sabato 28 marzo 2015

I ministri passano, le grandi opere restano


I ministri passano, le Grandi opere restano. Le dimissioni del titolare del dicastero delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, hanno anzi immediatamente dato luogo al commissionamento di un ulteriore progetto: la ricerca di una lega di metalli particolarmente resistente per procedere alla realizzazione di caschi di protezione per tutti coloro che pronunciano la frase «posso andare a testa alta» – utilizzata dallo stesso Lupi quando si è dimesso – senza curarsi delle conseguenze che ciò può determinare. Il progetto ha attirato l’attenzione di decine di investitori, allettati dal fatto che in Italia c’è un ragguardevole numero di persone che si trova in una condizione del genere, cosa che renderebbe la commercializzazione del prodotto un’attività assai redditizia. Ma nei cassetti del ministero ci sono altre ambiziosissime Grandi opere. Eccone alcune.

Risolvere la questione meridionale rovesciando l’Italia. Si tratta della più avveniristica opera mai progettata, che una volta messa a punto farà del nostro paese un’avanguardia mondiale. «Visto che anni di interventi e agevolazioni fiscali non hanno minimamente ridotto il divario tra Nord e Sud, noi ci proponiamo di invertire l’Italia», spiega Massimo Profitto, ingegnere che guida lo staff di progettisti. Si procederà così: una batteria di navi potentissime verrà legata al molo del porto di Genova e comincierà a tirare in direzione sud con lo scopo di staccare Liguria, Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto e Friuli-Venezia Giulia dal continente europeo e trascinarle lentamente a sud facendo perno sul centro Italia, che resterà dov’è. Una volta compiuta la traslazione, Trieste farà da ponte con Tunisia e Libia, mentre Trapani diventerà crocevia degli scambi con l’Europa dell’Est. Soprattutto, Palermo, Napoli, Bari e il meridione tutto risentiranno del benefico effetto di essere avvicinati all’Europa. Il sud invece sarà finalmente trainato dalla locomotiva lombarda. Contestualmente, ad Aosta verrà realizzato un Cie per raccogliere i migranti provenienti dalla costa nord del Mediterraneo, mentre a Trento sorgerà il più grande mercato del pesce del Mediterraneo. Nessun problema per la mafia, che si trova già sia a Nord che a Sud. Resta da risolvere il problema della Sardegna, che andrebbe a sovrapporsi all’Albania. «Ma ciò potrebbe dar luogo a interessanti contaminazioni culturali», dicono i favorevoli all’opera, che sottolineano come tra l’altro il progetto non pregiudica affatto la realizzazione del ponte sullo stretto. «Cambia solo che a quel punto sarà Reggio Calabria, e non Messina, a dover essere collegata alla terraferma – chiosa Profitto – ma ciò mi pare secondario e non inficia in alcun modo la bontà dell’opera, che inoltre, dovendo durare diverso tempo, porterà con sé un notevole e benefico aumento dei costi di partenza».

Fare in modo che al Nord sia sempre inverno e al sud sempre estate. È il coraggiosissimo progetto del ministero del Turismo, in project financing con la cooperativa “Cambiamento climatico”. Presenta una serie di possibili effetti collaterali: la glaciazione del Po, la desertificazione del Tavoliere delle Puglie e di ampie zone di Molise, Calabria e Basilicata, e la definitiva scomparsa dell’agricoltura come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. Gli ambientalisti parlano di «genocidio ambientale». I favorevoli decantano le virtù di un’opera che consentirebbe all’Italia di sfruttare al meglio la sua vocazione turistica, con una perenne stagione sciistica nell’arco alpino e spiagge sempre col solleone da Roma in giù. Per di più l’opera ha il vantaggio di avere costi relativamente bassi: basterebbe agevolare l’effetto serra con l’incremento indiscriminato del traffico e delle emissioni nocive degli scarichi industriali e costruire un muro di diversi chilometri di altezza per collegare Montalto di Castro a Fano e bloccare così le correnti, al fine di creare in Italia due compartimenti climatici a sé.

Realizzare il tunnel di collegamento tra il Cern di Ginevra e il Gran Sasso. Si tratta di un’opera il cui iter è stato avviato all’indomani della celeberrima dichiarazione del 2011 dell’allora ministro Maria Stella Gelmini, secondo la quale il tunnel dei neutrini esisteva davvero e collegava le due località. Venne inserita nell’agenda delle priorità dal Governo dell’epoca motivandola con l’assoluta necessità di fare in modo che il ministro si riprendesse dalla figura di merda appena fatta, rendendo almeno verosimile quello che aveva detto. Chi vi si oppone sostiene che non si possono buttare miliardi così. La “Moltiplicasoldi spa”, associazione di imprese molto attiva nel settore delle Grandi opere, ha replicato attraverso i suoi addetti stampa così: «Di grandi opere che non servono a nulla o lasciate a metà è piena l’Italia, non si capisce dove sarebbe la novità».

Riuscire a far prendere una decisione a Civati. Si tratta solo del primo passo di un progetto che prevede due successivi stati di avanzamento: fare in modo che Gasparri arrivi a scrivere almeno un tweet ogni dieci senza insultare e far varare a Renzi una riforma che serva davvero e non sia solo di facciata. Gli esperti non nascondono le difficoltà. «Sono opere complicate, che per di più necessitano dell’apporto di diverse professionalità e di un lungo periodo di gestazione», ha spiegato Armando Maneggioni, amministratore delegato della “Costruzioni a prescindere” srl, una delle aziende col più alto numero di appalti pubblici nel palmares. «E poi – ha proseguito il manager – è assai difficile quantificare il ritorno economico: su un’eventuale decisione di Civati o su una dichiarazione decente di Gasparri non si può certo chiedere il ticket agli italiani, come si fa ad esempio per un tratto di statale trasformato in autostrada o per la sanità privatizzata. E se Renzi facesse una riforma che servisse davvero, non vi nascondo il rischio per imprese come la mia di chiudere il giorno dopo».

martedì 24 febbraio 2015

L'Isis in Libia? Mandiamo la Troika

Come rispondere all’offensiva dell’Isis arrivato ormai a pochi chilometri dall’Italia? Se ne è parlato all’ultimo Eurogruppo, che si è aperto con l’approvazione – al termine di un durissimo scontro tra il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble e il suo omologo lituano – di un ferreo programma di dieta per i due cani da compagnia del primo ministro della repubblica ex socialista, il cui smodato consumo di cibo, secondo il governo tedesco, potrebbe mettere in pericolo i conti dell’Unione.

Dopo il chiarimento ottenuto dal ministro dell’Economia bulgaro – cui è stato spiegato che la ripetizione Is-is viene adoperata per non discriminare Alfano, che in genere alla prima volta non capisce mai – si è passati al vaglio delle proposte.

Bocciata l’idea di far volare sopra le zone della Libia occupate dai miliziani dello stato islamico, aerei per distribuire volantini con la traduzione in arabo degli insulti che Gasparri indirizza a chi lo contraddice su Twitter. «Mi risulta che ci ridano già gli utenti italiani – ha detto un funzionario francese – figuratevi voi i tagliagole dell’Isis». Anche la delegazione tedesca si è schierata per il «no» alla proposta dopo aver sottolineato comunque che la Grecia resta sotto osservazione.

È stata apprezzata, ma giudicata di difficile applicazione, la proposta di schierare al largo della Sicilia un sistema di amplificazione che sparasse a tutto volume e in loop una canzone dei Modà a caso. «Un respingente di sicura efficacia, ma una provocazione troppo grande», l’ha definita Schäuble, indicando il rischio che in quel caso i terroristi potrebbero rispondere con le bombe e ribadendo che secondo fonti dell’intelligence tedesca, Tsipras da ragazzo fosse solito cibarsi di bambini.

Sono stati analizzati anche i pro e i contro di inviare Brunetta come mediatore. Dalla sua il capogruppo dei deputati di Forza Italia ha la tenacia con cui difende le posizioni: è stato ricordato di quando in gioventù fu visto per ore nei pressi di un palo della luce tentando di convincere il manufatto che se ci fosse stato il comunismo avremmo ancora utilizzato le candele e per i lampioni non ci sarebbe stato un futuro. Di Brunetta sono però note anche le asperità del carattere, che non ne fanno un buon mediatore: da piccolo ad esempio si era creato un amico immaginario solo allo scopo di litigarci. E poi, ha aggiunto un alto funzionario del ministero delle Finanze tedesco, «Atene deve comunque rispettare gli impegni».

È stato poi chiesto alla delegazione italiana se il premier Renzi fosse disponibile a creare un hashtag beneaugurante, sul tipo di #enricostaisereno, da rivolgere agli islamici. La proposta è stata bocciata a maggioranza dopo che il ministro rumeno ha fatto notare il danno d’immagine nel caso in cui gli islamici, che non sono creduloni come gli italiani, rispondessero #vifacciamounculocosì. «E poi secondo me Varoufakis è frocio», ha sentenziato un cugino acquisito di Angela Merkel che si era imbucato alla riunione.

Non è passata neanche l’idea di bombardare la Libia mediante le tv via satellite con la diretta no stop dell’“Isola dei famosi”. «Anche se le immagini sono eloquenti – ha fatto notare il primo ministro irlandese – c’è il problema della lingua, gli islamici non capirebbero mai il livello di abiezione che siamo in grado di raggiungere». «Già. E comunque sul programma di riforme della Grecia non cederemo», ha concluso il cognato di Schäuble che si trovava a passare da Bruxelles.

La riunione era arrivata a un punto di stallo quando dal cilindro è uscito finalmente il coniglio che un autista della delegazione spagnola, dimagrito di venticinque chili in seguito al programma di austerità approvato da Lisbona, stava per azzannare, non avendo capito la metafora. «Mandiamo in Libia gli emissari della Troika – ha detto il ministro Padoan imbeccato da Renzi via Skype – e sottoponiamo lo stato islamico a un programma di riforme per abbattere il debito pubblico. Siamo 28 Paesi in Europa e da noi ha funzionato dappertutto, tranne in Grecia. Ma lì neanche si vota, quindi non corriamo neanche quel rischio». L’approvazione è stata all’unanimità. «Li ridurremo come i portoghesi e gli italiani», ha concluso Franz Sturmundrang, lavapiatti della delegazione tedesca con contratto a progetto.

lunedì 26 gennaio 2015

Syriza

Syriza ha vinto, viva Syriza. Ma Syriza ha assai poco a che vedere con quello che succede da noi. È bene saperlo. Syriza non è un'accozzaglia di nomi, sigle, personalismi vari e comparsate a “Porta a porta” per parlarsi intorno all'ombelico. Syriza è un animale strano, mai visto da queste parti. Assomiglia più a un centro sociale decente che a un partito. Avete mai visto da noi, in Italia, Sel o Rifondazione (il Pd lasciamolo perdere per definizione) che trasformano una delle loro sedi in mensa popolare?, li avete mai visti partecipare alla creazione di ambulatori in cui medici volontari offrono gratuitamente lo loro professione per curare chi ha perso il diritto alla sanità pubblica?, li avete mai visti organizzare una raccolta di farmaci? No, quella è roba da volontariato, in Italia, che non c'entra nulla con la politica (in Italia). E che anzi la politica della nostra sinistra radicale guarda spesso dall'alto in basso.
Invece la radicalità di Syriza deriva da qui. È poggiata saldamente sul fare. Per questo Syriza è credibile al punto di arrivare a governare un paese dopo aver vinto le elezioni. Quelli che oggi si sentono rinfrancati dal successo di Syriza sappiano che se c'è una via d'uscita questa passa per il fare. Cosa che loro non hanno mai praticato negli ultimi decenni.
Quelli che invece ridono sotto i baffi, quelli che guardano a Syriza come a una botta di folclore, quelli che pensano irrealizzabile quello che Syriza vuole; i più realisti del re, insomma, riflettano sul fatto che quel partito non è Tsipras che dice cose (sacrosante), ma ha ricevuto il mandato di milioni di persone affamate dalla cura della troyka (che avrebbe dovuto salvarli: si consultino i dati economici della Grecia prima e dopo l'intervento europeo) per invertire quella rotta. Si chiamerebbe democrazia, a meno che non la si voglia trasformare mettendola sotto la tutela di quattro ragionieri al servizio di eminenze grigie che ci stanno facendo dannare l'anima. A noi che l'abbiamo fatto i greci stanno dicendo che no, a loro non sta bene.

mercoledì 7 gennaio 2015

Su Charlie Hebdo

Non è un commento a mente fredda. Invidio chi ce l'ha in questo momento. È un modo per tentare di onorare la memoria di chi è morto. E quando quello che è morto lo stimavi parecchio, la cosa è più difficile e rischia di sfuggirti di mano. Però, pesando le parole - perché chi muore così non può essere sacrificato una seconda volta sull'altare della polemica da bar - qualcosa si può dire.

Ad esempio che uno dei modi migliori per onorare la memoria di chi praticava la libertà è continuare a praticarla; o cominciare, laddove non lo si fosse mai fatto: non è mai troppo tardi. Guardare la realtà sempre da un angolo diverso da quello da cui il potere (qualunque sia il potere) vuole che la guardiamo; giornalisti, impiegati, commessi o disoccupati che siamo. Tentare di tenere sempre a mente che il mondo lo spingono avanti quelli che preferiscono "morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio", come ha riassunto Charb, il direttore di Charlie Hebdo; quelli che s'inginocchiano perché pensano di stare più comodi, al massimo il mondo lo conservano, quando non lo peggiorano. Tenere in considerazione che praticare la libertà è difficilissimo, spesso anche se non si ha un fucile puntato contro, ma che questo non è un alibi per non cercare vie d'uscita.

Così non solo onoreremmo la memoria dei morti oggi. Costruiremmo le premesse per arginare quelli che vogliono zittire gli altri con la forza, li costringeremmo ad articolare pensieri che sfuggano al codice binario ("sì", "no"); a qualsiasi latitudine si trovano, qualsiasi religione professano o dicono di professare.

venerdì 2 gennaio 2015

L'anno dei due Mattei

Quello che abbiamo appena salutato sarà ricordato come l’anno di Renzi e Salvini. Il 2014 ha già presentato ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo con la motivazione che «dodici mesi non possono subire un’offesa del genere». Ma la conferma arriva anche dagli astronomi del Cern di Ginevra, che avevano previsto che la notte del 31 dicembre si sarebbe potuto assistere a un fenomeno unico nella storia dell’umanità. Le stelle del Grande carro si sono posizionate in maniera da comporre un gigantesco gesto dell’ombrello astrale visibile solo dall’Italia, proprio a coronamento dell’anno appena trascorso.

Renzi e Salvini potrebbero sembrare emersi dal nulla, vista la consistenza. Eppure dietro di loro ci sono genitori che nonostante tutto non li hanno ancora disconosciuti e, soprattutto, anni di dura gavetta (le esperienze alla “Ruota della fortuna” e al “Pranzo è servito” su tutto) e fior di consulenti di immagine, anche se nessuno di questi ultimi se la sente di ammetterlo pubblicamente.

Ecco alcuni dei lati segreti dei due Mattei consacrati nell’anno che stiamo lasciando, che svelano meglio la loro personalità. Fate attenzione: si tratta di due personaggi che hanno portato il loro omonimo più famoso, l’estensore di uno dei Vangeli, a esprimere il seguente giudizio: «Cazzo, duemila anni di buon nome sputtanati nel giro di pochi mesi!».

1) Anni fa, Salvini rischiò l’espulsione dalla Lega perché fu sorpreso a leggere un libro alla festa di Pontida mentre Bossi a torso nudo disossava un daino con la sola forza delle mascelle, dando prova di maschia padanità. Salvini rispose da par suo ingoiando il volume. Fu fortunato perché si trattava di una rarissima pubblicazione con i pensieri di Mario Borghezio (due pagine in tutto). Da quel momento i militanti della Lega videro in lui il vero erede del fondatore del partito. Nello stesso periodo un giovanissimo Renzi, deriso dai compagni del campo scout perché aveva appena tentato di accendere il fuoco sfregando il fiammifero dalla parte sbagliata, commosse tutti con il suo primo vero discorso politico: «Scusate – disse – io vengo dalla Toscana e lì si fa tutto al contrario perché governano i comunisti, ma un giorno cambierò tutto, ve lo prometto».

2) Le foto di Salvini nudo sono comparse dopo che il leader della Lega ha scoperto con raccapriccio che gli abiti contenuti nel suo armadio erano tutti extracomunitari senza permesso di soggiorno (bengalesi, cinesi, indiani, nepalesi) e gli ha dato fuoco. Perché Renzi si sia fatto fotografare da “Chi?” col giubbotto di pelle alla Fonzie è invece una cosa che sfugge all’umana comprensione, tanto che una domanda sulle possibili cause è stata inviata sotto forma di segnali radio alla sonda Rosetta, confidando che nello spazio ci sia qualcuno in grado di rispondere al misterioso interrogativo.

3) Salvini sorride sempre perché di nero non vuole avere neanche l’umore. Quando si chiede a Renzi di che umore è, lui risponde: «Rosè», in modo che non si possa dire né che sia bianco né che sia rosso.

4) Salvini vuole aiutare i rom a casa loro perché i rom una casa non ce l’hanno. Renzi vuole creare lavoro aiutando i datori di lavoro a licenziare.

5) Salvini parla alla pancia degli italiani. Renzi pure. Entrambi, per fare colpo, hanno espresso anche la volontà di versare cibo nelle orecchie, ma sono stati dissuasi dai rispettivi staff.

6) Renzi ha una moglie, Salvini ha una compagna. Non c’entra niente con loro, ma questo è un ottimo motivo per i single alla ricerca di un partner non disperino.

7) Salvini ha capito solo da poco che il profilo facebook non ha a che fare con gli antichi egizi, a Renzi hanno svelato di recente che i provvedimenti legislativi possono avere un numero di caratteri superiori a 140.

8) Renzi sembra Berlusconi; Salvini, ai più attenti osservatori, ricorda Alvaro Vitali.

9) Salvini è nato nel 1973, Renzi nel 1975. Date che stanno portando molti a valutare che gli anni Settanta potrebbero non essere stati solo di piombo.

10) Alcuni politologi teorizzano che Renzi e Salvini sono due facce della stessa medaglia, altri aggiungono: «Pensa che culo, se è così tra loro non sono mai costretti a guardarsi».

venerdì 21 novembre 2014

La bufala razzista delle case popolari

La storiella dei cittadini italiani penalizzati nell'assegnazione delle case popolari rispetto agli stranieri è una panzana di dimensioni direttamente proporzionali alle volte in cui viene periodicamente reiterata, che sono tantissime. Tradotto: è una frottola gigantesca.

Poiché agli alloggi popolari si accede in base al livello di difficoltà materiale in cui si vive, ad essere più svantaggiati sono coloro che quelle case le ottengono. Chi non accede al servizio, evidentemente  non sta tanto male quanto quelli che "vincono" l'appartamento.

Chiarito quello che è evidente anche a un miope senza occhiali, c'è però un particolare non indifferente. Nonostante chi rimane fuori stia un po' meglio di chi la casa la ottiene, ciò non vuol dire che stia bene. Di qui il possibile e legittimo sconforto quando si continua a essere condannati a pagare affitti insostenibili per garantirsi un tetto sopra la testa, cosa che in una società degna di nome sarebbe un diritto inalienabile.

Il fatto è che quello sconforto esonda quando esponenti politici - che in genere di tetti sulla testa ne hanno più d'uno - lo gonfiano ergendosi a paladini dei diritti dei "più deboli", e si trasforma in risentimento livoroso dei deboli italiani verso gli uguali a sé nati in un altro paese.

Tecnicamente questo si chiama razzismo. Che è il trattare in maniera differente in base all'etnia persone che si trovano nelle medesime condizioni. Per di più, facendole sentire diverse - quelle persone che invece sono uguali - si impedisce che si riconoscano le une con le altre e che rivendichino insieme il diritto alla casa contro chi di fatto glielo nega.

Non a caso nell'agenda politica dei "gonfiatori di sconforto" non troverete mai la voce "intervento pubblico a sostegno dell'edilizia popolare". Ci sarà invece di sicuro la "revisione dei criteri di assegnazione degli alloggi popolari". Che è un po' come tentare di curare un'emicrania tagliandosi la testa.

Si potrebbe anche credere alla buona fede di quelli che vogliono rivedere i criteri di assegnazione degli alloggi popolari quando dicono di non essere razzisti. Forse sono affetti da semplice insensatezza. Che però è compare stretta del razzismo, che da lei si genera.

martedì 11 novembre 2014

Il disco di Edda

La cosa che mi dispiace del disco di Edda ("Stavolta come mi ammazzerai?") è che non posso ascoltarlo in macchina coi miei figli, come è accaduto (finora) con (quasi) tutta la musica che ascolto. Le liriche troppo esplicite, uno dei segni distintivi di un disco viscerale, mi suggeriscono un ascolto solitario.

Probabilmente non è il disco più bello in cui mi sono imbattuto. Ma è bellissimo. E mi ha provocato qualcosa che mi era finora capitato solo con i film che più mi colpiscono: quello di aprire gli occhi la mattina successiva alla visione e sentirsi ripresentare in testa una delle frasi dette lì, un sussulto, una scena; e allora riavvolgere idealmente la pellicola (mandare indietro il cd, in questo caso) e chiedersi cosa voleva dire questo o quello. Tentare di collocarlo nel posto giusto, se ce n'è uno. È per questo che ne scrivo, trovandomi ad abborracciare una recensione che non ho mai fatto. Genere che in linea di massima non prediligo e di cui non mi fido, perché gli ascolti e le visioni sono troppo intimi per essere trasmessi con le parole.

Ma c'è un altro motivo per cui ne scrivo. Anzi, è forse questo il preponderante. Parlandone con persone che ascoltano un certo tipo di musica (non i Modà, per capirci), mi è capitato di constatare diverse volte che Edda non si sa chi sia. Non ve lo dirò io; Edda stesso dice di essersi «rotto i coglioni» di raccontare la storia. Su Internet trovate un sacco di cose su di lui. E su Spotify trovate tutto "Stavolta come mi ammazzerai?". Ne parlo semplicemente perché i pochissimi che leggeranno 'sta cosa e non lo conoscono sappiano che esiste. E che ha fatto un gran disco.

Perché gran disco? Perché Edda ribalta tutto. Si e ci capovolge fino a trascinarci nei pressi di quel punto oscuro in cui i sentimenti cambiano natura e rischiano di diventare il loro opposto perché troppo forti. Edda sente l'imperfezione di cui siamo geneticamente portatori e puntando all'assoluto canta la lacerazione che c'è tra il qui e il là. E immerso nella lacerazione non si rende conto del bello che fa perché è preso a voler cambiare il brutto che è o pensa di essere. Che è il miglior modo di camminare avanti. Anche se il più sofferto. Lo sanno fare anche altri, mica solo Edda. Ma in genere sono più conosciuti di lui, che proprio per questo merita uno sconosciuto che ne parli, anche se a pochissimi altri.

E poi, e poi niente. Basta recensionismi. "Stavolta come mi nammazzerai?" è un disco che spacca. Cantato, suonato e prodotto benissimo. Lontano mille miglia dai conformismi (anche dagli anti-conformismi, conformismi a loro volta). Vale mille ascolti, ecco tutto.

sabato 8 novembre 2014

Renzi: «No a biondi e mori, la verità sta nel mezzo»

«La sinistra resterà minoritaria fino a quando non capirà che per vincere occorre diventare di destra». È il concetto forte che i collaboratori più stretti di Renzi, tra i quali figura ora anche un tablet dissidente dei Cinque stelle, hanno messo a punto per la strategia comunicativa del premier nei prossimi mesi. Una campagna che, al di là delle abituali ospitate nel salotto di Barbara D’Urso, prevede mezzi che vengono definiti «non convenzionali» dallo staff. Il premier sarà intervistato dalla particella di sodio dell’acqua Lete, che in un autentico colpo di teatro finale verrà invitata a entrare nella direzione nazionale del Pd per superare la solitudine. Renzi spunterà poi come sorpresa dall’ovetto Kinder e si monterà la testa da solo con grande stupore del bambino co-protagonista dello spot. Infine, dialogherà con Banderas per capire se il modello dell’aia del Mulino Bianco è riproducibile nelle aziende.

L’altro punto forte è quello del superamento della rappresentanza del mondo del lavoro. «Ormai a lavorare è una esigua minoranza di sfigati – confida Primo Aziendali, consigliere dell’area economica del premier – occorre puntare su altri target. Se continua così – prosegue Aziendali – potremmo tornare a occuparci dei disoccupati, che sembrano destinati a diventare maggioranza in tempi più rapidi di quanto noi stessi avessimo previsto». Ed è proprio a questo proposito che Renzi sta seguendo con attenzione la vicenda di Terni attraverso una serie di web cam installate in punti strategici della città.

Sul lavoro però, la minoranza del Pd è riuscita a strappare un compromesso agitando lo spettro della scissione (il quale è poi crollato su Cuperlo, ferendolo, visto che Fassina e Civati che se lo stavano litigando se lo sono lasciati sfuggire). Il partito, per mostrare la sua vicinanza alle fasce più colpite dalla crisi, avvierà una campagna pubblicitaria con maxi manifesti che verranno affissi in tutte le principali città in cui campeggerà lo slogan: «Cerchi il posto fisso? Lavora su te stesso».

Ma la linea è chiara. «L’attenzione – dice Totò Stock Option, guru italoamericano ingaggiato da Renzi – va spostata su altre categorie, che se adeguatamente rappresentate possono garantire la maggioranza per anni». A questo proposito circola a Palazzo Chigi una lista di possibili target:

Evasori fiscali. Il loro numero è difficile da calcolare, ma si tratta comunque in Italia di un patrimonio inestimabile. Si pensa a misure che potrebbero interessarli: lo scontrino che si autodistrugge, la depenalizzazione della fattura su carta semplice e la segnalazione ai servizi sociali per chi si rifiuta di pagare in nero.

I tifosi della Juventus. Sono tantissimi in tutta Italia. Basterebbe una norma votata dal Parlamento che gli riconsegni gli scudetti vinti nell’era Moggi per assicurarsi il loro consenso. Si prevede anche un decreto legge della massima urgenza che verrà approvato da uno dei prossimi consigli dei ministri, in cui Andrea Agnelli verrà insignito del titolo di presidente più simpatico della serie A.

I castani. Sono il fototipo più diffuso in un paese mediterraneo come il nostro. Assicurare la tintura di capelli gratis per chi comincia a vederseli ingrigire è una misura che peserebbe pochissimo sulle casse dello Stato ma avrebbe un impatto notevole sulle masse. Prevista anche una serie di spot di pubblicità-progresso: «Basta divisioni tra biondi e mori, la verità sta nel mezzo».

I possessori di smartphone. Crescono di giorno in giorno, soprattutto tra i giovani. Su questo Renzi non ha da imparare nulla, anzi. Ha già arringato i suoi in privato: «Non avete ancora capito perché faccio continuamente battute sull’iPhone? E non vedete che come posso lo poggio sul tavolo in bella mostra? Fatelo anche voi, non siate timidi. Ché può darsi anche che la Apple un domani ci sponsorizza il Governo e allora non ci batterà più nessuno».

venerdì 24 ottobre 2014

Eurochocolate, la negazione dell'evidenza

Ci sono parole e pratiche che hanno bisogno di confondersi nell'oceano del nulla che ci viene dispensato quotidianamente per essere accettate socialmente. Ad esempio, vocaboli che perdono prefissi: le controriforme diventano riforme per renderle accettabili come l'esatto contrario di ciò che sono. Definizioni travestite: una fiera viene trasformata in evento per conferirle formalmente quel tocco chic di cui è sprovvista nella sostanza. E termini che, nonostante siano il motore che spinge determinate iniziative, non vengono mai nominati quando quelle iniziative si tratta di descriverle: profitto è uno di questi.

Eurochocolate, la fiera in cui le multinazionali del cioccolato espongono le loro mercanzie nel centro di Perugia, ha molte delle caratteristiche che, nella fitta nebbia di nulla nella quale camminiamo, prendono le mosse da queste tendenze alla mistificazione, le quali messe insieme l'una all'altra contribuiscono alla negazione dell'evidenza. Cioè: una fiera in cui organizzatori e sponsor colonizzano come cavallette un centro storico secolare e puntano a fare profitto vendendo un prodotto, il cioccolato, la cui filiera di produzione ha ben più d'una macchia in termini di utilizzo di persone e territori, diventa il "dolce evento" che porta ricchezza alla città nella quale è ospitato e all'interno del quale c'è una sezione "buona", "equochocolate", il cui solo nome fa nascere sospetti: se una cosa è equa, perché relegarla a una sezione e non costruirci intorno l'evento stesso? Semplice: perché non si può. Perché la produzione del cioccolato delle multinazionali ha dei lati oscuri ben documentati ormai da una bibliografia e da una filmografia piuttosto consistenti. E, soprattutto, la produzione del cioccolato equo c'è: è quella praticata da decenni dai produttori e dalle centrali di importazione del commercio equo e solidale, che si chiama proprio così, non "eurocommercio" all'interno del quale c'è una sezione "equa". Quella gente lì, non a caso, non c'è dentro Eurochocolate.

Ma Eurochocolate e il radioso manager che la organizza non ci stanno. Vogliono appendersi al bavero della giacca la medaglia dell'equità, nonostante ciò sia impossibile, a meno che non si voglia negare l'evidenza. E la negano due volte l'evidenza: quando creano la sezione "equa", che per il solo fatto di esistere nega l'equità del resto dei prodotti in fiera. E quando dicono di portare ricchezza e lustro alla città.

Non si è mai riusciti a fare una stima attendibile della ricchezza che Eurochocolate porta alla città. I visitatori fanno per lo più "mordi e fuggi" e la stragrande maggioranza consumano all'interno delle centinaia di stand che si affastellano nell'acropoli, non negli esercizi commerciali che nell'acropoli ci stanno tutto l'anno. Di sicuro c'è invece il valore aggiunto che una cornice come quella del centro storico di Perugia conferisce a una fiera come Eurochocolate. Non a caso il manager che la organizza ha sempre rifiutato sdegnosamente il trasloco in altri spazi.

E anche l'argomentazione, usata di frequente, secondo cui Eurochocolate offrirebbe a Perugia una visibilità nazionale ha del posticcio: è come se si sostenesse che per essere notata al ballo, Cenerentola ebbe bisogno della matrigna e delle sorellastre. Perugia è la città di Umbria jazz e del Festival del giornalismo, questi si "eventi" che offrono alla città oltre a ricevere.

Ma perché negare l'evidenza? Perché non ammettere che Eurochocolate è una fiera messa in piedi per fare profitto, quando del profitto ormai è (quasi) unanimemente accettato che è "colui che tutto muove"? Forse perché la felicità, la giocosità che devono essere i marchi distintivi della fiera mal si accordano col frusciare delle banconote. Forse perché il profitto a volte stona. Soprattutto se è appannaggio di pochi. Soprattutto se è viziato da zone d'ombra, come quelle della filiera del cioccolato.

Questo paiono averlo capito prima di tutti i cantori del "profitto che tutto muove". I quali sanno per primi che il profitto non può essere la misura del tutto. E lo nascondono sotto abbondanti coltri di nulla. In modo che non si sappia troppo in giro.

venerdì 17 ottobre 2014

Odi et amo

Avrei voluto stare a Terni, stamattina. Ma non ho potuto. Però ho avuto la fortuna di poter essere non troppo lontano e non superare il limite di distanza che mi ha consentito di seguire la diretta della manifestazione da una radio locale.

Conosco piuttosto bene la città nella quale sono nato e cresciuto, anche se non ci vivo da decenni. Ne sono intriso, come chiunque ne è del posto dove ha pianto per la prima volta. Così non mi hanno stupito la valanga di persone in strada, i negozi chiusi dei commercianti solidali con gli operai. A sorprendermi stavolta sono state le voci rotte dall'emozione che ho ascoltato in radio e che ho rivisto poi nei tg dell'ora di pranzo. Le persone che iniziavano a parlare e non ce la facevano a finire e si allontanavano con la mano a coprire la bocca. Come succede ai funerali. Tante. Come è difficile vederne e ascoltarne a manifestazioni del genere.

Erano le voci di chi sa anche se non ha studiato. Di chi le cose non le vive sulla pelle ma ce le ha proprio dentro. Di chi ha avuto i nonni costretti alla fabbrica anche con la febbre quando ancora la “malattia” non era pagata e al lavoro c'andavi pure malandato sennò perdevi “la giornata”. E adesso ha i fratelli con la lettera «che te ne devi anna'» che incombe sulla testa.

Avrei voluto stare a Terni, stamattina. Anche se l'ho detestata quando da adolescente eravamo così pochi in strada la sera che la polizia ci chiedeva regolarmente i documenti e ci faceva incazzare. Anche se la musica non arrivava e per ascoltare i dischi che ti interessavano dovevi aspettare che qualcuno andasse a Roma a prenderli. Anche se non c'erano locali in cui suonare e in cui ascoltare qualcuno che suonasse.

Avrei voluto stare a Terni, stamattina. E oggi la ringrazio. Per le mancanze che mi ha dato da colmare. Per le scarpe buone che mi ha dato per camminare. E per avere le cose dentro, non solo sulla pelle.

sabato 4 ottobre 2014

Dalla crisi si esce con una app

La rivelazione di questi mesi di Governo Renzi è che i conti economici dell’Italia sono dotati di sentimenti: si deprimono ormai anche alla sola vista del premier. Tanto che lui, stizzito, non li prende più in considerazione: Senato, Province, articolo 18, ogni argomento è buono pur di non affrontarli. Della questione si è discusso in gran segreto nell’ultimo Consiglio dei ministri. La riunione è andata per le lunghe, anche perché all’inizio era stato chiesto al ministro dell’Interno di fare il punto. Alfano si è allora imbronciato e non ha proferito parola. Si è andati avanti così per qualche minuto, fino a quando il leader dell’Ncd, scorgendo l’incredulità dipinta sul volto dei colleghi, ha chiesto: «Non sto facendo bene il punto? Volete che mi mostri più offeso?».
A quel punto Renzi ha lasciato la parola; lui è fatto così, la parola non la prende, la lascia uscire fuori di sé, così come gli viene. «Non crediate che il problema non mi stia a cuore», ha detto mettendosi la mano sulla parte sbagliata del petto per poi scusarsi: «Pardon, io sono un Maradona al contrario, lui è tutto-sinistro, io tutto-destro».
«Con il mio staff, all’interno del quale ho chiamato di recente anche il mio macellaio di fiducia, perché come taglia lui non lo fa nessuno – ha proseguito Renzi – siamo stati ultimamente molto impegnati nel fare la fila per comprare l’iPhone 6. Ma è un’operazione fatta a fin di bene. Con i nuovi smartphone andremo alla ricerca della app giusta per imboccare la via della crescita». La diagnosi che il presidente del Consiglio e i suoi fedelissimi (Richie Cunningham, Potsie e Sottiletta) fanno della crisi è infatti questa: la recessione è dovuta al fatto che qualcuno ha chiuso l’economia tra due hashtag, così: #economia#. «Occorre trovare il modo per togliere il cancelletto di destra e l’Italia tornerà a crescere. Ma per fare questo non servono vecchie ricette, dobbiamo guardare al futuro: la soluzione è qui», ha scandito il premier tirando fuori dalla tasca lo smartphone nuovo di zecca e poggiandolo sul tavolo.
È stato a quel punto che è intervenuto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «Ma non avevamo detto di chiedere all’Europa di concederci più margini nel patto di stabilità?». «Pier Carlo – ha risposto Renzi – ho parlato con la Merkel e mi ha detto che non è disposta neanche a darci una vocale o una consonante per completare il tuo cognome». «Perché non proviamo aizzandogli contro Giovanardi – è intervenuto il ministro Lupi – quello a suon di cazzate la stordisce e magari alla fine, se non altro per sfinimento, qualcosa riusciamo a spuntare». Ma le esternazioni di Giovanardi sono state di recente inserite nell’elenco di armi non convenzionali, come ha ricordato la ministra della Difesa Pinotti segnalando che «correremmo il rischio di una sanzione da parte dell’Onu».
Alla fine l’accordo è stato trovato su tre punti, illustrati dallo stesso Renzi, che diventeranno oggetto di un decreto sul quale il Governo si dice pronto a chiedere la fiducia, eccoli:
1)    Ridurre la settimana a quattro giorni, dal giovedì alla domenica. «Questo ci consente un risparmio di circa 150 giorni l’anno e inoltre quello è il periodo del weekend, in cui cioè la gente spende di più, l’ideale per rimettere in moto i consumi», si legge nel documento di Palazzo Chigi.
2)    Portare tutti gli italiani ad evitare di pensare prima di parlare; molti sono già sulla buona strada, mentre per i riottosi il Governo è disposto a mettere sul piatto degli incentivi. «Come si capisce, ogni attività risparmierebbe il 50 per cento delle risorse», è scritto nelle note che accompagnano il decreto. «E in più si guadagna del tempo che può essere impiegato al meglio per dire più cose, posso testimoniarvelo di persona», ha detto Renzi.
3)    Dire di essere di sinistra ma fare cose di destra. «Così si raccolgono consensi sia di qua che di là», ha concluso il premier allargando il sorriso e aggiungendo: «Pensa, io ho preso i voti di chi scese in piazza per difendere l’articolo 18 e lo sto abolendo come volevano quelli che hanno votato per anni Berlusconi. Alle prossime elezioni faccio cappotto».

venerdì 19 settembre 2014

Contro le catene

Sì, può sembrare snob criticare le cose che fanno tutti o quasi. Rischi di fare la figura di quello che «mi si nota di più se non vengo». Invece, nel caso di queste interminabili e auto-riproducenti catene di sant'Antonio, a tirarsela sono quelli che fanno la cosa che fanno tutti. Queste classifiche di dischi, film e libri hanno un unico merito: quello di riportarti alla mente "Alta fedeltà" di Nick Hornby (e quant'eri giovane quando lo hai letto). Per il resto sono una inutile (dannosa?) riduzione di complessità in un mondo che ha invece bisogno di riabbracciarla, la complessità, per ritrovare la misura delle cose (qualcuno mi deve spiegare come si fa ad amare la musica e la letteratura e chiuderle in dieci titoli). E sono un modo di tirarsela, di fare i fighi. Per rimanere alla musica, negli anelli di catena che mi è capitato di leggere ho visto solo disconi, unanimemente riconosciuti disconi, ascoltati dalla gente che ascolta buona musica. Ma se devi dire quali sono i dischi che ti hanno cambiato la vita devi fare uno sforzo in più. E ricordarti com'eri, come potevi diventare e come sei diventato. I Radiohead li scrivi per fare il figo, ammettilo. Invece la vita te l'hanno cambiata davvero la cassetta con i greatest hits dei Rolling Stones che rubasti dalla Fiat 500 rossa di tuo zio quando avevi i calzoni corti, quella che iniziava con Jampin' jack flash; o il fulminante "Io che non sono l'imperatore" che tuo padre ti faceva sorbire a quintalate ogni volta che entravi nella Lancia Fulvia col cambio al volante, mescolandolo con dosi più innocue di Lucio Battisti. E dovresti ricordare che prima dei memorabili 1984, Q, Aspetta primavera Bandini e via elencando, risparmiasti per non so per quante settimane per arrivare alle ventimila lire che ti consentirono di acquistare "Nessuno uscirà vivo di qui", la biografia di Jim Morrison senza la quale non sarebbero arrivati gli altri. Così come senza quel meraviglioso Bennato e quei Rolling Stones "dozzinali", saresti stato condannato a rimanere a vascorossi e non avresti mai conosciuto Nick Cave, Primus, Sigur Ros, Smiths, Paolo Benvegnù, Csi, Marlene Kuntz, Deus, Led Zeppelin, Cure, Afterhours e i mille altri con cui hai passato giorni e notti. E non saresti arrivato a un disco sublime, forse unico in Italia, "Conflitto", di Assalti Frontali e Brutopop, che non sono fighi per niente e non finiranno in nessuna classifica di nessuna catena figa fatta da gente che punta ad apparire figa, anche se non lo ammette.

martedì 26 agosto 2014

Del perché l'ice bucket challenge ha rotto i coglioni

Se guardiamo al qui e ora (i soldi che si stanno raccogliendo con l'iniziativa), credo che siamo tutti d'accordo: ben vengano le docce gelate che portano soldi per la ricerca sulla Sla. Se buttiamo gli occhi un po' più in là, secondo me questa è un'iniziativa addirittura potenzialmente dannosa almeno per un paio di motivi.
Primo: la ricerca sulle malattie non dovrebbe poggiare sulla buona volontà dei singoli, ma su Stati che attraverso politiche fiscali decenti, prelevino risorse dove ce ne sono per destinarle alle questioni di pubblico interesse. A me fa un po' ridere (o forse incazzare) il miliardario che si doccia e dà il suo obolo. Preferirei che fosse tenuto a un regime fiscale che pur non intaccando il suo benessere e consentendogli di continuare a produrre ricchezza, lo costringesse a pagare anche la ricerca per combattere l'artrite dei ragni rossi della Patagonia, per dire. Non parliamo poi dell'effetto che mi fa vedere un presidente del Consiglio, cioè colui che in teoria avrebbe in mano le leve per attivare politiche del genere, farsi la doccia gelata. E qui veniamo al secondo punto: il marketing.
Perché al di là del presidente del Consiglio pop - che è in prima fila e si è fatto la doccia per continuare a starci - e al di là dei miliardari buoni che staccano l'assegno, anche loro in prima fila, sono emersi via via personaggi di ottava, nona e decima fila che pur di guadagnare qualche posizione in termini di visibilità, hanno messo in rete i video delle loro docce gelate, credo quasi non sapendo neanche cosa fosse questa catena di sant'Antonio dal nome esotico.
Ecco. Penso che il combinato di queste due cose renda l'iniziativa, pur meritoria, potenzialmente dannosa. Perché perpetua il modello che ci costringe a fare l'elemosina per la ricerca sulle malattie. E rappresenta anzi in alcuni casi un diversivo per lavarsi la coscienza, o addirittura un dubbio mezzo per mettersi in evidenza. Con buona pace della ricerca, tema cruciale.
Ecco perché, quindi, a me l'ice bucket challenge ha rotto i coglioni.

domenica 29 giugno 2014

Il decalogo di Renzi

L'enorme consenso ottenuto dal Partito democratico a sua insaputa, non ha fatto perdere di vista a Renzi l'enorme lavoro che c'è da fare. Per questo il premier ha preparato un decalogo che farà approvare nel corso della prossima segreteria del Pd e che guiderà l'azione di partito e governo. Eccolo.

1) Il nome del partito. È da accogliere con favore che i giornali cartacei e on line ricorrano sempre più nella titolazione all'abbreviazione "democrat", meglio ancora quando utilizzano "dem". L'ideale sarebbe arrivare a "d", una semplice lettera che non impegna e, al tempo stesso, non scontenta nessuno.

2) Riconversione verde. Ricorrere all'erba sintetica ogni volta che si può, sostituendola gradualmente a quella naturale nei parchi cittadini. A chi si oppone, far notare che il verde ingentilisce i centri urbani e che quello sintetico ha la peculiarità di non necessitare di particolare manutenzione e consente quindi di abbattere i costi di gestione. Lo slogan della campagna potrebbe essere: "Verde è bello. E conviene".

3)Lavoro. Incentivare le imprese che creano nuova occupazione, anche se non la pagano. Noi non siamo quelli del "tanto peggio, tanto meglio", meglio un brutto lavoro che niente.

4) Crescita. Mangiare di più.

5) Tasse. Varare al più presto l'operazione "fisco amico" per restituire fiducia agli italiani e ricreare un senso di comunità. Lo slogan sarà "Se non riesci a pagare le tasse, trova un amico disposto a farlo per te".

6) Istituzioni. Per garantire risparmio ed efficienza, appaltare la riforma in project financing dando il Parlamento e il Governo in concessione alla società che si aggiudicherà la gara.

7) Grandi opere. Sono fondamentali per la ripresa dell'economia. A tale proposito, appare quanto mai opportuno riconsiderare la felice intuizione dell'ex ministro Gelmini e mettersi subito al lavoro per la realizzazione del tunnel tra Svizzera e Gran Sasso.

8) Europa. Combatteremo per dire basta con questo atteggiamento punitivo verso l'Italia, un paese che ha dimostrato ampiamente di meritare la quarta squadra in Champions League.

9) Giovani. Temporeggiare in attesa che invecchino.

10) Previdenza. Il fatto che in molti non arriveranno a prendere la pensione non va drammatizzato. Ci sono molti modi per andare in vacanza: tenda, camper, bed&breakfast...

venerdì 23 maggio 2014

Europee, i possibili scenari

Nonostante gli sforzi del Nuovo Centrodestra, che in pochi mesi di vita è riuscito già a sfoggiare un numero di indagati che non teme la concorrenza di quello di Forza Italia; nonostante i tentativi di quei dilettanti della lista Tsipras, che litigano sì, ma mai come riescono a fare i professionisti delle correnti del Pd; e nonostante i Cinque Stelle siano i Cinque stelle, la stragrande maggioranza degli italiani continua a rimanere ostaggio dei tre blocchi politici principali, che gli tengono puntate contro armi terribili come "Porta a Porta", "Ballarò", "Matrix" e "Annozero", alle quali si sono aggiunte in campagna elettorale le letali "Quinta Colonna" e "Pomeriggio Cinque". Maria De Filippi si è risentita perché in questa fase nessuno è ricorso a lei. Le ha risposto Renzi con un sms: «Maria, sono anni che ci lobotomizzi intere generazioni, continua così, hai tutta la nostra stima».

Se questo è il quadro, conviene concentrarsi sugli scenari più probabili con cui gli italiani si troveranno a fare i conti dal giorno successivo alle elezioni europee, anche se è bene avvertire i lettori che la cosa potrebbe risultare raccapricciante e urtare le coscienze dei più sensibili, cui si sconsiglia di continuare la lettura.

Vittoria di Forza Italia. Berlusconi porta la sua svolta animalista nel cuore dell'Europa e per sensibilizzare le istituzioni organizza la prima edizione della "Beast parade" nel centro di Bruxelles. In omaggio al leader, Brunetta si traveste da Dudù ma finisce catturato dall'inflessibile servizio di accalappiacani belga dopo aver scatenato una rissa con un gatto steso al sole al quale aveva dato dello «statalista parassitario». Toti, per una volta nella vita, fa l'aquila. Venuto a conoscenza dell'iniziativa, Giovanardi cambia partito ed entra in Forza Italia per partecipare alla parade vestito da Giovanardi e passeggiare così liberamente senza essere riconosciuto. Approfittando della confusione generale, Berlusconi, che si è messo un muso di giraffa in testa e si è innalzato su Capezzone che cammina carponi, ordina all'ex radicale di raggiungere l'aeroporto. Lì, supererà i controlli fingendosi un bagaglio a mano e raggiungerà Dell'Utri in Libano.

Vittoria del M5S. Beppe Grillo sale a bordo di un aereo a forma di scontrino gigante sprovvisto di pilota. Il mezzo è condotto da Casaleggio, che lo telecomanda da casa attraverso un avveniristico meccanismo di controllo remoto: la playstation del figlio. Per mostrare all'Europa che i Cinque Stelle sono virtuosi e sfruttano sistemi all'avanguardia per il risparmio di energia, una volta che il mezzo arriva a cinque miglia da Bruxelles, il passeggero viene sputato fuori dall'aereo e raggiunge la piazza principale della città alla velocità di 350 Km orari, episodio che causerà a Grillo la perdita temporanea dei capelli e diverse ferite lacero-contuse all'altezza della regione frontale del cranio, la più esposta all'attrito. «Abbiamo risparmiato il carburante necessario per la manovra di atterraggio, pezzenti», dice Grillo appena riavutosi alla folla di cronisti accorsa sul posto. Il Movimento Cinque stelle è il primo gruppo europeo a presentare una proposta di legge: la soppressione dei cavolini che prendono il nome dalla celebre città belga, con i cavolfiori; questa la motivazione: «Il cavolfiore consente un porzionamento più efficace e quindi un notevole risparmio». La proposta accende il malcontento degli agricoltori belgi che marciano fin davanti la sede del parlamento europeo. Sprezzante del pericolo, Grillo li affronta sventolando un assegno con impressa la faccia di Bruno Vespa e li incalza: «Fate come noi, rinunciate a metà del vostro stipendio». A quel punto, un toro frisone si stacca dalla folla e si dirige correndo verso l'ex comico, il quale tenta a sua volta di dissuaderlo proponendogli un iPhone 6 in regalo. Sarà Vito Crimi, su ordine di Casaleggio che sta seguendo lo svolgersi degli eventi su Skype, a immolarsi per salvare Grillo, frapponendosi tra il comico e il toro. L'animale, intimidito dalla mole del Crimi, che si è nel frattempo addormentato, frenerà la sua corsa fino a fermarsi.

Vittoria del Pd. Matteo Renzi si presenta alle istituzioni di Bruxelles con il dossier che Diego Della Valle gli ha inviato via mail nella notte dopo averlo fatto supervisionare da una commissione composta da Kekko dei Modà, il Gabibbo e Antonio Cassano («autentici rappresentanti del made in Italy, altro che professoroni», così li presenta il premier). Si tratta di un documento di dodici pagine dal titolo "Cambiare l'Europa". Questi i punti salienti: l'Austria diventa provincia di Belluno; i finlandesi mangeranno paella almeno due volte a settimana («per agevolare l'integrazione europea», spiega l'ex sindaco di Firenze); l'euro si chiamerà Peppa Pig per renderlo più simpatico alle popolazioni che lo adottano e Cristiano Ronaldo passerà gratis alla Fiorentina. Infine: tutti i giorni, sui principali canali televisivi pubblici dei vari stati, verrà trasmessa un'ora di barzellette. Renzi spiega così la misura: «Basta austerità, facciamoci due risate ogni tanto».

martedì 6 maggio 2014

Italian Pride

Dopo anni di figuracce l'Italia sta ritrovando finalmente una sua specifica collocazione all'interno della comunità internazionale, ponendosi come avanguardia delle conquiste democratiche a livello mondiale. Un pregiudicato per frode fiscale intervistato tutte le sere in tv e dei condannati per omicidio applauditi a scena aperta dai delegati di un congresso, sono i segni più evidenti del nuovo corso che il Paese intende seguire con una convinzione che non esclude il ricorso all'uso della forza. A questo proposito è stato messo a punto l'"Italian Pride", un calendario di iniziative il cui testimonial, per evitare personalizzazioni, sarà uno degli oggetti che rappresentano l'orgoglio del made in Italy: la Uno bianca dei fratelli Savi.

Ecco le iniziative mese per mese, fino al prossimo autunno.

Maggio Convegno internazionale organizzato dall'Istituto di Studi Superiori sul Sistema Geogentrico (quello secondo cui la Terra è il centro dell'Universo, ndr). L'ospite più atteso è monsignor Illo Tempore - prelato piemontese con simpatie vandeane - che presenterà le conclusioni della sua rivoluzionaria ricerca secondo cui Giordano Bruno aveva scoperto le proprietà del petrolio con due secoli d'anticipo e morì arso in Campo de' Fiori mentre era intento a sperimentare in un luogo aperto il potenziale di combustione del nuovo materiale. Dopo la chiusura dei lavori verrà celebrata una messa in latino in ricordo dei componenti della Santa Inquisizione, sui quali per secoli si è esercitata la macchina del fango.

Giugno Al Bano e Romina Power celebreranno la loro reunion in un concerto che verrà trasmesso a reti unificate sui canali Rai e Mediaset. Originariamente era prevista anche la diretta streaming, ma il celebre cantante pugliese l'ha rifiutata spiegando che lui, essendo di sani principi, preferisce la più tradizionale posizione del missionario. L'evento sarà ospitato straordinariamente all'Auditorium Parco della Musica di Roma, una struttura progettata da Renzo Piano per dare una "casa" alla musica di qualità, che per l'occasione verrà infatti requisita ricorrendo all'utilizzo di forze militari di occupazione.

Luglio Presentazione del progetto di riforma federale dello Stato messo a punto da una serie di personalità tra cui l'esponente della Lega Mario Borghezio, l'ultras del Milan Matteo Salvini e il noto attore King Kong. Il progetto prevede: la creazione di quattro macroregioni (i regni di Sardegna, del Lombardo-Veneto e delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio); il diritto di voto a chi abbia un reddito imponibile di almeno ventimila euro l'anno ma dimostri di evaderne almeno il doppio; l'uscita dall'euro e il ritorno ai pagamenti in natura. Previsti tre giorni di festeggiamenti durante i quali verranno abbattute tutte le statue di Giuseppe Garibaldi, «precursore del centralismo tipico degli stati comunisti», ha detto Borghezio, che da anni non metteva in fila sette parole dando loro una parvenza di senso compiuto.

Agosto Campagna di sensibilizzazione nelle spiagge a favore della famiglia tradizionale. I mariti aderenti all'associazione "Fallo per lei", esporranno ai turisti le ecchimosi e le ferite lacero-contuse provocate dalle percosse inferte alle rispettive mogli mentre i figli seguiranno su tablet le puntate del "Grande Fratello".

Settembre Riapertura delle scuole, ma solo per gli studenti e le studentesse che dimostrino, con un video postato su youtube, di aver picchiato durante l'estate almeno un clochard e/o abbiano fatto sesso in cambio di una ricarica di cellulare. Sedute forzate di riabilitazione attraverso prove pratiche per tutti gli altri.

Ottobre Cerimonia di conferimento del Premio Illuminato dell'Anno a Carlo Giovanardi. Alla giornata parteciperanno gli altri finalisti che si sono distinti nei rispettivi campi: Bruto di Braccio di Ferro, Gigi D'Alessio ed Emanuele Filiberto.

mercoledì 16 aprile 2014

Il Running act di Renzi

Altro che riforme istituzionali e del mercato del lavoro, il vero cambiamento strutturale che Matteo Renzi intende mettere in campo è il Running Act. Il premier lo spiega così: «Siamo un paese a forma di stivale, è ora che ci mettiamo in moto per spiccare il salto decisivo che ci consenta di oltrepassare la penisola iberica e affacciarci direttamente sull'Atlantico. Solo così potremo andare a prendere la ripresa economica dove è già in atto: negli Stati Uniti». Uno dei suoi più stretti collaboratori gli ha fatto notare che con le scarpe si cammina sì, ma nell'oceano è necessario nuotare. Renzi ha replicato che non si è mai vista una scarpa affondare e che l'artigianato made in Italy è in grado di produrre manufatti all'altezza. «Al limite arriveremo dall'altra parte un po' malridotti, ma quello è un paese che offre infinite opportunità - ha detto il premier mentre addentava una fiorentina dopo averla fotografata e postata su Instagram -. Ti dicono niente i nomi di De Niro, Scorsese, Di Caprio?, tutta gente i cui nonni e bisnonni italiani sono andati là con le pezze al culo e che ora fanno fortuna. Noi invece arriveremo indossando una Tod's, e scusate se e poco». Per mettersi in cammino alla velocità che compete però, è necessario superare vecchie abitudini e incrostazioni ideologiche. Per questo è pronto un disegno di legge imperniato sui seguenti provvedimenti.

Abolizione delle preposizioni. Le preposizioni, non solo quelle articolate ma anche le semplici, sono considerate un inutile appesantimento dei discorsi che non consente di arrivare a rapide conclusioni. Renzi ha spiegato il concetto in Consiglio dei ministri senza parlare, con un semplice tweet riprodotto su una lavagna luminosa: «Che senso ha dire "la ruota della fortuna" quando posso dire "la ruota fortuna"? Mi si comprende lo stesso e risparmio cinque caratteri». A D'Alema, che ha scritto un lungo saggio sulla rivista della Fondazione Italianieuropei per perorare il salvataggio della particella "da", Renzi ha replicato così su Facebook: «Questo è conflitto d'interessi: ti chiamereno Lema, fattene una ragione, tutti siamo tenuti a rinunciare a qualcosa».

Eliminazione dello "stop" dal codice della strada. «Resta la precedenza, che è più che sufficiente e consente di rimanere in movimento», ha detto il premier. «E in prossimità dei passaggi a livello?», ha fatto notare Cuperlo. «Lì manderemo avanti te», ha risposto Renzi.

Cancellazione del contratto nazionale di lavoro. Mai più riunioni pletoriche e trattative tra parti sociali. Ci si recherà al lavoro solo se si riceverà nottetempo un apposito sms, altrimenti si rimarrà a casa. La sinistra del Pd proponeva almeno una telefonata. «Dobbiamo abbattere i costi delle imprese», ha replicato il premier.

Abolizione della filosofia dai programmi scolastici. «Tesi e antitesi, quando si sa già che si arriverà alla sintesi?, ma per piacere», ha detto Renzi in videochat con i tifosi della Fiorentina. Fassina, della sinistra del Pd, è andato su tutte le furie. In un'intervista all'Unità ha spiegato che «la filosofia non si può cancellare perché era l'unica materia nella quale prendevo la sufficienza al liceo». Pronta la replica del premier: «Stai sereno, ho saputo dal tuo prof di italiano che avevi cinque e mezzo e ora è disposto a portartelo a sei, così una sufficienza la spunti comunque».

Istituzione della Giornata per l'eiaculazione precoce. Non ha senso perdere tempo in preliminari e poi rimanere appiccicati per chissà quanto tempo durante l'atto sessuale. Chi assolve ai propri doveri coniugali più velocemente possibile va incentivato e portato a esempio poiché gli rimane tempo per fare altro, è la tesi. Inoltre, così si stimolano le donne a fare da sé ed emanciparsi ulteriormente. Dura la presa di posizione di Civati, che in segno di protesta ha posato senza veli in copertina su "Vanity Fair": «A me scopare piace». La replica di Renzi non si è fatta attendere ed è arrivata su "Chi": «Continua, tanto la politica non fa per te».

martedì 1 aprile 2014

Lavoro, la bozza di riforma

Nei giorni scorsi un'auto sospetta è stata fermata da una pattuglia di carabinieri nei pressi di Palazzo Chigi. Nel bagagliaio sono stati rinvenuti attrezzi da scasso che le persone a bordo hanno giustificato così: «Stiamo andando dal premier con gli utensili per aprire il mercato del lavoro». Alla richiesta di delucidazioni da parte dei militari, il conducente della vettura ha mostrato un pass sul quale era impresso il simbolo di Twitter in ceralacca e una "Bozza di riforma del mercato del lavoro" con in calce le firme di prestigiosi imprenditori ed economisti. Alla vista di tali prove inoppugnabili, i carabinieri hanno fatto passare l'auto non prima di aver fatto una copia della bozza per metterla a verbale. Eccone il contenuto.

Contratto a tempo Va superata la vecchia formula dell'indicazione della durata temporale del contratto. Per contratto a tempo si intende che si lavora a seconda delle condizioni meteo che datore e lavoratore liberamente concorderanno. Così ci saranno contratti che stabiliscono che il lavoratore sarà tenuto a prestare la propria opera nei giorni di sole e a restare a casa in quelli di pioggia o viceversa. Nei mesi in cui il lavoratore è costretto dalle condizioni meteo a restare a casa per più di dieci giorni, perde il diritto ad essere retribuito. Qualora le necessità di mercato lo rendessero necessario, il lavoratore potrebbe essere chiamato ad operare per modificare le condizioni meteo avverse e, laddove non vi riuscisse, ciò costituirebbe una buona causa per il suo licenziamento.

Diritto di recesso Come spiega la parola stessa, il datore dà il lavoro, il resto sono cazzi del dipendente. Così, tenuto conto del fatto che il buon andamento dell'impresa (e quindi anche il benessere delle maestranze) dipende in massima parte dall'umore di chi il lavoro lo dà, vanno previste una serie di circostanze al verificarsi delle quali il datore può far valere il diritto di recedere dal contratto stipulato in maniera istantanea e senza condizioni. A titolo esemplificativo, se ne elencano qui alcune: riacutizzarsi improvviso dell'infiammazione delle emorroidi; indisponibilità della moglie a concedersi al rapporto sessuale (questa condizione vale anche nel caso in cui sia la moglie del dipendente a rifiutarsi di concedersi al datore di lavoro del marito); digestione lenta; scarso profitto scolastico dei rampolli di famiglia; sconfitta nella partita a tennis della domenica (vale solo per il lunedì); cattivo stato di salute del cane; scheggiatura di uno o più nani da giardino.

Partecipazione dei lavoratori all'impresa Per fare in modo che i dipendenti si sentano parte integrante dell'azienda per la quale lavorano, all'atto dell'assunzione è fatto obbligo di versare una cifra minima di diecimila euro i quali non verranno utilizzati per acquistare quote, ma soltanto per dimostrare la buona predisposizione verso chi è stato così magnanimo da procedere ad un'assunzione.

Selezione del personale Per adeguare gli standard di produttività dell'Italia a quelli della media europea, verranno introdotte nuove prove di selezione per le diverse mansioni. Ciò al fine di dotare le aziende di personale altamente qualificato. A titolo esemplificativo: ai magazzinieri verrà chiesto di stoccare la merce mentre si illustrano ai colleghi i tre principi della termodinamica; agli apprendisti macellai di insaccare le salsicce recitando l'Amleto di Shakespeare in lingua originale; ai commessi di supermercato di saper intrattenere i clienti spiegando il passaggio dall'età repubblicana a quella imperiale nell'Antica Roma mentre cambiano il rotolo di carta del registratore di cassa.

Incentivi per la green economy Al fine di combattere l'inquinamento atmosferico dovuto al consumo di carburante, i dipendenti che volontariamente, a loro spese e con i loro mezzi si renderanno disponibili ad accompagnare il datore di lavoro nei suoi viaggi (anche di piacere), avranno il posto assicurato per il mese successivo.

martedì 4 marzo 2014

Grillini dissidenti sui vagoni piombati

Le espulsioni a ripetizione stanno offuscando l'immagine del Movimento 5 Stelle. Per questo Grillo e Casaleggio, dopo una riunione ristretta con i principali collaboratori - un iPhone 5S, un termostato wireless che consente di regolare la temperatura di casa attraverso la rete, un Salvavita Beghelli di ultima generazione collegato in videoconferenza e un vecchio Commodore 64 da cui Casaleggio non si è mai separato - stanno pensando di cambiare strategia. I dissidenti non verranno più cacciati ma sottoposti a un corso di rieducazione in una località segreta che, per dare uno schiaffo alla Casta e risparmiare sui rimborsi, i parlamentari raggiungeranno in gruppo su vagoni piombati.

Al centro delle lezioni ci sarà l'insegnamento del sistema binario, quello su cui, secondo uno studio del professor Circuito Chiuso, consulente che gode di un grande ascendente su Grillo e Casaleggio, i dissidenti difettano di più. Il professor Chiuso da tempo non rilascia interviste ma la sua teoria è racchiusa nella sua opera più riuscita: "Rete o barbarie". Si tratta di centocinquanta tweet scritti a cavallo tra l'anno dodicesimo e tredicesimo dell'avvento del web (Chiuso non adotta il normale calendario gregoriano).

«Il Movimento 5 Stelle - è scritto al diciassettesimo tweet - si fonda su un sistema binario composto dalla coppia di parole "fanculo" e "stronzi"». Ciò significa, come si capisce anche dall'osservazione dei grillini ortodossi, che in quel binomio si racchiudono le possibilità degli esponenti 5 Stelle di comunicare col mondo. Appare di un'evidenza solare quindi, come spiega lo stesso Chiuso in una delle sue rare interviste, rilasciata alla rivista on line "Codice a barre", che «i Cinque stelle non possono parlare tra loro, se non offendendosi. Per questo il dialogo è consentito, attraverso l'uso esclusivo del sistema binario, solo con gli esterni al movimento. Chi infrange questa regola mette a rischio la sopravvivenza stessa dei 5 Stelle».

L'altra questione che sarà posta al centro delle sedute di rieducazione è di natura contrattuale. Lo spiega Ius Primaenoctis, giurista di riferimento di Grillo e Casaleggio per le riforme costituzionali e non solo, in un articolo che verrà pubblicato nel prossimo numero del trimestrale "Tornare al feudalesimo". «È strano - scrive uno stupito Primaenoctis - che i dissidenti non abbiano ancora capito l'essenza profonda del Movimento, in cui non si entra ma si è assunti. Il 5 Stelle, come spiega lo stesso nome, è assimilabile a un albergo: Grillo e Casaleggio sono gli ospiti e i parlamentari i camerieri. Avete mai visto - conclude il giurista - un cameriere dissentire col cliente, per di più in un albergo a Cinque Stelle?».

Il primo gruppo di rieducandi (una decina di persone circa), partirà a breve. Tra loro una giovane deputata mamma che dopo mesi che non rivolgeva la parola al figlioletto, gli si è accostata sussurrando le parole «Amore mio». È stata denunciata per violazione del codice binario da un collega con cui stava parlando via Skype. La stessa sorte toccata a un cinquantacinquenne senatore che parlava con la moglie al cellulare a cui, poiché la linea era disturbata, è scappato un «non sento niente». Salvo, per il momento, l'ex capogruppo al Senato Vito Crimi: addormentatosi durante una seduta parlamentare si è risvegliato, ha guardato l'orologio e ha esclamato: «Quant'è tardi». Il fatto che abbia aggiunto «cazzo» al termine della frase, rendendola più in linea col movimento, gli ha risparmiato le sedute previste per gli altri.

martedì 18 febbraio 2014

Le consultazioni di Renzi

Ore febbrili per il futuro presidente del Consiglio in vista del conferimento dell'incarico. Matteo Renzi punta a giurare con il nuovo Governo entro la settimana prossima, anche perché poi per la Fiorentina si apre un ciclo terribile che il premier in pectore intende seguire in prima persona, anche andando con la squadra in trasferta.

In questi giorni di consultazioni, dopo aver visto ripetutamente Diego Della Valle (che punta a guadagnare, oltre al ruolo di consigliere politico, anche quello di look manager del futuro inquilino di Palazzo Chigi), Renzi ha fissato appuntamenti con i fratelli Righeira, Mal dei Primitives, Flavio Briatore, Massimo Ciavarro, Ken di Barbie e il padre e la madre di Peppa Pig. Raffaella Fico, invitata, ha fatto sapere che verrà solo se Seedorf darà un permesso a Balotelli per accudire la figlia Pia. Il tema all'ordine del giorno degli incontri sarà lo stesso: come risollevare le sorti dell'Italia a partire dalle eccellenze del Paese: sole, pizza e mandolino.

Nulla trapela sul programma, ma proprio su questo potrebbe esserci il primo, forte segno di discontinuità che Renzi vuole imprimere. «Probabilmente il programma non ci sarà - fa sapere uno dei più stretti collaboratori di Renzi - il programma è una cosa da prima Repubblica, meglio non avere vincoli e affrontare la realtà per come si presenta giorno per giorno. E poi una volta che hai un programma spunta sempre qualche rompicoglioni che ti chiede di rispettarlo, noi vogliamo essere liberi di sperimentare forme nuove di gestione del potere, anche perché è questo che vogliono gli elettori».

Renzi è convinto che bisogna fare presto e che occorre dare agli italiani il senso di un cambiamento di marcia. Per questo si sta allenando per dimostrare di essere in grado di scrivere almeno quattro tweet al minuto mentre, nell'ordine: telefona per ordinare la pizza, fa un cenno d'assenso a caso alla segretaria, gioca a ruzzle e chatta su Facebook con un suo vecchio amico delle medie che l'ha sempre seguito in questi anni, Cosimo Sopportante.

La difficoltà del lavoro di queste ore è data anche dal numero di richieste che stanno arrivando sul tavolo del futuro presidente. Di queste, pare che Renzi ne stia seriamente prendendo in considerazione alcune: la depenalizzazione del reato di evasione fiscale, che diventerebbe peccato veniale («con tre padrenostri e quattro avemaria ce la si potrebbe cavare e ricominciare a investire per muovere l'economia», dice un illustre giurista che sta coadiuvando lo staff renziano); la possibilità di avere più account Facebook intestati alla stessa persona («Matteo è molto sensibile su questo, la sua ambizione smisurata non è possibile contenerla in un unico profilo», confida Apple Ram Tablet, guru indiano dell'informatica cui si è affidato Renzi); e, infine, degli incentivi, anche a fondo perduto, a chi trova dei foulard decenti da far indossare a Della Valle.

venerdì 14 febbraio 2014

Parlamentaristi presidenziali

Le voci scandalizzate che rimbalzano da ore lamentando che l'Italia si appresta ad avere il terzo presidente del Consiglio non eletto dal popolo sono prive di fondamento. E una vacuità, pure reiterata, resta tale. L'Italia è una repubblica parlamentare in cui si diventa presidente del Consiglio se si ottiene la fiducia di Camera e Senato. È vero che ormai siamo abituati a un utilizzo a spanne del vocabolario: si chiamano riforme norme che ci riportano indietro di un secolo, si urla al golpe anche quando viene sostituito il nostro centravanti preferito, così per fare due esempi. Ma lo scandalo, nel nostro caso, sarebbe l'insediamento di un presidente senza fiducia parlamentare. Non è stato il caso di Monti né quello di Letta, né si vedono rischi del genere per l'immediato futuro. Il fatto poi che le voci scandalizzate provengano in queste ore anche da anti-presidenzialisti convinti rende la questione surreale: si lamenta il mancato rispetto di una procedura da repubblica presidenziale pur essendo noi una repubblica parlamentare (e per giunta volendolo rimanere). Succede perché dietro quelle voci scandalizzate è mascherata l'irritazione verso Renzi. Ora, qui non si è renziani. E proprio per questo si pensa che c'è la necessità di individuare i problemi e affrontarli per quello che sono. L'Italia in cui vince Renzi è quella di un "tanto al chilo", delle questioni da affrontare tutto e subito, delle priorità che cambiano nel giro di un paio d'ore, del "che due palle" quando si discute appena un po'. Ecco, andare al punto delle questioni è già un'operazione di igiene sociale. Renzi è criticabile da molti punti di vista, perfino per le camicie che indossa, palesemente inadatte a un ragazzotto che tende al rotondetto. Per favore però, non critichiamo i percorsi a seconda di chi li fa. L'Italia che ci piacerebbe di più ha bisogno anche di un po' più di onestà intellettuale.

giovedì 13 febbraio 2014

Due leggi, due destini e noi al Truman show

La distanza la misuri dai particolari. Negli otto anni in cui è stata in vigore prima di diventare incostituzionale, la famigerata legge Fini-Giovanardi ha fatto danni incommensurabili nel vero senso della parola: difficili da misurare. Senza la Fini-Giovanardi, per dirne una che rende bene l'idea, forse Stefano Cucchi sarebbe ancora in vita. Quella norma è coetanea della legge elettorale scaturita (stavo per scrivere pensata, ma mi è parso troppo) da Calderoli: anch'essa dichiarata incostituzionale dopo essere stata utilizzata per eleggere tre Parlamenti.

Delle due norme una, quella che porta a fasi alterne il nome di Porcellum o di Calderoli (strano, eppure non sono sinonimi!) è stata (ed è tuttora) oggetto di un dibattito sfibrante; la sua modifica è stata posta come priorità in cima all'agenda di diversi governi e il capo dello Stato l'ha indicata a imperitura memoria come un ostacolo da superare prima di arrivare a nuove elezioni. L'altra, quella sulle droghe, ha continuato sordamente a mietere drammi mentre solo encomiabili ma pressoché insignificanti minoranze ne denunciavano l'impianto medievale.

Ora: la composizione dei tre Parlamenti che sono stati eletti con la Calderoli (o Porcellum) non sarebbe stata tanto diversa anche con la legge elettorale più bella del mondo. (O davvero qualcuno vuol farci credere che chi ce li ha portati col Porcellum non avrebbe trovato il modo di imbucare lo stesso i Razzi, gli Scilipoti e tutti gli (s)conosciuti peones che popolano la fauna di Montecitorio e Palazzo Madama?). Mentre per migliaia di individui sbattuti in galera grazie alla legge Fini-Giovanardi la vita sarebbe stata diversa senza quella norma che ha continuato ineffabilmente a portare il nome dei due giganti del pensiero da cui è stata partorita, senza che nessuno si sforzasse almeno di trovarle un aggettivo adeguato, che so?, Mortiferum ad esempio. Una mancanza questa, che denota il cono d'ombra in cui è entrata quella legge indecente.

Ed è proprio il cono d'ombra il nocciolo della questione. In nessuno dei Parlamenti che si sono succeduti dal giorno del varo della Fini-Giovanardi si è trovata una maggioranza in grado di dire che quella norma era una maledizione, che andava cassata. Non c'è stata pressione dell'opinione pubblica. Nessuno si è preso la responsabilità di dire che in galera stavano finendo persone che non dovevano andarci. Il dibattito pubblico - costituito dalle ciarle quotidiane dei giornali, dei talk show, delle cazzate al bar e delle menate varie - si è tenuto cautamente e forse inconsapevolmente lontano da una scempiaggine insostenibile che pure stava scavando ferite incancellabili nella carne viva di migliaia di persone. 

Il che dimostra la lontananza dal mondo reale. Dei politici, certo. Ma anche di noi. Di tutti noi che non ci curiamo delle cose reali. Che stiamo dietro al dibattito pubblico scandito dalle ciarle quotidiane e votiamo orientati da liti epocali su questioni di una pochezza esasperante (maggioritario o proporzionale? Letta o Renzi? Ncd o FI? E Silvio? che fa Silvio?), mentre la realtà scava profondo. E noi, queruli, ce ne fottiamo fottendoci da noi. Convinti di stare nel reale, mentre stiamo dentro al Truman show.

sabato 8 febbraio 2014

Il lavoro c'è, basta saperlo cercare

Un interessante saggio dal titolo “Se cerchi bene il lavoro si trova” è stato pubblicato da un gruppo di studiosi dell'Università di Antiquitas. Lo staff di autori è costituito da economisti di area lefebvriana, noti per gli studi che hanno portato alla rivalutazione della servitù della gleba e per le acute analisi sul sistema delle caste in India. Coordinatore dei lavori è stato il docente italo-americano Libero Market Oriented, diventato famoso per aver dato alle stampe il fortunato pampleth “Se proprio avete tutto questo bisogno di lavorare fatelo gratis”.

Nello studio si sostiene che la disoccupazione è sostanzialmente dovuta a tre tipi di fattori: di sistema, individuali e circostanziali. Nel primo gruppo rientra la mancanza di collegamento tra istruzione e mondo del lavoro: «Fino a quando nelle Università non si forniranno solide basi in materie fondamentali come evasione fiscale e corruzione, che rappresentano ormai elementi imprescindibili della nostra economia, avremo giovani laureati di cui il mercato non saprà cosa fare», si legge nella pubblicazione. Al secondo gruppo di fattori è riconducibile l'attività dei singoli: «Ci si approccia al lavoro seguendo vecchie categorie – sostengono i ricercatori di Antiquitas – mentre il mercato è in continua evoluzione e in ogni periodo storico si è assistito all'emergere di nuove figure professionali: gli accenditori di roghi durante l'Inquisizione, le cavie umane quando c'è stata penuria di quelle animali, gli stuccatori della Santanché oggi, solo per fare tre esempi. Il mondo è pieno di opportunità – è la conclusione – basta saperle cogliere». Il terzo gruppo di fattori, definiti circostanziali, la ricerca lo spiega in un capitolo appositamente dedicato dal titolo: “Se nasci morto di fame che cazzo vuoi dalla vita?”.

La bontà dello studio è dovuta al fatto che all'impianto teorico gli autori hanno fatto seguire una sezione pratica in cui vengono elencate una serie di mansioni che il mercato oggi richiede ma che per una serie di distorsioni definite «anacronistiche» dagli autori, non vengono prese in considerazione. Si tratta insomma di un'agile guida per chi è alla ricerca di lavoro di cui qui possiamo fornire brevi stralci a titolo esemplificativo:

Scaldatore: figura millenaria, è tornata oggi in voga grazie al fatto che molte famiglie non possono permettersi di portare l'abitazione a temperature decenti con i tradizionali termosifoni a causa del proibitivo costo del gas. Lo scaldatore assolve la sua funzione seguendo le orme del bue e dell'asinello che vennero portati sul luogo della nascita di Gesù. A differenza di essi però, si fa pagare. Rivolgendosi a una clientela a redditi bassi, le tariffe dovranno essere contenute. Il guadagno può essere però incrementato svolgendo servizio presso nuclei numerosi, o comunque ammassando più persone possibile nella stessa stanza e dirigendo verso di loro il proprio alito chiedendo in cambio una quota una quota pro-capite.

Coniatore di insulti: il dibattito pubblico ha raggiunto livelli tali da rendere inefficaci quelli che una volta erano considerati epiteti memorabili: boia, pompinara, merda sono ormai definizioni inflazionate, non sorprendono più a causa del largo uso che se ne fa. La cosa preoccupa i parlamentari, che hanno così cominciato ad avvalersi di consulenti ad hoc. Il coniatore di insulti è ben pagato, ma per svolgere una funzione del genere occorre un mix di creatività e cultura non certo alla portata di tutti. La selezione è durissima. L'ultimo che è riuscito ad aggiudicarsi un contratto di collaborazione a tempo determinato è stato un neolaureato in Scienze della comunicazione di Treviso che ha postato su Facebook il seguente insulto: «A giudicare dalla foto che hai messo sul tuo profilo sembri il frutto di un rapporto sessuale tra Giovanardi e la marmitta di una Fiat Duna mentre Michaela Biancofiore e Paola Taverna guardavano a turno dal buco della serratura e quest'ultima riferiva tutto a Beppe Grillo collegato in chat».

Falsificatore di bilanci: purtroppo, non essendo ancora stati istituiti corsi di laurea appositi, è un mestiere che si impara sul campo in maniera rigorosamente non retribuita. Va detto però che i sacrifici di una lunga gavetta vengono ampiamente ripagati. In genere si è pronti a entrare nel giro che conta quando si abbandona il tetto coniugale in seguito alla nascita del primogenito urlando: «Questo poppante è un parassita, ho speso più per lui in tre mesi di latte artificiale che nella mia vita di contribuente».

A questi esempi la pubblicazione degli economisti di Antiquitas ne fa seguire molti altri: rullatore di canne per rockstar pigre, arruolatore di fedeli per sette religiose, sostituto del cane cercatore di tartufi, corruttore di agenti della Guardia di finanza, per fare alcuni esempi. Chi fosse interessato all'acquisto, può inviare un bonifico all'Università di Antiquitas mediante l'apposito sito www.riconvertitestesso.com e attendere che il materiale arrivi a casa sperando di non essere incappato in una truffa.

lunedì 27 gennaio 2014

Il sollievo rischioso di Giornate come questa

In diversi impallinano le giornate come quella della Memoria vestendo i panni dei politicamente scorretti allergici alla retorica, loro che la sanno lunga. Altri oggi mostreranno il labbro tremulo e l'occhio umido; salvo poi alla mezzanotte, quando la giornata della Memoria sarà ufficialmente chiusa, serrare l'uscio dopo esser rientrati nell'ovile di sempre. A vedere i secondi si rischia di cadere nella tentazione di schierarsi con i primi. Ma è una sensazione che dura poco. Perché sì, la memoria è imprescindibile. A patto però che non sia corta; a patto che non si ricordi per secondi fini; a patto che a furia di ricordare non ci si dimentichi che si vive qui e ora.

Perché il rischio di giornate come questa è la comodità di rievocare, per condannarlo, un abisso del quale non ci sentiamo responsabili: non c'eravamo, non siamo mai stati fascisti, men che meno nazisti, e gli ebrei non ci stanno antipatici. Ricordiamo insomma un'atrocità commessa da altri. E questo ci conferma per converso quanto noi invece siamo buoni. È come se dietro i fili spinati dei campi di concentramento fosse rimasta contenuta tutta la barbarie di cui l'umanità è capace. E ciò ci solleva. Ma questa è una memoria distorta, una medicina che aggrava il male invece di curarlo.

È un rischio che si corre (o un sollievo che ci si dà) tenendo l'obiettivo fisso sulle atrocità commesse decenni fa.

Allora l'obiettivo va allargato. Chiedendosi come si possa essere arrivati a quell'abominio. Come si arriva agli abomini che la storia ci continua a mostrare. Insomma: le camere a gas dei nazisti, le pulizie etniche viste un paio di decenni fa a portata di binocolo da noi - nell'ex Jugoslavia - e i tanti altri luoghi di sacrificio umano nel mondo, sono un punto d'arrivo al quale ne corrisponde uno di partenza. A unirli c'è un percorso che è stato fatto, a volte inconsapevolmente. Si comincia - dicono quelli che studiano fenomeni di questo tipo - da un lato con la spersonalizzazione delle future vittime, e dall'altro con l'evidenziare presunti meriti non riconosciuti o altrettanto presunte vessazioni ai danni dei futuri carnefici. Il tutto in un crescendo verso l'abisso fatto di inoculazioni di paura, infarcito di luoghi comuni infondati che assumono la forma di provvedimenti legislativi, fino ad arrivare alla paranoia spinta.

E qui veniamo al nostro oggi. Non c'è rischio di camere a gas, né di vagoni piombati, ovvio. C'è però una fetta di popolazione inedita. Per decenni, nell'Italia dal dopoguerra agli anni Ottanta, gli altri sono stati le famiglie numerose e per questo povere, i matti del villaggio, qualche orfano, le puttane e i loro figli, i meridionali al nord. Diversi, ma non poi così tanto. Soprattutto, non una categoria in senso sociale. Poi sono arrivati altri ancora: i badanti, i pulitori, i venditori di rose, quelli che al semaforo chiedono spiccioli; o ancora: i trasportatori, i magazzinieri, gli operai del turno di notte che magari vediamo di meno. Sono una categoria sociale: gli immigrati. E sono considerati, scandalizzatevi quanto volete, un po' meno umani degli italiani di nascita. Tanto che ci si chiede se debbano avere accesso, come gli italiani, alle case popolari, all'assistenza sanitaria, all'istruzione. Tanto che li si mette dentro a Centri che per gli italiani non esistono, per identificarli, si dice. Tanto che quando ce li ritroviamo davanti in una veste nella quale non siamo abituati a vederli: medico, ricercatrice, artigiano, chef, diciamo tra noi: “Ah, però: cazzo!”. Tanto che illustri editorialisti si domandano se non convenga, a noi italiani, ammettere nel nostro paese solo quelli che ci fanno comodo, in quantità e qualità. Selezionarli insomma. Come si fa con le cose, con gli utensili. Cos'è tutto questo, se non un principio di spersonalizzazione? Non porterà ai campi di concentramento? Probabile (speriamo). Ma è un punto d'inizio.

Allora, oltre a tenere vivo il ricordo dei milioni di morti per mano dei nazisti, la Giornata della Memoria può servire a questo, per noi, oggi: evitare che ci si incammini in quel percorso che porta all'abisso. Possiamo farlo solo noi. Ricordando, e facendolo ricordare, che davanti a noi -possiamo chiamarle immigrati, clandestini, manodopoera, zingari e come altro la testa di qualche genio ci indicherà - ci sono sempre persone per le quali devono valere gli stessi identici diritti di tutti. Perché non sono un po' meno di noi, anche se noi, per la clamorosa botta di culo di essere nati dalla parte fortunata del mondo, abbiamo per ora il coltello dalla parte del manico.

giovedì 16 gennaio 2014

I nuovi referendum di Grillo e Casaleggio

Dopo il referendum sul reato di clandestinità, Grillo e Casaleggio porranno altri quesiti ai dodici grillini e ai circa 1.500 tra smartphone, tablet e pc aventi diritto di voto attraverso la piattaforma informatica del Caro Leader. Eccoli:

1) Siete favorevoli ad estendere ai filippini il diritto di svolgere altri lavori oltre quello di collaboratori domestici?

2) In caso di incidente d'auto tra un italiano e un extracomunitario, se la responsabilità è del primo, il secondo può vantare il diritto di essere risarcito?

3) Al fine di limitare l'affollamento delle carceri, siete favorevoli ai soli arresti domiciliari per chi contrae matrimoni misti?

4) Che ne direste di installare sopra al cancello d'entrata del Cie di Lampedusa la scritta "Il lavoro rende liberi?"

5) Ritenete giusto che persone non italiane occupino posti a sedere sugli autobus?

6) Siete favorevoli all'introduzione della maggiorazione della pena prevista dal codice penale in misura percentuale variabile a seconda del paese di provenienza di chi commette il reato?

7) Siete favorevoli all'introduzione di un registro dei mendicanti stranieri in modo da poter assoggettare chi svolge quella professione al pagamento dell'Irpef?

8) In coscienza, Martin Luther King, non se la andò un po' a cercare?

9) Siete favorevoli alla riapertura delle indagini sulla morte di Abele per fare luce sulla eventuale presenza di extracomunitari nel luogo del delitto?

10) Salvini non è poi tanto male, no?

giovedì 9 gennaio 2014

L'oroscopo del 2014

Con Giove infoiato sulla rotta di Venere il 2014 si annuncia denso di novità per l'Italia. Ecco cosa succederà mese per mese secondo gli astri (sempre che gli astri non si rompano le palle dell'Italia prima che arrivi dicembre).

Gennaio. I partiti trovano l'intesa sulla legge elettorale. Il risultato è frutto di un compromesso: il sistema sarà a doppio turno come vuole il Pd («così se sbaglieremo al primo potremo almeno rimediare nel secondo», è la linea ufficiale del partito). Nel caso dovesse finire in parità, secondo una condizione imposta dalla Lega, i due candidati leader se la vedranno in una sfida a chi mangia più cassoeula. Sel ottiene di inserire nella legge un articolo secondo cui la scheda elettorale potrà essere composta da più fogli in modo da contenere, se del caso, un discorso di Vendola con la traduzione a margine in italiano corrente. Sulle schede infine, comparirà la scritta "Berlusconi è proprio un bell'uomo", senza la quale non sarebbe arrivato il sì di Forza Italia.

Febbraio. Matteo Renzi ospite al festival di Sanremo duetta con Albano in "Felicità" cantando in falsetto e vestendosi come Romina Power. «Non sarò mai un grigio burocrate, e poi occorre essere positivi», commenterà poi il leader del Pd intervistato da Fabio Fazio che gli chiede il motivo della scelta della canzone. Il sindaco di Firenze lamenta poi la mancanza di Pupo e Marco Carta tra i big in lizza. Infine, in sala stampa dichiara che il suo gruppo preferito sono i Led Zeppelin. Ai giornalisti che gli fanno notare che Albano, Pupo e Marco Carta non c'entrano una mazza con i Led Zeppelin, Renzi risponde: «Lo so, ma se si vuol vincere occorre prendere i voti sia di qua che di là».

Marzo. Sensazionale scoperta a Freghemì, piccolo centro della pedemontana lombarda, dove vengono rinvenuti i resti di quello che secondo la comunità scientifica è con ogni probabilità l'Homo Salvinus. Vissuto nel Paleolitico inferiore, prima dell'uomo di Neanderthal, il Salvinus è riconoscibile per l'inconfondibile apertura della mascella che testimonia come questo ominide sia potuto sopravvivere per migliaia di anni cibandosi di immigrati che arrivavano in perlustrazione nelle zone abitate dalle sue tribù.

Aprile. Approvato un emendamento in sede di conversione in legge del decreto che elimina il finanziamento pubblico ai partiti: le formazioni politiche potranno inserire fino a un massimo di dieci spot pubblicitari durante i comizi dei loro esponenti.

Maggio. Beppe Grillo si presenta al seggio per votare alle elezioni europee con un tablet di ultima generazione in mano e chiede due schede, una per sé e una per l'apparecchio. Al diniego del presidente di seggio, che gli intima anzi di lasciare il tablet fuori dalla cabina, il leader dei Cinque Stelle annuncia un esposto alla magistratura e dal suo blog rilancia: «I morti in carne e ossa si oppongono alla democrazia elettronica, un bit li seppellirà».

Giugno. Arrestato Silvio Berlusconi. Fatale per il leader di Forza Italia la denuncia di un vecchio compagno di scuola delle elementari, Efisio Memore: «Durante la ricreazione vinceva a chi le lanciava più lontano utilizzando una figurina truccata». Rinchiuso a San Vittore, Berlusconi avvia le trattative col ministero della Giustizia e nel giro di una settimana compra l'intero carcere per trasformarlo in resort per cene eleganti.

Luglio. La notizia della scoperta di Freghemì fa il giro del mondo, boom di turisti stranieri nei paesini della pedemontana lombarda. «E poi qui ci sono gli ultimi esempi viventi di leghisti», commenta entusiasta una famiglia belga intervistata da Radio Solo Noi.

Agosto. Ignoti si introducono in casa Sallusti-Santanchè e rubano l'unico neurone che vi era custodito. I capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Brunetta e Gasparri, convocano una conferenza stampa d'urgenza al Billionaire e denunciano: «Operazione di chiara matrice politica». In serata il neurone viene rispedito in busta chiusa con una lettera che l'accompagna: «I ricettatori a cui di solito rivendiamo la roba c'hanno detto che questo non vale neanche come reperto di modernariato».

Settembre. I Forconi sfilano in corteo a Roma. Per esprimere la sua contrarietà alla protesta un residente, Giustino Unico, espone dal suo balcone la gigantografia di una regolare fattura. Alla vista, alcuni manifestanti sono costretti a ricorrere alle cure del 118. Uno dei leader dei Forconi, in preda all'indignazione, dopo decenni che non ci riusciva, trova il modo di esprimersi in un corretto italiano: «Non si è mai vista una provocazione del genere».

Ottobre. Edito da "A volte ritornano", viene pubblicato: "Le dieci mosse per portare l'Italia fuori dalla crisi", di Mario Monti. Subito dopo la pubblicazione scoppia una polemica tra l'autore e l'editore che finirà nelle aule di giustizia: Monti era convinto di aver scritto un saggio, mentre il libro esce nella collana di fantascienza "Mondi paralleli".

Novembre. Il governo presenta il piano delle alienazioni per far entrare liquidità nelle casse dello Stato. Tra i beni in vendita c'è anche il Colosseo: «È un'operazione dal valore doppio - spiega il presidente del Consiglio - da un lato incassiamo denaro fresco, dall'altro ci liberiamo di un vecchio rudere che ci costa un patrimonio in manutenzione». Tra i potenziali acquirenti una cordata di imprenditori capitanata da un rampollo della borghesia romana, Lupo Maria Conducator, che manifesta l'intenzione di riportare l'anfiteatro agli antichi fasti. Pronta anche una società di gestione delle risorse umane che selezionerà i disoccupati volontari che affronteranno i leoni in combattimento.

Dicembre. Nota di Palazzo Chigi sull'andamento dell'economia degli ultimi quattro trimestri: «Il potere d'acquisto si è ridotto del dieci per cento in questi ultimi dodici mesi. Ma considerando che la stessa cosa era avvenuta l'anno scorso, la perdita è molto inferiore rispetto a quella del 2013, poiché la percentuale va calcolata su una cifra minore».

giovedì 19 dicembre 2013

Le nuove parole del 2013

Il 2013 è stato segnato da cambiamenti linguistici che hanno introdotto nuovi vocaboli o hanno modificato l'uso che si faceva di altri. Ecco le principali novità. 

Perseguitato politico: miliardario ultrasettantenne dedito a una vita dissoluta e uso circondarsi di persone molto più giovani di lui in cerca di facile successo (vedi alla voce: Raffaele Fitto).

Mario Monti: termine utilizzato fino al novembre 2011 dai più ottimisti anche come sinonimo di speranza (in alcuni casi anche nella sua variante eccitata: salvatore), è venuto assumendo nel giro di qualche mese significati che sono scivolati via via in grigiore, squallore (gergale: "cheduepalle"). Dopo il 24 febbraio 2013, data che coincide con le elezioni politiche, ha assunto per la maggioranza degli italiani il significato che solo pochi prima gli attribuivano: fallimento.

Ribelle: aggettivo di cui si è autoappropriato un giovane sindaco divenuto per acclamazione segretario del maggior partito italiano e che da allora ha assunto significati esattamente contrari rispetto a quelli che aveva avuto dalla sua nascita: conformista, furbo, conservatore.

Sinistra: parola usata con diversi significati, non di rado in maniera impropria. Utilizzata spesso come sinonimo di introvabile, inafferrabile. Viene anche inserita in frasi diventate ormai di uso comune per indicare pratiche e comportamenti sociali: "Quelli litigano tra loro come se fossero di sinistra", "Non riescono mai a mettersi d'accordo, ma che sono di sinistra?".

Larghe intese: accordo di governo che serve a pochissimi ma che ha l'ambizione di rappresentare tutti. Utilizzato da alcuni nella variante "Adda passa' a nuttata".

Riforme: termine che indica provvedimenti legislativi volti a peggiorare la condizione della stragrande maggioranza della popolazione con la giustificazione che se non venissero adottati le cose peggiorerebbero (vedi alle voci: riforma delle pensioni, riforma del trasporto pubblico, riforma del mercato del lavoro). Utilizzato nel linguaggio informale anche con altri significati: "Sto così male che sembra che mi sia caduta addosso una riforma".

Nuovo Centrodestra: ossimoro, paradosso, tipo: "splendido disastro", "meravigliosa catastrofe".

lunedì 9 dicembre 2013

Renzi e lo "sbrigativismo"

Coloro ai quali a sinistra non va giù la vittoria di Renzi e la platea di quelli che invece lo guardano con simpatia sono accomunati almeno da una caratteristica: trascurano (o hanno trascurato fino a ieri) un particolare non propriamente secondario. I primi si rifiutano di riconoscerlo. I secondi se ne entusiasmano, ma anche loro non ne colgono la portata. Il particolare è questo: Renzi rappresenta davvero l'Italia. Un paese logorato, malfidato, dove l'orizzonte si chiude sull'uscio di casa. Sfinito fino a diventare pigro e per questo pronto a saltare da Berlusconi a Grillo al sindaco di Firenze senza pensarci troppo sopra, nonostante la pubblicistica mainstrem li dipinga come alternativi tra loro (anche se si assomigliano in maniera clamorosa e non a caso nelle teste degli elettori sono in larga parte intercambiabili, e questo la dice lunga anche sulla pubblicistica mainstream). Un paese col fiato corto e quindi impreparato a percorsi lunghi e impegnativi come quelli che sarebbe necessario intraprendere in un momento come questo. Un paese che per capirlo meglio occorrerebbe coniare un neologismo e studiarlo: lo sbrigativismo. Che è una piaga sociale, non solo relegabile alla “politica politicante”.

Lo sbrigativismo è il rifiuto della complessità, e quindi della vita. Lo sbrigativismo è un'illusione ottica: appare risolutivo ed efficiente e invece costringe anche nel breve periodo a dispendiose cure per riparare i guasti procurati. Lo sbrigativismo è la negazione dell'innovazione, che per definizione necessita di laboratori e procede per aggiustamenti ed errori. Lo sbrigativista predilige la brevità e l'univocità del messaggio. Anche per questo la forma di comunicazione che continua a essere premiata è quella “uno a tanti”: è la preferita dai leader sbrigativisti, ovviamente. Ed è accettata dalla platea sfinita che li ammira. In questo senso andrebbe una volta per tutte ridimensionata la retorica sui social media: i social sono orizzontali quando ad utilizzarli sono i pari, tra loro. Nel momento in cui entra in scena un attore dominante la forma torna a essere quella canonica, cioè televisiva: il blog di Grillo, autentico organo di partito, è l'emblema di questa verticalità mascherata da agorà. Da questo discende almeno una conseguenza di una certa rilevanza ai fini del discorso che si intende fare qui: la forma di gestione della cosa pubblica che trionfa ai tempi dello sbrigativismo imperante è la delega. Ma si badi: la delega a uno e uno solo. Perché uno, da solo, decide prima e deresponsabilizza tutti gli altri (compreso chi ha attribuito la delega). Ciò significa tagliare fuori tutti coloro e tutto ciò che, problematizzando, rallenta i processi. Perché in tempi di sbrigativismo non occorre tanto fare bene quanto fare in fretta, mostrare i risultati.

Certo, non tutto è così. Non tutti in Italia sono ammiratori dello sbrigativismo. Ma la grande maggioranza lo è (e per capire come si sia arrivati a questa grande maggioranza si necessitano intere biblioteche). E, questo è l'altro punto, in tempi di dittatura della maggioranza per le minoranze i margini di manovra si riducono al minimo. D'altro canto, quella sbrigativista non potrebbe essere altro che una maggioranza “dittatoriale”. Non c'è tempo per affrontare questioni di sistema, né di star lì a spaccare il capello in quattro. Ci si deve muovere. Anche se, siccome lo sbrigativismo è il paradiso degli ossimori, dà solo l'illusione di muoversi, facendo rimanere perfettamente immobili. E qui veniamo a Renzi.

Essendo lo sbrigativismo innanzitutto rifiuto della complessità, Renzi ne rappresenta bene l'essenza parlando a un tutto indistinto: la gente. Difficilmente, se non per brevi spot, nei discorsi del neo segretario del Pd compaiono le categorie: i precari, le donne vittime di pregiudizi ottocenteschi, i giovani in gamba appesi al parere di baroni universitari, quelle e quelli con ottime idee ma zero soldi che banche medievali non finanzieranno mai, i migranti che faticano il triplo degli autoctoni. Nella narrazione renziana scompaiono i lavoratori. L'attore principale, indiscusso, se si parla di produzione, è l'imprenditore. Come se chi porta alla produzione il suo lavoro, il suo talento, fosse una sorta di escrescenza, di errore della storia. Lo si nota poco perché questo è uno dei grandi assi portanti dello sbrigativismo, metabolizzato ormai da decenni dalla maggioranza sbrigativista: nell'impresa i lavoratori non esistono, esiste solo l'imprenditore.

Nel discorso di Renzi, come in ogni sceneggiatura ben costruita, ci sono invece l'eroe (la gente, appunto) e l'antieroe, che oggi ha assunto le fattezze della categoria contro la quale è più facile prendersela, quelle nomenclature di politici che in quanto a impresentabilità temono la concorrenza di pochi, in effetti. Si sbandiera il cambiamento (cioè, sempre per rimanere in tema di sceneggiatura, l'obiettivo cui tende l'eroe e che viene negato dall'antieroe), perché la platea è sfinita dallo spettacolo andato avanti finora e quello reclama, il cambiamento. Ma in quel discorso manca del tutto l'aggressione ai nodi cruciali, sciogliendo i quali si potrebbe sperare di cambiare le cose. Il cambiamento è tanto di frequente evocato, quanto sbiaditi sono i contorni che dovrebbe avere (anche perché questo è funzionale al parlare alla gente, a un "tutto indistinto", evitando di assumersi l'impegno della scelta). Si potrebbe farla lunga, ma per capire la differenza di orizzonti è sufficiente citare Bill de Blasio, diventato sindaco di New York sbandierando la sua famiglia “diversa” e dicendo chiaro e tondo che avrebbe aumentato le tasse a chi i soldi ce li ha per finanziare scuole e ospedali fruibili da tutti. Cioè facendo le scelte di campo che il sindaco di Firenze invece si guarda bene dal fare, mascherandosi dietro slogan in grado di accontentare tutti e puntando sulla performance attoriale, per rendere al meglio la sceneggiatura attenta che gli è stata costruita intorno.

Detto ciò, cosa rimane da fare alle minoranze schiacciate dalla dittatura della maggioranza sbrigativista? Rimanere parte attiva. Lavorare ovunque, ove se ne abbia l'agibilità, per affermare principi alternativi (altra parola scomparsa). Per riportare al centro la complessità dei sistemi, che non significa non prendere decisioni, ma prenderle meglio; per rimettere al centro lo studio delle questioni, che non significa inefficienza e perdita di tempo ma il suo contrario. Dimostrare, esistendo, che la sostanza è più importante della performance attoriale. E che non esiste un tutto indistinto, la gente. Ma esistono i tanti, diversi, a volte confliggenti.