Stamattina ho inviato una email per la richiesta di ritiro domiciliare dei rifiuti per delle utenze di persone che stanno facendo la quarantena in casa e non possono smaltire attraverso le modalità ordinarie.
Nel giro di un’ora mi è stato risposto che la procedura era stata avviata e mi è stato inviato in allegato un opuscolo in pdf con le istruzioni per la gestione dei rifiuti urbani in caso di positività. L’opuscolo è stato fatto in ottemperanza, vi si legge, di un’ordinanza del 1 luglio 2020 del massimo organo esecutivo regionale. La data è importante perché quell’opuscolo è una testimonianza documentale di come nell’arco di quattro mesi sia saltato tutto.
Vi si legge che la procedura per la raccolta straordinaria dei rifiuti (pensata non decenni fa, ma lo scorso luglio) «si attiva tramite comunicazione che l’unità ASL territorialmente competente invia al Comune di appartenenza dei soggetti da porre in isolamento». Successivamente a questo passaggio, il «Comune invia ordinanza di isolamento contumaciale ed ordina la fornitura del kit per l’imballaggio dei rifiuti con le relative istruzioni ed i riferimenti per eventuali necessità di contatto».
Entrambi questi passaggi sono stati travolti dall’ondata dei contagi di cui il continuo stridere delle sirene della ambulanze nelle nostre città è testimonianza quotidiana. La Asl, sommersa dalla piena, a distanza di sei giorni dall’esito positivo dei tamponi non ha comunicato alcunché, poiché il Comune non ha inviato nessuna ordinanza contumaciale. Meno che mai è stato tentato di tracciare i contatti delle persone positive.
Ciò è tanto vero che lo scorso 12 novembre il Comune in cui sta accadendo tutto questo, tramite il suo ufficio stampa, ha invitato i cittadini positivi a inviare una email per attivare il servizio che secondo le disposizioni dell’ordinanza regionale di quattro mesi fa avrebbe dovuto avere il senso inverso: dall’istituzione al cittadino, e non viceversa.
Ometto volutamente il nome del Comune e quello della Regione perché a parte il fatto che alcuni di quelli che leggeranno questa cosa li conoscono, non è quello l’importante.
Il nocciolo della questione sta nel fatto che quell’opuscolo è la testimonianza oserei dire “storica” del fatto che non c’è livello esecutivo che non abbia fatto madornali errori nell’emergenza. Governo centrale, regioni, comuni e apparati burocratici di varia natura sono appesantiti e semiparalizzati da pressioni attuali di poteri forti e storture di decenni (avallate, assecondate, e anzi pretese da quegli stessi poteri) che hanno reso strutturali difetti che rendono disumane le società nelle quali viviamo.
Mi spiego: non è un mistero che per Confindustria si debba continuare a lavorare e produrre a prescindere da qualsiasi emergenza sanitaria. Quell’organizzazione lo sta dicendo da mesi e non riesce a recuperare resipiscenza neanche di fronte all’evidenza. Ha “convinto” il Governo di questo, che infatti la sta assecondando nei suoi appetiti immondi.
Ma dietro questo tracollo c’è altro. Non siamo capaci da decenni di pensare l’organizzazione sociale se non a partire dai più forti: quelli che hanno potere economico, che stanno bene di salute, che sono giovani e forti. Si dà per scontato che tutti abbiano dimestichezza con le email e dispongano di connessione quando abbiamo una popolazione tra le più anziane del pianeta. Si redigono opuscoli in lingua unicamente italica nonostante ci siano famiglie in cui l’italiano non è ancora la prima lingua. Soprattutto, si dà per scontato che ci sia qualcuno che ti aiuti nel disbrigare queste faccende, perché se stai male di covid e magari ti trovi in età non più giovanissima, spesso non riesci neanche ad alzarti dal letto con le tue gambe; mentre le statistiche ci dicono che ci sono migliaia di anziani soli in casa (famiglie monoparentali, le chiamano) che se si ammalano di covid non sono avvicinabili da nessuno, e da soli non riuscirebbero a fare nulla e sarebbero condannati all’inedia.
Non abbiamo una rete decente da attivare in emergenza (e questa emergenza ce lo sta dimostrando) perché le risorse devono essere allocate quel tanto che basta per gestire l’ordinario, ché non ci possiamo permettere di pensare a cose che magari capitano una volta chissà ogni quanto. L’estremismo efficientista che è la vera potenza egemone da decenni, ci impone di correre e non pensare ad altro che al qui e ora. Il fatto è che quelle sono proprio le condizioni per cui le emergenze diventano strutturali. Diventa emergenza una pioggia, una siccità di qualche settimana, una nevicata, qualche migliaio di persone che approda sulle coste di un continente che ha centinaia di milioni di residenti. E ci travolge, l’emergenza, perché mai contemplata, perché la prevenzione per affrontarla assorbirebbe energie e risorse da sfruttare altrove (sfruttare è un verbo non casuale).
In una cornice del genere chi sta sotto non ha voce, la società diventa una giungla a misura del più forte; e per salvarti devi avere il culo di non essere persona con disabilità, di non essere troppo povero, di non essere troppo vecchio e di poter contare su qualcuno che ti aiuta, perché l’aiuto sociale è pressoché bandito, si chiama assistenzialismo ed è una bruttissima parola, ci hanno insegnato. Come buonismo: basta mettere un suffisso che desta antipatia (ismo) per inficiare una radice positiva (buono, assistenza). Non lo pensiamo neanche più, l’aiuto; non lo progettiamo nonostante i milioni di persone che ne hanno bisogno. Una società basata sul culo, insomma.
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