giovedì 25 febbraio 2010

Può succedere

Che nella fretta della mattina in mezzo al traffico freni in ritardo, tamponi e fai un piccolo danno all'auto che ti sta davanti. Niente di che. Fai un cenno di scusa, il tipo davanti prosegue, ti capisci al volo con lui: non è il caso di bloccare il traffico per una cosa del genere, ché la strada è stretta. Pochi metri più in là, accostate entrambi, scendete dai rispettivi mezzi, tu chiedi nuovamente scusa, lui allunga la mano, ve la stringete e sorridete l'uno all'altro e poi constatate insieme che alla tua macchina non è successo nulla mentre alla sua tu hai spaccato il paraurti posteriore.
Tu dici: - Non so, portala da qualcuno e ti pago il danno oppure faccio la denuncia all'assicurazione.
Lui risponde: - Ma guarda, la macchina è vecchia, devo anche cambiarla, vedo come si può rimediare in una maniera poco costosa.
Tu replichi: - Oh, grazie. Vabbè guarda, ti lascio il mio numero e fammi sapere.
Lui: - Ok ma oggi non credo di fare in tempo.
Tu: - Comunque qui mi trovi sempre.
Risali in macchina. Tua figlia che stai accompagnando all'asilo ti chiede: - Che è successo? Tu glielo spieghi e non glielo dici ma sei contento che abbia assistito a una scena del genere. Ché non è mica scritto da nessuna parte che ci si debba mordere a vicenda. Quello lo fanno i cani. Ma spiegarglielo a voce dice poco, farglielo vedere è un'altra cosa.

lunedì 22 febbraio 2010

Alti e bassi

Non credo alle semplificazioni, quindi non credo che nella popolarità di Sanremo ci sia solo un che di basso, per così dire. Però condivido quello che scrive stamattina Michele Serra su Repubblica (qui un estratto); cioè che Sanremo è una cosa fabbricata ad uso e consumo della fascia più bassa di pubblico, quella più indifesa perché meno conosce altri linguaggi che non siano quelli della tv e quindi pronta a cibarsi di questi perché portata a credere che siano gli unici possibili. E nel mio piccolo so che c'è stato almeno un televoto per la straordinariamente brutta canzone di Pupo, Emanuele Filiberto e il tenore, che è arrivato da una persona che la musica non sa dov'è di casa - nel senso che questa persona non compra dischi, non ascolta radio e se gli capita  di sentire qualcosa, sono le note che arrivano dai jingle pubblicitari e, una volta l'anno appunto, Sanremo -. Non si tratta di una persona ignorante, o di fascia bassa bassa: s'informa, legge, è attiva socialmente. Solo che la musica non sa dov'è di casa. Però ha televotato. E al di là dello spingermi a chiedere cosa può muovere una persona non avvezza né con la musica né con gli sms, a prendere in mano il telefonino per esprimere una preferenza su una canzone di rara bruttezza, mi sono fatto una ragione degli esiti del televoto. E non solo.Credo d'aver capito che ci sono differenze oggettive tra chi ha pratica con alcune cose e chi no. Non è vero che siamo tutti uguali: c'è chi ascolta musica, tanta, e chi non ne ascolta e pur non sapendone nulla, o molto meno di chi ne ascolta, concorre a definire i vincitori di quello che a torto viene indicato come il festival della canzone italiana. No, la canzone italiana e assai meglio di come la vorrebbero dipingere. E non perché sia granché (la canzone italiana, intendo), ma perché è proprio basso il livello delle canzoni del festival.

venerdì 19 febbraio 2010

Ci provo anch'io

L'ho ormai visto da diverso tempo ma come tutte le cose grandi, è difficile confrontarcisi. Però ho deciso di farlo aiutandomi e citando amarotico, perché sì, sono d'accordo, Avatar è "un'esperienza lisergica", che esci dal cinema e sei gonfio di tutto e ti rimbalza dentro tutto per ore, per una notte intera e la mattina dopo ti svegli di buon umore e dopo aver messo a fuoco il perché, dici ancora: che bello. E lo faccio citando anche Giovane cinefilo, perché Avatar è proprio "un film che stai a guardare dall'inizio alla fine con gli occhi e la bocca e il cuore spalancati, sognando di trasferirti tra le foreste di Pandora, sognando di volare, di volare a cavallo di draghi multicolore dannazione!, sognando di fonderti con la natura, con le maledette piante!, di sentire pulsare dentro il tuo corpo le voci dei tuoi antenati, dei tuoi simili, di tutti i popoli a venire". Ecco però, detto della maestà dell'opera, sarei ipocrita se non dicessi che i temi toccati non sono del tutto inediti. Archetipici, sostiene Giovane cinefilo. Forse sì. Però ecco, in questo senso non è che scopri la rivoluzione se per esempio hai amato Balla coi lupi. Eppure sei in grado di dire ancora, a distanza di giorni e giorni: che bello. E non vedi l'ora di rivederlo.

La terza cosa su Sanremo

Ho appena scoperto che non sapevo che nel 1987 a Sanremo era successo questo. E dire che, seppure li amo ancora, all'epoca gli Smiths li amavo con la foga dei vent'anni. Eppure li persi.

Un paio di cose su Sanremo

La prima: scoprirti - dopo la mezzanotte, quando sei davanti alla tv da mezz'ora scarsa e ascolti il quarto pezzo dei giovani - mentre dici a te stesso: "Strano, finora nessuna canzone da dire: che schifo proprio". La seconda: avvertire i brividi perché sì, la sigla finale del festival è proprio Hoppipolla dei Sigur Ros (anche se la cosa pare abbia dato luogo alle solite polemiche festivaliere).

mercoledì 17 febbraio 2010

Non solo plastica

Non condivido il giudizio sulla presunta bontà della notizia da cui prende le mosse (Sade prima nelle vendite su iTunes in Italia, Inghilterra e Stati uniti), perché non credo che sia solo dalle vendite che si possa giudicare la musica. Però è vero quello che sostiene Luca Sofri qui: eravamo giovani e forse (anzi, sicuramente) un po' fessi, negli anni Ottanta. Eppure ne siamo usciti vivi. Perché vivevamo dei vent'anni che avevamo. Forse come generazione ci stiamo ancora sotto e per dirla con Agnelli, vivi non ne siamo usciti. Ma individualmente siamo cresciuti bene; conosco diversi esemplari in grado di suffragare questa mia tesi. Personalmente non ascoltavo Gazebo e Howard Jones, e piuttosto che Style Council, Everything but the girl e Working Week, citerei Alarm, Cult e Big Country tra i preferiti. Ma questi sono dettagli, perché il succo è che "gli anni Ottanta sono stati meravigliosi, per noi. Ci siamo divertiti. Siamo cresciuti. Abbiamo imparato un sacco di cose. E sentivamo pacchi di musica", anche se intorno tutto cominciava a diventare di plastica.

martedì 9 febbraio 2010

Tre euro

"Mio padre si è ucciso con un colpo di pistola: quel giorno sono nate la mia depressione e la mia follia". Camicia a papillon Just Cavalli, anello Delfina Delettrez.
PS: questo post mi è costato 3 euro, vale a dire il costo del giornale nel quale è contenuta l'intervista-scandalo che ha comportato l'esclusione di Morgan dal festival di Sanremo. Lo stavo sbirciando mentre facevo la fila alle casse del supermercato senza la minima intenzione di acquistarlo. Quella che avete appena letto è una delle didascalie di una delle foto che accompagna l'intervista. Quando l'ho letta, ho dovuto comprare il giornale per riportarla fedelmente qui, non avevo carta e penna.

mercoledì 3 febbraio 2010

D'istinto

Oltre che perché penso sia un ottimo musicista, a vedere le persone che sono insorte contro Morgan per la questione dell'uso di droga mi viene istintivamente da stare dalla sua parte.

sabato 23 gennaio 2010

Via quella calcolatrice

Avviso ai dalemiani: questo post può nuocere gravemente al vostro stato d'animo.
Per questa cosa avevo pensato inizialmente di utilizzare l'espediente retorico della lettera. Tipo: caro Massimo D'Alema, eccetera. Poi ho riflettuto, perché anche i comuni mortali riflettono, a volte: D'Alema non ha tempo e voglia di ascoltare i suoi, figuriamoci se si perderebbe a leggere un blog insignificante, ammesso che lo conoscesse o ci si imbattesse navigando, al computer intendo, ché si naviga anche da lì, non solo in barca. Sarà pure un espediente retorico, quello della lettera, ma il risultato potrebbe essere grottesco, mi son detto. Allora ho ripiegato sulla classica forma del post. E avrei potuto cavarmela anche come ha fatto Jena ieri sulla Stampa, ma seppure alle elementari la maestra mi lodava per il mio senso della sintesi, ultimamente tento a dilungarmi, ché forse quel senso, crescendo, l'ho perso diventando pesante e barboso. E poi, particolare non secondario, non sono Jena. E' che al di là dell'espediente retorico, sarei però proprio curioso di sapere cosa può spingere uno che stava per diventare ministro degli Esteri dell'Ue a fare macchina indietro fino in Puglia, stabilirvisi per una settimana per batterla palmo a palmo a fianco di un candidato alle primarie, Boccia, che ha già perso cinque anni fa nella medesima occasione (la scelta del candidato di centrosinistra alla presidenza di quella regione) e con il medesimo avversario (Vendola). Ma a ben vedere non sono le domande che m'interessano, perché stavolta ho quasi una certezza. Anzi, diverse. Che Massimo D'Alema è una risorsa per il centrosinistra, ad esempio. A patto che gli passi la voglia di fare il leader. Semplicemente perché non ne ha la statura. Tanto che non lo è mai diventato, essendo stato al massimo un capocorrente. Ottimo, ma pur sempre capo corrente. E quando un capocorrente si mette in testa di fare il leader non avendo le carte per raggiungere l'obiettivo, il risultato è che s'inceppa il meccanismo del quale fa parte. E infatti il Pd è nato inceppato, così come il Pds s'inceppò quando l'astro di D'Alema cominciò a brillare più del dovuto e così come i Ds sono stati quello che sono stati e si sono trovati costretti a cambiare in fretta nome anche perché nati sotto la luce di quell'astro. Poi non è che D'Alema sia la ragione dei mali del centrosinistra, per carità. Però una qualche responsabilità ce l'avrà pure, visto che balla da vent'anni in prima fila. Del resto, se uno ti chiede a bruciapelo cosa ricordi di D'Alema, che ti viene in mente? I cattivi ti risponderebbero: gli inciuci. A me, che sono buono, vengono invece in mente i dualismi con i suoi. Con Occhetto, con Veltroni, con Prodi. E oggi con Vendola. Come quei numeri dieci che si trovano sempre qualcuno davanti. Come Del Piero. Grande. Ma un gradino più giù di Baggio prima e di Totti poi, che il 10 gliel'hanno sfilato entrambi in Nazionale. Ecco, l'altro problema di D'Alema è che davanti a sé non ha mai trovato un Baggio e un Totti che lo posizionassero nella sua dimensione congeniale. Quella cioè di un ottimo politico, un buon ministro degli esteri, magari, che non può però essere la guida del suo schieramento o del suo partito. Ma fin qui si tratta di dettagli. Il punto vero è che sono sedici anni che Berlusconi imperversa in Italia ed è un anno che si è acceso l'astro di Obama nel mondo e il centrosinistra de noantri, complice - anzi, protagonista - D'Alema, non si è ancora reso conto che la politica non puoi farla solo con la calcolatrice. Perché alla base dell'ennesima battaglia intrapresa da D'Alema contro un appartenente al suo stesso schieramento, Vendola, c'è l'assunto secondo il quale la Puglia sarebbe dirimente per fare un'alleanza futuribile con un partito del 4-5%, l'Udc, e conquistare così il governo del Paese grazie a quella percentualina. Chissà in quale secolo, verrebbe da domandare. E sulla base di quali obiettivi, se non quelli da Cln contro Berlusconi. Con il paradossale risultato che si accredita così l'idea che Berlusconi sia il nuovo fascismo proprio da parte di quelli che ghignano quando sentono parlare di regime. Geniale. Inforcare gli occhiali da presbite e digitare sulla calcolatrice del resto, non aiuta a vedere un orizzonte che vada più in là del proprio naso. Che è quello di una comunità che ha bisogno di qualcosa che vada al di là della bieca materialità dei punti percentuali, che ha bisogno di idee di una qualche forza. Berlusconi, a suo modo, questo bisogno l'ha sempre avuto presente e ne ha tratto ottimi risultati. Obama ne fa il sale di ogni suo discorso e del suo agire. Vendola, nel suo piccolo, ci prova. E, a quanto mi consta, è uno dei pochi in Italia del suo schieramento politico ad averlo capito e, soprattutto, a saperlo comunicare. Tanto che c'è chi lo chiama il "Berlusconi rosso". Tanto che sarebbe una risorsa non solo per la Puglia ma per l'Italia intera. E che fa il politico con la calcolatrice? Ovvio, tenta di fargli sgambetti. Con l'obiettivo di un'alleanza con chi, non partecipando alle primarie di Puglia, avverte che se vincerà Vendola, l'alleanza Pd-Udc salterà ovunque. Che logica vorrebbe che tu schierassi le tue forze per far vincere il candidato che vorresti, no? Ma le truppe forse non le hai. O meglio, forse Nichi-senza-calcolatrice-ma-con-qualche-idea, ti (vi) fa saltare i nervi perché esce dalla tua logica e sai che vincerà ancora pur non avendo i numeri sulla carta. E tenterà di spalancare le finestre. Dalle quali si potrà vedere un po' più in là del nostro naso e respirare un'aria nuova. C'è chi vive anche un po' più su della Puglia e quell'aria l'aspetta con ansia. Calcolatrici permettendo.

mercoledì 20 gennaio 2010

Io lo sapevo che non ero solo

Grazie a Cesare, il cantante, che si è trovato a passare di qui, la recensione di We need time dei Cartavetro pubblicata su Vitaminic. Ché i riconoscimenti 'sto blog non li dà mica a caso.

martedì 19 gennaio 2010

Forma e sostanza

Io di Craxi so poco. Ero troppo giovane per poterne capire qualcosa quando era una stella; troppo rigido quando finì latitante. Certo, poi leggi, ti fai un'idea, magari la cambi anche. Ma ci sono cose che vivi così privo di difese, o magari di barriere, che entrano a far parte di te. E io l'ho vissuta così: a me Craxi e i socialisti non sono mai stati simpatici, né da stelle né tantomeno da latitanti. Ma per onestà intellettuale devo confessare che l'ambiente intorno a me mi ha fatto diventare un adolescente catto-comunista, nel senso più basic e reale del termine. La domenica mattina, per dire, andavo prima a servire la messa con mia nonna sui banchi della chiesa, poi a fare la diffusione militante dell'Unità con mio padre nelle case degli iscritti al Pci del quartiere. E Craxi e i socialisti, capirete, non c'entravano niente, né con la messa né con la militanza nel Pci. Anzi. Poi mi sono liberato del catto e per un periodo ho creduto di essere solo comunista; quindi ho capito che non ero neanche quello e sono rimasto lì, senza più un'identità precisa, trovandomi più spesso in minoranza che in maggioranza, ma questa è un'altra faccenda. Craxi e i socialisti, dicevamo. Ecco, avevo tutte le caratteristiche, i tic culturali, e all'epoca anche l'età, per essere uno di quelli che andarono a tirare le monetine davanti al Raphael. Ma né ci andai né approvai, seppure soddisfatto nel vedere un sistema di potere che pensavo si stesse sgretolando. Anzi, discussi a lungo con gente già all'epoca più ortodossa e moderata di me scapestrato, mezz'eretico e centrosocialeggiante sulla bontà del gesto. Eppure ero rigido e non avevo una visione delle cose sufficientemente ampia per giudicare Craxi, ma c'era qualcosa che stonava nell'Italia inginocchiata di qualche mese prima trasformatasi urlante e rivoluzionaria. Craxi quindi posso giudicarlo a fatica. I socialisti no, invece. Quelli li ho conosciuti. Nella città e nella regione nelle quali vivevo ad esempio, governavano in quelle che venivano definite giunte rosse. E li ricordo per la sicumera con la quale passeggiavano nelle vie del centro, per quella capacità di tirare tutto a proprio vantaggio a prescindere da tutto. Per quel maneggiare il potere solo ed esclusivamente per il potere; senz'altro disegno che non fosse quello animato dall'ambizione strettamente personale. Ricordo anche il mio stupore quando seppi che a differenza del Pci, loro i volantinatori li pagavano un tanto al giorno; niente volontari, solo mercenari, mi dissi. Ecco, dicevo, io, tra insipienza e rigidità, il Craxi riformatore che in tanti cantano oggi non saprei giudicarlo. Ma un'idea vaga e confusa me la sono fatta: con quel partito lì, di cui la mia generazione - ammetto - ha visto il peggio, non potevi andare tanto lontano. Gli è toccato di finire ad Hammamet, e come ha detto Bobo Craxi ieri sera a Porta a porta, forse sei anni di latitanza e la tomba all'estero sono una pena sufficiente. Ma con quella schiera di assessorucoli, arrivisti, azzeccagarbugli e gente priva di respiro lungo che era diventata la spina dorsale del partito dove pensavi di poter arrivare? Arrivato Craxi ad Hammamet, ognuno ha cercato di salvarsi come ha potuto. E negli anni si sono visti quelli che erano più dipietristi di Di Pietro diventare avvocati difensori a prescindere. Ma questo lo sappiamo bene. E a me interessa poco. Anche perché il problema sono gli altri; quelli che non sono più comunisti. Che avevano decine e decine di persone pronte a spendersi per diffondere l'Unità la domenica mattina. Che non pagavano i volantinatori; che ci credevano e che erano forti delle loro idee, seppure sbagliate (alcune, mica tutte). Sobri, con meno sicumera degli altri, se non altro. Con le case piene di libri per loro e con Gianni Rodari e il Diario di Anna Frank da regalare ai loro figli. Ora che Craxi e i socialisti non ci sono più sono loro che vedo passeggiare con sicumera, assessori nella mia regione rossa. Li sento ragionare del potere per il potere. Li vedo vuoti di idee. E penso che Tangentopoli è servita a cambiare le forme, ma la sostanza più o meno è rimasta quella.

domenica 17 gennaio 2010

Appena poco più di niente

Sono contrario alle raccolte di fondi che servono a coprire i buchi lasciati scoperti dall'incapacità o dalla negligenza di stato (telethon e via beneficenzando, per capirci). E sono anche contrario a fornire suggerimenti di comportamento agli altri, ché semmai ne avrei bisogno di buoni per me. Stanti queste premesse, ho proposto ai miei colleghi di devolvere almeno un'ora di stipendio per chi sta agendo nell'emergenza di Haiti. Se non altro perché lì lo stato, se c'è mai stato, non c'è neanche più, e non perché si sia affermata l'anarchia, purtroppo. Credo che i proventi li daremo ad Agire, nella speranza che i nostri pochi soldi dissetino qualcuno e non vadano a coprire l'acquisto di un Suv per qualche professionista del volontariato-ben-retribuito. E, giusto perché sono contrario a dare suggerimenti, mi permetto di invitarvi a fare la stessa cosa, qualora abbiate un lavoro e dei colleghi.

Stato

Che i due candidati presidenti alle regionali di gran lunga più apprezzabili del Pd (anzi, uno ancora non lo è ma spero che lo diventerà dopo le primarie di Puglia) siano esponenti uno radicale, uno di Sinistra ecologia e libertà, dice abbastanza sullo stato del maggior partito di opposizione, no?

mercoledì 13 gennaio 2010

Mettere mano alla giustizia

"La Costituzione parla di pena e non di pena detentiva o di carcere: perché condannarsi a condannare sempre e comunque al carcere, anche quando esso non è necessario e, anzi, può essere dannoso? Perché non incentivare il passaggio dalla cella chiusa alle misure alternative dal momento che la recidiva dei detenuti è tre volte e mezzo superiore a quella di chi sconta la pena fuori dalla galera?"
Luigi Manconi sul manifesto.

martedì 12 gennaio 2010

Storia minima

Mio padre ha fatto una cosa notevolissima indirizzata a mia figlia, registrando su cassetta i suoi ricordi di bambino: ci sono dentro il paesino d'origine, i suoi nonni, le attività che svolgevano. Ci si respira l'odore dei campi, della ricotta e delle pecore governate da Minicucciu (mi pare), il pastore del cui aiuto si giovava la nonna materna; ci si sente il riverbero del dispiacere del ragazzino che andava in soffitta a leggere i quaderni del nonno morto troppo presto, quando scoprì (il ragazzino) che quei quaderni erano stati buttati da una mano troppo distratta alle prese con la ristrutturazione della casa. La cosa è così notevole che ce ne gioviamo in due: per mia figlia in età prescolare, funge per il momento da storia della sera per addormentarsi; ma ne godo anch'io, incidentalmente capitato in mezzo ai due (nonno e nipote), scoprendo cose che mi sono assai vicine ma che non ho saputo in quaranta e rotti anni. Fin qui, la cosa riguarderebbe solo me e un paio dei miei più stretti congiunti. E capisco che uno innamorato del Novecento di Bertolucci, che proietterebbe nelle scuole d'Italia La meglio gioventù e farebbe adottare come libro di testo Romanzo criminale, sia quasi inevitabilmente attratto da una cosa del genere, fatte le debite proporzioni, chiaramente. La quale cosa però diventa di un interesse un po' più largo se la si inquadra in uno spontaneo e fruttuoso riempimento di quel vuoto di memoria che un po' tutti denunciamo, salvo poi farci stritolare tra il qui e l'ora effimeri ma scambiati per eterni. Probabilmente mi troverò a scuotere la testa chissà quante volte, tra qualche anno, rientrando a casa e trovando mia figlia spaparanzata sul divano davanti alle immagini dello zoo del Grande fratello. Ma ho l'impressione che quella cassetta, che io commuterò in mp3 per tentare di renderla meno corruttibile dal tempo, scaverà e lascerà tracce. E forse un giorno anche mia figlia comincerà a scuotere la testa di fronte agli zoo televisivi. Prendendone le distanze perché un po' più in grado di abbracciare il tempo che passa. 

mercoledì 6 gennaio 2010

Non ci sono gli uomini ma le donne non mancano

E io lei la voterei. Non foss'altro perché con una mossa semplice e lineare ha messo a nudo le tanto sfinenti quanto vane pratiche del maggior partito d'opposizione.

martedì 5 gennaio 2010

Senso della realtà

"Il candidato - non Nichi Vendola ma quello che Vendola ha già battuto alle primarie del 2005, Francesco Boccia - è stato scelto perché la cosa più importante per il Pd, persino più importante di vincere le elezioni, è stringere un'alleanza con l'Udc. Ma il fatto è che il Boccia prescelto è tanto debole che neanche l'Udc è disposto a sostenerlo".
Andrea Fabozzi sul manifesto.

lunedì 4 gennaio 2010

Per esempio

Beh, insomma, nove anni di ferro e fuoco tra Iraq e Afghanistan per poi scoprire che il problema è lo Yemen è uno di quei fenomeni che si fa fatica a definire se il protagonista principale è la prima potenza mondiale. So solo che io per molto meno prendevo quattro al compito di matematica, per esempio.

martedì 29 dicembre 2009

Scusate lo sfogo (post banale)

Uno cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno, di non fare l'apocalittico; col tempo, impara anche a guardare senza pregiudizi le analisi secondo cui l'uomo nuovo che da appena quindici anni imperversa in Italia ha rappresentato una soluzione di continuità con le forme di potere paludato e ipocrita cui la sinistra si è sempre opposta, salvo far loro da scudo scandalizzata quando si è accorta che altri le hanno messe in discussione a modo loro. Uno, dicevo, capisce che i tempi cambiano, che non è detto che la storia debba ripetersi uguale a se stessa, che le forme di esercizio del potere possono cambiare. Uno, soprattutto, dice a se stesso che se si sta all'opposizione e si vuol cambiare, non è difendendo riti e liturgie e giacche e cravatte che si ottengono risultati. Uno che stava all'opposizione nella prima repubblica, soprattutto, arrivo a dire, prova un po' d'invidia per B. che incurante di tutto fa le corna ai vertici di capi di stato e di governo. Poi conclude che non è sovvertendo le forme che si fanno riforme e rivoluzioni, ma ritrovarsi a difenderle - le forme - e fare di questo una mission politica è ben triste. Triste, ecco. Che sa di retroguardia, che inibisce il camminare avanti. Poi però, capita anche che quell'uno che, dicevo, cerca di allenarsi a vedere il bicchiere mezzo pieno, un giorno sbotti e si avvicini pericolosamente a qualcosa che non gli piace: tipo il neomoralista alla dipietro, lo strillone che urla alla democrazia calpestata, al fascismo addirittura (che i confinati, i carcerati, i partigiani, gli ebrei deportati e mai tornati avranno le convulsioni nelle bare a sentire dipietri, ragazzini e anziani in preda a momenti di insensatezza cianciare di fascismo, oggi in Italia). No, non griderò sguaiato che ci sono i fascisti alle porte, non ridurrò alla difesa delle forme contro le corna ai vertici internazionali la voglia di cambiamento. Però mi vado sempre più convincendo che noi saremo pure diventati rigidi, grigi, incapaci a parlare con chi non la pensa come noi. Ma a quella retroguardia siamo costretti anche dal fatto che i nostri stomaci  e quelli di coloro cui non sappiamo più parlare si sono assuefatti alle pietanze più avariate. Perché nella prima repubblica paludata e grigia che ci vedeva oppositori colorati, neanche il più tangentaro degli assessori regionali socialisti arrivava al livello di volgarità di questo Davide Boni, che si trova al governo di una regione bella, operosa, civile e accogliente di nove milioni (9) di persone. E non è l'ordine del giorno che invita alla delazione contro lo straniero, lo scandalo. Siamo diventati di stomaco così forte, nel tempo, che arriviamo a inquadrare una bestialità del genere nella categoria degli strumenti di lotta politica. E' il "se poi l’amministrazione non dovesse intervenire, i cittadini chiamino pure direttamente noi della Lega" che fa rabbrividire. E' il far west portato nei palazzi da chi quei palazzi li dovrebbe governare con le leggi e invece lo fa con i cinturoni, a far paura. A dirci che la discarica è arrivata ad esaurimento, che il nauseabondo ha superato i livelli di sopportabilità. E' il partito di governo, si badi, che si fa legge da sé per scendere al livello delle viscere dei rappresentati che ci dice come siamo arretrati pure rispetto agli anni in pure tutto ci faceva schifo, nonostante oggi abbiamo internet e i cellulari.