domenica 18 maggio 2008

Sì, vabbè

Gli arbitri a favore, la Roma che ha giocato meglio per tutto l'anno, lo spogliatoio a pezzi, l'allenatore antipatico, il presidente naif, il mega vantaggio dilapidato nel giro di poche settimane e lo scudetto vinto col cuore in gola all'ultima di campionato. Infatti si chiama Inter, non Juventus o Milan. Ciao, 'nvidiosi.

sabato 17 maggio 2008

Mah, ehm, bah, ah sì?

Avete appena letto la sintesi della posizione del Pd sulla scottante questione rom e immigrati, autentica emergenza nazionale che sta minando la sovranità del nostro paese.

venerdì 16 maggio 2008

Cambia rotta, cambia stile

Prendi un adolescente d'oggi, quattordici anni o giù di lì. Nato, o meglio, fattosi conoscere dal mondo, il 13 maggio del 1994. Cosa lo accomuna oggi con il neonato che era quasi tre lustri fa? Poco o niente, tranne il fatto di ritrovarsi ancora governato da Berlusconi, ma questo è un altro discorso. Ecco, quell'adolescente lì nel frattempo ha frequentato asilo, elementari e sta finendo le scuole medie. Ora si ritrova quasi a dover scegliere cosa fare da grande. Si nutriva di pappe quando la Pivetti, che lui conosce solo come show girl de noantri, passava il tempo a fare la presidente della Camera; oggi che su quello scranno siede Fini sarà andato almeno una volta da McDonalds; al più, se tende al no global, preferirà kebab. Se sarà stato fortunato avrà già letto il Diario di Anna Frank; forse avrà assaggiato con la sua la lingua di qualcun altro. Ora prendi te, che stai leggendo questo blog: a occhio e croce quattordici anni fa eri più tendenzialmente portato/a all'incazzatura, vigoroso/a, o forse lo stavi per diventare. Poi hai fatto viaggi, letto libri, conosciuto persone, cambiato chissà quante volte espressione, pensiero, canale, città, abito, taglio di capelli, cibo preferito, voto alle elezioni, compagno/a, opinione su qualcuno o qualcosa. Ecco. Sei un'altra cosa rispetto al 1994. Così come, in maniera assai più macroscopica, un'altra cosa è quell'adolescente ex neonato. Ti chiami allo stesso modo ma sei un'altra cosa. Non completamente altro, eppure altro. Con i sedimenti del dna che t'ha scolpito dentro chi ti concepì, delle pappe mangiate e delle incazzature prese e della vigoria acquistata o persa nel frattempo. Ma sei altro. Come te sono cambiati anche i gruppi musicali viventi. I Marlene Kuntz (qui siamo al punto, perché questo post nasce come commento a questo di Adam, ma la cosa m'è venuta troppo lunga e ho riparato dalle mie parti che così non do fastidio a nessuno) rientrano nella categoria, come s'è già accennato da queste parti. Uguali a sé stesse restano solo le mummie, ma lì di vita ce n'è pochina. I Marlene erano il/la neonato/a, l'adolescente, il/la neo laureato/a, il genitore che eri quattordici anni fa, quando Berlusconi governava già e i pochi capelli che aveva in testa erano ancora tutti i suoi. E sono cresciuti splendidamente insieme a te (i Marlene, dico, non i capelli di Berlusconi), dal vomito di onde di parole alla contemplazione di questioni di qualità.
Wikipedia, Madamimadam, Leonardo.it

Perdere la bussola

A leggere i giornali di oggi pare che più di qualcuno comincia a rendersi conto che la questione sicurezza sta prendendo una piega indegna di quello che vorrebbe dirsi un paese civile. Una delle cose più lucide l'ha scritta ieri Marco D'Eramo sul manifesto di carta e oggi è stata messa in rete.
Repubblica, Corriere, il manifesto

sabato 10 maggio 2008

Aiuto

E' che proprio non capisco a cosa serve il governo ombra, cioè un esecutivo che per definizione non può eseguire.

Il futuro è adesso

Ernesto Assante presenta oggi su Repubblica Networks radio: questa cosa qui che consente di ascoltare le webradio senza accendere il computer. L'offerta, di cui si era parlato qui, si allarga.
Repubblica, Crave

giovedì 8 maggio 2008

Due possibilità

A voler essere buoni, ministeri e assessorati alle Pari opportunità non si capisce a cosa servano davvero; a voler essere cattivi sembrano una gigantesca ipocrisia.

Oddio

Il primo pensiero che m'è venuto a scorrere i nomi del nuovo governo è che si sarebbe potuto fare molto peggio.
Repubblica

mercoledì 7 maggio 2008

Definizione

Il De Mauro on line descrive l'inerzia come la "proprietà di un corpo di mantenere il proprio stato di quiete o di moto uniforme finché non intervengano forze esterne a modificarlo". Più o meno come le consultazioni del capo dello stato dopo le elezioni per l'assegnazione dell'incarico al presidente del Consiglio in una repubblica che ne mantiene la definizione, ma di fatto non è più parlamentare.
De Mauro Paravia

Io lo sapevo che non ero solo

Quando ho scritto questa cosa avevo già visto le facce di alcune persone di sinistra cui avevo esposto a voce quel concetto e avevo più o meno capito che lo scandalo non era poi tanto. Oggi a pagina 5 del Corsera c'è questo titolo: "E a sinistra è già gara a sdoganare Gianni", in cui sono citati diversi nomi più o meno altisonanti che di Alemanno hanno un'opinione niente affatto pessima.

Pesi e misure

Qui non si ritiene che la coerenza sia un valore in sé. Nessuno è oggi quello che era ieri. E cambiare idee è anzi un processo di crisi che meriterebbe di essere guardato con maggiore attenzione rispetto a quanto si fa abitualmente, magari evitando di utilizzare lo schema in questo caso improprio fedeltà-tradimento. Il problema nasce quando nel medesimo intervallo temporale si sentono emettere dalle stesse bocche e sullo stesso tema giudizi differenti a seconda delle persone cui ci si riferisce. Sulla questione dei redditi di alcuni personaggi pubblici ampiamente divulgati nei giorni scorsi ad esempio, si sono visti acrobatismi degni dei circhi più celebrati. Così la ricchezza, utilizzata da una certa area politico-culturale come uno dei metri, se non l'esclusivo, per misurare le capacità e il livello tout court delle persone, è diventata all'improvviso, per una parte almeno di quella stessa area, una colpa dalla quale difendersi. Cioè: se si discute di un imprenditore, magari divenuto nel frattempo presidente del Consiglio, la ricchezza è non solo sinonimo di qualità, ma addirittura garanzia di capacità di governo anche in settori non legati all'imprenditorialità; se invece si parla di un comico, si lascia amabilmente passare l'idea - occhieggiando alle viscere del pubblico televisivo alle prese con la quarta settimana - che la mole del reddito imponibile sia direttamente proporzionale alla gravità del furto commesso ai danni del pubblico credulone. La conferma della tendenza nei confronti del comico si è avuta ieri sera a Matrix ascoltando l'argomentare dell'ex ministro Gasparri e del giornalista Facci sul fenomeno-Grillo. Per avere conferma della tendenza nei confronti dell'imprenditore, occorrerebbe avere un archivio che non ho. Oppure sollecitare le considerazioni dei suddetti politico e giornalista, magari provocandoli additando Berlusconi al pubblico ludibrio per il suo conto in banca. Così potremmo vedere l'effetto che fa. Che è comunque prevedibile. Ma questa è cultura del sospetto.

martedì 6 maggio 2008

If

Se il manifesto mettesse il materiale in rete nel giorno di uscita in edicola, vi linkerei l'editoriale di Gianfranco Bettin e il pezzo di Ida Dominijanni sul fatto di Verona e dintorni. Se siete interessati, potete leggerli domani nel sito del giornale; se avete voglia di spendere bene un euro e venti, comprate la copia cartacea in edicola: ne vale la pena. Per rimanere in famiglia, Barenghi sulla Stampa ha scritto questo.
La Stampa

C'è il sole

E la radio si sgranchisce sotto i raggi. La musica di oggi è tendenzialmente spensierata e movimentata quanto basta. Per chi non lo sapesse, ascoltare è facile: basta cliccare sulla freccia qui a destra.

venerdì 2 maggio 2008

La croce sopra (post scandaloso)

Sto per scrivere una cosa che ad alcuni dei frequentatori di questo blog potrà apparire scandalosa e faccio una premessa, altrimenti detta excusatio non petita: se avessi avuto diritto di voto a Roma per il ballottaggio avrei vergato la croce sul nome di Rutelli; il problema è che la maggior parte dei romani su Rutelli ha invece messo la croce. Detto ciò, sono persuaso che votando in quel modo avrei commesso un'ingiustizia nei confronti di me stesso. Perché sono convinto che il peso specifico del politico Alemanno sia decisamente superiore a quello dell'ex sindaco. Nel suo piccolo l'uomo con la celtica al collo l'ha dimostrato anche da ministro dell'Agricoltura. E del resto anche l'evanescenza di Rutelli si è mostrata quando l'ex radicale e verde ha fatto il ministro. Ops, ma così do l'idea di criticare Rutelli per l'ondivaghezza. E invece no: non è una semplice questione di (in)coerenza. Saper cambiare idea è un pregio. Magari quando non lo si fa con la frequenza con cui a marzo cambiano le condizioni meteo. Il problema è averne, di idee. E Alemanno ce l'ha. Diametralmente opposte a quelle di questo blog. Anche quando magari si arriva alle stesse conclusioni. Tipo: qui si pensa che salvaguardare le colture e i prodotti tipici è un bene perché aiuta a tenere ampio lo spettro della biodiversità, che è la vera ricchezza del genere umano, motore dell'evoluzione. Alemanno invece, salvaguarda gli stessi prodotti perché caratterizzano la nazione, categoria che qui non si contempla. Lontani anni luce, quindi. Eppure a me Gianni - e qui sta il punto - suscita anche un po' d'invidia. Non semplicemente perché vince le elezioni, ma perché le vince dicendo quello che pensa, e dicendolo anche bene (avevo avvertito: è un post scandaloso). Questo accade, appunto, perché Alemanno di idee ne ha. Ad esempio, "via gli stranieri irregolari" lui non lo dice (e lo farà) solo per seguire l'istinto popolare, ma perché pensa davvero che la nazione va preservata e che lo si fa difendendone il dna originario. Rutelli e buona parte del ceto politico di centrosinistra invece, semplicemente non dicono tutto quello che pensano, ammesso che pensino ancora qualcosa. Si mascherano e la gente se ne accorge. A a me uomo del popolo terrorizzato dai rumeni-che-violentano-le-nostre-donne mi convince uno pronto a mostrare gli attributi, non un fru-fru che dice di voler coniugare la repressione-con-la-giusta-dose-di-integrazione. E che cazzo è, l'integrazione? Forse occorrerebbe provare a spiegarglielo, all'uomo del popolo che invece inseguiamo con la stessa bramosia con cui Adamo ed Eva si rincorsero in paradiso. Ripartire dalle idee, insomma. Anche quando costa fatica, perché i tempi non sono dei migliori. Ecco, forse, è stata una fortuna non aver dovuto votare a Roma per il ballottaggio.

lunedì 28 aprile 2008

The niro

C'è questo ragazzo che vale molto la pena di ascoltare. E' vero che richiama Buckley, ma come ho letto da qualche parte in giro, visto il torto che Jeff c'ha fatto andandosene troppo presto, non è male se qualcuno ce lo ricorda. Sì, l'ho scoperto tardi, ma se lo conoscevate già, oltre a trascurare il post, potevate anche mandare una mail.
The niro

sabato 26 aprile 2008

Tipi

Per capire il contesto: si stava a un matrimonio celebrato il 25 aprile (sessantatreesimo anniversario della Liberazione d'Italia, era specificato sulla partecipazione, tanto per chiarire) che si è alla fine trasformato in una godibilissima rimpatriata con una serie di persone che innalzano il livello medio di gradevolezza del mondo. Sì, la musica, un po' di cinema, pochissimo lavoro. Ma alla fine quello che ha monopolizzato la serata è stata la scoppola elettorale, discussione in cui si sono manifestati parecchi tipi di sinistra. Eccoli.
1) Il pessimista apocalittico: si sta seriamente convincendo di essere condannato a essere minoranza a vita e medita l'esilio volontario.
2) Il pragmatico: "Guardate, vanno bene i principi ma sai che vi dico: dovremmo essere un po' più paraculi e fare un po' più di demagogia anche noi, soprattutto quando ci troviamo al governo".
3) L'ottimista: vede ampi margini di manovra perché al di là del voto è convinto che comunque sotto sotto la gente non è contentissima di quello che ha e potrebbe essere quindi permeabile al cambiamento a patto che la sinistra si rinnovi radicalmente.
4) Il pessimista integrato (assomiglia molto da vicino al titolare del blog): pensa che la batosta sia di proporzioni storiche perché ha radici profondissime e non sa proprio che fare ma ritiene che la vita va comunque avanti e che le cose cambiano anche quando meno te lo aspetti, chissà.
Non c'era il rancoroso a prescindere confinante con l'antipolitica e similqualunquista. Ma ho detto che si tratta di persone che innalzano il livello medio di gradevolezza del mondo, appunto.

Dalla culla alla tomba (nota biografica)

Quando ero bambino vidi nella macchina di mio zio la copertina di una cassetta con i greatest hits dei Rolling Stones in cui era raffigurato Mick Jagger e decisi che da grande mi sarei fatto crescere i capelli. Più in là mi concentrai di più sulla coppia di chitarre Richards-Wood, che tuttora - per la somma meraviglia dei fanatici della tecnica - considero la migliore della storia del rock. Oggi, ormai a un passo dagli anta e con i capelli tornati a lunghezza ordinaria, dopo aver visto lo stordente Shine a light, mi accontenterei di invecchiare come sta facendo quel cantante la cui foto mi stregò tanto tempo fa.
Shine a light

mercoledì 23 aprile 2008

Una di quelle

Radio accesa, brano che inizia, basso distorto. Una cosa che a me ricorda i Korn, credo, gruppo che non ho mai più ascoltato dopo la prima volta. La mano va per cambiare stazione. Poi lo scenario cambia. Non sono tante le voci in grado di rendere davvero belli pezzi che sarebbero gradevoli ma ordinari. Quella di Morrissey è una di quelle.

No future

Questo è un pippone. Velleitario e di una certa lunghezza. Privo peraltro delle spiritosaggini che rendono a volte appetibili i post. Siete avvertiti. E' un pippone che origina dalle tante telefonate e dai tanti colloqui fatti con persone di sinistra smarrite dopo la batosta elettorale. E dalla convinzione che se continui a prendertela col prossimo, che magari le sue colpe le ha, risolvi poco e capisci ancora meno di quello che ti sta succedendo intorno. La lunghezza è data dalla complessità delle cose che non so se sarà toccata con le proprietà necessarie. La velleità sta nel tentativo di spiegare almeno in parte alcune cause della botta presa.

Il punto dal quale è probabilmente più opportuno partire è l'appiattimento progressivo della dimensione del futuro e le conseguenze devastanti che tutto ciò ha avuto per chi politicamente si propone un orizzonte di modifica dello stato di cose presenti. I componenti della gioiosa "macchina da guerra" che nel 1994 cozzò contro l'allora Polo delle libertà si dettero il nome di "Progressisti". Ancora, la campagna elettorale di Veltroni è stata tutta proiettata nel futuro: "cambiate pagina", "mettiamoci alle spalle questi ultimi 14 anni". Sono stati questi i motivi dominanti. Bertinotti addirittura, esortava a votare Sinistra arcobaleno per fare un "investimento per il futuro". Ma è proprio storicamente che la sinistra si è presentata come il futuro, come il miglioramento delle condizioni presenti. E il futuro è stato visto per generazioni, almeno per tutto il Novecento, come un tempo che sarebbe stato migliore del presente e sul quale conveniva investire, appunto. Ora non è più così. Questa cosa di Massimo Gramellini scritta sulla Stampa e linkata da questo blog l'ultimo giorno dell'anno scorso aiuta molto a capire cosa il futuro è diventato per noi occidentali: non più un orizzonte aperto ma una sorta di imbuto in cui si intruppano le paure e i contorcimenti di una civiltà che bada di gran lunga più alla difesa dell'acquisito che alla realizzazione di altro. Ciò accade in parte per la raggiunta saturazione di beni materiali spesso inutili e dannosi (inutensili, come li chiama uno dei protagonisti di "Guerra agli umani"). Ma anche e soprattutto per la scomparsa dall'immaginario collettivo di un qualsiasi anelito a un’esperienza diversa da quella del produci-consuma-crepa (perdonate la semplificazione, ma almeno ci si capisce). Fenomeni questi, in cui si è innestato quel frullatore chiamato globalizzazione di cui le pasciute società occidentali beneficiano materialmente per molti versi, ma che repellono quando vengono messi a repentaglio confini (geografici e non solo) che si vorrebbero immutabili. Mancanza di futuro e paure, rendono il presente e ciò che lo caratterizza come l'età dell'oro da difendere con le unghie e con i denti e contro chiunque. Si allentano i vincoli di solidarietà: non è affatto verosimile che la Lega rappresenta una sorta di nuovo ideale di comunità, come si legge e si sente dire in giro, pure da persone stimabili; la comunità non interessa più i suoi potenziali partecipanti e la Lega è essenzialmente ritenuto uno strumento di difesa individuale per chi la vota. Il grande movimento dell'occidente è insomma verso il recinto, l'arroccamento perché il nemico è ovunque. La società che abbiamo attorno è diventata nel senso etimologico del termine conservatrice. E per una forza storicamente associata al progresso, in un mare del genere è davvero una fatica bestiale nuotare.

Se il futuro è una dimensione che più che attrarre incute timore e se la difesa è la sola politica che conta, il presente diventa l’unica dimensione di vita. Avendo smarrito la prospettiva lunga, le decisioni devono essere prese qui e ora, senza discussioni percepite come inutili e dannose. Non ci sono i problemi, risolubili con strategie di ampio respiro, esistono solo le emergenze da stroncare, costi quel che costi, con un’efficienza che viene misurata solo con la categoria del tempo e quasi mai della profondità. Perciò occorre semplificare e ridurre possibilmente ai minimi termini qualità e quantità del dibattito. Anche in questo scenario siamo in un mare ostico per chi è nato storicamente per dare voce alle moltitudini ed è quasi ontologicamente contrario alla voce unica del decisore, divenuta invece una sorta di feticcio delle democrazie.

A tutto ciò, si aggiunge quel trionfo della moltitudine di cui si è parlato qui e che è quindi pleonastico ribadire.

Questi sono parte dei problemi che potrebbero spiegare il tracollo di una parte politica. Che fare per adeguare strumenti al fine di coronare la strategia di chi dovrebbe avere come stelle polari l’allargamento della partecipazione consapevole, l’inclusione, l’orizzontalità piuttosto che la verticalità? E’ questa la domanda a cui al momento non si scorge nessuno in grado di dare risposte convincenti. Di certo, l’ultima cosa da fare è quella predicata da qualche opinionista di grido: quella di seguire, assecondandola, una maggioranza che muore di paura se s’imbatte in un campo rom ma si volta dall’altra parte – tanto per fare due esempi a caso - se gli si racconta che i metodi di coltivazione convenzionali stanno pericolosamente impoverendo il patrimonio genetico della Terra o che comperare acqua, per di più imbottigliata in vuoti rigorosamente a perdere, è un atto autolesionista. E però, non assecondarla, la maggioranza, non vuol dire non considerarla o, peggio, snobbarla. Anche se farci i conti, per di più nel mare che si ha attorno, è di una fatica tremenda.
La Stampa, Wu ming foundation, Bollati Boringhieri