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sabato 9 gennaio 2021

L’abisso della stampa umbra, occupazione dimezzata in dieci anni

Da più di un decennio è in atto una crisi industriale strisciante e silenziosa che sta producendo in Umbria effetti tanto dannosi quanto poco avvertiti. Nel 2009, sul nascere di quella che sarebbe stata la grande ondata della stampa on line, il Comitato regionale per le comunicazioni dell’Umbria (Corecom) si prese la briga di censire i mezzi di comunicazione presenti in regione in una ricerca dal titolo allora evocativo:“Umbria.it”. Da quelle pagine emerge che all’epoca c’erano quattro quotidiani che si dedicavano alla cronaca locale; vi lavoravano complessivamente cento giornalisti e giornaliste con regolare contratto. Dieci anni dopo, nel 2019, una di quelle quattro testate non esisteva più, le altre avevano via via ridotto (e continuano a farlo) la forza lavoro, cosicché il numero di persone impiegate si è drasticamente ridotto arrivando a 49 unità. Una contrazione di metà della forza lavoro che è sintomo di una crisi che va molto oltre i numeri, sia per quantità che per qualità.

giovedì 7 gennaio 2021

Imprese arretrate, amministratori irretiti. Tesei double face

È una fotografia impietosa del sistema imprenditoriale umbro quella contenuta nel Documento di economia e finanza regionale 2021-2023 (Defr, lo strumento di programmazione del prossimo triennio) che la Giunta regionale ha approvato il 9 dicembre 2020. Nel capitolo dedicato al quadro macroeconomico dell’Umbria si legge che essa «si è presentata alla sfida con la pandemia Covid-19 in una situazione complessa, per alcune debolezze e problemi anche strutturali che la espongono – più di altre realtà territoriali – alle crisi di carattere congiunturale».

sabato 19 dicembre 2020

Umbria, il virus diseguale

Nel suo ultimo aggiornamento sull’economia dell’Umbria pubblicato a novembre 2020 Bankitalia ha rilevato che nei primi sei mesi dell’anno si sono registrati il 2,9 per cento di occupati in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il saldo assunzioni/licenziamenti è stato di –3.700. Il prezzo l’hanno pagato in massima parte i titolari di un contratto a tempo determinato (circa seimila in meno rispetto al 2019), che sono in grande maggioranza giovani sotto i 29 anni.