sabato 28 marzo 2015

I ministri passano, le grandi opere restano


I ministri passano, le Grandi opere restano. Le dimissioni del titolare del dicastero delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, hanno anzi immediatamente dato luogo al commissionamento di un ulteriore progetto: la ricerca di una lega di metalli particolarmente resistente per procedere alla realizzazione di caschi di protezione per tutti coloro che pronunciano la frase «posso andare a testa alta» – utilizzata dallo stesso Lupi quando si è dimesso – senza curarsi delle conseguenze che ciò può determinare. Il progetto ha attirato l’attenzione di decine di investitori, allettati dal fatto che in Italia c’è un ragguardevole numero di persone che si trova in una condizione del genere, cosa che renderebbe la commercializzazione del prodotto un’attività assai redditizia. Ma nei cassetti del ministero ci sono altre ambiziosissime Grandi opere. Eccone alcune.

Risolvere la questione meridionale rovesciando l’Italia. Si tratta della più avveniristica opera mai progettata, che una volta messa a punto farà del nostro paese un’avanguardia mondiale. «Visto che anni di interventi e agevolazioni fiscali non hanno minimamente ridotto il divario tra Nord e Sud, noi ci proponiamo di invertire l’Italia», spiega Massimo Profitto, ingegnere che guida lo staff di progettisti. Si procederà così: una batteria di navi potentissime verrà legata al molo del porto di Genova e comincierà a tirare in direzione sud con lo scopo di staccare Liguria, Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto e Friuli-Venezia Giulia dal continente europeo e trascinarle lentamente a sud facendo perno sul centro Italia, che resterà dov’è. Una volta compiuta la traslazione, Trieste farà da ponte con Tunisia e Libia, mentre Trapani diventerà crocevia degli scambi con l’Europa dell’Est. Soprattutto, Palermo, Napoli, Bari e il meridione tutto risentiranno del benefico effetto di essere avvicinati all’Europa. Il sud invece sarà finalmente trainato dalla locomotiva lombarda. Contestualmente, ad Aosta verrà realizzato un Cie per raccogliere i migranti provenienti dalla costa nord del Mediterraneo, mentre a Trento sorgerà il più grande mercato del pesce del Mediterraneo. Nessun problema per la mafia, che si trova già sia a Nord che a Sud. Resta da risolvere il problema della Sardegna, che andrebbe a sovrapporsi all’Albania. «Ma ciò potrebbe dar luogo a interessanti contaminazioni culturali», dicono i favorevoli all’opera, che sottolineano come tra l’altro il progetto non pregiudica affatto la realizzazione del ponte sullo stretto. «Cambia solo che a quel punto sarà Reggio Calabria, e non Messina, a dover essere collegata alla terraferma – chiosa Profitto – ma ciò mi pare secondario e non inficia in alcun modo la bontà dell’opera, che inoltre, dovendo durare diverso tempo, porterà con sé un notevole e benefico aumento dei costi di partenza».

Fare in modo che al Nord sia sempre inverno e al sud sempre estate. È il coraggiosissimo progetto del ministero del Turismo, in project financing con la cooperativa “Cambiamento climatico”. Presenta una serie di possibili effetti collaterali: la glaciazione del Po, la desertificazione del Tavoliere delle Puglie e di ampie zone di Molise, Calabria e Basilicata, e la definitiva scomparsa dell’agricoltura come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. Gli ambientalisti parlano di «genocidio ambientale». I favorevoli decantano le virtù di un’opera che consentirebbe all’Italia di sfruttare al meglio la sua vocazione turistica, con una perenne stagione sciistica nell’arco alpino e spiagge sempre col solleone da Roma in giù. Per di più l’opera ha il vantaggio di avere costi relativamente bassi: basterebbe agevolare l’effetto serra con l’incremento indiscriminato del traffico e delle emissioni nocive degli scarichi industriali e costruire un muro di diversi chilometri di altezza per collegare Montalto di Castro a Fano e bloccare così le correnti, al fine di creare in Italia due compartimenti climatici a sé.

Realizzare il tunnel di collegamento tra il Cern di Ginevra e il Gran Sasso. Si tratta di un’opera il cui iter è stato avviato all’indomani della celeberrima dichiarazione del 2011 dell’allora ministro Maria Stella Gelmini, secondo la quale il tunnel dei neutrini esisteva davvero e collegava le due località. Venne inserita nell’agenda delle priorità dal Governo dell’epoca motivandola con l’assoluta necessità di fare in modo che il ministro si riprendesse dalla figura di merda appena fatta, rendendo almeno verosimile quello che aveva detto. Chi vi si oppone sostiene che non si possono buttare miliardi così. La “Moltiplicasoldi spa”, associazione di imprese molto attiva nel settore delle Grandi opere, ha replicato attraverso i suoi addetti stampa così: «Di grandi opere che non servono a nulla o lasciate a metà è piena l’Italia, non si capisce dove sarebbe la novità».

Riuscire a far prendere una decisione a Civati. Si tratta solo del primo passo di un progetto che prevede due successivi stati di avanzamento: fare in modo che Gasparri arrivi a scrivere almeno un tweet ogni dieci senza insultare e far varare a Renzi una riforma che serva davvero e non sia solo di facciata. Gli esperti non nascondono le difficoltà. «Sono opere complicate, che per di più necessitano dell’apporto di diverse professionalità e di un lungo periodo di gestazione», ha spiegato Armando Maneggioni, amministratore delegato della “Costruzioni a prescindere” srl, una delle aziende col più alto numero di appalti pubblici nel palmares. «E poi – ha proseguito il manager – è assai difficile quantificare il ritorno economico: su un’eventuale decisione di Civati o su una dichiarazione decente di Gasparri non si può certo chiedere il ticket agli italiani, come si fa ad esempio per un tratto di statale trasformato in autostrada o per la sanità privatizzata. E se Renzi facesse una riforma che servisse davvero, non vi nascondo il rischio per imprese come la mia di chiudere il giorno dopo».

martedì 24 febbraio 2015

L'Isis in Libia? Mandiamo la Troika

Come rispondere all’offensiva dell’Isis arrivato ormai a pochi chilometri dall’Italia? Se ne è parlato all’ultimo Eurogruppo, che si è aperto con l’approvazione – al termine di un durissimo scontro tra il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble e il suo omologo lituano – di un ferreo programma di dieta per i due cani da compagnia del primo ministro della repubblica ex socialista, il cui smodato consumo di cibo, secondo il governo tedesco, potrebbe mettere in pericolo i conti dell’Unione.

Dopo il chiarimento ottenuto dal ministro dell’Economia bulgaro – cui è stato spiegato che la ripetizione Is-is viene adoperata per non discriminare Alfano, che in genere alla prima volta non capisce mai – si è passati al vaglio delle proposte.

Bocciata l’idea di far volare sopra le zone della Libia occupate dai miliziani dello stato islamico, aerei per distribuire volantini con la traduzione in arabo degli insulti che Gasparri indirizza a chi lo contraddice su Twitter. «Mi risulta che ci ridano già gli utenti italiani – ha detto un funzionario francese – figuratevi voi i tagliagole dell’Isis». Anche la delegazione tedesca si è schierata per il «no» alla proposta dopo aver sottolineato comunque che la Grecia resta sotto osservazione.

È stata apprezzata, ma giudicata di difficile applicazione, la proposta di schierare al largo della Sicilia un sistema di amplificazione che sparasse a tutto volume e in loop una canzone dei Modà a caso. «Un respingente di sicura efficacia, ma una provocazione troppo grande», l’ha definita Schäuble, indicando il rischio che in quel caso i terroristi potrebbero rispondere con le bombe e ribadendo che secondo fonti dell’intelligence tedesca, Tsipras da ragazzo fosse solito cibarsi di bambini.

Sono stati analizzati anche i pro e i contro di inviare Brunetta come mediatore. Dalla sua il capogruppo dei deputati di Forza Italia ha la tenacia con cui difende le posizioni: è stato ricordato di quando in gioventù fu visto per ore nei pressi di un palo della luce tentando di convincere il manufatto che se ci fosse stato il comunismo avremmo ancora utilizzato le candele e per i lampioni non ci sarebbe stato un futuro. Di Brunetta sono però note anche le asperità del carattere, che non ne fanno un buon mediatore: da piccolo ad esempio si era creato un amico immaginario solo allo scopo di litigarci. E poi, ha aggiunto un alto funzionario del ministero delle Finanze tedesco, «Atene deve comunque rispettare gli impegni».

È stato poi chiesto alla delegazione italiana se il premier Renzi fosse disponibile a creare un hashtag beneaugurante, sul tipo di #enricostaisereno, da rivolgere agli islamici. La proposta è stata bocciata a maggioranza dopo che il ministro rumeno ha fatto notare il danno d’immagine nel caso in cui gli islamici, che non sono creduloni come gli italiani, rispondessero #vifacciamounculocosì. «E poi secondo me Varoufakis è frocio», ha sentenziato un cugino acquisito di Angela Merkel che si era imbucato alla riunione.

Non è passata neanche l’idea di bombardare la Libia mediante le tv via satellite con la diretta no stop dell’“Isola dei famosi”. «Anche se le immagini sono eloquenti – ha fatto notare il primo ministro irlandese – c’è il problema della lingua, gli islamici non capirebbero mai il livello di abiezione che siamo in grado di raggiungere». «Già. E comunque sul programma di riforme della Grecia non cederemo», ha concluso il cognato di Schäuble che si trovava a passare da Bruxelles.

La riunione era arrivata a un punto di stallo quando dal cilindro è uscito finalmente il coniglio che un autista della delegazione spagnola, dimagrito di venticinque chili in seguito al programma di austerità approvato da Lisbona, stava per azzannare, non avendo capito la metafora. «Mandiamo in Libia gli emissari della Troika – ha detto il ministro Padoan imbeccato da Renzi via Skype – e sottoponiamo lo stato islamico a un programma di riforme per abbattere il debito pubblico. Siamo 28 Paesi in Europa e da noi ha funzionato dappertutto, tranne in Grecia. Ma lì neanche si vota, quindi non corriamo neanche quel rischio». L’approvazione è stata all’unanimità. «Li ridurremo come i portoghesi e gli italiani», ha concluso Franz Sturmundrang, lavapiatti della delegazione tedesca con contratto a progetto.

lunedì 26 gennaio 2015

Syriza

Syriza ha vinto, viva Syriza. Ma Syriza ha assai poco a che vedere con quello che succede da noi. È bene saperlo. Syriza non è un'accozzaglia di nomi, sigle, personalismi vari e comparsate a “Porta a porta” per parlarsi intorno all'ombelico. Syriza è un animale strano, mai visto da queste parti. Assomiglia più a un centro sociale decente che a un partito. Avete mai visto da noi, in Italia, Sel o Rifondazione (il Pd lasciamolo perdere per definizione) che trasformano una delle loro sedi in mensa popolare?, li avete mai visti partecipare alla creazione di ambulatori in cui medici volontari offrono gratuitamente lo loro professione per curare chi ha perso il diritto alla sanità pubblica?, li avete mai visti organizzare una raccolta di farmaci? No, quella è roba da volontariato, in Italia, che non c'entra nulla con la politica (in Italia). E che anzi la politica della nostra sinistra radicale guarda spesso dall'alto in basso.
Invece la radicalità di Syriza deriva da qui. È poggiata saldamente sul fare. Per questo Syriza è credibile al punto di arrivare a governare un paese dopo aver vinto le elezioni. Quelli che oggi si sentono rinfrancati dal successo di Syriza sappiano che se c'è una via d'uscita questa passa per il fare. Cosa che loro non hanno mai praticato negli ultimi decenni.
Quelli che invece ridono sotto i baffi, quelli che guardano a Syriza come a una botta di folclore, quelli che pensano irrealizzabile quello che Syriza vuole; i più realisti del re, insomma, riflettano sul fatto che quel partito non è Tsipras che dice cose (sacrosante), ma ha ricevuto il mandato di milioni di persone affamate dalla cura della troyka (che avrebbe dovuto salvarli: si consultino i dati economici della Grecia prima e dopo l'intervento europeo) per invertire quella rotta. Si chiamerebbe democrazia, a meno che non la si voglia trasformare mettendola sotto la tutela di quattro ragionieri al servizio di eminenze grigie che ci stanno facendo dannare l'anima. A noi che l'abbiamo fatto i greci stanno dicendo che no, a loro non sta bene.

mercoledì 7 gennaio 2015

Su Charlie Hebdo

Non è un commento a mente fredda. Invidio chi ce l'ha in questo momento. È un modo per tentare di onorare la memoria di chi è morto. E quando quello che è morto lo stimavi parecchio, la cosa è più difficile e rischia di sfuggirti di mano. Però, pesando le parole - perché chi muore così non può essere sacrificato una seconda volta sull'altare della polemica da bar - qualcosa si può dire.

Ad esempio che uno dei modi migliori per onorare la memoria di chi praticava la libertà è continuare a praticarla; o cominciare, laddove non lo si fosse mai fatto: non è mai troppo tardi. Guardare la realtà sempre da un angolo diverso da quello da cui il potere (qualunque sia il potere) vuole che la guardiamo; giornalisti, impiegati, commessi o disoccupati che siamo. Tentare di tenere sempre a mente che il mondo lo spingono avanti quelli che preferiscono "morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio", come ha riassunto Charb, il direttore di Charlie Hebdo; quelli che s'inginocchiano perché pensano di stare più comodi, al massimo il mondo lo conservano, quando non lo peggiorano. Tenere in considerazione che praticare la libertà è difficilissimo, spesso anche se non si ha un fucile puntato contro, ma che questo non è un alibi per non cercare vie d'uscita.

Così non solo onoreremmo la memoria dei morti oggi. Costruiremmo le premesse per arginare quelli che vogliono zittire gli altri con la forza, li costringeremmo ad articolare pensieri che sfuggano al codice binario ("sì", "no"); a qualsiasi latitudine si trovano, qualsiasi religione professano o dicono di professare.

venerdì 2 gennaio 2015

L'anno dei due Mattei

Quello che abbiamo appena salutato sarà ricordato come l’anno di Renzi e Salvini. Il 2014 ha già presentato ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo con la motivazione che «dodici mesi non possono subire un’offesa del genere». Ma la conferma arriva anche dagli astronomi del Cern di Ginevra, che avevano previsto che la notte del 31 dicembre si sarebbe potuto assistere a un fenomeno unico nella storia dell’umanità. Le stelle del Grande carro si sono posizionate in maniera da comporre un gigantesco gesto dell’ombrello astrale visibile solo dall’Italia, proprio a coronamento dell’anno appena trascorso.

Renzi e Salvini potrebbero sembrare emersi dal nulla, vista la consistenza. Eppure dietro di loro ci sono genitori che nonostante tutto non li hanno ancora disconosciuti e, soprattutto, anni di dura gavetta (le esperienze alla “Ruota della fortuna” e al “Pranzo è servito” su tutto) e fior di consulenti di immagine, anche se nessuno di questi ultimi se la sente di ammetterlo pubblicamente.

Ecco alcuni dei lati segreti dei due Mattei consacrati nell’anno che stiamo lasciando, che svelano meglio la loro personalità. Fate attenzione: si tratta di due personaggi che hanno portato il loro omonimo più famoso, l’estensore di uno dei Vangeli, a esprimere il seguente giudizio: «Cazzo, duemila anni di buon nome sputtanati nel giro di pochi mesi!».

1) Anni fa, Salvini rischiò l’espulsione dalla Lega perché fu sorpreso a leggere un libro alla festa di Pontida mentre Bossi a torso nudo disossava un daino con la sola forza delle mascelle, dando prova di maschia padanità. Salvini rispose da par suo ingoiando il volume. Fu fortunato perché si trattava di una rarissima pubblicazione con i pensieri di Mario Borghezio (due pagine in tutto). Da quel momento i militanti della Lega videro in lui il vero erede del fondatore del partito. Nello stesso periodo un giovanissimo Renzi, deriso dai compagni del campo scout perché aveva appena tentato di accendere il fuoco sfregando il fiammifero dalla parte sbagliata, commosse tutti con il suo primo vero discorso politico: «Scusate – disse – io vengo dalla Toscana e lì si fa tutto al contrario perché governano i comunisti, ma un giorno cambierò tutto, ve lo prometto».

2) Le foto di Salvini nudo sono comparse dopo che il leader della Lega ha scoperto con raccapriccio che gli abiti contenuti nel suo armadio erano tutti extracomunitari senza permesso di soggiorno (bengalesi, cinesi, indiani, nepalesi) e gli ha dato fuoco. Perché Renzi si sia fatto fotografare da “Chi?” col giubbotto di pelle alla Fonzie è invece una cosa che sfugge all’umana comprensione, tanto che una domanda sulle possibili cause è stata inviata sotto forma di segnali radio alla sonda Rosetta, confidando che nello spazio ci sia qualcuno in grado di rispondere al misterioso interrogativo.

3) Salvini sorride sempre perché di nero non vuole avere neanche l’umore. Quando si chiede a Renzi di che umore è, lui risponde: «Rosè», in modo che non si possa dire né che sia bianco né che sia rosso.

4) Salvini vuole aiutare i rom a casa loro perché i rom una casa non ce l’hanno. Renzi vuole creare lavoro aiutando i datori di lavoro a licenziare.

5) Salvini parla alla pancia degli italiani. Renzi pure. Entrambi, per fare colpo, hanno espresso anche la volontà di versare cibo nelle orecchie, ma sono stati dissuasi dai rispettivi staff.

6) Renzi ha una moglie, Salvini ha una compagna. Non c’entra niente con loro, ma questo è un ottimo motivo per i single alla ricerca di un partner non disperino.

7) Salvini ha capito solo da poco che il profilo facebook non ha a che fare con gli antichi egizi, a Renzi hanno svelato di recente che i provvedimenti legislativi possono avere un numero di caratteri superiori a 140.

8) Renzi sembra Berlusconi; Salvini, ai più attenti osservatori, ricorda Alvaro Vitali.

9) Salvini è nato nel 1973, Renzi nel 1975. Date che stanno portando molti a valutare che gli anni Settanta potrebbero non essere stati solo di piombo.

10) Alcuni politologi teorizzano che Renzi e Salvini sono due facce della stessa medaglia, altri aggiungono: «Pensa che culo, se è così tra loro non sono mai costretti a guardarsi».