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martedì 2 febbraio 2021

Non siamo mica gli americani

Mentre metabolizzavo il libro di Giovanni Dozzini (“Qui dovevo stare”, Fandango libri) mi venivano in mente “Birdman”, poi “Non siamo mica gli americani”, e poi ancora “Padania” (“Due ciminiere e un campo di neve fradicia, qui è dove sono nato e qui morirò”). Come si possono mescolare un film di Iñárritu, una canzone del primo Vasco Rossi e una dei più recenti Afterhours? Succede: nelle teste delle persone si mescolano un sacco di cose, spesso molto diverse l’una dall’altra. E pure le vite sono un sacco di cose, e anche all’interno della stessa ci trovi un sacco di cose molto diverse l’una dall’altra. 

giovedì 12 luglio 2018

Sottoporsi all'idiozia di ripetere l'ovvio (o della propaganda)

La propaganda è una brutta bestia. Per chi la subisce e per chi è contento di subirla. Perché ci sono due modi di esserne succubi. Uno è quello di chi si rende conto che è propaganda e però fa una fatica immonda con le sue sole forze ad arginarla: la propaganda è tale perché ha forza e mezzi per annientare la ragione. L’altro è quello di chi è sottoposto a un processo di infatuazione tale da dover giustificare anche cose che non pensava o di cui non è mai stato/a convinto/a; succede quando l’infatuazione per il soggetto che pensa e dice quelle cose (uomo, donna, politico, partito, ministro che sia) è andata talmente in là che non si riesce a tornare indietro e si cercano appigli per rendere accettabile anche a se stessi il proprio nuovo punto di vista, trovandoli nella propaganda, appunto. Questi sono quelli “contenti” di subirla, la propaganda. Poi c’è chi la propaganda la promuove perché ne trae giovamento, e chi non si rende neanche conto di subirla diventandone megafono, ma non è questo il punto. Qui interessano i “contenti”.

Uno degli esempi di “contenti” è dato da una fascia crescente di elettori del M5S che trovandosi sotto la mitragliatrice comunicativa leghista, si stanno acconciando a giustificare posizioni in tema di immigrazione che non gli appartenevano, e che soprattutto non hanno senso. Aveva cominciato il loro leader (Di Maio) a parlare di “taxi del mare”, ma sotto il pressing salviniano si sta andando pure oltre quella sciagurata definizione, e si sta tutto riducendo in una poltiglia informe nella quale non si riescono più a distinguere gli ingredienti sani (qualora ce ne fossero) da quelli velenosi. E allora te li trovi, i “contenti”, a solennizzare che c’è gente che specula sulla pelle dei migranti (ma va?) e che bisogna fermare questa tratta (ma non mi dire!). Date queste premesse, concludono salvinianamente, i “contenti”, che bisogna bloccare i porti.

Andrebbe tutto bene in un ragionamento del genere. Se non fosse che la premessa, sebbene sostenuta da ampie batterie di propaganda, non regge all’urto della realtà. Se c’è gente che specula sui migranti, è perché questi non hanno possibilità legali di approdare in Europa. L’unica chance che gli è data da leggi inumane, è quella di pagare prezzi altissimi per affrontare viaggi inumani e violenze di ogni tipo per poi alla fine mettersi su un barcone e rischiare di annegare. Dire che per fermare la tratta occorre chiudere i porti e rimandare tutti indietro al proprio destino di morte per fame o guerra - perché questo significa – non sposta di una virgola il problema. E non è solo una questione di umanità. Chi è spinto da fame o guerre non lo fermi; quello manco lo sa che tu hai chiuso i porti. Continuerà a partire, perché con queste leggi ci sarà sempre qualcuno che gli offrirà un barcone a caro prezzo per fuggire dalla merda in cui si trova. E lui o lei ci salirà sopra, se potrà.

La politica dei respingimenti non è solo disumana. È insensata. Non risolve i problemi che verbosamente afferma di voler affrontare. Dice: ce l’hai con Salvini, con il Movimento (con la M maiuscola eh, mi raccomando). No. Non datevi troppa importanza. Ce l’ho con l’Europa che una cosa del genere dovrebbe capirla (è semplice, eh) e dovrebbe aprire corridoi di legalità per i migranti. Ci sarebbe più umanità. Ma so che non è questo che vi interessa, e allora dovete sapere che ci sarebbero pure più controllo e più ordine. Esattamente quelli che strombazzano i propagandisti, che dicono una cosa e mettono in atto la condotta giusta per non raggiungerla. Però ci prendono voti, con quella condotta insensata. E convincono i “contenti”, beati loro.

Ecco, ho ripetuto l’ovvio. La propaganda ti sottopone anche a questo tipo di pratica idiota.

domenica 5 marzo 2017

I buoni e i cattivi

Vedo persone che seguo e stimo prendere eccessivamente sul serio, almeno dal mio punto di vista, la diatriba tra Grillo e Renzi sul papà di quest'ultimo. Mi pare cioè che la loro lettura del carteggio via blog tra i due, non tenga conto del fatto che Grillo e Renzi si sono scritti sapendo che milioni di persone e tg e giornali avrebbero letto e commentato le loro considerazioni. Si commentano e si analizzano i due scritti come se si trattasse di una cosa privata, genuina. Come se Grillo avesse fatto davvero un'entrata a gamba tesa nell'insondabile e sacro rapporto padre-figlio, o come se fosse stato il primo a farlo nella storia politica di questo paese, e come se Renzi avesse risposto da figlio colpito nel suo nucleo più intimo. E invece post e contropost sono stati prodotti all'interno di una battaglia politica. E la battaglia politica, a quei livelli lì, ha molto a che fare con la fiction.

Le persone che seguo e stimo, stupendomi, attribuiscono i ruoli del cattivo e del buono alcuni a Grillo, altri a Renzi, trascurando completamente che i due stanno solo interpretando la loro parte in commedia, cercando di sfruttare al meglio le circostanze per spostare il pubblico a loro favore. Grillo, al solito, nel ruolo di “cane che abbaia ma non morde” (la definizione è ispirata al ruolo di “diversivo” che i Wu Ming e Giuliano Santoro hanno attribuito al M5S) sfrutta la difficoltà del suo principale avversario politico e ci si tuffa col consueto linguaggio iper aggressivo che gli ha fruttato e frutterà milioni di voti. Renzi approfitta a sua volta della situazione (dopo averne già approfittato in occasione dell'invocazione della famosa "pena doppia" per suo padre) tentando di uscire dall'angolo con un colpo da maestro, giocando sull'universalità del rapporto padre-figlio, portando il pubblico a immedesimarsi con il protagonista ferito nei suoi valori più profondi: colpiscono mio padre per colpire me, anzi, di più: colpiscono il rapporto tra me figlio e mio padre. Giocando su una situazione in cui possono proiettarsi tutti i padri (e madri) e in tutti i figli (e figlie).

Ma non ci sono buoni né cattivi, in questa fiction. Ci sono personaggi che interpretano ruoli. E analizzarne i comportamenti come se fossero quelli messi in atto nella vita reale è un po' come credere che Lee Van Cleef era davvero cattivo, invece sappiamo che il ruolo del cattivo lo interpretava soltanto.


lunedì 5 dicembre 2016

Due-tre cose che ho imparato la notte tra il 4 e il 5 dicembre

1) Ieri ha vinto la Costituzione. Presi come siamo dall'ansia di predire il futuro, in molti a urne ancora calde ci siamo ubriacati di scenari politologici parecchi dei quali per forza di cose privi di senso; altri hanno stappato bottiglie pensando di aver vinto loro; altri ancora hanno tentato di sfogare la rabbia della sconfitta. E abbiamo smarrito il senso di quello che è successo. La Costituzione, unico puntello, o quasi, che ha resistito e superato prime, seconde, quasi-terze repubbliche, strategie del terrore, tangentopoli, logge massoniche deviate e miserie di ogni tipo; la Costituzione, unico documento, o quasi, che ci ricorda che veniamo dalla lotta antifascista; la Costituzione, questa sorta di bibbia laica per un paese, ha mantenuto la sua sacralità, che essendo laica non significa intangibilità. Significa che la Costituzione, è materia viva e resiliente, significa che le radici sono salve un'altra volta. Anche se da domani ci sarà chi la Costituzione la ricomincerà a vilipendere. Anche se tra chi l'ha difesa nella campagna elettorale appena finita c'era gente che la disconosce nei fatti. Ma la Costituzione è più grande di tutto questo, l'ha dimostrato un'altra volta. Non è cosa da poco, e confonderla con il destino di qualcuno o anche di un governo, è dimostrato che è cosa insensata.

2) In una democrazia il potere è del popolo. Lo so, la frase è quasi tautologica. Lo sarebbe del tutto. Lo è “quasi” perché le democrazie non sono tutte uguali. Lo è “quasi” perché i poteri che annacquano quello del popolo possono essere, e sono, tanti. E lo è “quasi” soprattutto perché il popolo essendo tante cose anche diversissime tra loro, ha un potere diffuso che si disperde e perde la sua forza. Però ieri sera, nel vedere i politici appesi in attesa del risultato delle urne, parafrasando Giovanni Lindo Ferretti ho percepito quel particolare netto tra il brusio indistinto. Erano loro, quelli dentro il Palazzo, a essere in ansia per quello che il popolo stava sentenziando. Perché il destino di ciascuno di loro dipendeva dal voto. Se il popolo prendesse coscienza del suo potere, se smettesse di piagnucolare alibi contro la casta che dipende da lui, dal popolo, faremmo un passo avanti. Ma queste cose sono complesse, e per il momento ci si può accontentare di percepire particolari in chiaro tra indistinto brusio e metterlo a verbale.

3) Ho il sospetto che la Costituzione, essendo bibbia laica, sia protetta da una provvidenza altrettanto laica. Perché è vano illudersi che milioni siano andati a votare pensando alla Carta. Dentro la valanga di No c'è anche, grande, il malessere contro il governo per una situazione che rende tutti precari, che vede continui sacrifici di diritti sull'altare dei conti, cosa che non è altro che un modo per segare il pubblico e far fare più profitti ai privati. Si tratta di un malessere che si esprime in voti ovunque e sempre contro i governi in carica, da tempo. Qui ha assunto le forme di un No a una riforma voluta dal governo in carica, appunto. Se le forme della politica, se il popolo, non si riprenderanno il loro potere nei confronti di un'economia vorace, ne finiranno divorati. Ma anche in questo caso le cose sono troppo complesse per affrontarle qui, vale la pena però di metterle a verbale.

4) I partiti, tutti, che tentano di appropriarsi della vittoria del No perché avevano invitato a votare No fanno quasi tenerezza: non hanno capito che le cose sono molto più grandi di loro e di conseguenza pensano che li aspetti ora un pranzo di gala. L'erosione dei diritti è una piena che senza argini travolgerà tutti. Come mettere l'argine? Anche qui, questione complessa. Ma una cosa si può dire: l'unica forza che ha portato le ragioni di un popolo al governo ultimamente è stata Syriza, in Grecia. Una forza del tutto inedita. Una forza che ha preso i voti perché si mostrava “toccata” dalle condizioni del popolo greco e si mostrava “toccata” quando tentava soluzioni ancor prima di andare al governo. Una forza che costruiva welfare laddove altri lo distruggevano ancora prima di andare al governo, spendendosi di persona invece di logorarsi in inutili riunioni di vertice. Chiaro? Studiare quello che era Syriza prima che venisse strangolata dall'economia finanziarizzata che ha messo le fauci al sogno europeo potrebbe essere già un buon punto di partenza. Ma studiarla davvero, con umiltà, non scimmiottarla.

5) Renzi si è mostrato un politico pessimo, un abbaglio per un popolo che gli si era affidato in piena crisi di identità, un pericolo per il suo partito già deteriorato da tempo. Ha fatto, sempre, la politica voluta da Bruxelles fingendo in extremis di essere contro la burocrazia europea comandata dall'economia finanziarizzata, si è scavato la fossa da solo scegliendo lui una riforma pessima e chiedendo su di essa un voto di fiducia non al Parlamento, ma all'Italia tutta, non avendo capito minimamente l'aria che tirava. Ha fatto nel cuore della notte un discorso di dimissioni da capo del governo all'altezza della sua fama: tutto apparenza e di sostanza pessima. Ha indossato il sorriso, ha fatto lo sportivo, ma nella sostanza ha detto: ora vado via col pallone, che è mio, e voi se volete giocare sono affari vostri. Questo, in soldoni, è stato l'affondo rabbioso (al di là del sorrisino ruffiano a favore di telecamera, cosa che rende l'affondo ancora peggiore) quando ha affibbiato agli esponenti del No l'onere di fare loro la proposta di legge elettorale. Il fronte del No non era una coalizione che si candidava a governare l'Italia, questo lo si sa tutti, anche se molti fingono di ignorarlo. E lui rimane il segretario del maggior partito nonché il presidente del consiglio che ci ha portato fino qui. Un po' troppo per prendere il pallone e andare a casa arrabbiati perché hai preso gol. Gli rimangono addosso milioni di voti, sì. Ma anche una sconfitta grave, che non ha nulla a che vedere con quella di quando perse contro Bersani: lì era ancora un outsider di belle speranze, qui ha perso da capo del governo.

6) Mentana si dimostra il meno peggio in un panorama televisivo estenuante. Niente di che, in mezzo alle mosche anche un passerotto sembra un'aquila. Però, sentir tentare di ragionare alcuni giornalisti (per carità, il solito giro) da lui, e poi cambiare canale e vedere Fassina e la Carfagna, Fratoianni e Gasparri che si parlavano addosso come sempre, sì, l'ha fatto apparire un'aquila.

sabato 4 ottobre 2014

Dalla crisi si esce con una app

La rivelazione di questi mesi di Governo Renzi è che i conti economici dell’Italia sono dotati di sentimenti: si deprimono ormai anche alla sola vista del premier. Tanto che lui, stizzito, non li prende più in considerazione: Senato, Province, articolo 18, ogni argomento è buono pur di non affrontarli. Della questione si è discusso in gran segreto nell’ultimo Consiglio dei ministri. La riunione è andata per le lunghe, anche perché all’inizio era stato chiesto al ministro dell’Interno di fare il punto. Alfano si è allora imbronciato e non ha proferito parola. Si è andati avanti così per qualche minuto, fino a quando il leader dell’Ncd, scorgendo l’incredulità dipinta sul volto dei colleghi, ha chiesto: «Non sto facendo bene il punto? Volete che mi mostri più offeso?».
A quel punto Renzi ha lasciato la parola; lui è fatto così, la parola non la prende, la lascia uscire fuori di sé, così come gli viene. «Non crediate che il problema non mi stia a cuore», ha detto mettendosi la mano sulla parte sbagliata del petto per poi scusarsi: «Pardon, io sono un Maradona al contrario, lui è tutto-sinistro, io tutto-destro».
«Con il mio staff, all’interno del quale ho chiamato di recente anche il mio macellaio di fiducia, perché come taglia lui non lo fa nessuno – ha proseguito Renzi – siamo stati ultimamente molto impegnati nel fare la fila per comprare l’iPhone 6. Ma è un’operazione fatta a fin di bene. Con i nuovi smartphone andremo alla ricerca della app giusta per imboccare la via della crescita». La diagnosi che il presidente del Consiglio e i suoi fedelissimi (Richie Cunningham, Potsie e Sottiletta) fanno della crisi è infatti questa: la recessione è dovuta al fatto che qualcuno ha chiuso l’economia tra due hashtag, così: #economia#. «Occorre trovare il modo per togliere il cancelletto di destra e l’Italia tornerà a crescere. Ma per fare questo non servono vecchie ricette, dobbiamo guardare al futuro: la soluzione è qui», ha scandito il premier tirando fuori dalla tasca lo smartphone nuovo di zecca e poggiandolo sul tavolo.
È stato a quel punto che è intervenuto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «Ma non avevamo detto di chiedere all’Europa di concederci più margini nel patto di stabilità?». «Pier Carlo – ha risposto Renzi – ho parlato con la Merkel e mi ha detto che non è disposta neanche a darci una vocale o una consonante per completare il tuo cognome». «Perché non proviamo aizzandogli contro Giovanardi – è intervenuto il ministro Lupi – quello a suon di cazzate la stordisce e magari alla fine, se non altro per sfinimento, qualcosa riusciamo a spuntare». Ma le esternazioni di Giovanardi sono state di recente inserite nell’elenco di armi non convenzionali, come ha ricordato la ministra della Difesa Pinotti segnalando che «correremmo il rischio di una sanzione da parte dell’Onu».
Alla fine l’accordo è stato trovato su tre punti, illustrati dallo stesso Renzi, che diventeranno oggetto di un decreto sul quale il Governo si dice pronto a chiedere la fiducia, eccoli:
1)    Ridurre la settimana a quattro giorni, dal giovedì alla domenica. «Questo ci consente un risparmio di circa 150 giorni l’anno e inoltre quello è il periodo del weekend, in cui cioè la gente spende di più, l’ideale per rimettere in moto i consumi», si legge nel documento di Palazzo Chigi.
2)    Portare tutti gli italiani ad evitare di pensare prima di parlare; molti sono già sulla buona strada, mentre per i riottosi il Governo è disposto a mettere sul piatto degli incentivi. «Come si capisce, ogni attività risparmierebbe il 50 per cento delle risorse», è scritto nelle note che accompagnano il decreto. «E in più si guadagna del tempo che può essere impiegato al meglio per dire più cose, posso testimoniarvelo di persona», ha detto Renzi.
3)    Dire di essere di sinistra ma fare cose di destra. «Così si raccolgono consensi sia di qua che di là», ha concluso il premier allargando il sorriso e aggiungendo: «Pensa, io ho preso i voti di chi scese in piazza per difendere l’articolo 18 e lo sto abolendo come volevano quelli che hanno votato per anni Berlusconi. Alle prossime elezioni faccio cappotto».

giovedì 9 gennaio 2014

L'oroscopo del 2014

Con Giove infoiato sulla rotta di Venere il 2014 si annuncia denso di novità per l'Italia. Ecco cosa succederà mese per mese secondo gli astri (sempre che gli astri non si rompano le palle dell'Italia prima che arrivi dicembre).

Gennaio. I partiti trovano l'intesa sulla legge elettorale. Il risultato è frutto di un compromesso: il sistema sarà a doppio turno come vuole il Pd («così se sbaglieremo al primo potremo almeno rimediare nel secondo», è la linea ufficiale del partito). Nel caso dovesse finire in parità, secondo una condizione imposta dalla Lega, i due candidati leader se la vedranno in una sfida a chi mangia più cassoeula. Sel ottiene di inserire nella legge un articolo secondo cui la scheda elettorale potrà essere composta da più fogli in modo da contenere, se del caso, un discorso di Vendola con la traduzione a margine in italiano corrente. Sulle schede infine, comparirà la scritta "Berlusconi è proprio un bell'uomo", senza la quale non sarebbe arrivato il sì di Forza Italia.

Febbraio. Matteo Renzi ospite al festival di Sanremo duetta con Albano in "Felicità" cantando in falsetto e vestendosi come Romina Power. «Non sarò mai un grigio burocrate, e poi occorre essere positivi», commenterà poi il leader del Pd intervistato da Fabio Fazio che gli chiede il motivo della scelta della canzone. Il sindaco di Firenze lamenta poi la mancanza di Pupo e Marco Carta tra i big in lizza. Infine, in sala stampa dichiara che il suo gruppo preferito sono i Led Zeppelin. Ai giornalisti che gli fanno notare che Albano, Pupo e Marco Carta non c'entrano una mazza con i Led Zeppelin, Renzi risponde: «Lo so, ma se si vuol vincere occorre prendere i voti sia di qua che di là».

Marzo. Sensazionale scoperta a Freghemì, piccolo centro della pedemontana lombarda, dove vengono rinvenuti i resti di quello che secondo la comunità scientifica è con ogni probabilità l'Homo Salvinus. Vissuto nel Paleolitico inferiore, prima dell'uomo di Neanderthal, il Salvinus è riconoscibile per l'inconfondibile apertura della mascella che testimonia come questo ominide sia potuto sopravvivere per migliaia di anni cibandosi di immigrati che arrivavano in perlustrazione nelle zone abitate dalle sue tribù.

Aprile. Approvato un emendamento in sede di conversione in legge del decreto che elimina il finanziamento pubblico ai partiti: le formazioni politiche potranno inserire fino a un massimo di dieci spot pubblicitari durante i comizi dei loro esponenti.

Maggio. Beppe Grillo si presenta al seggio per votare alle elezioni europee con un tablet di ultima generazione in mano e chiede due schede, una per sé e una per l'apparecchio. Al diniego del presidente di seggio, che gli intima anzi di lasciare il tablet fuori dalla cabina, il leader dei Cinque Stelle annuncia un esposto alla magistratura e dal suo blog rilancia: «I morti in carne e ossa si oppongono alla democrazia elettronica, un bit li seppellirà».

Giugno. Arrestato Silvio Berlusconi. Fatale per il leader di Forza Italia la denuncia di un vecchio compagno di scuola delle elementari, Efisio Memore: «Durante la ricreazione vinceva a chi le lanciava più lontano utilizzando una figurina truccata». Rinchiuso a San Vittore, Berlusconi avvia le trattative col ministero della Giustizia e nel giro di una settimana compra l'intero carcere per trasformarlo in resort per cene eleganti.

Luglio. La notizia della scoperta di Freghemì fa il giro del mondo, boom di turisti stranieri nei paesini della pedemontana lombarda. «E poi qui ci sono gli ultimi esempi viventi di leghisti», commenta entusiasta una famiglia belga intervistata da Radio Solo Noi.

Agosto. Ignoti si introducono in casa Sallusti-Santanchè e rubano l'unico neurone che vi era custodito. I capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Brunetta e Gasparri, convocano una conferenza stampa d'urgenza al Billionaire e denunciano: «Operazione di chiara matrice politica». In serata il neurone viene rispedito in busta chiusa con una lettera che l'accompagna: «I ricettatori a cui di solito rivendiamo la roba c'hanno detto che questo non vale neanche come reperto di modernariato».

Settembre. I Forconi sfilano in corteo a Roma. Per esprimere la sua contrarietà alla protesta un residente, Giustino Unico, espone dal suo balcone la gigantografia di una regolare fattura. Alla vista, alcuni manifestanti sono costretti a ricorrere alle cure del 118. Uno dei leader dei Forconi, in preda all'indignazione, dopo decenni che non ci riusciva, trova il modo di esprimersi in un corretto italiano: «Non si è mai vista una provocazione del genere».

Ottobre. Edito da "A volte ritornano", viene pubblicato: "Le dieci mosse per portare l'Italia fuori dalla crisi", di Mario Monti. Subito dopo la pubblicazione scoppia una polemica tra l'autore e l'editore che finirà nelle aule di giustizia: Monti era convinto di aver scritto un saggio, mentre il libro esce nella collana di fantascienza "Mondi paralleli".

Novembre. Il governo presenta il piano delle alienazioni per far entrare liquidità nelle casse dello Stato. Tra i beni in vendita c'è anche il Colosseo: «È un'operazione dal valore doppio - spiega il presidente del Consiglio - da un lato incassiamo denaro fresco, dall'altro ci liberiamo di un vecchio rudere che ci costa un patrimonio in manutenzione». Tra i potenziali acquirenti una cordata di imprenditori capitanata da un rampollo della borghesia romana, Lupo Maria Conducator, che manifesta l'intenzione di riportare l'anfiteatro agli antichi fasti. Pronta anche una società di gestione delle risorse umane che selezionerà i disoccupati volontari che affronteranno i leoni in combattimento.

Dicembre. Nota di Palazzo Chigi sull'andamento dell'economia degli ultimi quattro trimestri: «Il potere d'acquisto si è ridotto del dieci per cento in questi ultimi dodici mesi. Ma considerando che la stessa cosa era avvenuta l'anno scorso, la perdita è molto inferiore rispetto a quella del 2013, poiché la percentuale va calcolata su una cifra minore».

domenica 7 aprile 2013

Grillo e il mago Otelma

Alla fine Grillo ce l'ha fatta: nell'incontro segreto alle porte di Roma ha ricompattato i parlamentari del Movimento 5 Stelle con un discorso che ha tenuto sveglio per tutto il tempo pure Vittorio Crimi. Non c'è stato neanche bisogno di ricorrere all'utilizzo della frusta e della mazza da baseball che la fedelissima capogruppo della Camera aveva procurato al leader. Anche Tommaso Currò, il principale fautore di un confronto col Pd, è rientrato nei ranghi: «Non ho sentito cosa ha detto Beppe perché all'andata, sul bus, abbiamo giocato al gioco del soldato e i miei compagni mi hanno fracassato entrambi i timpani a suon di sberle, però ho visto che tutti applaudivano convinti e sono uscito entusiasta».

Un piccolo contrattempo si è registrato subito dopo la partenza: al primo bivio, la colonna di pullman sui quali viaggiava la comitiva è rimasta bloccata per un paio d'ore perché al conducente del primo mezzo che chiedeva alternativamente: «Svolto a destra? Svolto a sinistra?», Grillo continuava a rispondere: «No». Solo quando ha sentito la voce metallica del navigatore e l'ha scambiata per quella di Casaleggio, il leader si è convinto a muoversi, seguendo le indicazioni. Così l'ingorgo - che si era nel frattempo esteso fino alla frontiera con la Francia e ha provocato lunghe code all'imbarco dei traghetti da Reggio Calabria per la Sicilia - si è cominciato a dipanare.

Superato di slancio il momento di tensione vissuto quando un parlamentare del Molise ha posto con forza una delle questioni che ha animato di più la giornata, quella del pranzo: «Nella mail di convocazione non c'era scritto che era al sacco, e io non ho portato nulla, va a finire che mi tocca rimanere digiuno; qui c'è gente che soffre di pressione bassa». Ma Grillo, con uno dei colpi di genio che lo contraddistinguono, ha convinto i gestori dell'agriturismo a portare gli avanzi della sera prima.

Il leader è stato magnanimo pure con i due senatori campani beccati al bagno mentre fumavano marijuana, anche perché la loro difesa è stata impeccabile: «Quest'erba è biologica e pure a chilometri zero - ha detto uno dei due - la coltivo personalmente nell'orto di nonno, stiamo quindi rispettando in pieno il programma del Movimento».

Ma tutti attendevano le parole del leader: «Ragazzi, ci ha detto una gran sfiga - ha esordito Grillo. L'algoritmo generato dai server che Gianroberto (Casaleggio, ndr) custodisce in Costa Rica aveva sopravvalutato il Pd e prevedeva che noi prendessimo parecchi voti, ma che nessuno avesse bisogno di chiederci nulla. È questo uno dei motivi per cui abbiamo sbandierato la decurtazione del vostro compenso. Cinquemila euro al mese per venire a Roma a urlare un vaffanculo di tanto in tanto e riprendere con la telecamera la Santanchè mentre si rifà il trucco durante i lavori in commissione, erano più che sufficienti. Qui invece si tratta di decidere. E a questo non eravamo e non siete pronti. Mi rendo conto delle vostre difficoltà. Sappiate però che la nostra unica possibilità di salvezza è rimanere fermi sul nostro programma, dire sempre di "no" e insultare periodicamente qualcuno: partiti, giornalisti, pensionati al minimo, ballerine di night club, fate voi. Solo così la gente continuerà a stare con noi».

Varato all'unanimità il pacchetto dei disegni di legge che il Movimento considera prioritari per superare le emergenze del Paese: abolizione del lunedì poiché è un giorno vecchio di millenni e dà fastidio a tutti, nonostante il costante aumento dei disoccupati; dono di una chiavetta usb a tutti i bambini che nasceranno nel 2013; divieto di utilizzo del verbo "partire", che presenta l'inconveniente del participio passato "partito" o "partiti"; incentivi fiscali per i disoccupati di lungo corso che decidono di aprire un proprio sito internet.

Grillo ha infine presentato il nome del candidato dei Cinque Stelle alla presidenza della Repubblica: «Uno che guarda al futuro e fuori dai soliti giri», l'ha descritto il leader: il mago Otelma.

mercoledì 20 marzo 2013

Il ciclone Boldrini-Grasso

La doppia elezione di Laura Boldrini e Pietro Grasso alle presidenze di Camera e Senato ha segnato una discontinuità col passato e messo in moto una serie di reazioni e manovre in vista delle prossime scadenze parlamentari. Il primo a congratularsi con il segretario del Pd, recandosi direttamente a casa sua, è stato Massimo D'Alema. Sull'uscio, ad accoglierlo, c'era la moglie di Bersani: «È di là, in camera – ha detto la donna – non è ancora riuscito a riprendersi dalla sbronza di sabato sera ma c'è da capirlo: era dai tempi in cui vinse il torneo di ping pong e quello di scacchi all'oratorio di Bettola che non centrava due obiettivi così importanti nello stesso giorno. Se proprio vuoi vederlo ti faccio strada». Quando se l'è trovato davanti, D'Alema ha sfoderato il miglior sorriso e non ha lesinato i complimenti: «Congratulazioni Pierluigi, sei stato un grande». E poi, quasi sottovoce: «Ora col pieno di fiducia che abbiamo riconquistato presso l'opinione pubblica possiamo finalmente ricominciare a farci i cazzi nostri»
Non è un mistero che D'Alema sia alla ricerca di un accordo affinché il Pdl faccia convergere su di lui i voti necessari per l'elezione alla presidenza della Repubblica. Le diplomazie sono al lavoro da settimane. Berlusconi si sarebbe mostrato possibilista e avrebbe chiesto in cambio solo la revoca del codice penale, la presidenza della commissione cultura del Senato per Maurizio Gasparri, e che Laura Boldrini vada tutti i lunedì a cena ad Arcore. Ma il Pdl ha pronto anche un piano B. Il Giornale diretto da Alessandro Sallusti ha scavato nel passato di Pietro Grasso e preparato un dossier. Secondo testimoni diretti, l'ex procuratore antimafia da piccolo aveva il vizio di mettere le dita nel naso. Diventato maggiorenne, per almeno un paio di volte non avrebbe dato la precedenza a chi veniva da destra. «Spesso poi scroccava le sigarette a Falcone e Borsellino», ha rivelato una talpa del palazzo di Giustizia di Palermo. «Ecco la sinistra delle mani pulite», il titolo dell'instant book che verrebbe allegato al quotidiano nel caso in cui l'accordo non si concluda.
Alle prese con ben altri problemi il Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo, indeciso sui provvedimenti da prendere con i senatori che disobbedendo hanno contribuito all'elezione di Grasso, ha telefonato a Casaleggio. E per la prima volta tra i due c'è stata tensione: «Non rompere i coglioni, Beppe – ha risposto il guru – sono giorni che non dormo, è da sabato notte che sto cancellando dal blog i commenti della gente che ci insulta perché abbiamo ordinato di votare scheda bianca». Vistosi perso, Grillo ha tentato la carta della disperazione e attraverso un medium è riuscito a contattare il mago di Oz che gli si è palesato in sogno sotto forma di un cinquantenne con i capelli bianchi e lunghi sulle spalle, gli occhiali tondi, un mouse nella mano destra e una clava nella sinistra: «Se continui con le epurazioni, tra qualche settimana vi ritroverete da soli tu, Gianroberto (Casaleggio, ndr) e la donna delle pulizie, sempre che questa nel frattempo non sia riuscita a trovare un'altra sistemazione».
Preoccupazione, infine, a casa Monti. Anche se dal Quirinale non arrivano conferme, la moglie del Professore avrebbe chiamato in gran segreto Napolitano chiedendo aiuto: «Presidente, sono giorni, da quando gli hanno negato la presidenza del Senato, che Mario rifiuta il cibo, si è chiuso nel suo studio e non fa altro che ripetere, dondolando la schiena avanti e indietro: “È l'Europa che ce lo chiede”».

venerdì 8 febbraio 2013

Animali da campagna

Dopo l'irruzione di Empy, il cane da campagna elettorale che pare stia facendo salire la popolarità di Mario Monti nei sondaggi, i leader concorrenti tentano di correre ai ripari. Gli spin doctors dei vari schieramenti sono concordi: "La quota di reddito che gli italiani spendono in cibo per cani e gatti sta superando quella delle entrate fiscali, e non è raro imbattersi in chi confida di mangiare crocchette almeno un paio di volte a settimana pur di assicurare filetto al suo labrador tutti i giorni. C'è una fascia di popolazione assai sensibile a questo tipo di messaggi e il fenomeno non è da sottovalutare", si sente ripetere nei quartier generali dei partiti. Andrà però controcorrente Beppe Grillo, che con Gianroberto Casaleggio sta preparando il colpo di teatro per il comizio finale del Movimento 5 Stelle in piazza san Giovanni a Roma. Al grido "ecco la fine che gli faremo fare", il comico genovese chiuderà la serata divorando un pipistrello. La scontata protesta degli animalisti è stata messa nel conto, ma c'è la convinzione che sarà di gran lunga compensata dal ritorno d'immagine che la mossa sortirà tra i giovanissimi e in quella fascia di sessantenni cresciuti col mito dei Black Sabbath di Ozzy Osbourne.
Silvio Berlusconi pare orientato a seguire un filone analogo. L'idea è di presentarsi sul palco a torso nudo avvolto da due iguana e liberarsene con la forza (esplicito il riferimento a Bersani e Monti). Angelino Alfano ha accennato una critica: "Ma capo, così sarai costretto a denudarti e il tuo fisico, lo sappiamo, è quello che è". Berlusconi gli ha dato un paio di pacche sulle spalle e ha detto sospirando: "Quanto devi imparare ancora, Angelino mio; terremo il pubblico a distanza di sicurezza e metteremo una controfigura al posto mio, chi cazzo vuoi che se ne accorga? Ricorda: l'importante è l'effetto che fa, non la cosa in sé". Bonaiuti è allora corso a telefonare a Enzo Paolo Turchi. E l'ex ballerino ha accettato di buon grado: "Dopo essere stato costretto a guadagnare soldi facendo di tutto all'Isola dei Famosi, ormai non mi fa più paura nulla".
Diversa invece la scelta dei due leader delle formazioni di sinistra. All'interno di Sinistra e libertà si è aperto un dibattito piuttosto acceso. Vendola infatti, in segno di apertura all'Enpa che aveva lanciato un appello ("Evitate sofferenze inutili, gli animali sono molto più allergici alle cazzate da campagna elettorale di quanto pensiate voi politici"), era orientato a sottrarsi: "Dobbiamo marcare un segno di dissenso netto nei confronti di una pratica che non fa onore alla politica alta che noi vogliamo rappresentare sotto forma di una narrazione che liberi l'umanità, i corpi celesti, nonché eventuali presenze nell'universo oltre la nostra, da quella schiavitù imposta da monete di conio antiquato il cui olezzo sta diventando irrespirabile", ha detto prima che il suo braccio destro, Nicola Fratoianni, lo interrompesse: "Ah Nichi, ma che cazzo stai a di'? So' voti". Così è stato deciso che Vendola si presenterà nel comizio finale con a fianco un cane e un gatto, ma di peluche. Antonio Ingroia invece ha risposto così: "Mi presenterò con Di Pietro, Ferrero e Diliberto al mio fianco. Lo so che non sono animali, ma fanno tanta compagnia".
Sorprese potrebbero arrivare dall'outsider Oscar Giannino. Per il leader di "Fare" di comizi non se ne parla. "In un'eventuale piazza rischierebbero di essere più i passanti che il pubblico venuto per noi", fanno trapelare i suoi. Così Giannino medita di presentarsi negli studi di "Porta a porta" sul dorso di un elefante per "denunciare le tasse da paese coloniale imposte agli italiani", ha detto. Vespa si è mostrato disponibile, anche se si è preso 48 ore di tempo prima di dare la risposta definitiva: "Devo chiedere a Berlusconi se è d'accordo".
Nulla di deciso invece in casa Pd. Il partito è dilaniato da una lotta interna che vede il responsabile economico del partito, Stefano Fassina, schierato su una linea aggressiva: "Pierluigi, presentati cavalcando una tigre". Diametralmente opposta la linea degli ex popolari, che hanno proposto al leader di andare davanti alle telecamere carezzando un gatto siamese: "Così dai un'immagine rassicurante e non spaventi l'elettorato moderato", ha suggerito Giuseppe Fioroni. E anche gli ecodem hanno fatto sentire la loro voce: "Visto che è inverno, potresti limitarti a farti fotografare con un collo di pelliccia ecologica", ha detto l'ex presidente di Legambiente Ermete Realacci, che però non esclude di trovare un compromesso sul gatto siamese, "perché in quel caso la dignità dell'animale non verrebbe lesa". Per sbrogliare l'aggrovigliata matassa il Pd ha convocato la direzione nazionale per il 26 febbraio. A chi gli ha fatto notare che si voterà il 24 e 25, Bersani ha risposto: "E' vero, le elezioni! Le avevo completamente dimenticate".

venerdì 21 settembre 2012

Fiorito e noi

Troppo facile e fuorviante soffermarsi sulla stazza der federale de Anagni, al secolo Franco Fiorito; sulla rozzezza basica con cui Renata Polverini ha chiesto al consiglio regionale del Lazio di fare piazza pulita. Il gessato inevitabilmente sgraziato costretto ad avvolgere i quasi due quintali di Fiorito, le amenità ammannite da Polverini e tutto il circo di immagini e parole che ci sta invadendo da giorni sono così abbaglianti da accecare. C'è quasi da compatire Niccolò Ammaniti, il cui genio ci aveva regalato solo tre anni fa un affresco poderoso ("Che la festa cominci") che una realtà assai più veloce della fantasia rischia oggi di declassare da romanzo a cronaca. Troppo facile affondare le unghie affilate dall'indignazione su quell'adipe molle simbolo di decadenza. Facile. Fuorviante. E autoassolutorio. Scrive Michele Serra che Franco Fiorito siamo noi. Non offendetevi. Serra ha ragione. Ma è ottimista. Perché vede uno spiraglio quasi a portata di mano: un paese può cambiare, dice, se il suo popolo migliora, se le persone migliorano la loro cultura, le loro ambizioni. Certo. Non fosse che milioni di persone, a leggere quelle parole mormorerebbero a se stesse: "Riecco la menata del solito trombone di sinistra". Perché cultura rimanda alla locuzione "che due palle". Perché migliorarsi combacia con arricchirsi. Perché l'ambizione è godersela. E godersela equivale a consumare qualsiasi cosa: benzina, risorse, soldi, sesso. Non per tutti, certo. Ma l'immaginario collettivo, il solco nel quale scorre il fiume del nostro tempo, è questo. Non si spiegherebbe altrimenti perché da decenni Fiorito e migliaia di mediocri come lui prendono decine di migliaia di voti, dal più oscuro dei consiglieri di circoscrizione alle cariche più alte. Con le conseguenze, in termini di governo della "cosa pubblica", che abbiamo sotto gli occhi. E allora, di fronte a un'apocalisse del genere, davvero vogliamo rifugiarci nell'autoassoluzione sostenendo che Fiorito e i troppi come lui sono antropologicamente diversi da noi e dal rimpianto Berlinguer, come sostiene Francesco Merlo? No. Al massimo noi siamo i bastardi e Fiorito e i troppi come lui sono i figli legittimi di un tempo che ha perso la dimensione lunga perché ha bandito le parole "costruzione" e "alternativa", perché ha trasformato la critica in crimine e fa un valore dell'obbedienza da caserma. Un tempo piatto in cui non c'è proiezione e vale solo il qui e ora. E se non c'è dimensione lunga non c'è promozione possibile. Non c'è miglioramento. E se non c'è miglioramento si sfibra anche la dimensione collettiva del vivere. Perché è l'attrazione verso un processo di emancipazione che spinge verso gli altri e chiama gli altri a sé. Se manca la prospettiva di andare avanti vale solo la pena di godersela il più possibile. Da soli. Accumulando il più possibile con qualsiasi mezzo per consumare il più possibile. Decontestualizzati dal resto. Dagli altri. Come appaiono decontestualizzati Fiorito e i mediocri che lo circondano, a godersela in una festa in cui per divertirsi servono decine di migliaia di euro mentre quelli che li hanno votati bestemmiano ogni volta che gli arriva una bolletta, ma se potessero si farebbero eleggere consiglieri non per migliorare la loro regione, ma per spassarsela coi soldi pubblici pure loro. Il mors tua vita mea non è frutto di cattiveria, ma la naturale evoluzione della rivoluzione storica ed economica (c'è chi la definisce apocalisse, appunto) in cui ci è toccato di transitare, che ci ha reso atomi e che ha fatto strame del mondo in cui l'alternativa era almeno possibile. E la fantasia e la creatività mezzi per cercarla. Da questa ferita sgorga lo spettacolo penoso, grigio e monotono che abbiamo davanti da decenni: laddove la società sperimentava, ora consuma e basta; laddove la politica era anche mezzo per porre le basi di un vivere diverso, oggi è solo un modo per sistemarsi.
Siamo colpevoli, noi bastardi? Non del tutto. La rivoluzione è passata molto al di sopra delle nostre teste. E costringe oggi molti di noi a vivere a vuoto come criceti sulla ruota. Mostriamo però miopia e respiro corto quando ci soffermiamo sulle volgarità che pur fanno rabbrividire considerando quelle il problema e non l'epifenomeno. Mentre l'antidoto è tentare di imporre un ragionare lungo. Questo è l'unico, difficilissimo, modo per ribellarsi a questi tempi claustrofobici. Oltre a tentare di scendere dalla ruota su cui giriamo a vuoto.

lunedì 22 giugno 2009

Tristezza cosmica (lo scambista)

Ci sono due riscontri, diciamo così, oggettivi, e una considerazione più soggettiva e assai più opinabile intorno alla fase discendente della parabola imboccata da B., che rischia di essere fulminante quanto l'ascesa. Partiamo dai due dati di fatto: il primo è una di quelle coincidenze che se fosse stata ideata per la sceneggiatura di un film e corroborata da un montaggio all'altezza, avrebbe fatto la fortuna del regista. Il secondo è molto più terreno e desolante.
1) Nelle ore in cui negli Stati Uniti si contano i voti che porteranno alla storica elezione del primo presidente nero di quel paese, in Italia il presidente del consiglio fa accomodare una escort nel letto grande di una delle camere della sua residenza (qui la documentazione fotografica emersa fino ad oggi della serata).
2) Alla cena in cui i riflettori si sono puntati sull'invito di B. alla D'Addario ad aspettarlo nel letto grande, invito che ha oscurato tutto il resto, era presente, con un ruolo pare non di secondo piano, uno che è indagato per mazzette nella sanità. Ora, può essere che quell'inchiesta non fosse ancora stata attivata al momento della cena del 4 novembre scorso, giorno dell'invito nel letto grande. E può anche essere che Giampy Tarantini uscirà da quella vicenda più pulito di prima. Sta di fatto che è emerso che uno che è indagato per mazzette nella sanità intrattiene con il presidente del Consiglio rapporti strettissimi, tanto da avere porte spalancate alla sua residenza e da cenarci insieme in un incontro nient'affatto ufficiale, men che mai obbligato.
Rilevato ciò, continuo a rimanere di sasso quando sento gente scandalizzata perché "un presidente del Consiglio deve dare l'esempio" ed evidentemente ritiene che B. non ne fornisca uno all'altezza o, peggio, perché B. è uso a festini che non incrociano il gusto di chi lo giudica. Un presidente del Consiglio deve governare e si sottopone per questo al vaglio del voto, non deve dare esempi. E francamente io mi guarderei dal prenderne da certa gente. Detto ciò, condivido un po' dello stupore per la misura raggiunta da B. Perché dal mio punto di vista di persona normale, credevo che lui fosse al di sopra della qualità, dell'immaginario, delle fantasie che vengono spacciati, solleticati, indotti dalle sue tv. Ho sempre pensato: "Guarda che furbo, fa passare come la svolta della vita il successo effimero e fatuo in tv, ci fa sopra soldi a palate e lui maneggia il potere vero". Invece le donnine di cui si è andato contornando e che cominciano a parlare fotografano di B. un'immagine che è tutta dentro l'orizzonte da Truman show offerto dalle sue tv. Un luogo in cui si vive rigorosamente in superficie, dove si comprano non solo i favori sessuali di gente cui potresti fare da nonno, ma anche la loro compagnia; in cui paghi per avere una platea disposta a sentire le tue barzellette e il tuo cantare. Un luogo in cui sei come dio finché i soldi fanno il loro effetto - come il tossicodipendente sta bene finché la sostanza gli circola nel sangue. Poi, finito l'effetto dei soldi, bruciati i diecimila euro che hai regalato, evasa o inevasa la pratica edilizia che dovevi sbloccare, torni il nulla che eri prima. Un luogo insomma, in cui sei solo in quanto hai. Decenni di successi negli affari, di successi in politica non hanno costruito niente insomma intorno a B.: rimane un poveretto e quello che gli è rimasto - questo pare da quanto emerge - è stato solo in grado di comprarselo, mai di conquistarlo senza dare contropartite in cambio. E' una vita di scambio, quella del povero B.: vieni a cena con me non per il gusto di stare con me ma perché ti pago, come nella più classica delle compravendite; ti invito a cena non perché amo stare con te ma perché poi so che ti accomoderi nel letto grande senza fare troppe storie in vista di un qualche tipo di ricompensa. La ricompensa è sempre esterna, insomma, non è mai nel gusto di starci con le persone di cui ti contorni. La logica degli affari si sovrappone a quella della vita. Ora, che questa tristezza cosmica riguardi un ultrasettantenne miliardario, può stare nelle cose della vita. Il problema, con B., è nel suo essere stato sulla scena pubblica con tanta pesantezza da aver plasmato almeno in parte, anche attraverso i media che possiede, le fantasie, gli immaginari, le aspettative del suo elettorato e non solo, tanto da diventare un fenomeno metapolitico. Ora, lui è rimasto in mutande. Ma il teatro di posa con il set del Truman show è ancora lì, saldo nelle fondamenta, densamente popolato e con gente sta in fila fuori per entrarci. Le persone normali, che vivono davvero e non limitano le loro attività alla compravendita ma sono rimaste infatuate da B. e dal suo Truman show in cui la vita è una ricerca di scorciatoie, avranno una scossa di resipiscenza? Non vi dico qual è la risposta che darei io, sennò v'intristisco ulteriormente.

mercoledì 15 aprile 2009

Rigidi

A me pare già stucchevole l'ennesimo dibattito sulla legge elettorale: se ne parla da lustri, come se da una eventualmente buona (?) legge elettorale dovesse discendere la panacea per i mali d'Italia; se ne sono cambiate, di leggi elettorali, non so più quante da quando è crollata la prima repubblica; ne abbiamo una, di legge elettorale, per ogni livello di governo (centrale, regionale, provinciale e comunale). E noi ancora qui a dilaniarci su uno strumento, ribadisco, uno strumento, manco se all'ordine del giorno ci fosse la scelta tra suffragio universale e ristretto. In secondo luogo, propendendo per il proporzionale, sarei tra quelli che punterebbero a renderlo innocuo, il referendum su cui si sta avvitando il dibattito nazionale, anche perché, detto per inciso, una legge che attribuisce la maggioranza assoluta dei seggi a chi prende anche una percentuale risibile di voti è roba da far arrossire la legge truffa. Ma non è questo il punto. Il punto è che i referendari della prima, seconda e terza ora mi sembrano più rigidi del più rigido dei materiali. E dire che l'esempio è sotto i nostri occhi. Stiamo andando a una elezione per il parlamento europeo per la quale, allo scopo di superare la soglia di sbarramento del 4 per cento, i simboli dei partiti si stanno trasformando in collages di più partitini. I filo-maggioritari diranno: ecco la prova della bontà aggregante della nostra teoria: non più tanti partitini, ma due soli grandi partitoni che si battono per arrivare alla maggioranza assoluta. Sbagliato: perché la soglia del 4 per cento sta ai microrganismi come il 50 per cento sta ai partiti che ambiscono a governare. Quindi, nel caso ci trovassimo con lo scenario che uscirebbe da una eventuale vittoria dei "sì" al referendum, avremmo di fronte due grandi simboli-collage (Pdl+Lega+varie-ed-eventuali da una parte; Pd+Di Pietro+varie-ed-eventuali dall'altra), pronti a scomporsi un minuto dopo la chiusura dei seggi. E' che il bipartitismo sul modello angolsassone, questo i rigidi filo-maggioritari non capiscono, non lo si introduce per legge. E dire che ci stanno sbattendo la testa da anni. Eppure niente, non si rassegnano, vedono la realtà non per come è ma per come vorrebbero che sia: rigidi, appunto.

martedì 15 aprile 2008

Due-tre cose sulle elezioni

1) Di come sarebbero andate queste elezioni non c'ha capito veramente niente nessuno. Sì, ci si aspettava una vittoria di Berlusconi e una sconfitta del Pd, ma non certo nelle dimensioni in cui sono maturate. Così come non mi pare di aver letto o sentito nei giorni scorsi alcuna analisi preventiva sul possibile boom della Lega o sulla scomparsa parlamentare della sinistra radicale, tanto per citare due conseguenze dell'onda sismica. Tutto ciò lo sottolineo non per stemperare l'eco dei sonori errori di pronostico del blog, ma per far notare che del paese in cui viviamo non c'è più nessuno che sappia darne una fotografia più o meno fedele, salvo ex post. Mi si perdoni il sociologismo d'accatto, ma è davvero il trionfo della moltitudine. Che non è una sana riscoperta e valorizzazione dell'individuo ma piuttosto quella di un individualismo-tana in cui rifugiarsi per sfuggire alla perdita di senso e all'avanzata delle paure. Fenomeni cui la maggior parte degli italiani dà una risposta semplificante e difensiva al tempo stesso. L'insicurezza profonda e latente (per il futuro nostro e delle generazioni future e nei confronti di un mondo che cambia a passi da gigante) si rovescia in richiesta di militarizzazione delle città e nell'erezione di muri di contenimento nei confronti di chi a torto o a ragione è tacciato di mettere in pericolo il nostro tesoretto, grande o piccolo che sia. Ogni richiesta sociale è percepita come esosa e vessatoria. Questo c'è al fondo della scelta di rappresentanza che gli italiani hanno compiuto con il voto di domenica. E solo in un quadro così confuso può darsi un travaso di voti, nei grandi agglomerati industriali del nord, dall'incapace e persa sinistra radicale alla Lega nord. Vale a dire tra due opzioni sulla carta agli antipodi. Un altro sintomo, l'ennesimo, della perdita di senso
2) Mi duole dirlo ma è uno spettacolo veramente penoso constatare come una parte del popolo di (centro) sinistra continua a ritenere di vivere in un paese di minus habens ogni volta che perde le elezioni. Così come lo è vedere la stessa parte di popolo di (centro) sinistra, ad ogni sconfitta elettorale, dare la colpa alle televisioni e al conflitto di interessi e a chi non ha fatto niente per eliminare tale conflitto (dunque eliminando l'avversario politico, che pure rappresenta un'anomalia mondiale, per legge). Se il brodo culturale del (centro) sinistra è questo, e in parte lo è, allora la sconfitta è assicurata anche per le generazioni future.
3) Sui sinistri antagonisti ho detto nel post precedente; vedere invece alcuni pasdaran del Pd e del "corriamo da soli" gioire dal basso del 33% per la scomparsa della parola sinistra dal Parlamento dà una tristezza infinita.
Corriere

mercoledì 13 febbraio 2008

Compromesso storico

A proposito di questa cosa, ieri sera io e mia moglie, che avevamo parlato nei giorni scorsi dell'argomento ma ci eravamo mantenuti su un piano generale, abbiamo appreso che il nostro travaglio di elettori di sinistra (consumato individualmente e senza influenzarsi più di tanto l'uno con l'altra) ci ha portato alla stessa conclusione, cioè a considerare una cosa che avevamo entrambi trascurato: ci sono due voti a disposizione.

giovedì 25 ottobre 2007

1.411.712

Le minoranze vanno sempre tenute nel debito conto, magari anche quando rappresentano istanze per lo più paesane, tipo quelle che vengono da Montenero di Bisaccia o Ceppaloni. E' da notare però, che pur con tutte le sue contraddizioni interne, il governo sta fibrillando grazie a due partiti che alle elezioni hanno messo insieme 1.411.712 voti voti, uno dei quali fruendo di posti al sole concessi dai Ds.
Enrico Borghi, Repubblica