mercoledì 6 gennaio 2021
L'Umbria e la mancanza di capacità di futuro
lunedì 18 settembre 2017
Devoti alla vittoria
Ciao, ragazzo che hai devoluto un po’ del tuo tempo per andare in giro ad attaccare questi manifesti. Ho fatto questa foto, te lo confesso, con l’intenzione di prenderti per il culo. Volevo dirti che se sei «devoto alla vittoria», come ti dichiari, allora ti stai sbagliando di brutto, a meno che tu intenda la vittoria come un ente sovranaturale, una sorta di dio la cui esistenza non è dimostrabile e che si percepisce solo con la fede. Se invece intendi la vittoria quella che si tocca con mano, quella quando esulti perché la tua squadra prende tre punti, quella quando riesci a debellare una malattia che ti stava minando la salute; beh, permettimi, stai proprio andando contromano. Perché il fascismo che ti attrae, in fatto di vittorie non è proprio ‘sto modello da seguire. Anche a voler considerare "vittorie" la presa del potere in Italia e la costituzione di un impero coloniale in Africa orientale, al netto delle violenze e dei massacri con cui tutto ciò è stato ottenuto, le sconfitte che sono seguite a quelle brevi stagioni sono state così definitive che ne abbiamo pagato per lungo tempo le conseguenze tutti, non solo i tuoi nonni e zii che marciavano col fez. Questo, ti volevo dire.
Poi ho pensato che tu ti consideri un rivoluzionario, se non sbaglio. E allora la cosa ha cominciato a quadrarmi ancora meno. Ma come, vuoi fare la rivoluzione e ti definisci «devoto alla vittoria»? Ma allora hai già vinto, la tua rivoluzione si è già compiuta! Sei già dentro un sistema in cui tutto è congegnato per vincere, e dove perdere è la peggiore delle iatture che possa capitare. Tutto qui, ragazzo, è pensato per fare gol, a prescindere; niente, o quasi, si fa perché lo si ritenga davvero necessario, giusto, opportuno. Tutte le azioni che non hanno almeno sulla carta una possibilità di riuscire sono considerate da sfigati. Tutto è volto a conquistare punti qui e ora, anche con un gol di mano, anche con un fallaccio all’avversario mentre l’arbitro non guarda. Sei nel regno in cui conta il quanto, non il come. Pensa, stai nel regno dei «devoti alla vittoria» e non te ne sei neanche accorto!
Ho pensato anche che la rivoluzione che tu, forse, vorresti è quella che impone il comando di uno e l’obbedienza dei restanti. Quella in cui il popolo che costituisce la nazione ha diritti superiori a chi da quel popolo e quella nazione è escluso. Ma hai anche questo, ragazzo! Di cosa ti lamenti? Fai uno sforzo per capire. Hai presente quando senti dire che «si attende la risposta dei mercati»? Ecco, significa che i governanti (che non contano niente, o quasi, nonostante quanto si possa credere a sentire giornali e tv) aspettano di vedere se i tassi di interesse sul debito pubblico (cioè sui soldi che lo stato prende in prestito dai mercati) si alzano o si abbassano dopo l’annuncio di una determinata legge o manovra finanziaria. Se “i mercati” giudicano la legge ok, acquistano i titoli di quello stato e fanno scendere i tassi di interesse; se per i mercati la legge non è ok, vendono i titoli di quello stato, e quello stato è costretto ad alzare il tasso di interesse, impoverendosi, per rendere più appetibili quei titoli e incassare soldi dai “mercati”. Ma “mercati”, nonostante sia un sostantivo plurale che lascia intendere "tanti" significa "pochi", "pochissimi" investitori, con tanti di quei soldi che tu non immagini, tanti di quei soldi da far oscillare, con un acquisto o una vendita, i tassi di interesse sui titoli di stato. È così che sono nati il jobs act, la cancellazione dell’articolo 18, la svendita inesorabile del patrimonio pubblico, la privatizzazione dell’acqua e chissà fra quanto magari anche dell’aria. Piacevano ai mercati. Eccolo realizzato in terra il regno in cui pochissimi eletti decidono e la stragrande maggioranza delle persone obbediscono. Come? Non ti basta? Tu vuoi proprio che uno e solo uno comandi? Ma guarda che la logica a cui rispondono i “mercati” è una e una soltanto: che i soldi si moltiplichino e creino altri soldi, a prescindere da qualsiasi vincolo. Ce l’hai, ragazzo, un comandante. Uno solo.
E anche popolo e nazione sono salvaguardati, ragazzo. Perché siccome la logica del mercato crea diversi squilibri e problemi per la moltitudine costretta ad obbedire, al popolo viene detto che non ce n’è per tutti, che occorre fare sacrifici. E allora il popolo, o meglio, la sua caricatura, punta a volersi assottigliare, getta quelle che considera zavorre a mare. Punta a fare in modo cioè che, essendo immutabili le dimensioni della torta, siano in meno quelli che se la devono dividere. Allora chi non fa parte del popolo e della nazione, non viene fatto votare, non gli si offre neanche il minimo per campare, viene escluso; si alzano muri per non farlo entrare. Così si offre una valvola di sfogo ai frustrati che stanno dentro, li si fa sentire più forti degli sfigati che rimangono fuori, e li si convince all’obbedienza, i frustrati.
Ci sei, quindi, ragazzo. Se sei devoto alla vittoria, se vuoi l’idea al comando e il popolo obbediente, ci sei dentro. La tua rivoluzione l’hanno già fatta per te.
Dovresti volere la rivoluzione se fossi non devoto alla vittoria ma al dubbio; se il come raggiungere un obiettivo fosse per te più importante del quanto riesci a conquistare; se considerassi gli uomini e le donne uguali a prescindere da dove nascono; se rifiutassi la logica dell’idea al comando e se rifiutassi sia il comando che l’obbedienza per abbracciare un concetto che è perdente, da sfigati: cooperare tra uguali. Per questo dovresti volere la rivoluzione.
Se sei devoto alla vittoria, no, ragazzo. Stai bene qui.
mercoledì 27 febbraio 2013
Governo di larghe intese, ecco la bozza di accordo
Legge sul conflitto di interessi: qualsiasi titolare di quote di aziende che potrebbe giovarsi della sua partecipazione al governo per trarre vantaggi a scapito della concorrenza, è tenuto a liberarsi delle sue proprietà per affidarle a un blind trust che le amministrerà in sua vece durante tutto il periodo nel quale si protrarrà l'impegno pubblico del soggetto. Il passaggio di consegne avverrà il 29 febbraio del primo anno bisestile disponibile, che nel nostro caso cadrà nel 2016.
Riforme istituzionali e riduzione dei costi della politica. Dimezzamento del numero dei parlamentari e riduzione di almeno il 40 per cento delle loro indennità. Con i proventi verrà finanziato un fondo che verrà utilizzato per il pagamento delle spese legali di deputati e senatori, anche non rieletti nella presente legislatura, colpiti da provvedimenti della magistratura.
Norme anti-corruzione. Sarà interdetto dai pubblici uffici e dalla possibilità di essere candidato a qualsiasi carica chiunque verrà sorpreso in flagranza di reato e filmato contestualmente da almeno tre telecamere. Se il reato è commesso in ore notturne, le telecamere devono essere a raggi infrarossi.
Selezione della classe dirigente. I partiti saranno obbligati a scegliere i loro candidati alle cariche pubbliche sulla base dell'esito di elezioni primarie. Il sistema elettorale per le suddette elezioni è scelto in autonomia da ciascun partito. Tra i sistemi ammessi per le donne anche quello della camera: ogni aspirante alla carica passa dalla camera del leader che voterà poi la sua candidata preferita.
Abolizione delle Province. Giunte e consigli provinciali decadranno dal prossimo primo giugno ma possono essere ripristinati qualora lo chiedano con motivazione scritta il presidente e almeno uno degli assessori attualmente in carica.
Mercato del lavoro. Sgravi fiscali e contributivi per le aziende che assumono a tempo indeterminato a patto che i neo-assunti si impegnino formalmente: A) a rinunciare alla pensione, B) a devolvere la totalità del trattamento di fine rapporto a un fondo per la piccola e media impresa, C) qualora l'andamento del ciclo economico e la necessità di soddisfare gli ordinativi lo richieda, a munirsi a proprie spese di pannoloni per evitare di andare al bagno e sottrarre tempo prezioso alla produzione.
mercoledì 7 novembre 2007
Emergenza extralarge
Deltanews, Regione Toscana, Istat
domenica 8 marzo 2009
Alla pari. Alla pari?
Senza disturbare, senza disturbare
prego di qua
sta per arrivare una grande decisione
prego di qua
sta per arrivare una grande decisione
per una posizione una vera condizione
Prego si tolga dalla luce
e spieghi come mai
prego sia un po' più veloce
e mi spieghi semmai
nel suo futuro c'è chi aspetta
ma è bene che lei scelga
è bene che lei scelga, scelga o perda,
scelga o perda, o scelga
Prego di qua e abbassi la testa
è la posizione giusta,
senza vanità
prego sorrida enormemente
vediamo come va
la sua bella presenza richiesta dall'azienda
è una formalità
e la mia opinione sulla riproduzione...... lei certo capirà.
mercoledì 31 gennaio 2007
Il baratro
Kataweb, Repubblica
mercoledì 27 aprile 2016
Il giornalista, poverino (la dittatura del reale)
1) I “modi gentili e pragmatici” vengono automaticamente estesi dalla singola persona a una intera categoria. Ne consegue che tutti coloro che “hanno lavorato una vita tra gli imprenditori”, e quindi tutti gli imprenditori, sono baciati dalla grazia di essere dotati di “modi gentili e pragmatici”. Ciò vale anche per chi, pragmaticamente e gentilmente, fa firmare alle donne che assume lettere di licenziamento in bianco allo scopo di utilizzarle in caso di maternità; per chi, pragmaticamente e gentilmente, smaltisce rifiuti pericolosi inquinando acque e terre e avvelenando popolazioni; per chi, pragmaticamente e gentilmente, evade massicciamente le tasse; per chi, pragmaticamente e gentilmente, sfrutta il lavoro nero.
2) Essendo propri di quella categoria, al limite dell'esclusività, si deduce che secondo l'estensore della definizione, “i modi gentili e pragmatici”, non possono essere propri delle persone che non fanno parte del gruppo cui lui li attribuisce. Se uno, per dire, scrive: “Ha il fiato e le gambe di un maratoneta”, vuole indicare una persona che ha proprio quelle doti, frutto di anni di allenamento; chi non corre maratone è escluso automaticamente dai detentori di quelle qualità. La conclusione più corretta sarebbe insomma che chi “ha lavorato una vita” tra i commercianti, gli infermieri, i geometri, gli spazzini, gli studenti, eccetera, o chi è addirittura disoccupato, non è tra quelli che, di diritto, si comportano “gentilmente e pragmaticamente”. Potrebbe rientrarci, forse, ma deve dimostrarlo, non facendo parte degli imprenditori.
3) La gentilezza non è stata mai fatta discendere dal fare impresa. In nessun saggio di economia si è mai letta una cosa del genere, mentre c'è chi ha autorevolmente parlato, riferendosi al comportamento di chi opera sulla scena economica, di “spiriti animali”. Sul pragmatismo c'è qualche margine in più. Anche se ci sono imprenditori che falliscono, alcuni anche più volte. Difficile descriverli con l'aggettivo “pragmatico”.
Perché, allora, l'estensore dell'intervista è incappato in una leggerezza del genere? Perché, poverino, lui è intimamente convinto che gli imprenditori siano tutti, o quasi, “gentili e pragmatici”. È stato per così tanto tempo esposto alle radiazioni tossiche del racconto che va per la maggiore - e non si è mai posto il problema di prendere le distanze, perché tutto sommato pensa che in quella posizione egli possa godere di qualche piccolo agio – da essere diventato egli stesso propagatore di tossicità.
Nel corso di quella vera e propria controrivoluzione iniziata più o meno una quarantina d'anni fa, è stato divelto qualsiasi appiglio che colleghi il nostro essere qui e ora alla possibilità di trasformarci in altro, noi e quello che abbiamo intorno. Siamo nella “dittatura del reale”, in cui, come in ogni dittatura, comandano in pochissimi e l'oggi tende a raccontarsi come perpetuo. Questa “dittatura del reale” si nutre di diversi ingredienti e dopo aver strangolato la politica come strumento di esercizio, seppur parziale e perfettibile, di potere del popolo, oggi ha i suoi altari da venerare. Uno di questi è la bontà dell'impresa. O meglio, della logica del fare profitto. A prescindere. Di qui discende, come un automatisno, la definizione rozza - e nella sua rozzezza semplificatoria ben adatta a essere utilizzata come metafora degli atteggiamenti in questi tempi amputati - “modi gentili e pragmatici di chi ha lavorato una vita tra gli imprenditori”. Si tratta di una violenza semplificatrice che si abbatte sulla realtà stessa, perché anche solo ricorrendo al semplice buon senso si capisce che non ci sono un solo tipo di impresa, un solo tipo di imprenditori. Ma da chi è impregnato di tossicità è difficile ottenere la lucidità del buon senso.
Una delle poche cose che si può tentare di fare è spendere parole per arginare la tossicità messa in circolo da questa “dittatura del reale”. Che ha mezzi formidabili per distorcere interpretazioni e obiettivi. E porta le persone a scatenarsi genericamente contro “la politica”, vista come madre di tutti i mali, e a non pretendere nulla dagli imprenditori, che rimangono tutti “gentili e pragmatici” anche quando migliaia di loro nomi in tutto il mondo vengono pubblicati in un elenco di maxi evasori fiscali. Anche quando la politica non esiste più, se la si intende come potere diffuso di trasformazione, essendo il potere concentratissimo in mano a pochi impegnati a diffondere il verbo del profitto dopo aver fagocitato politici, giornalisti e accademie e averli ridotti ad agit prop. Anche se qualcuno e qualcosa resistono.
lunedì 14 dicembre 2020
Perugia, il paradosso della mobilità immobile
sabato 12 aprile 2008
Anni luce
Repubblica
sabato 26 luglio 2008
I paraocchi che abbiamo (ops) che ho
T: "Certo che la vostra è davvero una terra ricca".
I: "Sì. E da valorizzare".
T: "Beh, in effetti".
I: "E' che fin quando non ci toglieremo il cancro della mafia non ce la faremo mai. Ma le cose stanno cambiando. Le uccisioni di Falcone e Borsellino hanno rappresentato un punto di svolta. Qui oggi a loro e a don Puglisi la gente sarebbe pronta a farli santi".
T: "Sì, in effetti quelle due stragi hanno mostrato il lato più sanguinario della mafia e probabilmente le hanno sottratto più consensi di quanti benefici abbiano portato le eliminazioni di due nemici acerrimi come Falcone e Borsellino".
I: "Sì, è proprio così. Ma lo sapete che io ho un amico che viene dalla vostra stessa città? E' un missionario, ora sta in Ecuador. Abbiamo lavorato insieme. Eppure al nord c'è razzismo. Pensate che io non molto tempo fa a Roma ho dovuto difendere mia moglie, additata come africana" (segue spiegazione di come ha difeso la moglie).
T: "Ma dai, non credevo si fosse ancora a questi livelli. Sarà che la nostra è una città universitaria, abituata ad essere popolata da gente che viene dal sud, scene del genere è davvero difficile vederne e sentirne".
I: "No, no. Vi assicuro. Di razzismo ce n'è molto. Anche tra le forze dell'ordine".
T: (tentando di mantenere l'aplomb): "Eh, purtroppo sì. Basta vedere cosa combinano quando gli sfugge la mano. E' che sono un po'...."
I: "Di destra. Sono di destra. Le forze dell'ordine sono di destra. Ma qualcosa sta cambiando anche lì".
I T annuiscono sulla definizione "di destra" e rimangono un po' scettici sulla prospettiva di cambiamento. Il lui della coppia - sarà per l'accenno dell'altro all'amico missionario - si convince di trovarsi davanti a uno di quei cattolici di base che lavora in qualche organizzazione non governativa con i quali su questioni politiche si trova spesso d'accordo pur essendo lontanissimo dal cattolicesimo. Convinzione che si rafforza quando il lui degli I rivela che "pochi giorni fa abbiamo raccolto un neonato di appena venti giorni arrivato in una di queste navi di immigrati. Pagano 1.000, 1.500 euro a persona; i bambini valgono doppio e le donne incinte il triplo. Tolgono loro il passaporto e li costringono a pagare praticamente a vita. Beh, di fronte a quel neonato anche alcuni miei colleghi razzisti, perché sono razzisti, si sono inteneriti. Vorrebbero sparargli. Ma io dico, questa magari è gente che mille-millecinquecento anni fa, ci insegnava la matematica, la fisica, l'astronomia".
Il lui dei T accorda e pensa che sì, anche alcuni di questi volontari cattolici stanno lì per chissà quali motivi e poi, in fondo in fondo, sono venati da razzismo. La conversazione va avanti, i quattro adulti convengono sul fatto che tentare di contenere le migrazioni con misure poliziesche manifesta il non aver capito nulla della storia umana. Poi si parla dei figli che nel frattempo hanno fatto amicizia e dell'educazione e di altre cose ancora. Saluti senza baci.
Al ritorno in macchina il lui dei T dice alla lei: "Però, 'sti cattolici a volte mi piacciono". Lei ribatte domandando: "Perché cattolici?", lui: "Beh dai: l'amico missionario, i discorsi sugli immigrati, le forze dell'ordine che sono di destra, era un cattolico di quelli tosti, no?", lei: "Guarda che secondo me era un carabiniere", lui: "Ma dai", lei: "Non hai sentito quando raccontava di come ha difeso la moglie a Roma?, ha raccontato di aver detto: 'Mi dispiace di dover difendere anche gente come lei', e poi ha parlato inequivocabilmente di far parte del servizio anti-immigrazione". Lui: "'Azz, sì, mi sa che c'hai ragione".
martedì 10 giugno 2008
Uno prova a capire tutto
martedì 29 ottobre 2013
A volte ritornano (o almeno, ci provano)
Ma Bossi non è un caso isolato. Ecco gli altri.
Matteo Salvini. Messo in ombra dal Movimento 5 Stelle, il segretario della Lega lombarda persegue un unico obiettivo: non farsi scavalcare da Grillo nelle politiche contro gli immigrati. È il compito più arduo che sia capitato a Salvini da quando, in terza media, la professoressa di educazione civica gli chiese di descrivere la differenza tra un semaforo e un palo della luce e, constatando che non sapeva rispondere, sconsigliò al futuro astro nascente della politica padana il proseguimento degli studi. Salvini ha contattato la redazione di "Porta a Porta" chiedendo di essere ospitato per lanciare una proposta di legge da egli stesso definita rivoluzionaria: l'intitolazione ad Artemisio Scaccabarozzi di tutte le piazze del nord attualmente dedicate a Garibaldi. Scaccabarozzi, cacciatore di frodo nonché vincitore per cinque edizioni consecutive della "Gara di rutti della pedemontana lombardo-veneta", è balzato agli onori delle cronache perché nei primi anni Novanta testava l'efficacia delle trappole per caprioli da egli stesso realizzate sugli immigrati albanesi giunti in Lombardia in fuga da Tirana. «È uno degli esponenti più alti della cultura padana che io conosca, ed è giusto che nelle piazze del nord campeggi il suo nome», argomenta Salvini. La proposta di legge, vergata con un artiglio di cinghiale della Valcamonica su pelle di vescica di agnello, è già stata depositata in Parlamento. Vespa ha detto a Salvini che la puntata si farà, ma solo se si riuscirà a realizzare un plastico dello Scaccabarozzi a grandezza naturale.
Roberta Lombardi. L'ex capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, scaduti i tre mesi del suo mandato, è tornata al normale lavoro di parlamentare grillina, quello di contare gli scontrini delle spese effettuate ed elargire insulti gratuiti. Nel tempo libero Lombardi passa ore davanti allo specchio a fare le facce schifate: «Così mi alleno per quando mi chiamano in tv», ha confidato via skype all'amica del cuore conosciuta su facebook. Superato il grave esaurimento nervoso derivatogli dalla constatazione che Crimi è più ricercato di lei («Guarda se quella palla di lardo deve andare a finire sui giornali mentre a me non mi caga nessuno», ha mormorato durante una delle sedute davanti allo specchio), Lombardi sta meditando di ritagliarsi il ruolo di pitonessa dei 5 Stelle per tornare in auge. Per questo ha avvicinato la Santanchè, la quale, dopo averla squadrata, ha concluso: «Hai tutto quello che serve, ti mancano solo le dieci carte di credito che io ho nel portamonete e un fidanzato giornalista: io ho Sallusti, tu potresti scegliere tra Belpietro e Lavitola. Poi potrei contattare Paragone per farti invitare a La Gabbia. Però mi raccomando, non mi far fare brutte figure: sei già sulla buona strada, ma allenati bene a non pensare prima di aprire bocca».
Gianfranco Rotondi. L'ineffabile politico avellinese soffre di un grave complesso di inferiorità: è vero che Berlusconi l'ha portato con sé nell'ultimo governo da lui presieduto; ma l'ha nominato ministro "senza portafoglio", che per un ex dc passato al Pdl è uno degli affronti più gravi che si possa subire. Ma quello che sta tormentando Rotondi è la competizione con Brunetta, Capezzone e Giovanardi. «Non ce la farò mai», confida in privato. Già. Lui dice che trova oggi Berlusconi più in forma che vent'anni fa? Non se lo fila nessuno. Brunetta fa una comparsata in uno studio televisivo, innesca una rissa anche col tecnico delle luci e l'indomani va su tutti i giornali. Lui millanta di sapere chi sarà l'erede di Silvio alla guida del Pdl? Raccoglie l'indifferenza generale. Capezzone passa dai Radicali a pasdaran berlusconiano e raccoglie insulti nelle piazze di mezza Italia. Lui sostiene che Famiglia Cristiana è un giornale comunista? Giovanardi rilancia e spara che Stefano Cucchi è morto di inedia, vuoi mettere? Così Rotondi si è convinto che occorre una scossa: ha ingaggiato il consulente d'immagine di Marylin Manson e oggi veste solo giacche alla Mughini su aderentissimi pantaloni di pelle nera. È così che si presenterà ospite da Maria De Filippi a "Uomini e donne", dove si svestirà per mostrare in diretta tv la natica sinistra e quella destra, dove si è fatto tatuare rispettivamente le parole «Solo» e «Silvio».
Massimo D'Alema. Si vede ormai di rado in tv e sui giornali ma non è affatto intenzionato a mollare. Per questo sta prendendo parte attivamente alla battaglia in vista delle primarie del suo partito. Dopo le sue dichiarazioni in favore di Cuperlo, il candidato alla segreteria è partito in piena notte da Roma, in ginocchio, alla volta di Pietrelcina, lasciando un biglietto alla moglie: «Solo così posso sperare che Padre Pio prenda in considerazione l'idea di intervenire per controbilanciare l'influenza negativa di una tale presa di posizione». Sta meditando di tornare sulla scena con un libro: «Io guardo al futuro». Quando sono uscite le indiscrezioni sul titolo però, pare che il futuro se la sia data a gambe levate.
martedì 15 maggio 2018
Senza senso
1) Non si ricorda esponente politico che abbia mai detto di star facendo trattative per curare i suoi affari personali, il suo destino politico, quello del suo partito o quello dei suoi cari. Tutti, sempre, impegnati nelle più strenue battaglie di potere, hanno dichiarato pubblicamente che lo stavano facendo nell’interesse dei cittadini. In questo gli esponenti del M5S sono identici ai politici che li hanno preceduti, ai loro contemporanei, e a chi verrà dopo di loro.
2) Credere a quella affermazione seriale è un vero e proprio atto di fede; lo stesso che fa chi crede alla verginità della Madonna, alla reincarnazione o alla moltiplicazione dei pani e dei pesci. Lo è perché, semplicemente, nessuno tranne i partecipanti sa cosa si stiano dicendo le delegazioni di M5S e Lega in questa serie infinita di incontri che dura da giorni. Non ci sono verbali né dichiarazioni che scendano nel merito di quanto discusso. Nessuno riferisce di cosa si è detto, come, e quali siano le posizioni; quello che si sa, lo si sa grazie alle ricostruzioni dei vituperati giornalisti. Sono state abolite le dirette streaming. Bisogna fidarsi del dichiarante di turno, che oltre a dirci che si sta occupando «degli interessi dei cittadini», nel caso sia particolarmente in vena ti dice pure che «sta scrivendo la storia», che non è propriamente entrare nel merito.
3) «Fare gli interessi dei cittadini» è una frase senza senso. È come dire «sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno». I «cittadini» sono un’entità indefinita. Ci sono cittadini ricchi e poveri, che evadono le tasse e che le pagano fino all’ultimo centesimo; ci sono giovani e pensionati; e tra i giovani, c’è chi è figlio di papà e chi è stato cresciuto a stento; e tra i pensionati c’è chi va avanti con la minima e chi con quella d’oro; ci sono uomini e donne (e per le seconde, in genere, è tutto un po’ più difficile); c’è chi ha alle sue dipendenze gente che lavora per lui e chi per campare deve prestare il proprio lavoro ad altri che glielo pagano come dicono loro, se glielo pagano. Fare gli interessi degli uni può voler dire penalizzare gli altri. Insomma, dire che si fanno «gli interessi dei cittadini» può suonare fico, è di sicuro effetto. Reiterare la frase la rende quasi vera. Ma ciò non toglie che nella sostanza sia una cosa vecchia e che non dice niente, proprio niente. Anzi, è senza senso.
venerdì 24 maggio 2013
Il mondo accademico si schiera con Berlusconi
Gli interrogativi sono così pesanti da mettere in crisi anche le certezze di studiosi che non si occupano strettamente di politica. Al Massachussetts Institute of technology ad esempio, il fisico John Newton, pronipote del celebre Isaac, è incappato in una pesante crisi di nervi al termine della lettura di un articolo riepilogativo della storia dell'Italia degli ultimi vent'anni. «Se è successo questo può succedere di tutto, anche che la legge di gravità formulata da mio zio sia una bufala. Chi ci dice che il nostro camminare a terra non sia frutto di un'illusione ottica?», ha urlato Newton in laboratorio mentre tre infermieri lo invitavano a indossare la camicia di forza.
Forte di queste evidenze, Berlusconi ha riunito i suoi. Per prima cosa ha chiesto agli avvocati Longo e Ghedini se dietro la parola "archetipico" non si configurasse una nuova ipotesi di reato a suo carico. Poi ha intimato a Capezzone, che si era fatto male mentre entrava in stanza, di smetterla con le polemiche: «Calmo Daniele, non puoi dare dell'illiberale a uno sgabello solo perché ci hai inciampato non vedendolo». Infine ha bloccato l'uscita di un editoriale di Giuliano Ferrara in cui il direttore del Foglio, spiegando a modo suo lo studio dei ricercatori francesi, attaccava così gli avversari: «I parrucconi della sinistra dovrebbero rispondere alla seguente domanda: quanti uomini di 77 anni, banali come una giornata piovosa di novembre, con una lastra di bitume al posto dei capelli, un giro vita degno di un lottatore di sumo e gli occhi diventati come quelli di Michael Jackson dopo l'undicesimo intervento di chirurgia plastica; ecco, quanti uomini con queste caratteristiche sono in grado di far credere a milioni di italiani di avere decine di amiche ventenni disposte a passare una serata con loro? Un uomo così straordinario merita il plauso della storia, perché Berlusconi, signori miei, la scrive tutti i giorni la storia. E se non gli piace, la fa riscrivere».
Il blocco dell'editoriale mentre il giornale stava andando in stampa ha creato qualche problema a Ferrara, che in extremis si è ricordato di avere conservato un pezzo che poteva degnamente prendere il posto del suo. È stato così che il Foglio ha pubblicato un brillantissimo articolo di Pietrangelo Buttafuoco dal titolo: "Il senso di Goebbels per le alici marinate".
Stemperati gli animi dei falchi, tramortito Brunetta con tre canne e messa sotto ipnosi la Santanchè, Berlusconi si è potuto presentare all'incontro con Enrico Letta libero di trattare: «Voi di sinistra siete uomini di cultura, certe cose le capite - ha detto l'ex premier - qui siamo in presenza di uno studio prestigioso che tesse le mie lodi. Per questo credo di meritare pienamente il seggio di senatore a vita. E dato che ci siamo, mettiamo anche mano al codice penale: o mi garantite la messa fuori legge della prostata, della caduta dei capelli e delle donne che non hanno almeno una quarta di reggiseno, o io mi vedrò costretto a togliere la fiducia al governo». Letta si è detto d'accordo su tutto, ma sulla questione della concessione della carica di senatore a vita è stato irremovibile: «Occorre garantire a Napolitano una via di fuga rapida e sicura dall'Italia, una volta che avrà firmata la nomina».
mercoledì 5 dicembre 2007
Col dissenno di poi
A voltare lo sguardo indietro ci sarebbe quasi da sperare che ci sia un "grande vecchio" che prevede tutto e fa in modo che le cose vadano in un certo modo per chissà quali scopi. Almeno ci sarebbe un senso. Perché se le cose vanno così al naturale, allora c'è da preoccuparsi sulle classi dirigenti che governano il posto nel quale ci siamo trovati. Cominciando dai confini più piccoli: solo qualche lustro fa, mentre vedevamo crollare un sistema istituzionale che si era retto per decenni su un bipolarismo imperniato intorno a due partiti e su un sistema elettorale proporzionale, ci hanno cominciato a raccontare che no, basta, occorreva passare al maggioritario perché così andavano le democrazie vere. Ce l'hanno raccontato fino all'altroieri. Poi, puf. Due di quelli che sono stati i più grandi campioni del maggioritario si vanno accordando per tornare a un bipolarismo imperniato su due partiti e un sistema elettorale proporzionale. E dire che siamo reduci da una legislatura che ha visto il governo più longevo della Repubblica. Il quale, come i tedeschi che tagliavano i ponti dietro di loro battendosela verso casa, ha pensato bene di cambiare la legge elettorale in zona Cesarini per rendere difficile la vita a chi sarebbe succeduto. Dicono: ma che schifo, con le liste bloccate, il parlamento è di fatto nominato dai segretari di partito. Perché, dal '
mercoledì 4 maggio 2022
In ordine sparso, sette cose che ho imparato in due mesi di guerra
1) Siccome piacciono, si citano le parole di papa Francesco contro la guerra, in alcuni casi le si trasforma in meme e molto spesso ci si fa prendere la mano e se ne conclude che Bergoglio è una «autorità morale». Si tratta dello stesso papa che rappresenta la chiesa cattolica contro l’eutanasia e l’interruzione volontaria della gravidanza da parte delle donne. Se lo si eleva ad «autorità morale», è per sempre. Per molti che sono contro la guerra ma a favore di eutanasia e interruzione volontaria della gravidanza, dunque, sarebbe più opportuno dire: sono d’accordo con le parole del papa contro la guerra. Invece no. Enfaticamente si elegge Bergoglio a leader morale tout court.
mercoledì 7 marzo 2007
Du du du
The Hindu, Guardian
mercoledì 6 gennaio 2010
Non ci sono gli uomini ma le donne non mancano
giovedì 11 dicembre 2008
Scontato
sabato 12 novembre 2022
La bozza di accordo Italia-Francia
Una possibile soluzione alla crisi diplomatica tra Francia e Italia è stata messa a punto da Giorgia Meloni e Marine Le Pen.
A
dire il vero la leader della destra francese aveva chiamato Palazzo
Chigi per capire come si potessero vincere le elezioni con parole
d’ordine bizzarre come «Difendiamo i confini dall’invasione» in un paese
che non vede truppe straniere sul proprio territorio da più di
settant’anni, o come si riesca a far credere che la misura di innalzare
il limite dei pagamenti in contanti a 5 mila euro sia una misura per
favorire i poveri che non possono permettersi di avere il bancomat.
L’altra curiosità di Le Pen era sapere come si possano illudere milioni
di elettori che un governo fondi tutto sul merito avendo al proprio
interno Daniela Santanchè e Gennaro Sangiuliano. «Io sono tre volte che
provo a diventare capo dello Stato, sparo cazzate anche più grosse,
eppure non ci sono ancora riuscita», si era sfogata con i suoi
collaboratori Le Pen in preda a una crisi di nervi.