mercoledì 4 maggio 2022

In ordine sparso, sette cose che ho imparato in due mesi di guerra

1) Siccome piacciono, si citano le parole di papa Francesco contro la guerra, in alcuni casi le si trasforma in meme e molto spesso ci si fa prendere la mano e se ne conclude che Bergoglio è una «autorità morale». Si tratta dello stesso papa che rappresenta la chiesa cattolica contro l’eutanasia e l’interruzione volontaria della gravidanza da parte delle donne. Se lo si eleva ad «autorità morale», è per sempre. Per molti che sono contro la guerra ma a favore di eutanasia e interruzione volontaria della gravidanza, dunque, sarebbe più opportuno dire: sono d’accordo con le parole del papa contro la guerra. Invece no. Enfaticamente si elegge Bergoglio a leader morale tout court

2) Illustri opinionisti, su quotidiani che hanno fatto la storia del giornalismo, vergano liste di proscrizione elencando i cognomi di chi, per il solo opporsi alla retorica guerresca o caldeggiare una soluzione diplomatica, viene spinto d’ufficio nelle file putiniane. Altri, più modesti twittatori, elencano i partecipanti all’evento di Santoro tacciandoli di aver «scelto gli assassini, i torturatori, gli stupratori». Dubitare è delinquere, problematizzare è schierarsi. Siamo alla metaguerra. All’importazione della logica di guerra anche tra noi, che non saremmo in guerra.

3) Illustri leader politici sentenziano che il ministro di Putin, Lavrov, non doveva essere intervistato. Cioè: non si contesta ciò che Lavrov ha detto, o al limite il modo in cui è stata condotta l’intervista. Si applica la censura. Cioè la stessa pratica che si contesta a Putin, contro cui, al tempo stesso, si invita alla guerra.

4) Si sbandierano sondaggi che confermano la propria opinione, salvo poi contestare la credibilità dei sondaggi in tutte le occasioni in cui indicano tendenze che non collimano con le proprie prospettive.

5) Le responsabilità della Nato e dell’amministrazione Usa vengono sottolineate da più di qualcuno con un’acribia tale che si finisce per renderle un alibi per Putin che, poverino, a quel punto non poteva fare altro che aggredire l’Ucraina.

6) L’irragionevolezza sulla quale si regge tutto il teatrino fa sì che non di rado si accendano discussioni sulla tenuta psichiatrica di Putin o sul passato di attore di Zelenski, come se fossero elementi davvero dirimenti per comprendere la situazione.

7) Gran parte degli atteggiamenti irragionevoli appena elencati, sono propalati quotidianamente da maschi, benestanti, intorno ai sessant’anni detentori di un potere immenso nel circuito dei mass media e non solo. Cosa che ne fa una categoria a) tendenzialmente tuttologa e b) le cui esigenze e paranoie sono estremamente sovrarappresentate rispetto a quelle del resto della popolazione. Si tratta di un problema serio, che esisteva già prima, ma che la guerra, col suo esplodere d’irragionevolezza, ha amplificato sbattendocelo in faccia come uno schiaffo.


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