mercoledì 20 gennaio 2010

Io lo sapevo che non ero solo

Grazie a Cesare, il cantante, che si è trovato a passare di qui, la recensione di We need time dei Cartavetro pubblicata su Vitaminic. Ché i riconoscimenti 'sto blog non li dà mica a caso.

martedì 19 gennaio 2010

Forma e sostanza

Io di Craxi so poco. Ero troppo giovane per poterne capire qualcosa quando era una stella; troppo rigido quando finì latitante. Certo, poi leggi, ti fai un'idea, magari la cambi anche. Ma ci sono cose che vivi così privo di difese, o magari di barriere, che entrano a far parte di te. E io l'ho vissuta così: a me Craxi e i socialisti non sono mai stati simpatici, né da stelle né tantomeno da latitanti. Ma per onestà intellettuale devo confessare che l'ambiente intorno a me mi ha fatto diventare un adolescente catto-comunista, nel senso più basic e reale del termine. La domenica mattina, per dire, andavo prima a servire la messa con mia nonna sui banchi della chiesa, poi a fare la diffusione militante dell'Unità con mio padre nelle case degli iscritti al Pci del quartiere. E Craxi e i socialisti, capirete, non c'entravano niente, né con la messa né con la militanza nel Pci. Anzi. Poi mi sono liberato del catto e per un periodo ho creduto di essere solo comunista; quindi ho capito che non ero neanche quello e sono rimasto lì, senza più un'identità precisa, trovandomi più spesso in minoranza che in maggioranza, ma questa è un'altra faccenda. Craxi e i socialisti, dicevamo. Ecco, avevo tutte le caratteristiche, i tic culturali, e all'epoca anche l'età, per essere uno di quelli che andarono a tirare le monetine davanti al Raphael. Ma né ci andai né approvai, seppure soddisfatto nel vedere un sistema di potere che pensavo si stesse sgretolando. Anzi, discussi a lungo con gente già all'epoca più ortodossa e moderata di me scapestrato, mezz'eretico e centrosocialeggiante sulla bontà del gesto. Eppure ero rigido e non avevo una visione delle cose sufficientemente ampia per giudicare Craxi, ma c'era qualcosa che stonava nell'Italia inginocchiata di qualche mese prima trasformatasi urlante e rivoluzionaria. Craxi quindi posso giudicarlo a fatica. I socialisti no, invece. Quelli li ho conosciuti. Nella città e nella regione nelle quali vivevo ad esempio, governavano in quelle che venivano definite giunte rosse. E li ricordo per la sicumera con la quale passeggiavano nelle vie del centro, per quella capacità di tirare tutto a proprio vantaggio a prescindere da tutto. Per quel maneggiare il potere solo ed esclusivamente per il potere; senz'altro disegno che non fosse quello animato dall'ambizione strettamente personale. Ricordo anche il mio stupore quando seppi che a differenza del Pci, loro i volantinatori li pagavano un tanto al giorno; niente volontari, solo mercenari, mi dissi. Ecco, dicevo, io, tra insipienza e rigidità, il Craxi riformatore che in tanti cantano oggi non saprei giudicarlo. Ma un'idea vaga e confusa me la sono fatta: con quel partito lì, di cui la mia generazione - ammetto - ha visto il peggio, non potevi andare tanto lontano. Gli è toccato di finire ad Hammamet, e come ha detto Bobo Craxi ieri sera a Porta a porta, forse sei anni di latitanza e la tomba all'estero sono una pena sufficiente. Ma con quella schiera di assessorucoli, arrivisti, azzeccagarbugli e gente priva di respiro lungo che era diventata la spina dorsale del partito dove pensavi di poter arrivare? Arrivato Craxi ad Hammamet, ognuno ha cercato di salvarsi come ha potuto. E negli anni si sono visti quelli che erano più dipietristi di Di Pietro diventare avvocati difensori a prescindere. Ma questo lo sappiamo bene. E a me interessa poco. Anche perché il problema sono gli altri; quelli che non sono più comunisti. Che avevano decine e decine di persone pronte a spendersi per diffondere l'Unità la domenica mattina. Che non pagavano i volantinatori; che ci credevano e che erano forti delle loro idee, seppure sbagliate (alcune, mica tutte). Sobri, con meno sicumera degli altri, se non altro. Con le case piene di libri per loro e con Gianni Rodari e il Diario di Anna Frank da regalare ai loro figli. Ora che Craxi e i socialisti non ci sono più sono loro che vedo passeggiare con sicumera, assessori nella mia regione rossa. Li sento ragionare del potere per il potere. Li vedo vuoti di idee. E penso che Tangentopoli è servita a cambiare le forme, ma la sostanza più o meno è rimasta quella.

domenica 17 gennaio 2010

Appena poco più di niente

Sono contrario alle raccolte di fondi che servono a coprire i buchi lasciati scoperti dall'incapacità o dalla negligenza di stato (telethon e via beneficenzando, per capirci). E sono anche contrario a fornire suggerimenti di comportamento agli altri, ché semmai ne avrei bisogno di buoni per me. Stanti queste premesse, ho proposto ai miei colleghi di devolvere almeno un'ora di stipendio per chi sta agendo nell'emergenza di Haiti. Se non altro perché lì lo stato, se c'è mai stato, non c'è neanche più, e non perché si sia affermata l'anarchia, purtroppo. Credo che i proventi li daremo ad Agire, nella speranza che i nostri pochi soldi dissetino qualcuno e non vadano a coprire l'acquisto di un Suv per qualche professionista del volontariato-ben-retribuito. E, giusto perché sono contrario a dare suggerimenti, mi permetto di invitarvi a fare la stessa cosa, qualora abbiate un lavoro e dei colleghi.

Stato

Che i due candidati presidenti alle regionali di gran lunga più apprezzabili del Pd (anzi, uno ancora non lo è ma spero che lo diventerà dopo le primarie di Puglia) siano esponenti uno radicale, uno di Sinistra ecologia e libertà, dice abbastanza sullo stato del maggior partito di opposizione, no?

mercoledì 13 gennaio 2010

Mettere mano alla giustizia

"La Costituzione parla di pena e non di pena detentiva o di carcere: perché condannarsi a condannare sempre e comunque al carcere, anche quando esso non è necessario e, anzi, può essere dannoso? Perché non incentivare il passaggio dalla cella chiusa alle misure alternative dal momento che la recidiva dei detenuti è tre volte e mezzo superiore a quella di chi sconta la pena fuori dalla galera?"
Luigi Manconi sul manifesto.

martedì 12 gennaio 2010

Storia minima

Mio padre ha fatto una cosa notevolissima indirizzata a mia figlia, registrando su cassetta i suoi ricordi di bambino: ci sono dentro il paesino d'origine, i suoi nonni, le attività che svolgevano. Ci si respira l'odore dei campi, della ricotta e delle pecore governate da Minicucciu (mi pare), il pastore del cui aiuto si giovava la nonna materna; ci si sente il riverbero del dispiacere del ragazzino che andava in soffitta a leggere i quaderni del nonno morto troppo presto, quando scoprì (il ragazzino) che quei quaderni erano stati buttati da una mano troppo distratta alle prese con la ristrutturazione della casa. La cosa è così notevole che ce ne gioviamo in due: per mia figlia in età prescolare, funge per il momento da storia della sera per addormentarsi; ma ne godo anch'io, incidentalmente capitato in mezzo ai due (nonno e nipote), scoprendo cose che mi sono assai vicine ma che non ho saputo in quaranta e rotti anni. Fin qui, la cosa riguarderebbe solo me e un paio dei miei più stretti congiunti. E capisco che uno innamorato del Novecento di Bertolucci, che proietterebbe nelle scuole d'Italia La meglio gioventù e farebbe adottare come libro di testo Romanzo criminale, sia quasi inevitabilmente attratto da una cosa del genere, fatte le debite proporzioni, chiaramente. La quale cosa però diventa di un interesse un po' più largo se la si inquadra in uno spontaneo e fruttuoso riempimento di quel vuoto di memoria che un po' tutti denunciamo, salvo poi farci stritolare tra il qui e l'ora effimeri ma scambiati per eterni. Probabilmente mi troverò a scuotere la testa chissà quante volte, tra qualche anno, rientrando a casa e trovando mia figlia spaparanzata sul divano davanti alle immagini dello zoo del Grande fratello. Ma ho l'impressione che quella cassetta, che io commuterò in mp3 per tentare di renderla meno corruttibile dal tempo, scaverà e lascerà tracce. E forse un giorno anche mia figlia comincerà a scuotere la testa di fronte agli zoo televisivi. Prendendone le distanze perché un po' più in grado di abbracciare il tempo che passa. 

mercoledì 6 gennaio 2010

Non ci sono gli uomini ma le donne non mancano

E io lei la voterei. Non foss'altro perché con una mossa semplice e lineare ha messo a nudo le tanto sfinenti quanto vane pratiche del maggior partito d'opposizione.

martedì 5 gennaio 2010

Senso della realtà

"Il candidato - non Nichi Vendola ma quello che Vendola ha già battuto alle primarie del 2005, Francesco Boccia - è stato scelto perché la cosa più importante per il Pd, persino più importante di vincere le elezioni, è stringere un'alleanza con l'Udc. Ma il fatto è che il Boccia prescelto è tanto debole che neanche l'Udc è disposto a sostenerlo".
Andrea Fabozzi sul manifesto.

lunedì 4 gennaio 2010

Per esempio

Beh, insomma, nove anni di ferro e fuoco tra Iraq e Afghanistan per poi scoprire che il problema è lo Yemen è uno di quei fenomeni che si fa fatica a definire se il protagonista principale è la prima potenza mondiale. So solo che io per molto meno prendevo quattro al compito di matematica, per esempio.

martedì 29 dicembre 2009

Scusate lo sfogo (post banale)

Uno cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno, di non fare l'apocalittico; col tempo, impara anche a guardare senza pregiudizi le analisi secondo cui l'uomo nuovo che da appena quindici anni imperversa in Italia ha rappresentato una soluzione di continuità con le forme di potere paludato e ipocrita cui la sinistra si è sempre opposta, salvo far loro da scudo scandalizzata quando si è accorta che altri le hanno messe in discussione a modo loro. Uno, dicevo, capisce che i tempi cambiano, che non è detto che la storia debba ripetersi uguale a se stessa, che le forme di esercizio del potere possono cambiare. Uno, soprattutto, dice a se stesso che se si sta all'opposizione e si vuol cambiare, non è difendendo riti e liturgie e giacche e cravatte che si ottengono risultati. Uno che stava all'opposizione nella prima repubblica, soprattutto, arrivo a dire, prova un po' d'invidia per B. che incurante di tutto fa le corna ai vertici di capi di stato e di governo. Poi conclude che non è sovvertendo le forme che si fanno riforme e rivoluzioni, ma ritrovarsi a difenderle - le forme - e fare di questo una mission politica è ben triste. Triste, ecco. Che sa di retroguardia, che inibisce il camminare avanti. Poi però, capita anche che quell'uno che, dicevo, cerca di allenarsi a vedere il bicchiere mezzo pieno, un giorno sbotti e si avvicini pericolosamente a qualcosa che non gli piace: tipo il neomoralista alla dipietro, lo strillone che urla alla democrazia calpestata, al fascismo addirittura (che i confinati, i carcerati, i partigiani, gli ebrei deportati e mai tornati avranno le convulsioni nelle bare a sentire dipietri, ragazzini e anziani in preda a momenti di insensatezza cianciare di fascismo, oggi in Italia). No, non griderò sguaiato che ci sono i fascisti alle porte, non ridurrò alla difesa delle forme contro le corna ai vertici internazionali la voglia di cambiamento. Però mi vado sempre più convincendo che noi saremo pure diventati rigidi, grigi, incapaci a parlare con chi non la pensa come noi. Ma a quella retroguardia siamo costretti anche dal fatto che i nostri stomaci  e quelli di coloro cui non sappiamo più parlare si sono assuefatti alle pietanze più avariate. Perché nella prima repubblica paludata e grigia che ci vedeva oppositori colorati, neanche il più tangentaro degli assessori regionali socialisti arrivava al livello di volgarità di questo Davide Boni, che si trova al governo di una regione bella, operosa, civile e accogliente di nove milioni (9) di persone. E non è l'ordine del giorno che invita alla delazione contro lo straniero, lo scandalo. Siamo diventati di stomaco così forte, nel tempo, che arriviamo a inquadrare una bestialità del genere nella categoria degli strumenti di lotta politica. E' il "se poi l’amministrazione non dovesse intervenire, i cittadini chiamino pure direttamente noi della Lega" che fa rabbrividire. E' il far west portato nei palazzi da chi quei palazzi li dovrebbe governare con le leggi e invece lo fa con i cinturoni, a far paura. A dirci che la discarica è arrivata ad esaurimento, che il nauseabondo ha superato i livelli di sopportabilità. E' il partito di governo, si badi, che si fa legge da sé per scendere al livello delle viscere dei rappresentati che ci dice come siamo arretrati pure rispetto agli anni in pure tutto ci faceva schifo, nonostante oggi abbiamo internet e i cellulari.

lunedì 28 dicembre 2009

Wizzo Awards 2009

  • Disco in copyright: Marlene Kuntz - Cercavamo il silenzio
  • Disco in copyleft: Cartavetro - We need time
  • Libro: John Fante, prendetene uno a caso e perdonate se qui è stato scoperto con vent'anni di ritardo rispetto alla media
  • Film: Inglorious basterds

Il Natale di uno squinternato

Il blogger squinternato è quello che scompare per settimane e non dice niente ai pochi che passano dalle sue parti, neanche se in una di quelle settimane cade il Natale. E qui si è piuttosto squinternati. Al punto da mettere insieme cose diverse in un unico post, tipo: 1) che il Natale che è passato lo vedi anche dai maglioni nuovi con cui i colleghi vengono a lavorare il 26; 2) che non è male, il 26, constatare che il tuo peso è calato di un chilo; 3) che hai modo, durante le festività, di tornare alla tua città e di riparlare con gente con cui lo fai di rado diffusamente: li scopri diventati ferventi dipietristi, fai una smorfia, ti danno quasi del venduto, rispondi che li ritieni assai più simili ai berlusconiani di quanto loro stessi pensino per tutta una serie di ragioni oltre che perché come loro - i berlusconiani -, 'chi tocca il leader muore', torni a sorridere perché gli hai sempre voluto bene e continuerai a volergliene ma politicamente ti rattristi ancor più di quando hai sentito dire a Fini cose che da anni aspetti di sentir dire da chi dovrebbe rappresentarti e pensi che no, non è all'ordine del giorno che la sinistra si riprenda.

lunedì 14 dicembre 2009

Uno tra tanti

Sull'aggressione a Berlusconi, alla giusta condanna delle parole di Di Pietro mi sembra non sia seguita analoga riprovazione di quelle di gente come Capezzone, per dirne uno (entrambe le trovate qui). Eppure le due cose sono speculari nella loro strumentalità: l'uno, Di Pietro, sostiene che chi ha commesso l'atto l'ha fatto perché istigato dal comportamento del presidente del Consiglio; l'altro, Capezzone, dichiara che l'autore del gesto è stato istigato dai seminatori di odio contro il presidente del Consiglio. Entrambi (Di Pietro e Capezzone) squilibrati, entrambi a prendere spunto da un episodio intollerabile non per commentare e condannare il fatto in sé, ma per farne propaganda del loro modo di vedere le cose. Con una differenza: Di Pietro è uno, mentre Capezzone, a sostenere quelle cose nel suo schieramento, è uno tra i tanti.

domenica 13 dicembre 2009

Santo subito

Quest'uomo, oltre a sparare scientemente balle, sta toccando l'apice della sua pericolosità. Ma sapete che ora i suoi ne chiederanno con ancora più forza la beatificazione, sì?

venerdì 4 dicembre 2009

Spacca

Su X Factor qui ci si è già espressi in termini critici. Ma il vincitore ha una voce e un talento di cantante che spaccano. Il problema è cosa gli faranno cantare.

lunedì 16 novembre 2009

Inerzia

Oltre a quella di dover sorbirsi l'accusa di aver causato una quantità innumerevole di conseguenze, dalla crisi economica attuale alla scomparsa della foca monaca, tra le tante colpe che è chiamato ad espiare chi ha fatto il '68 in una posizione di qualche rilevanza, c'è quella di aver fissato, suo malgrado, il tempo a quarant'anni fa. Nel senso che una certa quantità di persone, quando ha l'occasione di vederti dopo tanti anni, se non sei Giuliano Ferrara, Massimo D'Alema o Paolo Liguori e non ti si vede mai in tv, vuoi per la poco resistibile tentazione di riportare le lancette a quando era giovane - vuoi perché nel frattempo non ha fatto grandi passi avanti e ritiene possibile, qui e ora, l'assalto al cielo così come lo si perseguiva quando le strade erano piene di 500 - ti desidera come eri: niente compromessi, neanche col salumiere sotto casa, eskimo, megafono, playlist, pardon, cassetta con Nomadi e Shel Shapiro e via luogocomuneggiando. E' quello che, in parte, succede a gente come Guido Viale, che venerdì scorso era, spalleggiato suo malgrado dal titolare qui, a presentare il suo ultimo libro davanti a una platea variegata e popolata, quindi, anche da quella particolare fauna umana di chi non tiene conto dell'ambiente in cui vive. Nel senso che Viale presentava un libro che parla tra le altre cose di energia, rifiuti, trasporti e indica una modalità di lavoro e di cambiamento basata su approcci soffici e assecondanti la natura, dialogante perché si basa su competenze diffuse nei territori e quindi potenzialmente egemone anche perché di buon senso, che se applicata rovescerebbe i modi di vita cui siamo abituati e avrebbe se non altro il merito di farci vivere, mangiare, respirare e spostarci meglio e ingurgitando meno veleni di quanto siamo costretti a fare oggi. La cosa è andata bene, partecipata, tanto che alla fine si è dovuto troncare l'incontro perché la sala doveva essere preparata per il successivo. Ma in più di qualcuno - ché magari, vista l'età, il 68 l'ha solo letto sui libri o visto in bianco e nero - intervenuto pubblicamente e non, si notava una certa insofferenza perché Viale parlava di cose giudicate minime rispetto alla rivoluzione totale di cui era fautore quarant'anni fa. Qualcun altro ha estratto dalla tasca dell'eskimo la contrapposizione riforme-rivoluzione. Tanto che Viale stesso è stato costretto a dire esplicitamente che si considera più radicale ora di quanto lo fosse nel '68, perché oggi più consapevole e quindi meglio in grado di raggiungere l'obiettivo. Brutta cosa la vecchiaia, a volte. Anche se sulla carta d'identità non hai tutti gli anni che dimostri.

giovedì 12 novembre 2009

Gerontoche?

Sì, la gerontocrazia regnante in Italia ci ha scocciato. Ma sentirsi dare del ragazzo a quarant'anni suonati da uno che non conosci e che a occhio e croce potrebbe essere più giovane di te dà gusto. Ammettiamolo.

Se volete sapete dove trovarmi

Domani il titolare di questo blog farà una chiacchierata in pubblico a Perugia, nell'ambito di Umbrialibri, con Guido Viale per presentare il suo (di Viale) ultimo libro "Prove di un mondo diverso". Qui i riferimenti.