mercoledì 27 febbraio 2013
Sinistri riformisti
Sì, Bersani le elezioni le avrà pure vinte perdendole. Vendola invece le ha perse e basta, ma questo era successo ben prima del 24 febbraio. Per quanto riguarda gli altri (Ferrero, Di Pietro e Diliberto) gli elettori hanno solo provveduto a mettere fine al loro auto-accanimento terapeutico. Ma del botto di Mario Monti ne vogliamo parlare? Non per pregiudizio nei confronti di un professore affabile e competente. Ma per una questione ben più larga e importante: la bocciatura solenne del modello sociale da lui incarnato, che viene definito, udite udite: riformismo. Che è questo (ne riassumo la complessità in maniera semplicistica per evitare di dilungarmi, spero si capisca): al mondo del lavoro (e del precariato) vengono richiesti ulteriori, pesanti sacrifici sull'altare delle compatibilità aziendali (leggi: flessibilità) cui non vengono fornite adeguate contropartite in termini di sicurezza. Né nel momento in cui si sta lavorando, né nel momento in cui si staccherà dal lavoro. Insomma, si può davvero pensare che la parola "riformismo" possa essere scassata fino a descrivere la costruzione di un mondo in cui si salta da un "lavoretto" all'altro per ritrovarsi, fra venti-trent'anni, con la gran parte dei pensionati costretta a vivere con l'equivalente mensile che oggi hanno 400 euro? Gli elettori hanno detto no. Sarebbe un passo avanti se i soloni della sinistra sedicente "riformista" che punta a tagliare diritti invece di aggiungerne ne prendessero atto
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