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mercoledì 16 gennaio 2013

Esclusiva, gli appelli al voto dei partiti

La maggior parte di voi non lo sa, ma gli appelli finali al voto che la Rai manderà in onda la sera del 22 febbraio sono già stati registrati dai leader politici. Questo blog è riuscito a visionare le riprese ed è in grado di proporvi le trascrizioni dei testi (tra parentesi le persone che compaiono in video).
Rivoluzione civile (Antonio Ingroia, Antonio Di Pietro, Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto)
Ingroia in primo piano, dietro di lui gli altri tre che sgomitano per farsi inquadrare e discutono via via più animatamente. Il brusio si fa sempre più fastidioso.
Ingroia (rivolto ai tre): "E zitti, cazzo!". E tra sé e sé, quasi un pensiero a voce alta: "La colpa è mia che me li porto dietro".
Poi, finalmente rivolto alla telecamera: "L'importante non è vincere, ma partecipare".
Sinistra e libertà (Nichi Vendola): "Vi chiedo un voto, elettori, non per meschino calcolo dettato da un individualistico tornaconto personale che non appartiene alla storia mia e delle genti che rappresento. Ma perché un voto dato a Sel è un voto contro la teocrazia del dio denaro e dei suoi cantori idolatri, un voto contro i mercanti nel tempio, un voto per smontare uno a uno i tasselli che compongono questo panorama postmoderno derivante da vortici depressionari che cesellano le nostre vite e le incardinano in un progetto di neoliberismo illiberale che non può non farci affogare nel mare delle nostre stesse parole".
Fratelli d'Italia (Ignazio La Russa, Giorgia Meloni e Guido Crosetto)
Voci fuori campo.
Meloni: "Allora vado io?".
La Russa: "Vai, vai tu Giorgia, sei la più giovane, la più fresca, la più presentabile".
Crosetto: "E poi sei donna, eh eh".
Meloni: "Ok, vado".
Entrano in favore di telecamera: Crosetto, che si posiziona a destra per chi guarda il video, Meloni al suo fianco e La Russa a sinistra.
Meloni, dando un ultimo fugace sguardo a Crosetto: "Ok, allora...italiani, votate per noi, in questo momento di smarrimento aggrappatevi al nostro braccio destro teso verso l'alto...ehm... verso di voi. Non sprecate l'occasione di votare una destra finalmente presentabile". Pausa, sguardo verso La Russa che accenna un sorriso compiaciuto e rilassato. Poi riprende: "E poi, quanno c'era lui, i treni arivavano in orario, capito? E quanno quelle zecche dii partiggiani l'hanno messo a capoccia in giù a piazzale Loreto, da quelle tasche non è uscita nemmeno 'na moneta, perché lui non rubava, capito? Artro che 'sti zozzoni!". La Russa guarda allarmato Crosetto che, interpretando il messaggio, da consumato buttafuori tappa la bocca a Meloni e la porta via di peso.
Resta solo La Russa, visibilmente imbarazzato, davanti alla telecamera: "Abbiate pazienza, è giovane. E pure femmina".
Forza Nuova (Roberto Fiore)
"E però non vale, la Meloni copia".
Casapound (Gianluca Iannone)
"Se potressimo ve menassimo a tutti quanti. Ma 'gnaa famo, ancora sete troppi. Perciò votatece, votate noi de casapau, capito?".
Poi andandosene, sconsolato, sottovoce: "'Aa democrazia, guarda che cazzo me tocca da fa', io je l'avevo detto: nun c'annamo, continuamo a mena'. Ma quelli gnente oh, so de' coccio".
Movimento 5 Stelle (Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio)
Primo piano su Beppe Grillo. Occhi fuori dalle orbite e colorito che tende al cianotico.
"Li seppelliremo con un rutto. E se non basterà li asfalteremo. E se ancora avranno il coraggio di parlare porteremo il cemento a presa rapida...". Entra Casaleggio: "Ok Beppe, bene così. Ora basta se no mi demotivi l'elettorato moderato".
Udc (Perferdinando Casini)
Sguardo ammiccante, di tre quarti, voce flautata, fresco di shampoo.
"Amici, guardiamoci negli occhi, lo sapete anche voi: ci siamo sempre stati, ci siamo e continueremo ad esserci. Non votarci è inutile, di noi non vi libererete mai".
Futuro e libertà (Gianfranco Fini)
"Cognati? Quali cognati? Mai avuto cognati in vita mia".
Scelta civica con Monti (Mario Monti ed Enrico Bondi)
Primo piano su Mario Monti che guarda smarrito verso la telecamera, poi attacca.
"Ce lo dice l'Europa: in un triangolo rettangolo, l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma delle aree dei quadrati costruite sui due cateti. Sopra la panca la capra canta, sotto la panca la capra crepa. Trentatre trentini entrarono a Trento tutti e trentatre...". Entra Bondi: "Ok Mario, può andare così".
Lega nord (Roberto Maroni)
La telecamera lo sorprende con un bicchiere di grappa della Valcamonica in mano. Lui non si scompone. Lo poggia sulla scrivania, poi apre un sorriso: "Il nord prima di tut...Burp! Scusate, è che andando avanti con gli anni faccio sempre più difficoltà a digerire la cassoeula".
Pdl (Silvio Berlusconi)
"Cari elettori, siamo in democrazia, e voi potreste anche voltarmi le spalle perché mi rendo conto che dopo vent'anni anche lo spettacolo circense più spumeggiante spacca i coglioni. Sappiate però che io ho ancora da fare qui e nella malaugurata ipotesi in cui dovessi perdere le elezioni non sarò certo morto. Dopo tre giorni risorgerò, mi imbottirò di viagra e vi farò un culo così".
Pd (Pierluigi Bersani)
Telecamera fissa nel vuoto. Due voci fuori campo.
"Dai Pierluigi, ne abbiamo diritto anche noi a fare il nostro appello".
"Sì, dai e dai, ma cosa vuoi dare?, tanto è inutile..."
"Ma su, fai un bell'appello come si deve. Ti ricordi quel bel comizio nella tua Bettola quando ti applaudirono tutti. Che erano, le elezioni del '76, no?".
"Così però mi fai commuovere".
Il cameraman della Rai: "Allora? 'Nnamo?"
"Ok, arrivo".
Bersani compare davanti alla telecamera, finisce di asciugarsi gli occhi con un fazzoletto e poi:
"Se non avete niente da fare il 24 febbraio, andate al seggio. E se proprio non sapete a chi darlo il voto, beh potete sempre darlo a noi. Grazie e oh, scusate il disturbo".
Voce fuori campo: "Bravo Pierluigi, vedrai che stavolta ce la facciamo".





sabato 23 febbraio 2008

Un'altra cosa che non farò

Ora confesso un disagio. O meglio svelo un obiettivo che raggiungere dipende solo da me ma che non riesco a centrare. Come uno che pur detestando ogni sigaretta che accende non riesce a smettere di fumare; come chi non sa trattenersi a tavola pur sapendo di aver già ingurgitato una quantità di calorie sufficiente a star bene senza mangiare per i tre giorni successivi. Eccolo: quando mi capita di andare su blog altrui che non ho mai visitato prima, una tra le prime cose che vado a guardare dopo l'ultimo post sono - quando ci sono - le preferenze letterarie e musicali. Così mi faccio un'idea, testo le potenziali affinità. E mi ripropongo di volta in volta di farlo anch'io nel mio blog. Così, per dare una traccia di me, mi dico. Poi, quando mi metto a pensarci sopra, mi vengono in mente tante di quelle cose da portarmi alla rinuncia a farne un elenco. E poi se metti insieme - così, per dire i primi che mi vengono in mente - i Primus e Ludovico Einaudi, i Pixies e i Sigur Ros, Keith Jarrett e i Marlene Kuntz, i Subsonica e Giovanni Allevi, i Jane's addiction e Vinicio Capossela, cosa vuoi che capisca la gente di te? Al massimo che sei schizofrenico. Invece no. Pensateci bene: perché in una biblioteca qualsiasi libro può essere accostato a qualsiasi altro (tranne forse i romanzi harmony, ma lo dico per pregiudizio perché non ricordo d'averne mai letti) e in musica se svari in campi diversi rischi di raccogliere insulti? (qui l'ultimo degli esempi in cui sono incappato)? E' che per quanto mi riguarda, andando avanti con l'età ti rendi conto che è assai difficile mettere recinti alle cose umane come riuscivi a fare nella furia giovanile. Ad esempio: quando cominciò a riscuotere successo con roba tipo Gimme five ed E' qui la festa, io bollai Jovanotti e chi ascoltava la sua musica come scemotti da quattro soldi immersi nella plastica degli anni Ottanta. Poi, col tempo, ho imparato ad apprezzare delle cose di Lorenzo Cherubini, pur non diventandone un fan, prendendo a mia volta la mia dose di critiche. Da poco ho anche scoperto che una persona che mi pare dire cose a volte brillanti e spesso ragionevoli è cresciuta col mito di Jovanotti. Allora penso che alcune vicende sono sempre più complesse di come te le immagini, mentre altre sono infinitamente più semplici degli scenari complicati che ti costruisci. E penso che l'obiettivo di piazzare in bella mostra una lista qui a fianco non l'ho mai raggiunto e non lo raggiungerò mai perché non voglio raggiungerlo. Primo perché dimenticherei tanto, secondo perché riuscirei immediatamente antipatico a qualcuno, meno ad altri e complicato ad altri ancora. Farei quest'effetto a prescindere da ciò che scrivo, penso o faccio. Ma semplicemente perché ascolto e leggo. Starò pure in qualche recinto, ma preferisco che chi viene da queste parti si sforzi di cercare da solo il filo spinato invece di fornirglielo.
Hai da accendere, Akille

martedì 29 ottobre 2013

A volte ritornano (o almeno, ci provano)

Il ritorno sulla scena di Fini, intervistato dopo mesi di silenzio dal Corriere della Sera, ha provocato un sussulto in numerosi esponenti politici finiti nell'ombra. Anche Bossi - che da tempo, caduto in una cupa depressione, non faceva altro che dialogare in una lingua protoceltica con una pietra asportata dal sito archeologico di Stonehenge e fatta posizionare nel giardino di casa - ha riportato il sorriso sul volto dei suoi familiari rivolgendosi finalmente al figlio col premuroso aggettivo col quale lo aveva sempre chiamato fin da quando, a sei mesi, il piccolo cominciò a dare prova di sé: «Pirla».

Ma Bossi non è un caso isolato. Ecco gli altri.

Matteo Salvini. Messo in ombra dal Movimento 5 Stelle, il segretario della Lega lombarda persegue un unico obiettivo: non farsi scavalcare da Grillo nelle politiche contro gli immigrati. È il compito più arduo che sia capitato a Salvini da quando, in terza media, la professoressa di educazione civica gli chiese di descrivere la differenza tra un semaforo e un palo della luce e, constatando che non sapeva rispondere, sconsigliò al futuro astro nascente della politica padana il proseguimento degli studi. Salvini ha contattato la redazione di "Porta a Porta" chiedendo di essere ospitato per lanciare una proposta di legge da egli stesso definita rivoluzionaria: l'intitolazione ad Artemisio Scaccabarozzi di tutte le piazze del nord attualmente dedicate a Garibaldi. Scaccabarozzi, cacciatore di frodo nonché vincitore per cinque edizioni consecutive della "Gara di rutti della pedemontana lombardo-veneta", è balzato agli onori delle cronache perché nei primi anni Novanta testava l'efficacia delle trappole per caprioli da egli stesso realizzate sugli immigrati albanesi giunti in Lombardia in fuga da Tirana. «È uno degli esponenti più alti della cultura padana che io conosca, ed è giusto che nelle piazze del nord campeggi il suo nome», argomenta Salvini. La proposta di legge, vergata con un artiglio di cinghiale della Valcamonica su pelle di vescica di agnello, è già stata depositata in Parlamento. Vespa ha detto a Salvini che la puntata si farà, ma solo se si riuscirà a realizzare un plastico dello Scaccabarozzi a grandezza naturale.

Roberta Lombardi. L'ex capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, scaduti i tre mesi del suo mandato, è tornata al normale lavoro di parlamentare grillina, quello di contare gli scontrini delle spese effettuate ed elargire insulti gratuiti. Nel tempo libero Lombardi passa ore davanti allo specchio a fare le facce schifate: «Così mi alleno per quando mi chiamano in tv», ha confidato via skype all'amica del cuore conosciuta su facebook. Superato il grave esaurimento nervoso derivatogli dalla constatazione che Crimi è più ricercato di lei («Guarda se quella palla di lardo deve andare a finire sui giornali mentre a me non mi caga nessuno», ha mormorato durante una delle sedute davanti allo specchio), Lombardi sta meditando di ritagliarsi il ruolo di pitonessa dei 5 Stelle per tornare in auge. Per questo ha avvicinato la Santanchè, la quale, dopo averla squadrata, ha concluso: «Hai tutto quello che serve, ti mancano solo le dieci carte di credito che io ho nel portamonete e un fidanzato giornalista: io ho Sallusti, tu potresti scegliere tra Belpietro e Lavitola. Poi potrei contattare Paragone per farti invitare a La Gabbia. Però mi raccomando, non mi far fare brutte figure: sei già sulla buona strada, ma allenati bene a non pensare prima di aprire bocca».

Gianfranco Rotondi. L'ineffabile politico avellinese soffre di un grave complesso di inferiorità: è vero che Berlusconi l'ha portato con sé nell'ultimo governo da lui presieduto; ma l'ha nominato ministro "senza portafoglio", che per un ex dc passato al Pdl è uno degli affronti più gravi che si possa subire. Ma quello che sta tormentando Rotondi è la competizione con Brunetta, Capezzone e Giovanardi. «Non ce la farò mai», confida in privato. Già. Lui dice che trova oggi Berlusconi più in forma che vent'anni fa? Non se lo fila nessuno. Brunetta fa una comparsata in uno studio televisivo, innesca una rissa anche col tecnico delle luci e l'indomani va su tutti i giornali. Lui millanta di sapere chi sarà l'erede di Silvio alla guida del Pdl? Raccoglie l'indifferenza generale. Capezzone passa dai Radicali a pasdaran berlusconiano e raccoglie insulti nelle piazze di mezza Italia. Lui sostiene che Famiglia Cristiana è un giornale comunista? Giovanardi rilancia e spara che Stefano Cucchi è morto di inedia, vuoi mettere? Così Rotondi si è convinto che occorre una scossa: ha ingaggiato il consulente d'immagine di Marylin Manson e oggi veste solo giacche alla Mughini su aderentissimi pantaloni di pelle nera. È così che si presenterà ospite da Maria De Filippi a "Uomini e donne", dove si svestirà per mostrare in diretta tv la natica sinistra e quella destra, dove si è fatto tatuare rispettivamente le parole «Solo» e «Silvio».

Massimo D'Alema. Si vede ormai di rado in tv e sui giornali ma non è affatto intenzionato a mollare. Per questo sta prendendo parte attivamente alla battaglia in vista delle primarie del suo partito. Dopo le sue dichiarazioni in favore di Cuperlo, il candidato alla segreteria è partito in piena notte da Roma, in ginocchio, alla volta di Pietrelcina, lasciando un biglietto alla moglie: «Solo così posso sperare che Padre Pio prenda in considerazione l'idea di intervenire per controbilanciare l'influenza negativa di una tale presa di posizione». Sta meditando di tornare sulla scena con un libro: «Io guardo al futuro». Quando sono uscite le indiscrezioni sul titolo però, pare che il futuro se la sia data a gambe levate.

martedì 5 novembre 2013

Le risposte (im)possibili della Cancellieri

Nessuno ha fatto al ministro Cancellieri la seguente domanda: «Quanto da lei compiuto per Giulia Ligresti, che rischiava di morire in carcere, è encomiabile; ma quest'anno sono già deceduti 135 detenuti, come mai lei non ha fatto telefonate per nessuno di loro?». Eppure quella è la domanda più temuta dall'entourage della ministra e dalla Cancellieri stessa. Tanto che al ministero della Giustizia hanno lavorato per giorni alle risposte da dare nel caso venga posta. Questo l'elenco delle dieci giustificazioni possibili consegnato alla Cancellieri perché ne faccia buon uso.

1) Se avessi fatto una telefonata per ognuno dei detenuti morti in carcere quest'anno, per il rimborso della mia bolletta telefonica - cui ho diritto come tutti i ministri - sarebbe stato necessario ritoccare la legge di stabilità. Siamo in tempi di spending review e noi esponenti del governo siamo tenuti alla sobrietà e a limitare al minimo le chiamate in uscita. Il mio è un esempio di virtù repubblicana.

2) Molti dei detenuti morti in carcere erano stranieri. Vi pare sensato che un ministro si metta al telefono chiedendo trattamenti di riguardo per persone di cui non conosce bene neanche le generalità, rischiando di storpiarne il cognome ed esponendosi così al rischio di una figuraccia internazionale? Col mio atteggiamento ho tenuto alto il nome dell'Italia.

3) Alcuni dei deceduti erano tossicodipendenti. I servizi mi hanno informato che se avessi mostrato un interessamento a quei casi c'era il rischio concreto che Giovanardi arrivasse in parlamento con la corazza da crociato e l'alabarda che tiene custodite nella sua casa di Modena per presentare una mozione con cui sfidare a duello Letta, che non sa tirare di scherma. Sarebbe stata compromessa la stabilità del governo.

4) Avrei voluto interessarmi a quei poveri cristi che muoiono quotidianamente in carcere, ma non ho fatto in tempo essendo impegnata tutto il giorno al telefono con Mario Monti che mi chiama in continuazione per parlar male di Casini.

5) Giulia Ligresti rischiava di morire perché soffriva di anoressia, molti dei detenuti nelle carceri italiane invece, sono già abituati anche da liberi a non mangiare per giorni. I casi non sono assolutamente paragonabili.

6) L'estate scorsa in effetti ho provato spesso a chiamare diversi direttori di carceri italiane ma ho trovato sempre la linea occupata. Poi ho scoperto che era Berlusconi che si stava informando sulla possibilità di portare donne in cella nel caso venisse condannato. 

7) Interessandomi alla scarcerazione di Giulia Ligresti ho voluto tentare di dare il mio contributo al problema del sovraffollamento degli istituti di pena.

8) Avete ragione. Quello delle condizioni di vita nelle carceri italiane è un problema che non può essere sottovalutato. D'ora in poi farò il possibile affinché persone detenute e già in equilibrio precario non vengano sottoposte alla pena aggiuntiva, che so?, di trovarsi in cella con gente tipo Fabrizio Corona.

9) Lo ammetto, ho aiutato Giulia Ligresti per amicizia. Non ho retto quando i suoi familiari mi hanno confidato che erano pronti a tutto. Anche a fare un appello attraverso un'apparizione a uno dei programmi di Barbara D'Urso. Per questo credo di meritare almeno le attenuanti generiche.

10) Forse avete ragione voi. A vedere che mi dà contro mezza Italia e che tra coloro che solidarizzano con me c'è Brunetta, mi sorge il dubbio di aver fatto una gran cazzata.

venerdì 27 settembre 2013

Successione di Berlusconi, concorso internazionale

Al di là delle schermaglie sull'agibilità politica di Berlusconi, il gruppo dirigente del Pdl ha ormai capito che per l'anziano leader ci sarà poco da fare e occorrerà trovare qualcuno in grado di sostituirlo degnamente. Per questo è stato bandito un concorso internazionale mediante il quale verrà selezionato il successore.

I requisiti per partecipare sono i seguenti: ricordarsi di pronunciare il sostantivo «libertà» almeno una volta ogni 150 parole (anche a casaccio va bene, tipo: «Angelino, zitto e non rompere. Libertà»); dimostrare di saper cantare, accompagnati anche da un mediocre strumentista, almeno due-tre melense canzonette del secolo scorso e trovare qualche decina di persone disposte ad ascoltare adoranti (anche pagandole va bene); promettere conquiste mirabolanti e saper trovare sempre qualcuno cui attribuire la responsabilità per non essere riusciti nell'impresa; se superati i 60 anni, ricorrere al chirurgo plastico almeno una volta ogni 24 mesi.

Le candidature stanno arrivando da ogni parte del mondo, anche con sponsor di rilievo, ecco le principali.

Ross Perot. Miliardario texano, si presentò alle presidenziali degli Stati uniti nel 1996. Ha motivato così la sua candidatura in una lettera inviata alla commissione del Pdl: «Mi annoio tanto. Ho 83 anni e comincio a perdere colpi ma non credo che per voi questo sia un problema. È vero, ho perso le elezioni negli Stati uniti, ma con gli italiani è un'altra cosa, sono convinto di poter riuscire. Alla chirurgia plastica non ci credo, però se insistete posso fare lo sforzo di presentarmi in pubblico con una bandana in testa. Inoltre ho tanti soldi, così se voi non trovaste locali adeguati per riunirvi, posso impegnarmi fin d'ora a comprare quattro-cinque ville e palazzi sparsi per l'Italia dove poterci incontrare. Infine: non so cantare, ma sono in grado di pagare per procurarmi un cantante vero da mettere dietro le quinte e riempire un teatro di pubblico osannante mentre io vado in playback».

Mubarak. La candidatura dell'ex presidente egiziano ha fatto il miracolo: è stata avanzata al Pdl da un arco di forze che ha messo insieme i Fratelli Musulmani, l'ex presidente Morsi e quello attuale, Adli Mansur, salito al potere dopo la deposizione forzata dello stesso Morsi. L'obiettivo comune a tutte le parti è liberarsi di una presenza ingombrante, e la destinazione italiana per Mubarak è parsa a tutti la più appropriata: «Sì, sappiamo che non è il massimo – hanno scritto gli egiziani nella lettera di accompagnamento della candidatura – ma almeno in un'eventuale campagna elettorale lui può sfruttare l'argomento di aver saldato il suo debito con la giustizia. Inoltre, se ci accordiamo, potremmo convincerlo a venire a testimoniare presso le vostre autorità che lui è veramente lo zio di Ruby; v'immaginate che colpo?».

Gigi D'Alessio. Il suo punto di forza è che canta e suona senza neanche bisogno di un Apicella che l'accompagni. «E poi – ha scritto alla commissione – sono una garanzia: sono anni che faccio dischi di una bruttezza sconcertante ma che vengono acquistati inspiegabilmente da migliaia di persone. Sono quello che ci vuole per voi».

Maria De Filippi. La sua candidatura è perorata dal marito, Maurizio Costanzo: «Se programmi come “C'è posta per te” e “Amici” sbancano gli ascolti, ci sono spazi elettorali immensi per Maria», ha scritto il presentatore alla commissione. Poi la minaccia: «Se non la prendete voi, farò in modo che il prossimo anno presenti il Festival di Sanremo».

Anche il Pd avrebbe timidamente mostrato interesse a dare una mano al Pdl alla ricerca di un leader, ma la candidatura è stata bocciata dalla commissione perché accompagnata da una lettera eccessivamente laconica. C'era scritto: «Vi prestiamo Giuseppe Fioroni, che ne dite?».

Il Pdl rimane però in preda a uno strano fermento. Alla commissione che sta vagliando le candidature appena elencate, composta dalle colombe Cicchitto, Quagliarello e Alfano, si vanno sempre più esplicitamente contrapponendo i falchi Santanchè, Verdini e Carfagna. Questi ultimi sarebbero orientati a scegliere il successore di Berlusconi attraverso un'edizione speciale del Grande Fratello per la quale sarebbero già stati selezionati, in ossequio ai meriti conseguiti nei rispettivi campi, i seguenti protagonisti: Homer Simpson, Rocco Siffredi, la strega di Biancaneve (per rispettare le quote rosa), il Gabibbo e Federico Moccia. «Tutta gente che potrebbe avere un appeal decisivo nei confronti del nostro elettorato – ha commentato Santanchè in una dichiarazione uscita contemporaneamente sul Giornale e su Cronaca Vera – altro che le mammolette di Cicchitto».


martedì 30 aprile 2013

I partiti alla prova della fiducia


Dopo una serrata discussione le anime del Pd hanno ritrovato l'unità sulla fiducia a Letta, ma il partito è stato sull'orlo della scissione durante l'ultima direzione. La bagarre si è scatenata quando i dalemiani hanno presentato una mozione con cui chiedevano di abbassare le tapparelle perché in sala entrava troppa luce. «Così non riesco a concentrarmi», ha motivato Anna Finocchiaro in sede di dichiarazione di voto con gli occhi coperti da un paio di Ray-Ban a goccia. «Il nostro dibattito dev'essere alla luce del sole - è stata la risposta piccata del renziano Gentiloni che in gesto di sfida si è sfilato i suoi di occhiali, che però sono da vista - se volete continuare a tramare nell'ombra fondate un vostro partito, per la sede vi lasciamo gli scantinati, tanto lì non ci sono finestre, ma vi assumerete voi la responsabilità della scissione». La mediazione è stata raggiunta su un testo della fassiniana Marina Sereni: «Tapparelle a metà», è stato il compromesso votato all'unanimità mentre Gentiloni veniva portato via in ambulanza dopo aver centrato con la fronte, non avendolo visto, uno degli stipiti dell'uscita di sicurezza.
L'altro nodo è stato quello relativo al segretario del Pdl. «Certo che Alfano nello stesso governo accanto alla Bonino non si può proprio guardare eh...», ha commentato il veltroniano Walter Verini. «No, non ci sto – ha replicato il giovane turco Orfini – basta con questi scivolamenti a destra, Alfano non si può guardare proprio, neanche quando sta da solo». E su questo il partito si è ricompattato, anche se Verini si è astenuto al momento del voto.
Nelle stesse ore anche a palazzo Grazioli si vivevano attimi di tensione sciolti solo con l'intervento di Berlusconi. «E vai, farò il ministro un'altra volta», commentava un incontenibile Alfano sfregandosi le mani. «Ora sentirai quante gliene dico a quei quattro comunisti che staranno con me al governo». Dapprima è stato Verdini a smorzare l'entusiasmo: «Sei proprio un bischero eh, non hai capito niente anche stavolta». Poi c'ha pensato Berlusconi: «Angelino, ci siamo messi d'accordo capito? Niente più processi per me, niente più comunisti in giro, ok? E poi l'hai visto Letta? A parte il fatto che io ho più capelli e lui scopa di meno, siamo abbastanza simili no?».
A Genova invece Casaleggio ha bloccato Grillo quando, alla notizia dell'accordo raggiunto tra Pd e Pdl, il comico stava stappando una bottiglia di champagne fatto arrivare appositamente dalla Francia. «Beppe, missione compiuta, è vero. Ma prima di brindare faccio scrivere sul blog un bel post contro l'inciucio, almeno i militanti sono contenti e Crimi e Lombardi lo leggono ed evitano di telefonare per sapere cosa devono dire ai giornalisti».
Resta a guardare la Lega. «Collaboreremo solo se saranno accettate le nostre richieste», ha detto Maroni. Le richieste? Eccole: estromissione immediata dal governo e lapidazione nella pubblica piazza dell'attuale ministro per l'integrazione, l'italo-congolese Cecile Kyenge; uscita dall'euro e ritorno alla svanzica, la moneta utilizzata nel Lombardo-Veneto; via libera del ministero della Salute a un ciclo di trattamenti sanitari obbligatori per Umberto Bossi e i suoi famigliari.

venerdì 24 aprile 2009

A-dichiarazione

A quasi due anni e mezzo dalla nascita del blog ho ceduto alla tentazione e l'ho fatto. Ho inserito qui a destra una di quelle citazioni (è un brano di "A tratti" dei Csi) che come tutte le definizioni, o meglio, i tentativi di definizione di sé e di come la si pensa, aiuta chi guarda a capire qualcosa ma al tempo stesso riduce la complessità che qualsiasi fenomeno umano porta con sé (qui ho già espresso questo concetto in maniera più diffusa e, forse, pesante). Quindi ciò che ho appena fatto potrebbe apparire come un controsenso. Quello che mi conforta è che più che una dichiarazione, quella è un'a-dichiarazione d'intenti. Non è un "farò", ma un'ammissione d'impotenza; non è un "faremo", ché è già impegnativo dire "farò". E, nonostante lo stiate forse già pensando, non è affatto una resa. Per questo mi piace e l'ho appiccicata lì, dove la vedete.