Bossi e i suoi famigliari.
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